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Nuove testimonianze su Claudiu Isopescu (1894-1956) e la fondazione della cattedra di lingua e letteratura romena all’Università “La Sapienza” di Roma

 

 

Otilia–Ştefania  Pop  Damian,

Università degli Studi “Babeş-Bolyai” di Cluj-Napoca/

Accademia di Romania a Roma

 

Per individuare le modalità di diffusione della cultura romena all’estero nel periodo interbellico la rivisitazione dell’esperienza di vita e ricerca di Claudiu Isopescu (1894-1956), successivamente lettore, incaricato e poi ordinario di lingua e letteratura romena presso l’Università degli Studi di Roma tra gli anni 1926-1956 non è certamente da trascurare. D’altronde la nostra ricerca si prefigge lo scopo di rivalutare, senza alcun pregiudizio ideologico, proprio la figura di questo interessante protagonista della storia degli scambi culturali italo-romeni nel Novecento. Molte sono le sfide nell’affrontare questo argomento, ma la più importante, crediamo, è quella di mettere in evidenza l’importanza dell’insegnamento del romeno in Italia e il ruolo essenziale che le cattedre di romeno hanno svolto e svolgono tuttora nella mediazione culturale tra i due paesi.

Certamente i fattori di promozione della cultura romena in Italia sono tanti e gli studi dedicati a questi aspetti sono, anche da parte della ricerca romena, sempre più numerosi, ciò che dimostra senz’altro una consapevolezza verso la necessità di ricupero del proprio passato, vicino o lontano. Per un quadro generale della dinamica di questi scambi tra le due guerre mondiali e nel dopoguerra rimanderemo soltanto ad alcuni lavori ritenuti fondamentali: a quello di Pasquale Buonincontro su La presenza della Romania in Italia nel secolo XX. Contributo bibliografico, 1900-1980[1], alla Bibliografia storica italo-romena[2] di Veronica Turcuş, e, per quanto riguarda le traduzioni, al contributo di Ioan Guţia, che presenta Le traduzioni di opere letterarie romene in italiano (1900-1989)[3], e al recente articolo di Bruno Mazzoni[4]. Diremo anche brevemente che la cultura romena in Italia in quegli anni è stata diffusa, tra l’altro, anche dalle iniziative istituzionali, per la parte propagandistica dagli ufficiali delle rappresentanze diplomatiche

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romene in Italia, mentre per ciò che riguarda la ricerca di eccellenza solitamente vengono fatti, giustamente, i nomi della Scuola Romena di Roma[5] e della Casa Romena di Venezia.

Alla didattica del romeno in Italia si è accennato finora in studi di carattere più generale come ad esempio nella Bibliografia storica sopramenzionata o nel bellissimo intervento di Roberto Scagno[6] pubblicato su “Studi italo-romeni”, ma non esiste purtroppo ancora un contributo capillare e unitario sulla vicenda della loro fondazione o del loro sviluppo nella storia. Sappiamo che l’insegnamento del romeno è istituito nell’Università di Torino dal 1863 con il corso di lingua, letteratura e storia romena dell’effervescente filoromeno Giovenale Vegezzi Ruscalla[7]. Abbiamo notizie anche delle lezioni di romeno che Marco Antonio Canini[8] svolse nel 1884 presso la Scuola Superiore di Commercio di Venezia. Meno conosciuti sono invece i corsi che Vincenzo Crescini nel 1907 insegnò nell’ateneo padovano, così come quelli di E. G. Parodi presso l’Istituto Superiore di Firenze. È noto invece che nel 1921 Romeo Lovera[9] ha svolto il primo corso ufficiale di romeno in Italia, presso l’Istituto Superiore di Studi Commerciali di Torino. L’iniziativa istituzionale della didattica del romeno nelle scuole italiane appartiene invece a Nicolae Iorga[10], iniziativa che si concretizza con la fondazione in Italia intorno agli anni ‘30 di lettorati trasformati ulteriormente in cattedre, affidati a volte a studiosi romeni che si erano formati presso la scuola di Ramiro Ortiz all’Università di Bucarest o che si erano specializzati presso l’Accademia di Romania a Roma. Ricorderemo in questo senso, anche se solo di sfuggita, i nomi di alcuni docenti che hanno contribuito alla fondazione delle cattedre di lingua e letteratura romena in vari atenei italiani: Teodor Onciulescu (Napoli), Gheorghe Caragaţa (Firenze), Petru Iroaie (Palermo), Demetrio Marin (Bari), Mario Ruffini (Torino), Gino Lupi (Milano), Ramiro Ortiz (Padova) o Claudiu Isopescu (Roma).

