IL SIGNIFICATO DELLA REALTA'

 

Il senso della misurazione in Meccanica Quantistica

 

  

L'esistenza del quanto d'azione di Planck introduce in fisica classica una situazione completamente nuova dal punto di vista della descrizione del processo di misura : ogni interazione I tra sistema atomico SA e strumento D non è più riducibile ad una registrazione da parte di D del valore della grandezza misurata su SA, ma comporta una importante modifica anche del sistema SA , che non è eliminabile né praticamente, né concettualmente. L'interazione può anche essere uguale a zero, ma in tal caso non si compie alcuna osservazione e non si acquisisce alcuna conoscenza sulle proprietà del sistema atomico. Se l'interazione è invece diversa da zero, essa non può essere resa arbitrariamente piccola e non è quindi neppure concettualmente eliminabile (come avveniva in fisica classica), ma deve avere la costante di Planck come valore minimo. Questo perchè ogni interazione fisica tra strumento misuratore e microoggetto misurato implica sempre uno scambio di energia per un certo intervallo di tempo, oppure la cessione di una certa quantità di moto su una certa distanza spaziale. Ora le dimensioni fisiche di "energia per tempo" e di "quantità di moto per spazio" sono proprio quelle dell'azione, sono cioè quelle della costante (h) di Planck. Il termine interazione usato per ogni processo quantistico di misurazione è quindi vero letteralmente, dato che si ha proprio a che fare con lo scambio della grandezza fisica azione fra lo strumento e il sistema fisico misurato, che a causa delle dimensioni atomiche di quest'ultimo, comporta su di esso una inevitabile perturbazione. Questo carattere perturbativo della misurazione in microfisica comporta la necessità dell'abbandono dello schema classico della doppia registrazione da parte dell'apparato prima e dell'osservatore poi, a favore del nuovo schema :

(1) SA « D ® O

che indica esplicitamente la natura simmetrica e non più unidirezionale del processo di interazione tra apparato misuratore D e sistema atomico misurato SA. Anche nello schema (1) la seconda interazione tra apparato D e osservatore O continua ad essere indicata come una registrazione da parte di O del risultato da lui osservato su D. Si tratta di uno schema che non è comunque universalmente accettato e sono state avanzate, come vedremo, proposte più radicali, che sostengono la natura simmetrica anche dell'interazione tra O e D , e la conseguente possibilità di una modifica, da parte della mente o della coscienza di O, dello stato fisico di D e, attraverso questo, dello stesso SA.

La descrizione matematica del processo di interazione I da parte della teoria quantistica comporta tuttavia una serie di gravi difficoltà, generalmente note come problema quantistico della misurazione. Le radici logiche di tale problema, vanno ricercate nella coesistenza, all'interno del formalismo quantico, di due differenti (e tra loro incompatibili) modalità di evoluzione della funzione d'onda che, come è noto, viene sempre associata allo stato di un qualsiasi sistema quantistico. Da un lato abbiamo infatti l'equazione di Schrödinger (i) che regola in modo rigorosamente deterministico l'evoluzione temporale dei sistemi fisici inosservati, dall'altro la descrizione probabilistica (i 1) delle osservazioni o misurazioni effettuate per determinate proprietà osservabili dei sistemi fisici stessi, senza che venga tuttavia formulata una specificazione non ambigua di condizioni precise e reciprocamente esclusive per questi due differenti tipi di evoluzione.

Il ricorso a entrambe queste modalità di descrizione, l'una deterministica e l'altra probabilistica, sembra comunque inevitabile, nello stesso senso in cui è necessario servirsi delle proprietà ondulatorie e delle proprietà corpuscolari, per spiegare le proprietà fisiche dei microoggetti. Infatti se si applicasse l'equazione di Schrödinger alla descrizione del processo di misura interpretandolo come un qualsiasi altro processo di interazione tra due oggetti fisici, corrispondenti al sistema misurato SA e all'apparato misuratore D , ogni volta che SA è in uno stato di sovrapposizione di due o più stati microscopici, lo stato finale del sistema complessivo SA + D risulterebbe, a CAUSA DELLA LINEARITA' della equazione di Schrödinger, ancora uno stato di sovrapposizione, in questo caso di differenti stati macroscopici. Una simile possibilità implicherebbe che l'osservatore O che controlla l'apparato D , noterebbe quest'ultimo registrare simultaneamente tutti i differenti risultati previsti dal formalismo quantistico, il che appare paradossale.

