Al chiaro di luna

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1. Berlino 1908

   Come ogni mercoledì e venerdì, il piccolo Juergen Hoeness, alle sei meno un quarto del pomeriggio, sfidava il buio ed il freddo pungente dell'inverno berlinese camminando sulla Immerstrasse innevata. Si divertiva un mondo a pestare e a calciare la neve che trovava lungo il cammino ed inevitabilmente, nonostante gli scarponi,  finiva per tornare a casa con le calze bagnate ed i piedi gelati, suscitando il disappunto della sua istitutrice Gertrud.
   Questa era sì una donna grande e grossa, che incuteva paura al solo vederla, ma aveva un cuore tenero e smaltiva in fretta il suo malumore. Sapeva già in partenza che non avrebbe ottenuto alcun risultato nel pretendere da lui atteggiamenti più controllati e recitava la parte della "cattiva" senza molta convinzione, ritenendo, non a torto, che a otto anni la vitalità di un ragazzino non debba mai essere soffocata in alcun modo. E Juergen, che aveva ben capito come stavano le cose, per tutto quell'inverno e per altri ancora, continuò a prendere a calci la neve, a bagnarsi le calze e a sorbirsi le immancabili tiritere di Gertrud.
   L'unica cosa che gli metteva davvero paura, era il cane lupo grande e grosso che da una casa sulla Steinplatze, al suo passaggio, si scagliava furioso contro la recinzione del giardino e gli abbaiava contro. Il ragazzino, pur consapevole dell'immancabile attacco, provava sempre grande timore nel vedere il cagnaccio digrignare i denti. Però, facendo leva sul suo indomito coraggio, riusciva a tenerlo lontano dalla recinzione tirandogli una palla di neve fresca sul muso.
   Il cammino che Juergen doveva fare per arrivare a casa della sua insegnante di pianoforte non era molto. Dalla Steinplatze imboccava la Carmenstrasse, una piccola via acciottolata dalle case a graticcio dove si respirava un perenne odore di cavoli lessi, passava sotto un arco di pietra ed entrava nel cortile di un vecchio caseggiato. Lì, scuro come la notte, c'era il portone di accesso sempre aperto. Salite due rampe di scale, il piccolo giungeva sul pianerottolo di casa Shroeder.
   Ben altra soggezione gli incuteva Ingrid, la sua anziana insegnante di pianoforte dagli occhialini scuri, i capelli neri raccolti a crocchia sulla nuca, il viso magro e rugoso, gli occhi freddi, le labbra sottili, la voce tagliente come un bisturi.
   "Guten Morgen, meine Dame."
   "Guten Morgen, Juergen. Wie geht es dir?"
   "Sehr gut, Frau Gertrud."
   
   Dopo i saluti, iniziava un cerimoniale abbastanza collaudato. Juergen poggiava il suo libro di esercizi sul leggio del pianoforte. Abbassava, ruotandolo, lo sgabello fino a portarlo all'altezza giusta per poter toccare i pedali, suonava quindi il piano sotto lo sguardo vigile e severo di Ingrid.
A piccoli sorsi, come il tè delle cinque, Juergen beveva la filosofia musicale della sua insegnante.
   "Se vuoi tirarne fuori il massimo della sonorità, tu ed il pianoforte dovete essere una cosa sola. Lui vive solo grazie alle tue mani."
   Ingrid impressionava talvolta Juergen con un'affermazione ardita e colorita che sempre sbalordiva il ragazzo.
   "Là dentro" gli diceva indicando la cassa armonica del piano
"c'è un vecchio ansioso di tornare libero e ci riuscirà soltanto se tu suonerai con grande partecipazione emotiva."
   A questo punto, per rendere più incisivo il suo discorso, l'insegnante picchiava con il palmo della mano sul pianoforte e andava ad aprire la cassa armonica guardandoci dentro.
   "Tu e lui" proseguiva, facendo riferimento al vecchio immaginario, "siete legati strettamente l'uno all'altro." E, per dimostrargli la solidità del legame, si prendeva con le mani entrambi gli avambracci tirandoli verso l'esterno.
   L'immagine colpì così prepotentemente la fantasia di Juergen, che quando si trovava da solo a suonare in casa, si aspettava che da un momento all'altro il vecchio alzasse il coperchio del pianoforte per afferrargli  le mani.
   ".fai respirare le note: lascia che esse corrano nell'aria leggere. La sua sonorità è legata alla tua sensibilità e al tuo gusto estetico. Osserva la natura: in essa troverai gli spunti ideali per la tua ispirazione. Se sei triste, da qui usciranno note tristi; se sei allegro, le note voleranno nell'aria lievi, creando emozioni nel tuo pubblico. Tira fuori tutta la tua anima quando suoni."
   A volte Ingrid prendeva una mano di Juergen e se la strofinava su una mammella procurandogli una forte emozione. "Quando sentirai dentro di te l'eccitazione di adesso, vorrà dire che sei pronto per una grande esecuzione."
   Così il piccolo crebbe pensando che il pianoforte meritasse il massimo rispetto. Lo amò con passione prima e con trasporto poi, quando, raggiunta l'età matura conquistò il suo equilibrio di uomo e di musicista.
   Grazie al suo temperamento romantico, si costruì nel corso degli anni, un repertorio adatto alla sua sensibilità, senza dimenticare mai più una sola parola della sua vecchia insegnante.
   La strada della vita per Juergen era stata già tracciata. Come il padre, anch'egli pianista, avrebbe preso il diploma di maestro di pianoforte, dopo aver frequentato il Conservatorio di Berlino. Come il padre, colonnello della Wehrmacht, sarebbe entrato nell'Accademia Militare di  Lipsia ed avrebbe iniziato una gloriosa carriera militare.
   "È importante saper suonare bene perché la musica libera la mente e con la mente libera si può servire meglio la patria."
   Così gli ripeteva con aria grave l'anziano genitore.


 

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