La nostra ricerca intende prendere in discussione gli aspetti iniziali della didattica del romeno nell’Università di Roma, aspetti ritenuti indicativi non solo per lo sviluppo delle cattedre di romeno in Italia, ma anche per la diffusione della cultura romena in Italia tra le due guerre mondiali. Ci soffermeremo in particolar modo su un periodo che va dal 1926, anno in cui Claudiu Isopescu ha avuto l’iniziativa di tenere un corso di lingua e letteratura romena all’Università di Roma, fino agli anni ‘40, momento in cui le

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testimonianze raccolte ci permettono di ipotizzare la delineazione di una scuola di romenisti in Italia, vale a dire specialisti in grado di offrire un contributo originale sulla cultura romena. Così come vedremo in seguito dalle fonti inedite che abbiamo raccolto, la fondazione e lo sviluppo della cattedra di romeno a Roma sono legati soprattutto all’iniziativa privata di Claudiu Isopescu, appoggiato dal preside di allora della Facoltà di Lettere dell’ateneo, lo studioso Vittorio Rossi, e solo in parte all’iniziativa istituzionale delle ufficialità romene.

I contributi[11] sul docente romeno sono davvero scarsi, aspetto dovuto in principale al fatto che Claudiu Isopescu ha agito soprattutto all’estero, in Italia, senza essere davvero noto al mondo scientifico romeno. Inoltre, l’intellettuale romeno si è affermato nel ventennio fascista, ha collaborato intensamente con la destra italiana, ciò che lo ha spinto, dopo la seconda guerra mondiale, all’esilio – in Italia – con la conseguenza della sua cancellazione dalla memoria culturale dei romeni. Ecco perché lo studio a fornire i dati più interessanti, sulla sua biografia e attività, è tuttora il necrologio che Mariano Baffi pubblicava[12] nel 1956 su una delle più importanti riviste dell’esilio romeno, il “Bollettino della Biblioteca Romena di Freiburg/ Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”. Claudiu Isopescu nacque il 18 aprile 1894 a Frătăuţii Vechi, vicino a Cernăuţi, concludendo gli studi universitari a Cernăuţi e a Bucarest per laurearsi dopo la prima guerra mondiale in lettere, sotto la guida di Ramiro Ortiz, presso l’Università di Bucarest[13]. Ha partecipato alla prima guerra mondiale combattendo sul fronte italiano ed ha dato un’importante contributo alla fondazione della Legione romena d’Italia[14], aspetti ampiamente presentati dallo stesso Isopescu, accanto ad altri legati all’attività degli ufficiali e soldati romeni prigionieri nei campi italiani, negli articoli Simion Mândrescu, creatorul legiunii române din Italia[15] e La legione romena in Italia[16]. Nel 1919, Isopescu sostiene il dottorato a Napoli, dal 1920 insegna al Liceo “Matteo Bassarab” di Bucarest, negli anni 1922-1923 diventerà assistente all’Accademia di Commercio a Bucarest, mentre nel periodo 1923-1925 sarà uno degli studenti della Scuola Romena di Roma, sotto la guida di Vasile Pârvan. Inizia ad insegnare la lingua e la letteratura romena a Roma dal dicembre del 1926. Informazioni più approfondite sulle circostanze in cui era riuscito ad ottenere le autorizzazioni a tenere delle lezioni presso l’ateneo romano, insieme ad una descrizione

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del suo corso, vengono fornite proprio da Isopescu in un resoconto inviato al Ministro della Romania a Roma [Alexandru Lahovary]:

 

“Signor Ministro,

Il sottoscritto prof. Claudio Isopescu ho l’onore di darLe alle domande ricevute dall’onorevole Ministero degli Esteri i seguenti chiarimenti, che mi ha gentilmente chiesto:

