La malattia di Crohn è una importante malattia
infiammatoria dell’intestino.
Essa è più frequente nella parte inferiore
del piccolo intestino e nel colon ma può colpire qualsiasi tratto
del tubo digerente. La malattia di Crohn di solito causa diarrea, dolori
crampiformi addominali, spesso febbre e talvolta sanguinamento rettale.
Possono essere presenti anche perdita di appetito e conseguentemente
dimagrimento. I sintomi possono variare da lievi a severi ma in generale
le persone affette da malattia di Crohn possono condurre una vita attiva
e continuare il loro lavoro. La malattia di Crohn è cronica. Non
conosciamo la sua causa. I farmaci abitualmente utilizzati riducono l’infiammazione
e di solito controllano i sintomi ma non costituiscono una cura definitiva
della malattia. Dato che la malattia di Crohn si comporta in maniera simile
alla colite ulcerosa, da cui talvolta può essere
differenziata solo con difficoltà, le due malattie sono raggruppate
insieme sotto il nome di Malattie Croniche Infiammatorie Intestinali. Nella
malattia di Crohn tutti gli strati della parete intestinale possono essere
coinvolti, ed il tessuto interposto fra le aree ammalate appare normale.
Dipendendo dalla sezione di intestino ammalata la malattia di Crohn può
essere definita ileite, enterite regionale, colite ecc. Per non creare
confusione il termine malattia di Crohn viene usato per
identificare la malattia in qualsiasi sede essa si manifesti (ileo, colon
, retto, ano, stomaco, duodeno ecc.). Essa si chiama malattia di Crohn
perché il chirurgo americano Burrill B. Crohn fu autore della prima
descrizione della malattia nel 1932.
Il Morbo di Crohn è un'infiammazione cronica che
può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, assieme alla
Colite Ulcerosa rientra fra le "Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali".
Dicevamo che può colpire tutto il canale alimentare,
dalla bocca all'ano, ma si localizza prevalentemente nell'ultima parte
dell'intestino tenue chiamato ileo "ileite" o del colon "colite" o in entrambi
"ileo-colite".
Nei tratti intestinali colpiti si hanno infiammazione,
gonfiore ed ulcerazioni che interessano, per tutto lo spessore, la parete
intestinale.
Attualmente si calcola che in Italia ci siano almeno 100.000
persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali. Per quanto
riguarda più strettamente la Malattia di Crohn, essa si presenta
prevalentemente in età giovanile (20-25 anni) ed in terza età
(65 anni), ma non sono rari i casi che vedono colpiti anche bambini ed
adolescenti.
1,8
- 3 nuovi casi di Morbo di Crohn ogni anno per 100.000 abitanti
15 - 20 persone
ammalate ogni 100.000 abitanti
10 - 11.000 persone
con il Morbo di Crohn in Italia
40.000 persone con
il Morbo di Crohn in Francia
200.000 persone
con il Morbo di Crohn in America
I
sintomi
Nella malattia di Crohn sono predominanti i dolori addominali
associati a diarrea (a volte con scariche ematiche) e talora a febbre.
Il dolore si localizza nella sede dell'ombellico o nella parte destra dell'addome
e spesso si presenta dopo i pasti.
Possono comparire, più raramente, dolori alle
articolazioni, diminuizione dell'appetito o dimagrimento.
altri segni precoci della malattia possono essere fistole
anali ed ascessi.
Gli
esami per la diagnosi
Oltre ad una attenta raccolta di dati clinici e ad una
visita medica, devono venir eseguite coloscopie ed esami radiologici come
il clisma del tenue (attraverso un sondino naso-gastrico, posizionato nel
duodeno, viene iniettato del Bario) o un RX-digerente con studio del tenue
(ingestione del Bario per bocca) che stabiliranno, oltre all'eventuale
presenza della malattia, anche la sua estensione ed alcune sue caratteristiche.
Da anni si ricorre anche all'ecografia addominale. Utili
anche alcuni esami di laboratorio che possono aiutare a stabilire la presenza
o meno dell'infiammazione.
Le
cause ?
Tuttora le cause sono ignote, di certo non è una
malattia ereditaria nel senso stretto del termine, tuttavia esiste una
qualche predisposizione famigliare nello sviluppo di questa malattia; infatti
un certo numero di malati (circa il 15-20%) ha uno o più parenti
stretti affetti da Morbo di Crohn o Colite Ulcerosa. Comunque se un soggetto
è affetto da questa malattia vi è una bassa probabilità
che un figlio possa contrarla a sua volta.
La terapia
Esiste una terapia della fase acuta in cui vengono impiegati
aminosalicitati (5 ASA), cortisonici o antibiotici ed una terapia di mantenimento
della remissione, in cui viene usato il 5 ASA e/o degli immunosoppressori.
Manifestazioni
cliniche
Tratto da www.crohn.it
La natura delle manifestazioni cliniche del morbo di Crohn
dipende dalle loro posizioni. Essendo questa il più delle volte
intestinale, i sintomi più frequenti sono i dolori addominali e
la diarrea.
Studieremo le manifestazioni intestinali e quelle extra
intestinali. Sottolineiamo che nessuna è specifica del morbo di
Crohn, cioè altre malattie possono scatenare dei sintomi identici,
rendendo difficile il riconoscimento della malattia al suo inizio. Ciò
che è, al contrario, tipico del morbo di Crohn, è la sua
modalità evolutiva. Sebbene sia variabile da un paziente all'altro,
l'evoluzione è, di solito, cronica, con spinte evolutive.
MANIFESTAZIONI INTESTINALI:
I dolori addominali sono molto frequenti nel corso
delle spinte evolutive, spesso sotto aspetto di crampi, variabili nella
loro posizione e intensità.