Per evitare questa conclusione contraddittoria, nella teoria quantistica è stato introdotto un assioma, che stabilisce che l'equazione di Schrödinger non si applica alla descrizione dei risultati delle nostre misurazioni o delle nostre osservazioni. Si tratta del cosiddetto postulato di riduzione della funzione d'onda, secondo il quale il sistema misurato SA è sempre in uno stato ben definito al termine del processo di misura. Gli aspetti formali connessi a questo postulato evidenziano l'esistenza di differenti teorie della misurazione riconducibili a quattro differenti gruppi, a seconda della risposta che esse forniscono al problema del livello a cui dovrebbe avere luogo il processo di riduzione d'onda, il passaggio cioè da una sovrapposizione di diversi stati fisici a un preciso stato finale. Si tratta naturalmente di un problema di notevole rilevanza per i fenomeni della fisica, dato che esso investe direttamente due questioni fondamentali strettamente connesse ; il dominio di applicazione del formalismo quantistico e la descrivibilità dello strumento di misurazione da parte del formalismo stesso.

  

La PRIMA RISPOSTA, contenuta nella teoria della misurazione di Bohr1 (scuola di Copenhagen), afferma che la riduzione della funzione d'onda avviene a livello dello strumento di misura D. Questa ipotesi riconosce, quindi, allo strumento, uno status particolare rispetto a quello degli ordinari sistemi macroscopici, le cui interazioni con i microoggetti continuano ad essere descritte dall'equazione di Schrödinger. Nel caso di Bohr lo schema del processo di misura è del tipo (1) e il dominio di validità del formalismo quantistico Fqt { SA , SM } , si estende ai sistemi microscopici e macroscopici escludendo gli strumenti di misura. Si tratta comunque di una soluzione assai poco soddisfacente, sia per la rinuncia alla elaborazione di una rigorosa teoria matematica per la descrizione della I , sia per l'assunzione di una differenza di principio tra lo strumento D e un qualsiasi altro sistema macroscopico SM.

  

La SECONDA RISPOSTA, contenuta nella teoria della misurazione di von Neumann2, assume che il processo di riduzione della funzione d'onda si verifica a livello della coscienza dell'osservatore. Tale risposta consente di includere lo strumento tra gli oggetti descrivibili dal formalismo quantistico, il cui dominio di validità

Fqt { SA , SM , D } ,

 si estende quindi a tutti gli oggetti fisici, compresi naturalmente gli strumenti di misura, escludendo la coscienza dell'osservatore. Questa, concepita come agente esterno al mondo fisico, è la responsabile della riduzione d'onda, che avviene all'interno di un processo rigorosamente simmetrico, corrispondente a

(2) SA « D « O

 Nella realtà ciò che avviene o che dovrebbe avvenire per meglio dire, è un trasferimento a catena di sovrapposizione di stati. La particella osservata "riversa" la propria sovrapposizione sull'apparato di misura, l'apparato di misura sugli organi di senso e questi sul cervello dell'osservatore. La catena di "condizionamenti reciproci" non potrebbe mai avere fine se non fosse per l'entrata in scena della coscienza (o "facoltà di introspezione") dell'osservatore, la quale per le sue caratteristiche di "irriducibilità" permette a quest'ultimo di conoscere il proprio stato, troncando la catena delle sovrapposizioni e consentendo la "misura" del microoggetto.

La teoria di von Neumann, ripresa in tempi recenti da Wigner3 , è oggi conosciuta in tre diverse versioni :

 

  1. quella interazionista, secondo la quale l'atto di misura modifica, attraverso il cambiamento del valore della funzione d'onda, il mondo fisico ;
  2.  

  3. quella spiritualista, o mentalista, o immaterialista, secondo la quale non esiste una realtà fisica oggettiva, ma soltanto le idee o gli stati mentali del soggetto che osserva (teoria delle osservazioni di Wigner);
  4.  