1. Sono stato autorizzato a fare il corso di lingua e letteratura romena all’Università di Roma dal Magnifico Rettore dell’Università [“La Sapienza” di Roma] con la comunicazione ufficiale no. 5865 del 22 maggio 1926 in base al voto espresso in unanimità dal Consiglio della Facoltà di Lettere del 25 gennaio 1926. Questo in seguito alla mia richiesta presentata per impulso dell’ex ministro dell’Istruzione, sig. senatore Giovanni Gentile, al quale ho espresso il mio dolore di romeno che all’Università s’insegna lingua e letteratura polacca dal dott. Romano Pollak, professore al liceo di Poznan, e il romeno invece no. Voglio sottolineare che proprio il ministro dell’Istruzione Fedele si è interessato personalmente dell’autorizzazione del mio corso […].

2. Faccio 24 lezioni al mese, dunque 6 lezioni alla settimana, tra cui una di letteratura, 4 di lingua e una di seminario. I miei studenti hanno fatto progressi inattesi, hanno cominciato a leggere giornali romeni, e adesso traducono pezzi scelti della nostra letteratura contemporanea. Il corso dura normalmente dall’ottobre fino a luglio; io l’ho iniziato quest’anno soltanto a dicembre poiché solo a novembre mi è stata data la valuta e solo a novembre sono venuto a Roma [trad. ns.]”.[17]

 

Le circostanze in cui è diventato incaricato (nel 1929) e poi ordinario (nel 1936) nell’ateneo romano risultano anche da alcune testimonianze inedite, le lettere di Claudiu Isopescu a Vittorio Rossi (Venezia 1865-Roma 1938), allora preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, conservate nel Carteggio Vittorio Rossi presso la Biblioteca Alessandrina di Roma:

 

“Roma, 8 – IV (1929)

Illustre Maestro,

Le esprimo i più vivi ringraziamenti per la squisita bontà con cui si compiacque ricevermi come pure per il Suo buon consiglio.

Sono andato al Ministero della P[ubblica] I[struzione] dove ho appreso che in base al R[egio] Decreto del 30 settembre 1923 no. 2102, art. 35, comma 2 la libera docenza non è indispensabile al conferimento dell’incarico.

Nel caso mio tutto dipende dalla S. V. Illma. Siccome nella mia qualità di suddito romeno non posso avere la libera docenza in Italia, mi pregio pregarLa di voler dare avviso favorevole alla mia domanda in base ai miei lavori ed ai miei tre anni di insegnamento nella R. Univ. di Roma.

Distinti ossequi da mia moglie.

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Con i sensi della più alta considerazione.

Suo devmo<, Claudio Isopescu”[18].

 

Vittorio Rossi, filologo e storico della letteratura italiana, ha studiato a Torino con Arturo Graf e Rodolfo Renier, poi a Firenze con il Bartoli e Pio Rajna, con maestri dunque familiarizzati con gli studi romeni che avevano destato probabilmente nel futuro presidente dei Lincei considerazione, interesse e probabilmente la consapevolezza della loro importanza per lo studio capillare della filologia romanza. Ha insegnato letteratura italiana presso le università di Messina (1891-1893), di Pavia (1893-1898), di Padova (1908-1913) e di Roma (1914-1938). A Padova ha ricoperto anche l’incarico di Magnifico Rettore, mentre a Roma è stato dal 1933 presidente dell’Accademia dei Lincei e dal 1935 presidente della commissione per l’edizione critica della opere del Petrarca, curando in particolare le Familiari e occupandosi in generale della sezione di letteratura italiana della Grande Enciclopedia Treccani. Non deve allora stupire che Vittorio Rossi[19] ha avuto un ruolo importante non soltanto per la nomina di Isopescu a incaricato, fatto per cui gli è stata assegnata d’altronde un’onorificenza romena – il 10 maggio 1929, allora giorno della Festa Nazionale dei romeni[20] – ma anche per la sua nomina a ordinario. Ecco quanto afferma Claudio Isopescu in un’altra inedita inviata a Vittorio Rossi:

 