La diarrea è l'altro sintomo maggiore del
morbo di Crohn. Fermiamoci un istante su questa nozione di diarrea che
è meno semplice di quanto non sembri. I medici hanno, in effetti,
una definizione precisa di diarrea, che non si sovrappone forzatamente
al senso comune. Nel senso medico stretto del termine, la diarrea si definisce
con l'esistenza di un peso degli escrementi superiore a 250g/24h. Certi
soggetti possono, in effetti, essere costipati un giorno (o più)
e avere degli escrementi liquidi il giorno seguente. Questa situazione,
molto frequente nel corso di diverse malattie dell'intestino, si spiega
con l'accumulo di materiale a monte di un ostacolo (organico o no), che
forma un vero e proprio tappo. In più, il colon situato al disotto
del tappo reagisce secernendo d'acqua e muco. Il trabocco dell'acqua e
del materiale che seguono la parete dell'ostacolo, è chiamato falsa
diarrea, perché non è che secondaria (sebbene appaia come
primaria dal paziente!) alla costipazione. Il carattere liquido degli escrementi
non è, dunque, sufficiente per affermare l'esistenza di un'autentica
diarrea. Tuttavia, una domanda minuziosa permette al medico, in genere,
di distinguere una falsa diarrea da una vera, senza ricorrere alla raccolta
e al peso di tutti gli escrementi, che non è per nulla pratico da
realizzare (in assenza di ricovero). Il medico ricerca comunque la presenza
di muco (simile al bianco d'uova), di pus e di sangue emessi dall'ano,
sia nello stesso momento degli escrementi che (al momento della defecazione),
sia in assenza d'escrementi (realizzando delle emissioni fecali). Contrariamente
alle false diarree, queste evacuazioni anormali testimoniano ogni giorno
un attacco organico del colon, il più delle volte distale. Queste
non hanno lo stesso significato delle diarree vere le quali testimoniano
un attacco dell'intestino tenue (o di un attacco esteso del colon). Notiamo
che queste evacuazioni anormali possono associarsi ad un'autentica diarrea,
nel caso di un attacco ileale e retto/sigmoidale simultanei, per esempio.
L'infiamazione dell'ano e/o della regione perianale
è abbastanza particolare del morbo di Crohn. Questa localizzazione,
abbastanza frequente, è all'origine di diverse complicazioni come
le fistole, fessure o ascessi.
L'alterazione dello stato generale accompagna
le spinte evolutive. D'intensità variabile, può associare
astenia (dal semplice affaticamento allo sforzo, fino ad una profonda fatica),
anoressia (perdita d'appetito più o meno completa), febbre (da 37.5°C
fino a 39°-40°C). La restrizione dell'apporto alimentare, favorita
dai dolori addominali, provoca una perdita di peso. Degli altri fattori
possono concorrere all'apparizione di uno stato di denutrizione, come i
disturbi d'assorbimento in caso d'affezione dell'intestino tenue, e l'essudazione
plasmatica (una sorta di trasudazione dell'intestino che fa perdere delle
proteine) in caso d'ulcerazione intestinale. Questa denutrizione può
essere globale per insufficienza d'apporto energetico, o calorica, ma predomina
spesso per i protidi. Certe vitamine e minerali possono in alcuni casi
mancare. Questa mancanza nutrizionale deve sempre essere ricercata e compensata.
Potrebbe causare un ritardo nella crescita nei bambini.
COMPLICAZIONI INTESTINALI:
L'occlusione intestinale è la conseguenza
di una stenosi (o restringimento) localizzato di solito nell'intestino
tenue. Questa stenosi è dovuta all'evoluzione cicatrizzante e retrattile
delle lesioni. Provoca una dilatazione dell'intestino situato a monte,
origine di dilatazione e di dolori provocati dal pasto. Quando l'ostacolo
si completa, gli alimenti non possono più progredire e sopravviene
allora il vomito. Un intervento chirurgico diviene allora rapidamente indispensabile.
Gli ascessi intra addominali e le fistole sono
delle complicazioni caratteristiche del morbo di Crohn. Sono la conseguenza
dell'evoluzione in profondità delle ulcerazioni intestinali che
si estendono a tutto lo spessore della parete intestinale. Realizzano dunque
una vera perforazione ma questa è circoscritta dai tessuti adiacenti
che si difendono con una reazione infiammatoria. Il materiale fecale e
i germi formano una sacca di dimensione variabile, che è piena di
pus: è l'ascesso. Questo provoca dei dolori addominali, febbre,
brividi e a volte una massa sensibile alla palpazione. Se questo ascesso
non viene trattato (perché non è stato percepito, per esempio),
la sua tendenza spontanea è quella di cercare una via naturale d'evacuazione.
Questa può essere effettuata attraverso la pelle, realizzando una
fistola esterna (o cutanea). L'ascesso può anche svuotarsi all'interno,
in un organo cavo, come il tubo digerente, la vescica o la vagina, costituendo
una fistola interna. Notiamo che il sopraggiungere di una fistola è
possibile anche in assenza di un ascesso, la comunicazione anormale di
un segmento del tubo digerente con un altro organo digestivo o urogenitale
dovuta all'estensione in profondità di un'ulcerazione, può
provocare una fistola. L'eco di queste fistole dipende dall'importanza
della comunicazione anormale e dalla sua sede ma un intervento chirurgico
è, di solito, necessario. Le altre complicazioni intestinali sono
molto più rare. Contrariamente alla rettocolite emorragica, le emorragie
digestive sono, raramente, abbondanti e la dilatazione acuta del colon
è eccezionale nel corso del morbo di Crohn. Il sopraggiungere di
un CANCRO dell'intestino tenue o del colon è più frequente
nei pazienti colpiti dal morbo di Crohn da più di 20 anni che nella
popolazione normale, ma questa complicazione resta, fortunatamente, rarissima.
MANIFESTAZIONI EXTRA INTESTINALI:
Le localizzazioni extra digestive del morbo di Crohn
sono piuttosto rare. Hanno sede, il più delle volte, a livello della
bocca che a livello dell'esofago, dello stomaco o del duodeno.
Le manifestazioni extra digestive più frequenti
sono di carattere articolare. Si distingue il reumatismo periferico toccando
le articolazioni degli arti (ginocchio, caviglia, spalla, ecc.) dal reumatismo
assiale che concerne la colonna vertebrale e il bacino. I dolori articolari
predominano soprattutto durante la notte e si associano ad una rigidità.
Le articolazioni periferiche si gonfiano e si ricoprono di pelle lucida
e rossa, in caso d'artrite. Le spinte evolutive del reumatismo periferico
sono, spesso, simultanee con quelle del morbo di Crohn mentre il reumatismo
assiale ha tendenza ad evolvere per conto proprio indipendentemente dallo
stato digestivo. A volte, l'estremità delle dita è troppo
grossa e deformata, con unghie eccessivamente bombate (nel senso laterale
e longitudinale). Questa deformazione, descritta da Ippocrate è
quindi chiamata ippocratismo digitale, non è solo specifica del
morbo di Crohn.
