Di seguito possiamo leggere alcune tra le più belle pagine mai scritte da uno scienziato, nella fattispecie Louis de Broglie (*), che illustrano meglio di qualsiasi esempio i sentimenti e le lotte che coinvolsero (nei primi trent’anni del XX secolo) gli studiosi impegnati nel dibattito intorno all’affermarsi della meccanica quantistica.

"Alla fine dell’ottobre 1927 ebbe luogo a Bruxelles il quinto Consiglio di Fisica Solvay dedicato alla meccanica ondulatoria e alla sua interpretazione. Io [Louis de Broglie] vi feci un’esposizione del mio tentativo, ma per diverse ragioni lo feci sotto una forma un po’ monca e insistendo principalmente sull’immagine idrodinamica.

Il mio rapporto non fu affatto apprezzato : unito attorno a Bohr e Born, il gruppo molto attivo dei giovani teorici, che comprendeva Pauli, Heisenberg e Dirac, era completamente conquistato dalla interpretazione puramente probabilistica di cui essi erano gli autori.

Tuttavia si levarono alcune voci per combattere queste nuove idee, Lorentz affermava il suo convincimento che occorresse conservare il determinismo dei fenomeni e la loro interpretazione mediante immagini precise nel quadro dello spazio e del tempo; ma il suo intervento molto notevole non apportava alcun elemento costruttivo. Schrödinger preconizzava l’abbandono completo della nozione di corpuscolo, per non conservare che quella delle onde regolari di tipo classico : ma io ero convinto che un tale tentativo non poteva aver esito.

Che cosa avrebbe detto Einstein in questo dibattito dal quale doveva uscire la soluzione del formidabile problema che l’aveva tanto preoccupato dopo la sua geniale intuizione sui quanti di luce ?

Con mio grande disappunto non disse quasi niente. Una sola volta egli prese la parola per alcuni minuti : rifiutando l’interpretazione probabilistica egli lo fece in termini molto semplici. Una obiezione che io credo abbia comunque conservato il suo notevole peso. Poi egli ricadde nel suo mutismo.

In conversazioni private egli m’incoraggiava nei miei tentativi, senza tuttavia pronunciarsi sulla teoria della doppia soluzione che egli non sembrava aver studiata molto da vicino.

Affermava che la fisica quantistica si impegnava su una cattiva strada e davanti a questa evoluzione sembrava scoraggiato. Un giorno mi disse : Questi problemi di fisica quantica divengono troppo complessi. Io non posso più mettermi a studiare questioni così difficili : sono troppo vecchio ! : frase ben strana nella bocca di questo illustre scienziato che non aveva allora che quarantotto anni e il cui pensiero audace non era certo di quelli che si lasciano facilmente scoraggiare dalla difficoltà dei problemi !

Ritornai dal Consiglio Solvay molto sconcertato per l’accoglienza che vi avevano ricevuto le mie idee. Non vedevo il modo di superare gli ostacoli che esse incontravano e le obiezioni che mi erano state fatte. Avevo l’impressione che la corrente, che portava la quasi unanimità dei teorici qualificati ad adottare l’interpretazione probabilistica, fosse irresistibile. Mi allineai dunque con questa interpretazione e la presi come base dei miei insegnamenti e delle mie ricerche. Il solo tentativo che era stato fatto (il solo forse che poteva essere fatto) per risolvere il problema delle onde e dei corpuscoli, nel senso che Einstein auspicava, sembrava essere decisamente fallito.

Einstein tuttavia non si arrendeva. Emigrando negli Stati Uniti, non cessava di rivolgere in tutti i suoi scritti, vivaci critiche all’interpretazione puramente probabilistica della meccanica quantistica. Vi furono degli scontri vivaci tra Bohr e lui, particolarmente nel 1935, quando Einstein, in collaborazione con Podolski e Rosen, scrisse nella Physical Review, un articolo che sviluppava una nuova obiezione contro l’opinione dominante : e ad essa Bohr fece eco con una risposta sullo stesso periodico.

In questa giostra, Einstein si trovava quasi isolato e non aveva per compagno di lotta che Schrödinger, autore anche lui di numerose e molto fini obiezioni contro l’interpretazione probabilistica.

Ma l’atteggiamento di Einstein restava puramente negativo : egli rifiutava la soluzione dell’enigma delle onde e dei corpuscoli che era prevalsa, ma non ne proponeva alcun’altra : il che, evidentemente, indeboliva la sua posizione.

Egli si dedicava allora alle sue ricerche sulle teorie unitarie che, prolungando lo sforzo realizzato dallo sviluppo della relatività generale, cercavano di conglobare il campo gravitazionale, il campo elettromagnetico ed eventualmente altri campi in un’immagine unica.

Ma anche se questi interessanti tentativi unitari dovevano continuare a svilupparsi, essi non potevano in alcun modo condurre, almeno nella loro forma attuale, ad una rappresentazione esatta della realtà fisica, poiché essi non contenevano i quanti. Einstein lo sapeva meglio di ogni altro, egli che aveva scoperto i quanti di luce ! Si rendeva conto molto bene che gli si poteva rimproverare di aver abbandonato ogni lavoro costruttivo nel dominio dei quanti: e nell’ultima lettera che egli mi scrisse il 15 febbraio 1954 mi diceva scherzosamente : Io devo rassomigliare ad uno struzzo che nasconde continuamente la sua testa nella sabbia relativistica per non aver da guardare in faccia questi villani quanti.

Frattanto la controversia si andava lentamente spegnendo. La maggior parte dei fisici ammetteva, senza discussione, l’interpretazione probabilistica, gli uni perché la trovavano realmente soddisfacente, gli altri più pragmatici, perché il formalismo della meccanica quantica sembrava loro in grado di fornire tutti gli strumenti che erano necessari per le loro previsioni e perché non si preoccupano più in nessun modo di sapere quale realtà potesse nascondersi dietro il velo delle equazioni" … 

 

  

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(*) Louis de Broglie, "Nouvelles Perspectives en Microphysique", Editions Albin Michel, Paris (1956)

 

Edizione italiana :

Louis de Broglie, "Nuove Prospettive in Microfisica", Fratelli Fabbri Editori, Milano (1969)