“Roma, 15. XI. 1936 […]

Illustre Presidente [dell’Accademia dei Lincei],

Avendo avuto la comunicazione ufficiale della mia nomina a ordinario della R. Università di Roma, voglio che Le giunga in questa ora di grande soddisfazione per me l’espressione della mia profonda riconoscenza per la notevole parte di contributo che Ella generosamente ha dato all’istituzione della cattedra. Il Suo illustre nome è legato alla storia di questa cattedra come pure ai rapporti culturali sempre più fecondi tra l’Italia e la Romania. Ella volle proporre in Facoltà (nel 1929) l’istituzione del corso ufficiale e la mia nomina a incaricato.

Inizierò il corso venerdì, 20 nov., alle ore 16, nell’aula VI della Facoltà di Lettere con una lezione su «gli influssi italiani in Romania fino alla metà dell’800». Non ci saranno

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inviti da parte del Rettorato, perché si tratta della continuazione del corso. Se Ella vorrà onorare questa mia prima lezione, Le sarò assai riconoscente.

Con deferenti omaggi alla gentile cognata e con i sensi della più alta ammirazione anche da parte di mia moglie.

Suo devmo<, Cl. Isopescu”<[21].

 

Le dodici lettere inviate al docente di letteratura italiana dell’Università di Roma dall’8 aprile 1928 al 15 novembre 1936 sono un documento importante dei disagi che Claudiu Isopescu doveva affrontare in quel periodo della sua carriera e allo steso tempo un’introduzione al lavoro concreto che il docente svolgeva alla cattedra: accenna allora alla malattia fastidiosa (un’ulcera gastrico)[22] che lo impediva di lavorare, parla della cura di fame che era stato costretto a fare per ragioni economiche probabilmente[23], chiede un contributo scientifico per un volume in omaggio al prof. Nicolae Iorga[24], fornisce regolarmente informazioni al docente italiano sull’attività del corso di lingua e letteratura romena[25], ma anche sulle varie ricerche che aveva in corso[26].

Le difficoltà di questi inizi della cattedra di romeno a Roma sono ricordate anche in un articolo di Mircea Eliade. L’intervento, pubblicato nel 1927 per divulgare l’attività del professore in Romania, ha l’intento implicito di attirare la simpatia del pubblico romeno e in fondo il supporto, materiale prima di tutto, delle ufficialità romene:

 

“Napoli, maggio [1927]

Siamo invitati alla riapertura del corso di lingua e letteratura romena presso l’Università di Roma. Il professor Claudiu Isopescu parla della letteratura popolare. È la cinquantanovesima lezione di quest’anno, benché il corso sia iniziato a dicembre. Sei o sette studenti stanno seguendo e si meravigliano forse della storia dei nostri monasteri, delle nostre ballate, di tutta la vita spirituale, autentica ed originale del popolo. Alcuni prendono appunti e trascrivono più o meno esattamente i nomi dei monasteri e degli storici romeni.

[…] Ha insistito ed ottenuto da solo tutte le autorizzazioni ufficiali. La vittoria non è soltanto sua. L’Università di Napoli, dopo aver espresso il desiderio di organizzare corsi di tutte le lingue romanze, aveva chiesto che lo stesso professore ci insegnasse la lingua e la letteratura romena. Purtroppo Claudiu Isopescu è povero. Per gli articoli che scrive senza riposo sulla Romania e sull’arte romena non ha voluto ricevere alcun compenso. Entusiasmo giustificato, ma pericoloso. Ha pubblicato studi su tutte le importanti riviste italiane. Ha svolto delle ricerche negli archivi del Vaticano e ha scoperto dei documenti e imprevisti, che non fa pubblicare perché gli manca il tempo necessario per la redazione. Ha tenuto delle conferenze in alcune città italiane e ha sopportato da solo le spese […]. Si è procurato delle

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preziose amicizie nella élite italiana. Spera di redigere insieme con gli studenti, durante i seminari, un dizionario romeno-italiano. Inoltre, intende pubblicare delle traduzioni dei nostri narratori contemporanei.