Le manifestazioni cutanee non appaiono che al
momento delle spinte evolutive del morbo di Crohn. La più frequente
tra loro è l'eritema nodoso. Si presenta sotto la forma di nodosità
(piccole tumefazioni), sensibili, rosse violacee, situate sotto la pelle,
sulle gambe o sugli avambracci.
Le manifestazioni oculari sono anch'esse contemporanee
alle spinte evolutive della malattia. Possono provocare dolore alla luce,
infiammazione dell'iride, o essere depistate solo al momento di un esame
oftamologico (oculistico).
Le manifestazioni epatobiliari sono latenti, cioè
non provocano alcun segno, ma possono essere scoperte attraverso esami
di laboratorio. L'analisi istologica (o microscopica) di un frammento di
fegato (prelevato al momento di un intervento chirurgico o attraverso una
puntura nella cavità addominale con anestesia locale) può
mostrare una steatosi o delle anomalie dei piccoli canali biliari. In questo
caso il rischio d'epatite post trasfusionale è accresciuto. La presenza
di calcoli nella cistifellea è più frequente durante il morbo
di Crohn in cui è colpito l'ileo. Questo si spiega per il ruolo
indispensabile dell'ileo nell'assorbimento dei sali biliari. La mancanza
dei sali biliari, secondaria ad un attacco o ad una resezione dell'ileo,
provoca un effetto di minor solubilità dei cristalli di colesterolo
normalmente presenti nella bile. Questi calcoli vescicolari restano latenti,
ma possono scatenare delle complicazioni (colica epatica, infezione delle
vie biliari) in caso di migrazione.
Le manifestazioni urinarie possono essere d'origine
diversa. Una fistola enterovescicale (comunicazione tra intestino e vescica)
provoca delle infezioni urinarie (con o senza febbre) e un'emissione di
gas e d'escrementi per via urinale. Raramente, l'uretere viene compresso
da una massa infiammatoria o un ascesso scatena una dilatazione al di sotto
dell'ostacolo più una sofferenza del rene situato a monte.
I calcoli renali sono più frequenti in
caso di morbo di Crohn con l'ileo colpito. I grassi, mal assorbiti per
la mancanza dei sali biliari (cfr. cap. "Funzionamento del tubo digerente")
fissano il calcio nell'intestino, impedendo la normale fissazione del calcio
sull'ossalato d'origine alimentare. Normalmente la formazione di questo
complesso calcio/ossalato impedisce l'assorbimento dell'ossalato da parte
del colon, venendo eliminato nelle feci. La mancanza di calcio libero nell'intestino
(dovuta alla sua fissazione sui grassi) lascia libero l'ossalato da qualsiasi
legame e quest'ultimo potrà essere assorbito dal colon e poi concentrato
dai reni, favorendo la formazione del calcolo di ossalato. La formazione
del calcolo è anche favorita da tutte le circostanze che scatenano
una disidratazione (calore, diarrea). La prevenzione di queste complicazioni
passa, dunque, attraverso un apporto sufficiente d'acqua e attraverso un
regime povero di ossalato in caso di malattia all'ileo.
Trattamento
farmacologico
Tratto da www.crohn.it
Sebbene la causa del morbo di Crohn resti sconosciuta,
il suo trattamento ha fatto grandi progressi. Questi progressi si basano
soprattutto sull'esperienza accumulata, che permette di precisare il ruolo
di ciascun metodo terapeutico (medicina, intervento chirurgico, regime
alimentare), eventualmente associati. Sebbene esistano degli schemi terapeutici,
addirittura delle regole di prescrizione di solito giudiziose, non si può
perdere di vista il fatto che ciascun paziente propone dei problemi specifici,
che ogni situazione impone una scelta terapeutica specifica. Questo capitolo
comporta un'idea dell'arsenale terapeutico e una serie di principi generali
che non hanno, evidentemente, senso se non sono adattati ad ogni paziente.
La regola più universale è la necessità di una buona
collaborazione tra il paziente, la sua famiglia, il gastroenterologo e
il chirurgo, in caso di necessità.
Farmaci:
Per comodità, è stata introdotta l'abitudine
di classificare i medicinali in funzione degli effetti che ci si aspetta.
Così, si distinguono da una parte le medicine che colpiscono sintomaticamente,
cioè la cui azione sopprime i sintomi della malattia (come i dolori
addominali e la diarrea), e dall'altra parte i medicinali con scopo curativo,
cioè che colpiscono il morbo di Crohn stesso, e non solamente le
sue conseguenze funzionali.
1. Trattamento sintomatico
Il trattamento dei sintomi necessita un'analisi corretta
del loro significato perché possono essere la conseguenza di meccanismi
patologici vari. In altre parole, una spinta evolutiva del morbo di Crohn
non è né l'unica causa né quella più frequente
dei sintomi. Migliore è la comprensione del o dei meccanismi dei
dolori e soprattutto della diarrea, più efficace ne sarà
il trattamento.
Le medicine abitualmente più utili per combattere
i dolori addominali sono gli antispastici. La loro azione contro gli spasmi
può essere esercitata a livello delle fibre, delle fibre muscolari
o di entrambi. I prodotti che contengono aspirina sono sconsigliati perché
possono essere aggressivi per la mucosa dello stomaco.
I meccanismi della diarrea sono vari. A volte, si tratta
di una falsa diarrea il cui trattamento è quello della costipazione.
Altre volte, le emissioni dell'ano sono frequenti ma senza materiali fecali,
unicamente costituite di muco, sangue e pus. Queste emissioni non fecali,
conseguenza di ulcerazioni del retto o del colon, non possono sparire che
con la cicatrizzazione delle ulcerazioni grazie al trattamento a scopo
curativo. Esiste in genere una componente motrice all'origine della diarrea,
in altre parole il transito è accelerato (soprattutto in caso di
antecedenti chirurgici). Le medicine che rallentano il transito possono,
dunque, essere utili. Tuttavia il meccanismo della diarrea è più
complesso: un difetto d'assorbimento degli acidi biliari (quando l'ileo
è colpito o è stato resecato) può scatenare una diarrea
importante, perché i sali biliari sono irritanti per la mucosa del
colon. Il trattamento ricorre, allora, a dei prodotti capaci di legarsi
ai sali biliari e dunque di sopprimere il loro potere irritante.