  5. quella solipsista, in base alla quale soltanto il mio IO, e non semplicemente la coscienza di un qualsiasi altro osservatore è in grado di produrre la riduzione della funzione d'onda (paradosso dell'amico di Wigner).

 

Nessuna di queste tre varianti (ad eccezione, forse, della "a") sembra comunque fornire una soluzione soddisfacente; riducendo il processo di misura a una sorta di evento psicofisico.

  

La TERZA RISPOSTA, contenuta nella teoria della misurazione di Hugh Everett 4, afferma che la riduzione della funzione d'onda non ha in realtà MAI luogo e che TUTTE le possibilità previste dal formalismo si realizzano simultaneamente in differenti ramificazioni dell'universo (ii). Nonostante questo suo carattere paradossale la teoria di Everett ha una sua consistenza interna e l'importante vantaggio di descrivere lo strumento come ogni altro oggetto fisico

Fqt { SA , SM , D , O }

 Infatti il dominio di applicazione della teoria quantistica si estende, nella prospettiva di Everett, agli oggetti macroscopici SM , agli oggetti microscopici SA , agli strumenti di misura D e agli stessi osservatori O , tutti concepiti come elementi della realtà fisica, mentre lo schema del processo di misura, che tiene conto del processo di ramificazione dell'universo, può essere così esemplificato :

 (3)

ìSA 1 « D1 ® O1

 .SA 2 « D2 ® O2

í

. . . . . . . . . . . .

 îSA n « Dn ® On

 

La più seria difficoltà della teoria di Everett è legata al fatto che essa non è in grado, in determinate situazioni fisiche, di spiegare il processo di ramificazione senza fare ricorso ad un agente esterno al mondo fisico, ricadendo quindi in una prospettiva simile a quella della teoria "dell'osservatore cosciente" di von Neumann.

  

La QUARTA RISPOSTA è che la riduzione si verifica nel passaggio dal livello microscopico a quello macroscopico. Diversi tentativi sono stati elaborati in questa direzione. Nel presente lavoro ci limitiamo a citarne tre :

 

  1. le Regole di Superselezione di Landau, le quali vietano la sovrapposizione di stati macroscopici ;
  2.  

  3. le teorie della misurazione di Loinger-Prosperi e collaboratori 5, di Ludwig 6, di Prigogine e collaboratori 7 ; secondo questi studiosi lo schema del processo di misura è simile a quello di Bohr, ma il dominio di applicazione del formalismo quantistico viene ristretto ai soli sistemi atomici Fqt { SA } , assumendo che la descrizione dei fenomeni macroscopici, e tra essi anche quella della interazione I , richieda l'elaborazione di una nuova macrodinamica quantistica, in mancanza della quale è opportuno fare ricorso (per la descrizione del processo di misura) a teorie classiche o semi-classiche come la meccanica stocastica ;
  4.  

  5. la teoria di Ghirardi-Rimini-Weber (GRW)8, la quale afferma che la riduzione della sovrapposizione degli stati avviene spontaneamente al passaggio dalle dimensioni microscopiche della particella alle dimensioni macroscopiche dell'apparecchiatura di misura. Nell'ambito di questa teoria, al passar del tempo, la funzione d'onda di una particella si "espande". Durante l'espansione vi è la probabilità che l'onda urti "qualcosa sullo sfondo" e d'un tratto diventi localizzata. Per le particelle singole la probabilità di un tale urto è molto bassa, circa 1 ogni 100 milioni di anni, ma alle dimensioni degli strumenti di misura le probabilità del crollo della funzione d'onda salgono a 1 ogni 100 picosecondi.

 

Per quanto le teorie sopra esposte sembrino realizzare un sostanziale progresso nei confronti dell'interpretazione data da Bohr, sia sul piano formale (per la rigorosa trattazione da esse offerta del processo di interazione tra SA e D), sia sul piano fisico ed epistemologico, dato che la distinzione tra microscopico e macroscopico appare assai più fondata di quella tra sistema fisico e strumento di misura, esse vanno incontro ad alcune gravissime difficoltà, che impediscono (almeno allo stato attuale) di considerarle una reale soluzione al problema della riduzione della funzione d'onda nel processo di misura.

