Codroipo (Udine), Friuli – Venezia Giulia; 24 dicembre 2003.

 

Gentile e pregiatissimo On. Bertinotti,

mi permetto di scriverle in quanto vorrei poterle giustificare il mio desiderio di spedirle una copia del mio primo libro sul pensiero del filosofo nolano Giordano Bruno. Il titolo del libro è: Il concetto creativo e dialettico dello Spirito nei Dialoghi Italiani di Giordano Bruno. Il confronto con la tradizione neoplatonico-aristotelica: il testo bruniano De l’Infinito, Universo e mondi (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003).

Perché le spedisco questo libro? Forse solamente per una forma di suggestione personale, che potrebbe essere naturalmente e magari pienamente infondata. Mi lasci spiegare però gli antefatti che mi hanno portato a questa decisione.

Prima di tutto le spiego brevemente l’origine del libro.

Il testo che ora le spedisco è la raccolta, rivista e perfezionata, riorganizzata attraverso una suddivisione per capitoli e paragrafi (con brevi abstracts introduttivi), del capitolo che termina le conclusioni alla mia personale tesi di dottorato in filosofia, discussa – con il medesimo titolo del libro in questione - presso l’Università di Padova il 22 febbraio 2002 (Commissione: Proff. Malusa, Bigalli e Ciliberto). La tesi qui nominata è suddivisa in quattro parti: la prima stabilisce un confronto fra la tradizione di alcuni testi aristotelici (Metafisica, Fisica, Il cielo) e la posizione (critica ed opposta) bruniana. La seconda utilizza il commento analitico, puntuale, rigoroso e conseguente al testo bruniano del De l’Infinito, per poter condurre una prima ed una seconda serie di conclusioni. La seconda serie di tali conclusioni costituisce il contenuto del libro che ora le invio. La terza e la quarta parte, poi, dispongono il materiale della mia personale critica alle interpretazioni bruniane: nell’800 e ‘900 (la linea Hegel, Spaventa, Gentile, Badaloni) e nel ‘900 (Granada, Ciliberto, Ghio, Ingegno e Beierwaltes). A proposito di questa prima parte, le voglio rendere noto che essa verrà pubblicata prossimamente dalla casa editrice Armando in Roma con il titolo Una modernità mancata: Giordano Bruno e la tradizione aristotelica (attualmente il testo è allo stadio della correzione delle prime bozze e dovrebbe uscire nel gennaio del 2004). La prosecuzione della pubblicazione dei miei lavori su Giordano Bruno – in particolar modo la serie dei miei sei commenti analitici ai sei Dialoghi Italiani – resta confinata e condizionata, oltre che dalle mie personali capacità, dalla possibilità di successo di questo primo volume romano e dall’accettazione del relativo progetto editoriale da parte dell’Amministratore delegato della stessa casa editrice, il Dott. Enrico Iacometti. Sinora né il Dott. Iacometti sa di questa mia intenzione – che mi riservo di spiegargli dopo l’avvenuta pubblicazione del primo volume – né il necessario aiuto di un adeguato sponsor economico mi pare alle immediate viste. Le rivelo comunque che il Dott. Iacometti ha valutato positivamente l’insieme delle possibili quattro parti-volumi della mia tesi, per il momento fermandosi all’accettazione e definizione contrattuale per la prima di queste.

Vengo ora rapidamente al punto nel quale cerco di chiarirle la motivazione teorica per la quale le invio il testo napoletano.

Credo che la scoperta all’interno della speculazione bruniana di una struttura – un presupposto ed uno schema immaginativo e razionale di tipo teologico, naturale e politico - opposta a quella del pensiero (e della prassi) della finitezza e limitatezza (Platone-Aristotele), ovvero risolutrice delle ambiguità trascinate dalla concezione di un pensiero (ed una prassi) dell’infinitezza ed illimitatezza astratte (il cristianesimo che si innesta nella fase precedente e la fa procedere, sino alle teorizzazioni di Cusano ed alla sua coincidentia oppositorum), possa costituire una forma di modernità allora, e soprattutto oggi, ancora mancata. La struttura è quella dell’infinito concreto, creativo e dialettico. Quale forma teologica essa apre il concetto della libertà in un orizzonte infinito, muovendo nello stesso tempo in modo infinito il comparire della sua eguaglianza, razionale e naturale insieme. Come lo Spirito resta libero ed eguale per tutti i soggetti che intendano restare all’interno della possibilità creativa (e dunque amorosamente dialettica), così la Materia non si scinde e non si distacca da questa propensione – la bruniana attitudine – contenendo dentro se stessa la vita ed il pensiero (il desiderio). Questa concezione teologica ha allora subito con sé ciò che la riempie in immagine e figura: una politica, quale rapporto fra ragione umana ed intelligenza naturale, ed una fisica, eticamente predisposta a non eliminare e rinchiudere il soffio libertario e comune della natura stessa.