Altri sintomi possono corrispondere a delle cause diverse,
come la stanchezza, la mancanza d'appetito, la perdita di peso. Possono
essere la conseguenza dei sintomi precedenti (dolore, diarrea), ma possono
anche essere dovuti a delle carenze di vitamine o di minerali. Questi deficit
sono facilmente trattati apportando la o le vitamina(e) e minerali mancanti.
Questi argomenti saranno trattati nel capitolo "Nutrizione", ma vogliamo,
prima di tutto, attirare l'attenzione sulla relativa frequenza delle carenze
di ferro e, in caso di resezione vecchia, di vitamina D e B12. In effetti,
il trattamento delle carenze deve essere preventivo, un supplemento di
vitamine e minerali permette di evitare l'apparizione dei sintomi di carenza.
2. Trattamento curativo
Le ipotesi eziologiche del morbo di Crohn hanno avuto
diverse applicazioni terapeutiche i cui risultati non sono sempre stati
convincenti. Affermare che una medicina sia efficace impone attualmente
una pratica scientifica lenta e rigorosa. Non basta, in effetti, che uno
o più medici prescrivano un prodotto con successo perché
il suo interesse possa essere considerato come certo. Potrebbe trattarsi
di una semplice coincidenza con un miglioramento spontaneo del morbo di
Crohn o di un "effetto placebo". Questo "effetto placebo" raggruppa l'insieme
delle conseguenze della prescrizione di una sostanza senza effetto farmacologico,
cioè povera di "principio attivo". Quest'effetto è ben noto
nel corso delle malattie psicosomatiche come l'ulcera gastroduodenale ma
è anche importante durante le malattie organiche come l'insufficienza
coronaria. Dimostrare l'efficacia di una medicina impone, dunque, di dimostrare
la sua superiorità in rapporto ad un placebo. La comparazione tra
un medicinale testato e il placebo deve essere fatta in un ambito terapeutico,
il cui rigore permette di evitare gli effetti del caso. Un tale percorso
scientifico non può evidentemente essere difeso da punto di vista
etico quando non ha mai fatto la prova della sua efficacia. Quando esistono
dei trattamenti già provati, devono servire da riferimento per il
nuovo medicinale da testare di cui si confronterà l'efficacia, ma
anche la tollerabilità. Così si accumula la conoscenza scientifica,
e progredisce la terapeutica. Per quanto riguarda il morbo di Crohn, i
progressi sono costanti. Questo capitolo, basato sui risultati dei lavori
scientifici pubblicati fino al maggio 1993 dovrà dunque essere regolarmente
aggiornato. Nella precedente edizione si poteva leggere: " Attualmente
varie medicine hanno un'azione dimostrata sulle spinte evolutive del morbo
di Crohn ma nessuna ha, fino ad oggi, dato la prova della sua efficacia
nella prevenzione delle spinte evolutive della malattia. Un trattamento
di fondo è, dunque, sempre attivamente ricercato (quando è
già stato trovato nel corso di una malattia vicina al morbo di Crohn,
la rettocolite emorragica).". Questo era esatto nel 1989, ma non lo è
più dal 1990. Il primo studio che dimostrava l'interesse di un trattamento
prolungato nella prevenzione delle spinte del morbo di Crohn, è
comparso nel 1990 grazie al lavoro di più studiosi francesi.
Quali sono i medicinali capaci di combattere una spinta
evolutiva del morbo di Crohn? La sulfasalazina è uno dei medicinali
utilizzati durante il morbo di Crohn. La sua superiorità in confronto
al placebo è stata dimostrata da un vasto studio realizzato negli
Stati Uniti in più di 300 malati con spinte evolutive. Le dosi prescritte
vanno spesso da 3 a 4 g/giorno. La sua tolleranza digestiva è migliorata
dall'assunzione delle compresse durante i pasti (e non prima come in molti
casi). Malgrado questa precauzione, a volte persistono (ma raramente) dei
disturbi gastrici come la nausea: questi possono essere evitati aumentando
progressivamente le dosi. Gli effetti collaterali sono rari e reversibili
quando s'interrompe la terapia: anemia, diminuzione del numero dei globuli
bianchi, mal di testa, abbassamento transitorio della fertilità
nell'uomo (ma non della funzione sessuale) e rare reazioni allergiche.
Notiamo che la sulfasalazina può essere assunta senza rischi durante
la gravidanza. Certi malati non possono dunque beneficiare dell'azione
della sulfasalazina per la diminuzione dei globuli bianchi o per una reazione
allergica, per esempio. Un'apertura terapeutica è stata, tuttavia,
resa possibile grazie ai progressi compiuti dalla conoscenza della sua
composizione e della sua modalità d'azione.
È stato recentemente dimostrato che solo una delle
sue due componenti era attiva. La sulfasalazina è, in effetti, composta
dall'unione di due molecole: il 5-amminosilicato o 5-ASA, che è
la molecola attiva e la sulfapiridina che è allo stesso tempo inattiva
e causa degli effetti collaterali. Normalmente, il legame tra queste due
molecole è rotto dai germi fisiologicamente presenti nel colon:
il 5-ASA così liberato può, allora, essere attivo. Questo
meccanismo d'azione spiega la maggiore efficacia della sulfasalazina a
livello colico che a livello dell'intestino tenue.
Questo ostacolo può essere superato in tre modi:
a. Sia con l'unione di due molecole
di 5-ASA che saranno liberate nel colon;
b. Sia con l'amministrazione locale
di 5-ASA, con clistere contro le lesioni retto coliche o attraverso suppositorio
se il problema è limitato al retto.
c. Sia con la fabbricazione di compresse
con un rivestimento protettore del 5-ASA, che è, così, liberato
progressivamente a livello dell'ileo e del colon o solamente a livello
del colon.
I corticoidi sono certamente i medicinali più
efficaci nelle spinte acute del morbo di Crohn ma i loro inconvenienti
fanno sì che siano di solito riservati alle spinte evolutive di
una certa gravità. Sono disponibili sotto forma di compresse, d'iniezioni
o di preparazioni da utilizzare per via anale (clisteri) o creme intra
rettali. Qualunque sia la modalità si somministrazione, l'efficacia
è, il più delle volte, rapida, caratterizzata da un miglioramento
dello stato generale e dell'appetito e la regressione dei dolori. Schematicamente,
la via intra venosa è riservata per le situazioni acute che necessitano
di ricovero in ospedale, e i clisteri, o le pomate, intra rettali sono
indicati nelle localizzazioni retto coliche sinistre del morbo di Crohn.