È interessante il fatto che Isopescu sia più noto e più apprezzato in Italia che non in Romania. Gli italiani si sono accorti dei benefici culturali che si possono ottenere dalla sua attività pubblicistica. Ho letto delle note e dei commenti veramente pieni di elogi. Si potrebbe sperare in un appoggio più incondizionato, più degno, da parte di coloro che hanno il dovere di farlo”[27].

 

In questa complessa ipostasi di docente lo evoca anche Mariano Baffi[28]: l’immagine che ne deriva è quella di una personalità dinamica, impegnata nell’organizzazione della sua cattedra o nell’istituzione di altri lettorati di romeno presso le Università di Napoli, Palermo, Firenze così come nella coordinazione di tesi di laurea su argomenti romeni o in genere preoccupato dalla formazione dei suoi studenti. Varie sono state infatti in questi primi anni di insegnamento a Roma le iniziative individuali di Isopescu che hanno teso ad orientare l’educazione dei giovani studenti che frequentavano il suo corso verso la comprensione più profonda della cultura romena, ma anche verso la diffusione di questa cultura: ricerca, traduzioni, ideazione di una biblioteca, direzione della collana Piccola Biblioteca Romena, mediazione culturale.

Nelle pagine che seguono vorremmo esplicitare soltanto alcune di queste iniziative ritenute fondamentali per la rivalutazione del ruolo che Claudiu Isopescu ha svolto per la creazione di una scuola presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma e dunque anche per la promozione della cultura romena in Italia: la costituzione della biblioteca di romeno della cattedra, le traduzioni di opere romene in italiano e l’attività di ricerca. Cominceremo con quella che potrebbe apparire la meno importante, ma che invece assume, almeno per il discorso che intendiamo fare in queste pagine, un peso considerevole: la biblioteca della cattedra di romeno. Il discorso sulla biblioteca ci permetterà anche di capire più profondamente la creatività di Isopescu di fronte alle situazioni problematiche con cui si confrontava all’epoca l’insegnamento del romeno. L’istituzione della biblioteca è la soluzione intelligente che risponde ad una prima difficoltà: l’assenza di materiali, per lo più aggiornati, necessari all’insegnamento (dizionari, libri, giornali). La vicenda di questa iniziativa del professore, come d’altronde tutte le esigenze a cui questa biblioteca rispondeva, si possono cogliere da un articolo pubblicato in Romania dal giovane Mircea Eliade che spiega ampiamente tutte le conseguenze del gesto di Claudiu Isopescu:

 

“Presso la Facoltà di Lettere di Roma, il professor Claudiu Isopescu ha realizzato una biblioteca romena che conta quasi sei cento volumi. Questo fatto è rallegrante. Non perché nelle decine di stanze piene di libri dell’Università ci sono anche due armadi con

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stampati romeni. Ma perché la piccola biblioteca è ricercata con amore dagli studenti italiani ed è utilizzata.

La biblioteca è nata da una necessità piena di speranze per la nostra cultura. In Italia non ci sono libri romeni. Senza dubbio che le biblioteche ne avranno alcuni inaccessibili o illeggibili. E i pochi ma fedeli studiosi italiani della lingua romena si trovavano nella strana situazione di imparare una lingua e di non poterla utilizzare nelle varie letture.

Il professor Isopescu ha fatto allora quello che doveva fare qualsiasi letterato romeno: ha donato la propria biblioteca all’Università. Per questo, ha ricevuto i ringraziamenti del rettore e, forse, qualche stretta di mano tra gli amici. Ma questo non è abbastanza. Il fatto va guardato con più serietà. Non si tratta della stessa eterna, simpatica, e pensiamo, sincera testimonianza della fratellanza di sangue e dell’amore reciproco italo-romeno. Non è soltanto un episodio della “propaganda” culturale di cui si parla tanto e i cui frutti non ha conosciuto nessuno. L’umile biblioteca di Roma può servire alla cultura e alla letteratura romena più di tutta la propaganda ufficiale. Perché è l’inizio di un’attività che comincia – illuminata e orientata – proprio dall’Italia.

