(segue - CONCLUSIONI OPERATIVE )



Federalizzare la Repubblica Italiana?


Cercheremo qui di seguito di fornire due ipotesi; non è possibile infatti delineare un'unica strada giuridica per la secessione, tenuto conto che non esiste una procedura di legge già prestabilita e che, semmai, esiste, come abbiamo visto, un esplicito divieto. Diciamo subito, però, che, delle due ipotesi che formuleremo, soltanto la seconda, a nostro parere, potrebbe avere concrete possibilità di successo. La prima, su cui ci soffermeremo a breve, risulta infatti più complessa e incerta, dipendendo da una serie di fattori esterni alla volontà e al controllo democratico dei cittadini lombardi.

La prima via consiste nell'avviare un processo di federalizzazione/regionalizzazione radicale dello Stato italiano, sul modello di quanto avvenuto in Spagna e in Belgio. Questo tipo di riforma della struttura costituzionale di un Paese produce un effetto ben preciso: le comunità territoriali maggiormente interessate dalle spinte autonomiste vedono rafforzata in maniera enorme la propria sfera di autogoverno e, con essa, la percezione di se stesse come entità ben distinte nell'ambito dello Stato. In altre parole, un processo come quello qui accennato ha l'effetto di federalizzare uno Stato per permettere alle comunità che ne vogliono uscire di separarsi meglio.
Naturalmente, una conseguenza di questo tipo viene negata con forza dai leaders politici nazionali che acconsentono a gestire il processo di federalizzazione/regionalizzazione radicale dello Stato unitario. Un conto, però, sono gli auspici di chi vuole mantenere unito uno Stato, un altro conto sono, invece, i dati di fatto che emergono dall'osservazione imparziale di questi fenomeni. La Spagna e il Belgio probabilmente andranno incontro (con nostra gioia) alla secessione delle comunità fiamminghe, basche e catalane nei prossimi anni. Ma ciò avverrà in modo dolce, senza guerre e secondo un cammino di progressivo rafforzamento dell'autogoverno locale. Qualcuno ha descritto il processo di federalizzazione belga come un caso di “evaporazione” dello Stato unitario. Per ciò che riguarda, invece, la Spagna, gli osservatori politici più attenti hanno descritto i Paesi Baschi (e, in misura leggermente inferiore, anche la Catalogna), come uno Stato nello Stato.

Alla luce di quanto detto sinora, potrebbe sembrare che una strada del genere sia la migliore anche per la Regione Lombardia. Purtroppo le cose non stanno esattamente così, per tutta una serie di fattori che hanno portato la riforma federalista dell'Italia ad arenarsi nelle secche della politica romana.
Abbiamo detto che la caduta del comunismo europeo ha generato una serie di secessioni nell'area orientale del continente, mentre all'Ovest, come dice il titolo di un celebre film, niente di nuovo. In effetti, questo nostro giudizio è forse troppo ingeneroso, se guardiamo alle realtà dell'autonomismo europeo occidentale, che abbiamo descritto più in dettaglio nel terzo capitolo. Nel corso degli anni Novanta e, ancora, in questi primi anni del nuovo millennio, si sono avute progressive acquisizioni di poteri da parte delle comunità autonomiste in Gran Bretagna, Spagna e Belgio. Il problema è che alle riforme federaliste attuate dai nostri vicini non hanno fatto da contraltare analoghi progressi nello Stato italiano. Da quando la Lega Nord è prepotentemente apparsa sulla ribalta della politica, l'autogoverno regionale è cresciuto in misura molto limitata: tutt’al più la modifica delle leggi elettorali locali ha dato maggior risalto ai governanti degli enti territoriali, così come l'invenzione di tasse locali aggiuntive ha dato loro una forma di autonomia finanziaria che, però, non corrisponde affatto ad una federalizzazione autentica dei flussi fiscali.
In altre parole, il minifederalismo italiano è rimasto del tutto incompiuto e, per giunta, è stato tradito in uno dei suoi aspetti più importanti e delicati, quello della tassazione. L'esito paradossale di queste mezze maldestre riforme è stato quello di negare ai lombardi (e ai padani in genere) un vero autogoverno, salvo addossare loro un doppio carico fiscale, fatto di tasse locali per i propri servizi e di tasse nazionali per mantenere quelli altrui.

Ecco perchè, a nostro parere, la via della federalizzazione/regionalizzazione radicale per arrivare progressivamente a una secessione morbida non è realmente praticabile nel contesto italiano. Come abbiamo già avuto modo di ricordare nella quarta sezione, a proposito delle ragioni per cui invochiamo la secessione, la storia di questi ultimi 15-20 anni dimostra in maniera inequivocabile che le vere riforme della Costituzione non si possono fare da Roma. Si fanno, semmai, contro Roma.