Gli effetti collaterali dei corticoidi sono proporzionali
alle quantità assunte, cioè alla dose quotidiana e alla durata
del trattamento. Presi in grandi dosi per un periodo prolungato, i corticoidi
espongono a certi rischi la cui prevenzione impone delle misure precise.
Così, la loro azione sui reni scatena una perdita attraverso le
urine di potassio. Il rischio di carenza di potassio, potendo scatenare
dei crampi muscolari può essere prevenuto con l'apporto di cloruro
di potassio. Un regime alimentare senza sali non evita sempre l'aumento
di peso che è dovuta ad una modifica della ripartizione dei grassi.
Al contrario, un regime privo di sali sarebbe certamente inutile e a volte
pericoloso in caso di diarrea abbondante perché le feci sono ricche
di sali e una compensazione insufficiente di cloruro di sodio (sale da
cucina) sfocerebbe in una carenza di sodio.
A lungo termine, i corticoidi favoriscono la demineralizzazione
delle ossa, complicanza che può essere prevenuta con un apporto
complementare di calcio e vitamina D.
La precauzione più importante da prendere durante
un trattamento prolungato con i corticoidi è di capire la necessità
assoluta di non terminarne l'assunzione in modo brutale. Oltre al rischio
di ricaduta del morbo di Crohn, c'è soprattutto un rischio vitale
dovuto all'insufficienza surrenale acuta così provocata. I corticoidi
sono, in effetti, tutti derivati dall'ormone naturale prodotto dalle ghiandole
surrenali. L'apporto dall'esterno dei corticoidi ha come effetto di mettere
a riposo le ghiandole surrenali dell'organismo che fermano la loro produzione
ormonale. Solo la sospensione molto progressiva dei corticoidi permette
alle ghiandole surrenali di svegliarsi e di riprendere la produzione di
ormoni vitali per l'organismo. In pratica, le precauzioni da prendere per
evitare di essere in una situazione di sospensione brutale del trattamento
sono soprattutto due circostanze particolari: la lontananza da casa e il
vomito. In caso di soggiorno prolungato lontano di casa, bisogna prevedere
delle riserve di medicinali sufficienti, soprattutto se il luogo del soggiorno
non è all'avanguardia nelle infrastrutture sanitarie. Una situazione
più rara, ma che potrebbe essere grave è l'impossibilità
di prendere delle compresse per via di nausee importanti con vomito, qualunque
sia la causa intercorrente. Se l'ingestione di compresse effervescenti
si rivela impossibile, non bisogna attendere la guarigione della causa
scatenante il vomito, ma consultare immediatamente un medico per decidere
l'assunzione di corticoidi attraverso iniezioni.
Le altre precauzioni legate ad una terapia prolungata
con corticoidi sono casi personali. Così, il soggetto diabetico
dovrà essere particolarmente attento perché l'equilibrio
del suo diabete rischia di essere alterato. Il paziente che ha, o ha avuto,
un'ulcera gastrica o duodenale, o una gastrite è esposto al rischio
di acutizzazione della sua malattia gastroduodenale. L'associazione di
un trattamento contro l'ulcera ai corticoidi sembra giustificato in questi
casi ma solo in questi casi. In assenza di malattie gastroduodenale evolutiva
o recente, ci sembra, in effetti, inutile aggiungere sistematicamente delle
medicazioni gastriche o dei medicinali antiacidi. L'aggressività
dei corticoidi contro la mucosa gastrica è una nozione molto diffusa
ma recentemente smentita. Le diverse protezioni per proteggere lo stomaco
non devono essere prese senza una ragione precisa, perché possono
ostacolare l'assorbimento dei corticoidi se non vengono rispettati i tempi
d'assorbimento (un'ora dopo i pasti).
Per evitare questi effetti generali dei corticoidi sull'organismo,
la ricerca si è orientata verso dei nuovi tipi di corticoidi che
agirebbero solo localmente sull'intestino. Può trattarsi di corticoidi
non assorbiti o assorbiti e rapidamente resi inattivi perché trasformati
nel fegato in prodotti privati d'azione. Rispetto ai corticoidi tradizionali,
la tolleranza è migliorata con, in particolare, minori effetti sulle
ghiandole surrenali ma la loro efficacia è minore.
Riassumendo, i corticoidi sono dei medicinali indispensabili
durante le spinte evolutive del morbo di Crohn. Sono meglio tollerati quando
il paziente ne conosce i loro effetti secondari e come prevenire il loro
sopraggiungere. Gli effetti indesiderati (regime povero di sali) sono di
regola ben accettati perché ben compensati dall'effetto benefico
rapido. Questo non è, sfortunatamente, assolutamente costante: in
certi malati le spinte evolutive non reagiscono ai corticoidi. Tra queste
forme dette corticoresistenti, ce n'è un gruppo in particolare,
detto corticodipendenti, in cui non è possibile scendere al di sotto
di una certa dose perché in tal caso le spinte fanno il loro ritorno.
Queste rare forme corticoresistenti e corticodipendenti pongono dei problemi
terapeutici difficili.
Il metronidazolo è un antibiotico che agisce solo
su certi germi microbici e parassitari. Senza che si sappia esattamente
attraverso quale meccanismo, si è rivelato efficace nelle lesioni
anali e perineali del morbo di Crohn. La sua tollerabilità è
molto buona, ma associato all'assunzione d'alcolici può dare nausea
e vomito. Nel caso di trattamenti prolungati con dosi alte, può
comparire una certa tossicità per i nervi degli arti; si manifesta
con formicolio delle estremità degli arti.
La ciprofloxacina è un antibiotico più
recente che si è anch'esso rivelato efficace, ma può essere
pericoloso per il tendine d'Achille.
I medicinali immunodepressori come l'azatiopirina, la
6-marcapo-purina e il metotrexato sono d'utilizzo più recente durante
il morbo di Crohn. La loro efficacia è certa, ma il loro effetto
è ritardato. Il loro esatto ruolo è ancora da determinare.
Attualmente, sono, in generale, proposti in alcune forme corticoresistenti
o corticodipendenti, o per evitare un intervento chirurgico che sarebbe
troppo drastico (lesioni estese dell'intestino tenue).