L’Accademia e “Casa Şcoalelor” hanno promesso dei libri ancora da quest’inverno, ma fino adesso non si è ricevuto niente. Anche se la Collezione degli Scrittori Romeni, stampata da “Casa Şcoalelor” è una delle più necessarie e urgenti. L’appello alle editrici si potrebbe prolungare. Dubitiamo però che abbia qualche riscontro. Le richieste culturali si dimenticano subito, soprattutto dagli editori romeni. E, forse, giustamente. Abbiamo avuto troppi manifesti culturali e troppe speranze sono crollate. Nella «propaganda» all’estero, nella diffusione dei valori della letteratura romena non crede più nessuno. Tanto meno gli editori che sono, prima di tutto, persone pratiche.

Per cui ci rivolgiamo agli scrittori romeni per inviare alla biblioteca (Università Roma, Via della Sapienza) libri e riviste. È inutile cercare la loro utilità. Posso invece essere certo che saranno letti con amore, con attenzione e tradotti con perizia. Non è, forse, abbastanza? E non è molto, questo, per la nostra letteratura? [trad. ns.]”[29].

 

La raccolta dei libri diventa quasi un’ossessione per Isopescu, o almeno così risulta dalla corrispondenza con il giovane Eliade a cui viene ribadito nelle lettere, come probabilmente a tutti gli amici o conoscenti, di trovare dei libri per la cattedra di romeno a Roma. La maggior parte di quella raccolta iniziale è entrata a far parte, tramite donazioni successive fatte dal docente romeno tra gli anni 1941-1956, nel fondo Isopescu, attualmente conservato presso la Biblioteca Alessandrina di Roma, che è oggi uno dei più importanti fondi di cultura romena interbellica all’estero, contenente volumi e opuscoli di letteratura romena tra collezioni, letteratura originale, critica letteraria, linguistica, folclore, filosofia, religione, storia, geografia, politica, diritto, arte, riviste, opuscoli, enciclopedie, bibliografie, libri di paleografia, di miografia, opere in varie lingue straniere, in romeno e in italiano.

Per ciò che riguarda invece l’altra iniziativa originale che intendevamo prendere in discussione, le traduzioni, bisogna dire subito che il professore ha dato avvio alla

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pubblicazione in Italia di traduzioni dei più importanti autori romeni, classici e moderni: il drammaturgo Ion Luca Caragiale (1852-1912), il poeta George Coşbuc (1866-1918), il narratore Ion Creangă (1839-1889), il poeta Mihai Eminescu (1850-1889), i narratori Liviu Rebreanu (1885-1944), Mihail Sadoveanu (1880-1961), Ion Slavici (1848-1925) ecc. Il programma di traduzioni, lo dice esplicitamente Isopescu in una lettera inviata a Mircea Eliade, era mosso da due principali ragioni: da una parte la necessità di mettere in pratica le conoscenze linguistiche che gli studenti avevano acquisito durante le lezioni, e dall’altra parte la convinzione che un programma coerente di traduzioni potevano rendere più familiari al pubblico italiano i valori della cultura romena. Il paradosso di questa operazione, con esisti spesso sorprendenti, è che si realizzava in assenza di qualsiasi strumento teorico, anche senza un minimo dizionario italiano-romeno:

 

“Carissimo Signor Eliade,

Ti comunico la mia gioia, quella che ho provato oggi a lezione, quando ho visto i miei studenti tradurre così bene senza avere un dizionario italiano-romeno. Ho costatato che provavano un vivo piacere quando si rendevano conto dei progressi che facevano e quando ho detto loro che avremmo stampato le traduzioni, tutti mi hanno chiesto di dare loro di più da tradurre. Questo va bene per noi, perché impareranno meglio la lingua, poi faranno un reale servizio per la propaganda culturale in Italia [trad. ns.]”[30].