  

 

 

(i) Nel 1926 il matematico austriaco Erwin Schrödinger scoprì una equazione che permise e permette tutt'oggi di descrivere compiutamente le proprietà ondulatorie della materia. Questa equazione rappresenta lo stato di un atomo o di una particella isolata mediante una funzione d'onda che è raffigurabile con un'onda progressiva per una particella in moto nello spazio e con un'onda stazionaria per uno stato quantico di un atomo.

Schrödinger chiamò tale funzione (x, y, z, t) funzione psi ( Y ).

L'equazione di Schrödinger nella sua forma classica :

( 2 f / x 2 ) + ( 2 f / y 2) + ( 2 f / z 2) = (1 / v 2) * ( 2 f / t 2)

v è la velocità di propagazione dell'onda ;

t è il tempo ;

f è la funzione di x, y, z.

 Il successo dell'equazione di Schrödinger nello spiegare la struttura atomica e nel prevedere con estrema precisione un'incredibile serie di dati osservati, fu straordinario e con pochi precedenti nella storia della scienza.

I grafici mostrano la propagazione della Funzione d'Onda di Schrödinger rispettivamente in due e tre dimensioni.

 

 

 

(i 1) Vediamo ora come questa equazione trova applicazione nell'ambito della teoria quantistica. L'estensione della y al dominio della meccanica quantistica è dovuta essenzialmente al fisico Max Born.

Secondo Born ad ogni particella deve essere associata un'onda descritta dalla funzione Y . Tale funzione non deve però avere un significato fisico diretto, ma il quadrato del suo modulo deve rappresentare la densità di probabilità di presenza di una microparticella in un determinato spazio.

L'interpretazione probabilistica dell'equazione di Schrödinger costituisce un aspetto peculiare della teoria quantistica, poiché con essa le leggi rigidamente deterministiche della meccanica classica sono sostituite da leggi probabilistiche.

All'interno della meccanica quantistica l'interpretazione probabilistica della y fa emergere un'ulteriore aspetto : la "sovrapposizione degli stati". Per spiegare di cosa si tratta ricorreremo ad un'analogia psicologica.

Si supponga che l'umore di vostro padre sia CATTIVO (stato C) o BUONO (stato B) e che la probabilità di trovarlo in quest'ultimo stato sia del 60 %. Il formalismo quantistico ci dice allora che l'umore di vostro padre in un momento qualunque della giornata è rappresentato dalla sovrapposizione LINEARE dei sotto-stati C e B, ma che la probabilità di trovare il vostro genitore di cattivo o di buon umore è nel rapporto 0,4 a 0,6 ; il che si traduce simbolicamente con :

Y (P) = 0,4 Y (C) + 0,6 Y (B)

Si può quindi dire che l'umore di vostro padre oscilla dallo stato C allo stato B e per saperne di più occorre incontrarlo per verificare quale sia realmente il suo umore. Lo potremmo trovare nello stato B, esperienza che ci permetterà di dire che al momento dell'incontro/misura abbiamo ridotto la sua funzione d'onda al solo sotto-stato Y (P) = Y (B).

Ogni sistema quantistico che può essere contemporaneamente in uno stato C o stato B sarà quindi descritto da una funzione d'onda totale :

Y = PC Y (C) + PB Y (B)

 e la probabilità di trovarlo nello stato B sarà ï PB ï 2. Il fatto che la probabilità di un sotto-stato sia il quadrato del coefficiente che determina la sua influenza nel momento del crollo della funzione d'onda, lo si deve al formalismo il quale richiede che in realtà la probabilità di presenza sia il quadrato di Y . Perché la particella così descritta sia osservata occorre infine che la probabilità totale sia uguale all'unità ; pertanto normalizzando i coefficienti P si ottiene :

ç PC ç 2 + ç PB ç 2 = 1

 La meccanica quantistica offre esempi molto significativi di sovrapposizione di stati ; uno di questi è la durata della vita del mesone K 0. La durata della vita di K0 può essere 10 - 7 oppure 10 - 10 secondi, la qual cosa sembra violare il principio che prevede che una particella debba sempre presentare la medesima probabilità di disintegrazione. Applicando la teoria della sovrapposizione degli stati possiamo dire che la durata della vita di K0 è la sovrapposizione di due stati K01 (10 - 7) e K02 (10 - 10). Il mesone può così manifestarsi sotto una forma o l'altra a seconda del momento scelto per la sua osservazione. La vita di K0 in definitiva si consuma per metà della sua durata in uno dei due stati. Questa situazione trova esemplificazione nella formula :

ç K0 ç 2 = 1/2 ç K01 ç 2 + 1/2 ç K02ç 2 (*)

 

Ricapitoliamo ora quanto sino a questo punto esposto.