Alimentazione:
Regime alimentare:
L'espressione regime alimentare deve essere considerata
nel senso largo come un insieme di consigli dietetici. Questi non sono
necessariamente restrittivi: può trattarsi di un regime iperproteico,
prescritto per esempio, per compensare delle perdite protidiche eccessive
o di un regime ricco di sali, indispensabile alla compensazione delle perdite
fecali in caso di diarrea abbondante. Oppure, potrebbe trattarsi di un
regime povero di ossalati, per prevenire la formazione di calcoli renali
in caso di problemi all'ileo. Non esiste UN SOLO regime alimentare, ma
PIÙ regimi adattati a ciascuno. Bisogna tenere presente numerosi
fattori, come l'età e la costituzione fisica d'ogni paziente, degli
eventuali interventi chirurgici precedenti, in caso di resezione intestinale,
della sua sede e della sua estensione, dei medicinali presi e dell'evoluzione
attuale della malattia (remissione o spinta) ma anche degli impegni familiari,
sociali o professionali, dei gusti e delle abitudini dell'interessato.
I consigli dietetici sono seguiti a lungo se le indicazioni sono accettate
di buon grado: questo non provoca delle difficoltà in pratica, a
condizione di spiegare e personalizzare il regime prescritto. Per fare
ciò, l'aiuto di un dietologo può essere prezioso. Il suo
compito consiste nel conciliare degli obblighi spesso divergenti: la soddisfazione
del desiderio del gusto, la copertura dei bisogni energetici e specifici
e le costrizioni richieste da certe situazioni. Bisogna sforzarsi a non
porre ostacoli ai "piaceri della tavola" e anche di incoraggiarli perché
contribuiscono all'equilibrio del paziente: equilibrio psicologico individuale
e sociale (dimensione conviviale) ed equilibrio nutrizionale. Bisogna prevenire
l'apparizione di uno stato di carenza stimolando l'apporto alimentare:
la loro insufficienza è, in effetti, la causa principale di denutrizione,
molto davanti agli altri fattori potenziali che sono gli antecedenti di
resezione dell'intestino tenue, la componente infiammatoria della malattia,
la trasudazione.
Le domande riguardanti i "regimi alimentari senza
residui" sono le più frequenti tra quelle poste dai pazienti.
"Quali sono gli alimenti "proibiti", quando e perché?" sono domande
che sono poste spesso.
La lista degli alimenti proibiti varia con il tipo di
"regime senza residui" perché, ancora una volta, non c'è
UN SOLO regime alimentare, ma PIÙ regimi. Nel senso stretto, escludere
i residui vuole dire sopprimere tutti gli alimenti che non sono normalmente
digeriti e assorbiti dall'intestino tenue. Questo regime stretto elimina
tutte le origini d'amido, di cellulosa, ma anche il latte e i suoi derivati
(per via del frequente cattivo assorbimento del lattosio). La lista degli
impedimenti è dunque lunga: legumi, frutta, patate, pane, pasticceria
da una parte e latte, burro, yogurt, formaggi dall'altra. Una tale alimentazione
diventa presto monotona ed è origine di carenza di vitamina C e
di calcio. Non è indicata che per poco tempo, al momento della ripresa
dell'alimentazione orale dopo un intervento chirurgico o dopo un'alimentazione
artificiale esclusiva.
L'alimentazione senza residui "allargato" è un
regime povero di fibre alimentari, evitando le fibre dure. In pratica,
gli alimenti sconsigliati sono: i legumi secchi, verdure crude, i legumi
con fibre grosse (cavoli, porri, ravanelli), il melone, le prugne, il rabarbaro,
i cereali e il pane. I latticini sono permessi in piccole quantità,
cominciando dallo yogurt e dai foraggi a pasta dura (gruviera) poi quelli
a pasta molle. Il livello e il regime d'elargizione di una tale regime
sono in funzione della tolleranza individuale d'ogni paziente. L'alimento
che provoca problemi è spesso individuato rapidamente ed escludo
dall'alimentazione. Questo regime scatena, in effetti, un'attenuazione
dei sintomi in caso d'evoluzione della malattia. Il meccanismo esatto di
quest'azione benefica non è conosciuto, ma si sa con certezza che
un colon malato, ulcerato, diventa in modo minore origine di sofferenza
quando gli si risparmia il contatto con le fibre alimentari più
o meno dure. È stato dimostrato che il suo riposo provoca non solo
un miglioramento clinico individuabile nella regressione dei dolori e della
diarrea, ma anche una guarigione dalla spinta evolutiva del morbo di Crohn.
Al contrario, l'interesse di una dieta nella prevenzione di una spinta
evolutiva non è mai stato dimostrato. Così, un recente studio
condotto a Roma ha paragonato, durante più di due anni, l'evoluzione
di due gruppi di pazienti: uno sottoposto ad un regime alimentare privo
di fibre, l'altro con un'alimentazione libera. Questa distinzione non da
differenze, altrettanto dice la soppressione della frutta e dei legumi,
che gli italiani amano molto come dicono gli autori stessi, anch'essa priva
di alcun effetto. Salvo circostanze particolari, non c'è dunque,
attualmente, nessuna argomentazione per eliminare gli alimenti che contengono
delle fibre durante il morbo di Crohn più o meno evolutivo. Un'alimentazione
variata è, al contrario, la migliore garanzia contro l'apparizione
della denutrizione o di carenza vitaminica. Un'eccezione a questa regola,
tuttavia, deve essere dimostrata: in caso di stenosi digestiva, cioè
di restringimento permanente del lume intestinale, l'ingestione di grosse
fibre rischia di scatenare una ostruzione. È dunque proibita, finché
dura l'ostacolo.
In conclusione non c'è un'alimentazione senza
residui, ma dei regimi alimentari più o meno poveri di fibre, la
cui prescrizione è lontana dall'essere sistematica. Deve essere
adattata ad ogni paziente e ad ogni situazione, decisa, nel limite del
possibile, dall'insieme paziente-gastroenterologo-dietologo.
La domanda "devo mangiare senza grassi?" è
posta meno frequentemente. La risposta è semplice: NO, ma merita
delle spiegazioni.