Questo è certamente uno schema umano: ma uno schema necessario. Uno schema che noi introduciamo nella realtà quando immaginiamo di pensarla e di razionalmente spiegarla. Uno schema che pare oggi tanto più necessario nell’evoluzione di quello che Emanuele Severino definisce l’Errore dell’Occidente: la credenza che l’essere possa venire dal nulla ed andare al nulla (divenire). Se le fasi della civiltà occidentale sembrano essere definite dal passaggio dalla concezione della finitezza e limitatezza a quella della infinitezza ed illimitatezza astratte (all’inizio della modernità), questa modernità dimezzata sembra ora ritornare drammaticamente a se stessa ed al suo tentativo di fondere nell’assoluto dell’immanenza – l’assoluto del potere quale volontà di potenza – potere economico, sociale e politico (quindi anche accademico), secondo una mai sopita tendenza imperiale e gerarchica, ora materialmente totalmente e totalitariamente dispiegata. Non è allora certo con un regresso ad un originario (come pare volere Severino stesso) - che sembra immobilizzare e fondere insieme evento e disposizione, per ricreare le condizioni di un mondo unico (ancora e di nuovo platonico-aristotelico), sferico nella sua oscurità (caoticità) ma puntuale nella volontà di assumerlo per il tramite delle reti (di relazione o di comunicazione) – che la crisi di civiltà incombente potrà essere arrestata ed un nuovo mondo possibile essere riattinto ed esaltato. Solamente un salto di civiltà nella moltiplicazione innumerabile dei mondi bruniana – e nei concetti che razionalmente richiede ed articola – può procedere oltre e superare le contraddizioni insanabili della concezione classica e tradizionale occidentale. Rimanere al di qua significa perdersi e perdere forse l’intera umanità, oltre che la natura stessa (almeno di questo pianeta). 

La scoperta di questo schema e presupposto ci avvicina di nuovo alla possibilità – ed ora alla imprescindibile necessità – indicata dalla famosa scelta fra socialismo o barbarie, come pure alla necessità di una rifondazione del pensiero e della prassi di un comunismo libertario pienamente dispiegato. In questo senso, forse, la mia personale ricerca intorno alla profondità ed elevatezza del pensiero bruniano non ha mai mancato di avere riflessi nell’interpretazione della modernità e della sua crisi attuale. Spero dunque che le riflessioni presenti nel volume che le offro possano costituire utili suggestioni argomentative per lo sviluppo di una nuova cultura generale, capace di tenere insieme il lato delle scienze dell’anima e quello delle scienze della natura. Per questa ragione Lei è - nelle mie intenzioni - il referente politico eminente dei risultati delle mie ricerche, che hanno cercato e trovato ulteriori referenti nei due campi sopraccitati fra i Proff. Gabriele Veneziano e Maurizio Gasperini (per la teoria fisica delle stringhe) ed i Proff. Giuseppe Limone [per l’accostamento di Bruno al concetto di inconscio come insiemi infiniti (Matte Blanco)] ed Imre Toth (per lo studio dei riflessi  e delle implicazioni del concetto di infinito).

La prosecuzione immediata delle mie ricerche su Bruno si calibrerà allora intorno alla decodificazione del senso interno che anima le Epistole Esplicative ai Dialoghi Morali, per la verifica di un’ipotesi di lettura capace di tenere insieme i concetti di libertà ed eguaglianza. Posto questo primo masso nell’attraversamento del fiume etico-religioso e politico bruniano, il secondo passo potrebbe essere per me rappresentato dalla revisione dei commenti analitici agli stessi dialoghi, per poi concludere tutto questo ampio e difficile lavoro con un testo che vorrei fosse esemplare: la delineazione di una contro-logica hegeliana. Un testo Contra Hegel – con riferimento all’analisi, commento e rovesciamento dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche del 1817 – che usi della logica bruniana e dei materiali raccolti lungo la via della mia personale ricerca, per costruire la struttura del nuovo mondo possibile, rivisitando e creando nuovi concetti per termini quali ragione, sensazione, immaginazione, natura ….

Nello spirito della sua stessa ricerca e riconoscendo la medesima necessità di una rifondazione culturale, voglia allora accogliere con buon animo il mio libro, nella speranza che esso le sia almeno piacevole alla lettura.

Un cordiale saluto ed un augurio di buone feste,

 

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                                                                                                                                                                                                 (Stefano Ulliana).

 

Mittente:

Ulliana Stefano

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