L'ampiezza dell'onda di un particella deve esser sempre rappresentata dalla sovrapposizione di due ampiezze y 1 e y 2 , lo stato di un sistema a un istante qualsiasi risulterà dato da Y = Y 1 + Y 2 e poiché tale stato è proporzionale al quadrato dell'ampiezza dell'onda, scriveremo :

 

ç Y ç 2 = ç Y 1 + Y 2 ç 2 = ç Y 1 ç 2 + ç Y 2 ç 2 + ç 2 Y 1 Y 2ç

 

Occorre precisare che il termine incrociato y 1 y 2 è nullo se entrano in gioco stati (irriducibili o puri) come quelli di particella-antiparticella o mesone K01 - K02 (*), ovvero stati che non possono (assolutamente) esistere insieme. In questo caso l'ampiezza della funzione d'onda risulterà :

 

ç y ç 2 = ç Y 1ç 2 + ç Y 2ç 2

 

 

(ii) La teoria della misurazione di Hugh Everett III successivamente ripresa e ampliata da Bryce De Witt è anche nota col nome di teoria degli "Universi Paralleli" o dei "Molti Mondi". In essa tutte le possibilità quantistiche alternative assumono realtà oggettiva e coesistono in parallelo l'una accanto all'altra. Ogni volta che si compie la misurazione di un microoggetto l'universo si scinde in due universi fisicamente reali e "identici" (la sola differenza sta nel diverso "stato" della particella osservata).

Può essere che il buonsenso si ribelli all'idea di un cosmo che si divide in due ogni volta che si esegue una misurazione, ma la teoria, da questo punto di vista, non è meno accettabile della stessa interpretazione di Copenhagen.

Un'alternativa alla suddivisione fisica degli universi è stata proposta da David Albert e Barry Loewer della Columbia University. Nella loro teoria -detta delle "Molte Menti"- i due studiosi americani ipotizzano che a ciascun osservatore o sistema fisico "senziente" sia associato un insieme infinito di stati mentali che esperiscono i diversi esiti possibili delle misurazioni quantistiche. La famiglia delle scelte latenti nell'equazione di Schrödinger corrisponde così alla miriade di esperienze subite da queste menti e non a un'infinità di universi paralleli materiali.

  

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

1 N. Bohr, "Atomic theory in the description of nature" , Cambridge, 1934.

 

2 J. von Neumann, "The Mathematical Foundations of Quantum Mechanics", Princeton University Press, New Jersey , 1955.

F. London, E. Bauer, "La théorie de la mésure de l'observation en mécanique quantique", Actualité Scientifiques et Industrielles, Parigi , 1939.

 

3 E. P. Wigner, "Remarks on the Mind-Body Question", Symmetries and Reflection, Bloomington, Indiana University Press, 1967.

 

4 Teoria della misurazione di Everett, esposta nell'articolo scritto da B. De Witt e N. Graham, "The Many-Worlds Interpretation of Quantum Mechanics", Princeton University Press, Princeton, New Jersey , 1973.

 

5 G. M. Prosperi, A. Loinger, A. Daneri, "Nuclear Physics 33", 1962.

G. M. Prosperi, "Models of the measuring process and of macrotheories" ,

Marburg , 1973.

 

6 G. Ludwig, "Die grundlagen der Quantenmechanik" , Berlino, 1954.

 

7 I. Prigogine , C. George, L. Rosenfeld , "The macroscopic level of quantum mechanics", Det. Klg. Danske Vidensabernes, Meddelsen, 1972.

I. Prigogine, "From Being to Becoming", Freeman, S.Francisco, 1980.

 

8 G. C. Ghirardi, A. Rimini, T. Weber, "Physics Review D 34", 1986.

 

 

Tiziano Cantalupi

tcantalupi@mbox.queen.it