Un'alimentazione veramente senza grassi imporrebbe la
soppressione non solo dell'olio e del burro, ma dei grassi di costituzione
presenti in tutte le carni, cosa che è praticamente impossibile,
e una alimentazione del genere sarebbe squilibrata. Così, certi
acidi grassi indispensabili non possono essere sintetizzati da questo dall'organismo:
la loro introduzione attraverso l'alimentazione è dunque inevitabile.
In caso di resezione ileale che scatena un cattivo assorbimento dei sali
biliari, i grassi ingeriti non sono integralmente assorbiti dall'organismo.
Un apporto ridotto di grassi permette allora di limitare le perdite fecali
lipidiche e di sali biliari. La maggior parte dei gastroenterologi considera
che li inconvenienti di un'alimentazione povera di grassi (restrizioni
imposte ai pazienti con proprie ripercussioni nutrizionali) oltrepassano
il loro interesse. Questa opinione è contestata da certi gastroenterologi,
in particolare da alcuni pediatri, come se il colon dei bambini sia più
irritato dai sali biliari mal assorbiti che quello degli adulti.
Per rispondere alla domanda "il consumo di latte è
raccomandabile?", bisogna ricondursi a delle nozioni generali riguardanti
l'assorbimento del lattosio. Il valore nutrizionale del latte è
ben conosciuto per il suo apporto di vitamine, calcio e proteine. Un litro
di latte apporta, in effetti, 35g di proteine, cosa che corrisponde a circa
180g di carne. L'assunzione di latte non è, tuttavia, sempre tollerata
da parte degli uomini, malati o no di Morbo di Crohn. Questa intolleranza
è secondaria a un frequente difetto d'assorbimento del lattosio
per deficit di lattasi.
La lattasi è un enzima intestinale che scinde
la molecola di lattosio (lo zucchero del latte) in due zuccheri semplici,
il glucosio e il galattosio, pronti per essere assorbiti. Un carenza di
lattasi, qualunque sia la causa, spontanea, favorita da una mancanza di
stimolazione dovuta ad un apporto di latte insufficiente o da una malattia
dell'intestino tenue, scatena dunque un cattivo assorbimento del lattosio.
Questo raggiunge il colon dove sarà utilizzato, come l'amido e la
cellulosa, dai batteri. Le conseguenze sono allora in funzione della quantità
di zucchero arrivata al colon. Il più delle volte i problemi si
limitano ad una accresciuta produzione di gas, che può dare problemi
psicologici quando ci si trova in mezzo alla gente. Il metodo migliore
per mettere in evidenza un cattivo assorbimento del lattosio si basa sulla
misurazione della produzione di gas. Tra i gas prodotti dai batteri del
colon, il più facile da individuare e da quantificare è semplicemente
l'idrogeno nell'aria emessa dopo l'ingestione di una dose test di lattosio.
Questi dati scientifici illuminano di un nuovo giorno
il consigli del buonsenso e certe "ricette della nonna". Il buonsenso suggerisce
così, dopo un lungo periodo di digiuno, di lasciare abituare l'intestino
con piccole dosi di latte crescenti nel tempo. Questo periodo di adattamento
è utilizzato dall'intestino tenue per produrre quantità di
lattasi sufficienti e dai batteri del colon per fare fronte alla crescita
di apporto. Molto eloquente è la recente dimostrazione dell'attendibilità
di un "trucco" di cucina, giudicato ben poco scientifico fino ad allora:
uno yogurt tiepido è più digeribile di uno freddo. Questo
fato si spiega attraverso l'azione della temperatura sugli enzimi contenuti
nello yogurt: il freddo li rende inattivi, lasciando il lavoro della digestione
all'organismo.
Alimentazione artificiale:
Indicheremo i suoi scopi, prima di descrivere le metodologie
e le controindicazioni. Riguarda i malati il cui stato clinico è
sufficientemente preoccupante per necessitare un ricovero.
Di regola, lo scopo principale dell'alimentazione artificiale
è di apportare un complemento di energia e di proteine quando l'apporto
orale è insufficiente in rapporto ai bisogni. La via digestiva è
quella utilizzata più spesso. L'assistenza nutrizionale è
realizzata dall'Alimentazione Parenterale Continua (APC). Altre volte,
l'alimentazione orale è impossibile: in seguito ad un intervento
chirurgico o in caso di stenosi digestiva, per esempio. L'alimentazione
si farà per via venosa: si tratterà dell'Alimentazione Parenterale
Totale (APT). Queste indicazioni non sono particolari del morbo di Crohn.
Il concetto terapeutico di "messa a riposo del tubo
digerente" è, al contrario, un beneficio originale per questa
malattia. Senza che si conosca esattamente attraverso quale meccanismo
l'APT si è rivelata utile nel trattamento delle spinte evolutive
del morbo di Crohn. Si conosce con sicurezza che la compensazione di uno
stato di denutrizione possa aiutare il paziente a reagire meglio contro
le spinte evolutive della malattia. Ma questo beneficio è stato
anche osservato nei pazienti non denutriti quando l'APT era esclusiva,
cioè con esclusione completa dell'apporto orale. Così è
nato il concetto, un po' vago, della "messa a riposo del tubo digerente".
Ciascun sostenitore di una o dell'altra teoria eziologica ne ha avuto la
conferma delle sue idee: ruolo negativo di certi componenti dell'alimentazione
o di certi batteri? Questa APT esclusiva non è priva di inconvenienti
e nemmeno di rischi, li vedremo, e non deve essere proposta che in situazioni
eccezionali, dopo il fallimento di trattamenti farmacologici tradizionali.
Una terapia equivalente ma più facile da mettere in pratica, può
essere quella dell'APC esclusiva, a condizione di utilizzare delle soluzioni
molto particolari chiamate "elementari", ritorneremo su questo argomento.
L'alimentazione parenterale continua (APC) è una
tecnica semplice, che è stata messa a punto verso il 1970 e che
si è sviluppata grazie al lavoro del Dott. Etienne LEVY. Utilizza
una piccola sonda inserita attraverso una narice nello stomaco (sonda naso-gastrica).
Le sonde attuali sono più sottili di quelle di tempo fa, e dunque
meglio tollerate, soprattutto se sono in silicone. L'irritazione dell'esofago
non è più rilevata, e quella dell'incrocio faringeo è
rilevata di raro e sempre transitoria. Il miscuglio nutritivo, liquido,
è raccolto in un contenitore cilindrico. Questo può essere
raffreddato per facilitare la conservazione asettica del suo contenuto
per 24 ore. La sonda del paziente è collegata a questo contenitore
attraverso un tubo che passa attraverso dei rulli che ruotano a velocità
regolare. Questo sistema di pompa permette di distribuire una soluzione
più o meno fluida con un intervallo lento o continuo. Questo intervallo,
scelto in funzione del volume quotidiano da fornire, è in generale
compreso tra uno e due millilitri al minuto.
