Ingeborg Bachmann (1926-1973)  

Di  Peter Patti

 

Nasce a Klagenfurt (Carinzia, Austria) nel 1926 e già a 12 anni conosce un "dolore troppo precoce": l'invasione della sua città da parte delle truppe hitleriane.

In Biographisches, scrive:

"Ho trascorso la mia gioventù in Carinzia, nel sud, al confine, in una valle che ha due nomi: uno in tedesco e uno in sloveno. La casa in cui i miei antenati - austriaci e sloveni - hanno vissuto per molte generazioni reca tuttora un nome straniero. Così, si può parlare di due confini, non di uno; il secondo è quello linguistico, e io ero di casa sia di qua che al di là della linea di demarcazione, insieme alle storie di spiriti buoni e di spiriti cattivi di due... anzi: di tre Paesi; perché al di là delle montagne, a un'ora di strada, comincia l'Italia.
Credo che la ristrettezza di questa valle e la consapevolezza del confine onnipresente mi abbiano trasmesso la nostalgia per il mondo. [...] E il fatto che io più tardi sia stata a Parigi e a Londra, in Germania e in Italia, significa ben poco, poiché nei miei ricordi il tragitto più lungo rimane quello che dalla mia valle natìa porta a Vienna. [...] Rimane la domanda degli influssi e dei modelli, dell'ambiente letterario in cui uno si sente a casa propria. - Per diversi anni lessi di tutto; dei poeti moderni prediligevo principalmente Gide, Valéry, Eluard e Yeats, e di sicuro ho imparato parecchio da loro. In fondo, però, sono ancora soggiogata dalla dimensione fantastica e piena di miti della mia patria, che è un pezzo di Austria concretizzata solo in parte, un mondo in cui si parlano svariate lingue e tagliato da molti confini.
Scrivere poesie è per me l'impresa più ardua, in quanto si devono risolvere i problemi di forma, tematici e di lingua. Le poesie obbediscono ai ritmi del tempo, ma devono ugualmente mettere ordine, nel nostro cuore, all'insieme di cose nuove e antiche che comprendono passato, presente e futuro."

[Biographisches, pag. 301 e segg. Scritto tra il maggio e il settembre 1952.]

Dopo la guerra lascia la città natale per andare a studiare dapprima filosofia e giurisprudenza, poi filosofia e psicologia a Innsbruck, a Graz e - dal 1946 - a Vienna, dove si laurea con una tesi su Martin Heidegger (1950).

Il soggiorno viennese è per lei decisivo: lì pubblica le sue prime poesie sulla rivista Lynkeus (1949) e incontra Paul Celan, la cui opera ebbe un grande influsso su di lei, nonché la scrittrice Ilse Aichinger, moglie del poeta e autore di radiodrammi Günter Eich.

Dopo la laurea intraprende viaggi a Parigi e Londra e lavora come giornalista radiofonica. La sua fama di poetessa inizia nel 1953, allorché viene invitata a una riunione del Gruppo 47; da allora si dedica interamente alla creazione artistica. Scrive di amore, morte e amara separazione, e invano critica chi reputa i suoi versi apolitici, un mero prodotto di "bella letteratura". Già la sua prima silloge Il tempo dilazionato (1953) affronta il rapporto problematico tra l'uomo e la natura. Le metafore sulla natura della Bachmann sono di carattere politico, come dimostra il racconto autobiografico Jugend in einer österreichischen Stadt (1961). Tra il 1959 e il 1960 la poetessa tiene letture all'università di Francoforte sul Meno, dove "rivisita" criticamente i suoi primi successi. Un altro documento di autocritica - ed espressione della sua crisi creativa - è il volume di racconti Il trentesimo anno (1961). Segue un silenzio relativamente lungo, interrotto da un discorso dai toni politici in occasione del conferimento del prestigioso Premio Georg Büchner (1964). Dal 1963 al '65 la Bachmann vive a Berlino, poi a Roma (con un intermezzo napoletano). Nel 1971 viene pubblicato Malina, che avrebbe dovuto far parte di un ciclo di romanzi dal nome Todesarten (testimonianza dello sfruttamento e della repressione contro i deboli da parte della società moderna, naturalmente nell'ottica delle esperienze di una donna).

Il 17 ottobre 1973 Ingeborg Bachmann muore a Roma in seguito a un incendio.

Oggi la sua notevole importanza per la letteratura europea del dopoguerra non viene più messa in discussione.

 

                                                                                                              Versi di Ingeborg Bachmann 

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