(segue - UNA SECESSIONE DOLCE )



Altri vantaggi per una secessione dolce


Oltre a non erigere barriere economiche, la secessione non andrebbe nemmeno a costruire ostacoli di carattere linguistico, nel caso specifico della Repubblica Lombarda e della residua Repubblica Italiana.
Ebbene, potrà apparire ovvio o comunque scontato, ma nella nostra idea di secessione della Lombardia il capitolo "lingua ufficiale" ha una risposta semplice: l'italiano. Spesso si è ironizzato sulla passione leghista per il dialetto (o meglio, per le lingue locali della Padania, dal veneto al meneghino, dal bergamasco al piemontese e via dicendo).
Noi rispettiamo i cultori delle lingue locali e riteniamo un peccato che esse possano andare perdute. Tuttavia, non crediamo che la lingua ufficiale della Repubblica Lombarda possa essere altra rispetto all'italiano. Diciamo subito che il concetto stesso di "lingua ufficiale" non ci entusiasma, poiché crediamo che esso rappresenti nè più nè meno che un retaggio di un vecchio mondo ottocentesco, nel quale i popoli venivano visti come entità immutabili e sovrannaturali; un mondo sepolto (ma non del tutto) che non riusciva a concepire, per ogni popolo, null'altro che una sola lingua, una sola bandiera, una sola casacca. Noi, in questo essendo perfettamente lombardi e, dunque, un po' anarchici, preferiamo le differenze all'omologazione coatta, e quindi amiamo della nostra Regione proprio la sua capacità di accogliere, trasformare e trasformarsi, sapendo restare, comunque, sempre se stessa nei secoli. Per noi la Lombardia è soprattutto un modo di essere e di pensare il mondo. Pertanto crediamo che la questione della lingua ufficiale (intesa come l'idioma in cui principalmente si esprimono i documenti e i rappresentanti delle istituzioni pubbliche) necessiti di un approccio assolutamente pragmatico, cioè assolutamente lombardo.
Preso atto pertanto che in Lombardia l'italiano è la lingua più parlata -del resto è una delle Regioni con il miglior tasso di scolarizzazione e in cui meglio si parla la lingua della Penisola- riteniamo che l'italiano, per l'appunto, debba essere la lingua ufficiale della nascitura Repubblica Lombarda.
Ecco così un altro buon motivo per guardare alla secessione come ad un evento non traumatico.

Ci sono anche altri aspetti del carattere, diciamo così, culturale o, meglio, nazional-popolare o folkloristico che dir si voglia, che potrebbero preoccupare qualcuno di fronte all'idea di un distacco della nostra Regione dall'Italia. Uno su tutti, il destino delle federazioni sportive nazionali italiane. In parole molto povere: cosa ne sarebbe della nazionale di calcio? e di quella, meno fortunata, ma sempre più seguita, di rugby? e i campionati? e gli azzurri di ogni altro sport che tanta passione sanno suscitare (e che tanti interessi economici sanno raccogliere attorno a sè)?
Il quesito non è, dal nostro punto di vista, troppo appassionante. In verità, da secessionisti convinti quali siamo, ci piacerebbe pensare a federazioni sportive esclusivamente lombarde (o padane), del tutto separate dalle omologhe italiane. Ci piacerebbe, una volta tanto nella vita, poter tifare per una squadra nazionale che realmente rappresentasse la nostra terra e non, piuttosto, un corpaccione superato quale è l'Italia. Tuttavia crediamo che in questo caso sia meglio rassegnarsi all'idea che le federazioni italiane possano rimanere in vita tali e quali sono adesso, anche dopo la secessione, come una sorta di associazioni sportive sovranazionali, in modo da raccogliere squadre e atleti di entrambi gli Stati nati dalla secessione (la Repubblica Lombarda e il resto della vecchia Repubblica Italiana).

A qualcuno questa soluzione potrebbe sembrare bizzarra e, forse, un po' contorta. In realtà non è così. In Europa -e non solo- esistono situazioni ed esempi che dimostrano come lo sport possa organizzarsi in forme indipendenti da quelle degli Stati, prescindendo dai confini amministrativi. Il caso più eclatante è senza dubbio quello britannico. Come è noto, esistono in Gran Bretagna ben quattro federazioni calcistiche "nazionali", nel senso di appartenenti alle nazioni storiche che compongono l'isola: esse sono Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Ognuna di queste federazioni esprime una propria rappresentativa nazionale e, quando giocano le une contro le altre, le squadre britanniche appartenenti alle differenti federazioni danno vita ad incontri che possono a buon diritto essere definiti "internazionali".
Nel rugby esiste poi una situazione esattamente inversa: la squadra nazionale irlandese, infatti, raccoglie atleti provenienti da tutta l'isola, non solo dalla Irlanda "giuridica" (altrimenti nota come Repubblica Irlandese o Eire). Ecco quindi un caso in cui una rappresentativa nazionale riunisce giocatori appartenenti a Stati diversi: l'Irlanda del Nord, che fa parte della Gran Bretagna e, per l'appunto, l'Irlanda in senso proprio, cioè la Repubblica che comprende tutto il resto dell'isola.

Abbandoniamo ora questi aspetti più leggeri e torniamo alle questioni che riguardano la struttura stessa del nuovo Stato lombardo figlio della secessione. Abbiamo visto che, per quanto riguarda moneta, leggi e confini, il distacco dall'Italia non comporterebbe traumi o scossoni rispetto alle nostre abitudini quotidiane, che ci derivano ormai dall'essere cittadini dell'Unione Europea. Chiediamoci adesso però che cosa accadrebbe degli apparati pubblici che svolgono funzioni amministrative in Lombardia per conto dello Stato italiano; in altri termini, cosa ne sarebbe delle scuole statali (e del relativo personale), delle forze di pubblica sicurezza, della magistratura?
In questa sede possiamo solo avanzare delle ipotesi, a nostro avviso ragionevoli e probabili; non possiamo naturalmente dire come avverrà la secessione; con il nostro sito, lo ribadiamo, ci interessa aprire seriamente un dibattito e avanzare delle concrete proposte; non possiamo, però, fare profezie. Al massimo, un augurio di pronta e rapida secessione.
Dunque, ecco cosa potrebbe accadere: i dipendenti pubblici statali attivi nel territorio lombardo diverranno a tutti gli effetti dipendenti del nuovo Stato regionale, qualora siano d'accordo; in caso contrario, verranno sostituiti da dipendenti assunti direttamente dalla Repubblica Lombarda; le strutture di proprietà dello Stato italiano saranno oggetto di appositi accordi per il loro utilizzo da parte delle neonate istituzioni statali della ex Regione.
Stiamo ipotizzando naturalmente una secessione all'insegna delle buone maniere, sul modello cecoslovacco; e pensiamo che la Repubblica Italiana potrà mostrarsi sufficientemente collaborativa magari grazie a un contributo straordinario di solidarietà, versato dalla Repubblica Lombarda, sotto forma di acquisizione di una fetta del debito pubblico italiano superiore alla quota proporzionale che le spetterebbe.
Insomma, una sorta di riscatto o buonuscita al contrario, per comprarci pacificamente la nostra libertà. Tutto sommato, ne varrebbe la pena.