Un pensiero scandaloso

So che sto per dire una bestialità, ma un pensatore scandaloso non può che suscitare pensieri scandalosi. Forse è andata meglio così, ve lo immaginate se il nostro poeta corsaro fosse ancora vivo? Riuscite a vederlo, settantenne, aggirarsi come uno Zarathustra pazzo per le strade senza pietà del neo-post-transcapitalismo che fu latino? Pier Paolo Pasolini venne ucciso la notte del 1° novembre del 1975 da un marchettaro part-time, Giuseppe Pelosi,- detto "Pino la rana"-, di diciassette anni: un tipico "ragazzo di vita" come quelli descritti nei suoi romanzi.
Ma chi era Pier Paolo Pasolini? Semplicemente un sovversivo o un "frocio", come piaceva pensare a destra? Un nuovo caso Plebe, come si diceva di lui sulle colonne dell'Espresso? Un reazionario antiabortista, come pensava l'intellighentia radical chic? Oppure un intellettuale le cui tesi non erano passate per la mente "nemmeno ad Aldous Huxley, ad Orwell, nemmeno ad Hitler, nemmeno a Fanfani...", come lo liquidava Umberto Eco? O vicine a quelle del Lombroso come scriveva Maurizio Ferrara sull'Unità?
Oggi tutti lo riabilitano, ne fanno un proprio nume tutelare: dubito che tutto questo gli sarebbe piaciuto.
Il dibattito, per la verità piuttosto miserino, che ciclicamente si apre sulle colonne dei giornali per arruolare il nostro in questo o quel gruppo di Montecitorio, ci lascia quantomeno perplessi. Un pensiero scandaloso, dicevamo.
Scandaloso perché inclassificabile, inafferrabile eppure terribilmente comprensibile, persino ragionevole.
A distanza di vent'anni dalla sua morte occorre interrogarsi su questo testimone (scomodo) del nostro tempo: sulla sua vita vissuta all'insegna della carnalità, del dubbio, dell'ambiguità, sull'esposizione diretta del proprio io; un io provocatorio, sofferto, urlato.
Pasolini fu un testimone del degrado morale e sociale che accompagnava l'Italia sulla via della modernizzazione, di questo degrado fu critico disperato. " Come polli d'allevamento, gli italiani hanno subito assorbito la nuova ideologia irreligiosa ed antisentimentale del Potere; tale è la forza di attrazione e di convinzione della nuova qualità della vita che il potere promette, e tale è, insieme, la forza degli strumenti di comunicazione di cui il potere dispone. Come polli d'allevamento ... gli italiani hanno accettato la nuova sacralità ... della merce e del suo consumo ...".
La critica alla (ai tempi) "nuova società dei consumi" è centrale nell'opera pasoliniana insieme alla critica del suo angusto orizzonte culturale: " il modello culturale offerto oggi agli italiani è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell'esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. É qui che si vivono i valori, non ancora espressi della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto".
La rabbia esplode nel ritratto che traccia dell'uomo del suo tempo: "l'uomo medio dei tempi di Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l'umanità nella loro purezza ideale. L'uomo medio oggi può interiorizzare una seicento, un frigorifero, oppure un week-end ad Ostia".
Seguendolo nel suo viaggio alla ricerca di se stesso e degli uomini, troviamo un mondo fatto di suoni, colori, odori e sapori, di culture e tradizioni radicate e condivise, di un senso del sacro, non confessionale, ma avvertito epidermicamente, un mondo fondato sulle differenze che rendono unica ogni esistenza. Troviamo anche il rimpianto per l'aver abbandonato tutto questo in cambio di nulla.
A oltre vent'anni dalla sua morte, quello che resta non è tanto uno dei mille misteri italiani ma la sua poesia, le sue idee scellerate e scandalosamente controcorrente in un mondo che ha fatto del conformismo un motivo di orgoglio e della trasgressione una merce di consumo.

Andrea Ansaloni


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