 

Cesare Ruberti, Agnese Silvestri–Giorgi, Augusto Carsia, Lilio Cialdea, Gino Lupi, Aron Cotruş, Venere Isopescu o Nella Collini, nomi riportati da Mariano Baffi[31] tra gli studenti e collaboratori di Isopescu, contribuiscono accanto al docente di romeno all’attuazione di questa iniziativa importante della promozione culturale romena in Italia. Un bilancio sulle traduzioni di opere romene in italiano ideate in ambiente accademico

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viene fornito dallo stesso Isopescu, in un articolo di carattere informativo del 1938[32]. Si tratta di autori romeni classici e contemporanei, maggiori e minori, come risulta dai titoli riportati[33]: i narratori Ion Agârbiceanu, Due Amori e Stana e I. Al. Brătescu–Voineşti, Nicolino Bugia; I. Creangă, Ricordi d’infanzia; il drammaturgo I. L. Caragiale, Novelle romene/Mala sorte/Una lettera smarrita/Il divorzio; V. Eftimiu, Prometeo; il poeta M. Eminescu, Poesie; N. Iorga, L’Italia vista da un romeno/Il fratello pagano/Il figlio perduto/L’ultima delle dee/Le fatalità; C. Kirizescu, Il decimo comandamento; Lucia Mantu, Gente moldava; C. Negruzzi, Alessandro Lăpuşneanu; D. Pătrăşcanu, La signora Cuparencu; Cesare Petrescu, La sinfonia fantastica/L’uomo del sogno/ La vera morte di Guynemer/La capitale; L. Rebreanu, La foresta degli impiccati/Ciuleandra/Ion; M. Sadoveanu, Novelle romene/Il mulino sul Siret/La croce dei răzesci; I. Slavici, Il mulino della fortuna; Caton Theodorian, I Bujorescu; D. Zamfirescu, La vita in campagna. Isopescu allude nello stesso articolo anche alle traduzioni dal folklore romeno (Canti popolari romeni, trad. it. di L. Salvini; Favole e leggende nazionali romene, trad. it. di Katia Tcaceno; N. Iorga, L’arte popolare in Romania) o a quelle riguardanti la storia, la geografia o l’arte romena (N. Iorga, Storia dei romeni e della loro civiltà; I. Lupaş, I principali periodi della storia dei romeni; R. Riccardi, La Romania; R. Ortiz, Il medioevo romeno; N. Iorga, Arte e letteratura dei romeni; F. Gerenzani, Paesaggi rumeni; L. Cialdea, La politica estera della Romania nel quarantennio prebellico).

Sempre nell’ateneo romano, lo sappiamo da una recensione di E. Padrini[34], nascono le prime monografie italiane di scrittori romeni, frutto di ricerche fatte esclusivamente dagli studenti della scuola, potremmo forse cominciare a chiamarla così, di Claudiu Isopescu. Le monografie sono realizzate con senso critico, in base ad una rigorosa analisi testuale e spesso si connotano di richiami tecnici, filologici e linguistici: Anna Colombo[35], Vita e opere di I. L. Caragiale; Anna Giambruno[36], Un naturalista romeno: Livio Rebreanu; Marcello Camilucci[37], La vita e l’opera di Panait Cerna; Lucia Santangelo[38], Giorgio Coşbuc nella vita e nelle opere; Lena Maria Bevilacqua[39], E. Gârleanu nella vita e nelle opere; Walter Roccato[40], I. Al. Brătescu–Voineşti novelliere. Questi primi contributi,

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capaci di fornire un’immagine d’insieme sulla letteratura romena, classica o moderna, sono pubblicati soprattutto nella collana «Piccola Biblioteca Romena» che Claudiu Isopescu dirigeva presso l’Istituto per l’Europa Orientale, accanto ad altre opere di rilievo per la cultura romena in Italia – quelle di Mario Ruffini sulla Scuola Transilvana[41] e sulla continuità dell’elemento romano nella Dacia Traiana[42], o ancora la storia della letteratura romena di Ramiro Ortiz[43]. Questi interessi di ricerca da parte degli studenti del docente di romeno permettono ipotizzare la delineazione di una futura scuola di romenisti nell’ambito delle università italiane, così come di un pubblico di specialisti e di massa in grado di usufruire dei risultati delle ricerche di questa scuola.