Quando la pompa è in funzione le possibilità
di muoversi sono evidentemente molto limitate per il paziente: dal letto
alla poltrona, non molto di più! Se lo stato del paziente lo permette,
egli può tuttavia interrompere lui stesso il funzionamento della
pompa, staccare la sonda dal tubo e mangiare da solo, lavarsi, andare in
bagno e sgranchirsi le gambe. Il più delle volte si consiglia di
evitare di superare un'ora o due di interruzione per giorno, in modo da
evitare ritardi sul programma stabilito. Al contrario non bisogna cercare
di recuperare un eventuale ritardo aumentando la velocità della
pompa, col rischio di intolleranza, torneremo sull'argomento. Questi obblighi
vanno, tuttavia, in contro agli benefici ben conosciuti, sia sul piano
psicologico sia su quello fisico, della conservazione di attività
sufficienti. Per risolvere questo paradosso, varie soluzioni terapeutiche
vengono proposte: sia semplicemente la cinesiterapia quotidiana, sia un
sistema ingegnoso ma più complesso di gilet che permette il trasporto
di una piccola pompa, dei tubi necessari e di una sacca contenente il miscuglio
nutritivo. Questo sistema, messo a punto recentemente, permette attualmente
un'autonomia di 4 ore.
I miscugli nutritivi si presentano sotto forma di polvere
da diluire o di soluzione pronta all'uso. La loro composizione è
variabile, più o meno ricca di proteine ma con un apporto equilibrato
di glucidi e lipidi. Le principali differenze tra i preparati commercializzati
riguarda il grado di degradazione di nutrimenti. Tutti gli stati intermedi
sono possibili tra degli alimenti semplici miscelati o dei nutrimenti più
o meno digeriti artificialmente e dei prodotti sintetici detti "elementari"
costituiti da delle piccole molecole. Questi prodotti, messi a punto grazie
alla ricerca aerospaziale, non sono utilizzati che per il trattamento delle
eccezionali forme corticoresistenti o corticodipendenti del morbo di Crohn
e per l'alimentazione degli astronauti.
L'esperienza mostra che questa APC è spesso ben
tollerata. L'aumento progressivo della dose durante i primi giorni di utilizzo
dell'APC permette di evitare la comparsa di disturbi, nausea, diarrea.
L'importante costrizione imposta da questa tecnica è compensata
dal benessere portato. La scomparsa dei dolori, la regressione della diarrea
e il miglioramento dello stato generale spiegano il perché dell'accettazione
di questa terapia.
L'Alimentazione Parenterale Totale (APT) è un
tecnica più complessa, che necessita di una infrastruttura grossa,
il più delle volte nell'ambito di un servizio ospedaliero specializzato.
La somministrazione del miscuglio nutritivo in una piccola vena delle braccia
è un metodo semplice. Il suo utilizzo è, tuttavia, limitato
sia per l'impossibilità di somministrare delle soluzioni sufficientemente
concentrate da apportare abbastanza energia perché queste soluzioni
sono aggressive per le vene, sia per la durata.
Al di fuori delle circostanze in cui una APT non è
necessaria che per qualche giorno, bisogna ricorrere ad una grossa vena
con grande portata permettendo l'utilizzo di soluzioni molto concentrate.
Contrariamente alle somministrazioni in una piccola vena detta "periferica",
questa tecnica è chiamata "cateterismo centrale", con l'estremità
del catetere inserita in una grossa vena, vicina al cuore. L'inserimento
di questo catetere impone delle condizioni di asepsi rigorosa. Il punto
in cui viene introdotto il catetere, cioè dove lo si fissa, ha sede
a distanza dalla grossa vena: più spesso a livello della pelle situata
sotto una clavicola, o a livello del collo, o del braccio. I progressi
nell'utilizzo dei materiali (silicone) e, soprattutto, l'asepsi permettono
di conservare a lungo lo stesso catetere. I rischi inerenti a questa tecnica
sono, dunque, minimi tra mani esperte: piccolo trauma al momento dell'inserimento,
infiammazione al momento della posa e delle successive manipolazioni.
Come per l'APC, i pazienti sotto APT sono legati ai flaconi
per la somministrazione attraverso un tubo. Collegata su questo piccolo
tubo, una piccola pompa assicura una portata regolare prestabilita. Ancora
una volta, l'aumento della portata deve avvenire gradualmente al momento
dell'entrata in funzione dell'APT. Il più delle volte questa APT
viene realizzata 24 h su 24: questo trattamento, indirizzandosi di solito
a dei pazienti affaticati perché denutriti o in un periodo peri-operatorio
e dunque con il paziente costretto a letto, non provoca delle costrizioni
supplementari. Ci sono, tuttavia, delle rare situazioni in cui il paziente
è autonomo su tutti i piani eccetto su quello nutrizionale o idro-elettrolitico,
cioè il loro apporto orale di acqua, sali e/o nutrimenti sono insufficienti
per compensare delle perdite digestive importanti. Queste situazioni rare
si hanno soprattutto dopo una o più resezioni estese dell'intestino
tenue. Questi pazienti possono essere condannati ad una APT per tre mesi,
per esempio, in caso di stomia del digiuno (sbocco di un ansa prossimale
del tenue sulla pelle) in attesa del ripristino della continuità
digestiva. Nella ricerca di una soluzione più accettabile per il
paziente è stata messa a punto l'APT a domicilio. I malati mantengono
il catetere 24h su 24, ma lo collegano al sistema di alimentazione solo
di notte. Solo una perfetta osservanza delle regole igieniche permette
l'utilizzo di questo sistema.
L'eliminazione del fumo:
Un nuovo e importante capitolo del trattamento medico
del morbo di Crohn vede la luce: la necessità di smettere di fumare,
a meno che non si abbia mai cominciato. L'interruzione del fumo diminuisce
il rischio di ricorrere ad una soluzione chirurgica o ad un trattamento
immunosoppressore. Questo effetto benefico è ancora più visibile
nelle donne.
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