Ma la parte più importante del lavoro svolto alla cattedra è certamente la didattica, strettamente legata alla ricerca, promossa con eccellenza dal professore, come risulta dagli innumerevoli studi dedicati alla storia dei rapporti culturali italo-romeni. Se da una parte molti dei suoi interventi sulla stampa sono divulgativi, tant’è vero che la maggior parte della sua produzione ha uno spiccato carattere scientifico. Tra gli articoli divulgativi i più interessanti sono quelli sulla fondazione culturale romena “Principele Carol”[44], sui romeni della Bucovina[45], sulle riforme in Romania[46], sull’arte religiosa romena[47], sull’intervento della Romania nella prima guerra mondiale[48], sul castello reale di Sinaia[49], sugli influssi dell’arte italiana nei paesi romeni[50], sulle suggestioni della cultura italiana

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nelle opere dei letterati[51] o storici romeni[52], sulle traduzioni di opere italiane in romeno[53], sulla legione romena in Italia[54], sul movimento legionario[55], sulla presenza italiana in Romania[56], su poeti come Octavian Goga (1881-1938)[57], sulla cristianità dei romeni[58] o articoli di carattere generale che sintetizzano la storia dei rapporti italo-romeni[59].

Anche per la parte scientifica della sua produzione, che si tratti di libri o di studi, Isopescu si è soffermato sui rapporti italo-romeni lungo la storia. Le sue ricerche, di solito inedite, sono condotte con metodo storico-filologico, cioè dell’accertamento scientifico dei fatti relativi e connessi alla creazione letteraria (analisi di documenti, ricerche biografiche ecc.). Le sue ricerche affrontano tematiche come quella della latinità dei romeni[60], la presenza dei romeni nella letteratura geografica italiana del Cinquecento[61], gli influssi della letteratura italiana sul teatro drammatico e musicale romeno[62], il contatto della scuola transilvana con l’Italia[63], la memoria culturale italiana presente in diversi scrittori romeni –

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Ion Codru Drăguşanu[64] (1818-1884), Gheorghe Asachi[65] (1788-1869), Duiliu Zamfirescu[66] (1858-1922) – la presentazione di figure settecentesche oppure ottocentesche che hanno visitato l’Italia – il religioso Amfilochie Hotiniul[67], diversi viaggiatori in Italia tra cui Dinicu Golescu[68] (1777-1830) oppure lo studente Artemie Andercu Homorodeanu[69], poeti come Ion Drăgescu[70] e Romulo Scriban[71] (1839-1912), musicisti come Ciprian Porumbescu[72] (1853-1883), scrittori come Aron Densuşianu[73] (1837-1904), filoromeni come Vegezzi Ruscalla[74] (1798-1885). In questa categoria si inseriscono anche gli studi pubblicati in occasione delle commemorazioni del poeta Octavian Goga[75] (1881-1938), dello scrittore Mihail Kogălniceanu[76] (1817-1891), del linguista Sextil Puşcariu[77] (1877-1948) o degli storici Nicolae Bălcescu[78] (1819-1852) e Nicolae Iorga[79] (1871-1940).

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I due libri di Claudiu Isopescu sono un’altra prova della ricerca erudita condotta sul filone delle relazioni interculturali inedite: il primo è dedicato ai rapporti tra l’Italia e la Romania nella stampa periodica dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento[80] mentre il secondo è una raccolta di saggi sparsi in varie riviste Saggi romeno-italo-ispanici[81]. I contributi ricostruiscono scientificamente la storia letteraria o culturale dei romeni e sono tutt’ora ricche di conclusioni documentate e originali. Una rapida rassegna dei titoli compresi nel suo secondo volume è sufficiente per capire che si tratta di studi orientati, come la maggior parte della produzione di Isopescu, verso la questione degli incontri culturali e delle sue conseguenze per lo sviluppo delle culture: Antiche attestazioni italiane della latinità dei romeni, Una predica romena tenuta a Roma nel 1608[82], Il Vescovo Amfilohie Hotinul e l’Italia, Sconosciute traduzioni romene della Divina Commedia[83], La Società Internazionale Neolatina di Torino[84] (1864) e i Romeni, Lo scrittore transilvano Aron Densuşianu e l’Italia, Lingua, letteratura e storia romena in Ispagna[85], Il poeta Romolo Scriban e l’Italia, Filologia romena all’Università di Torino verso 1870, Il musicista romeno Ciprian Porumbescu in Italia, Il poeta romeno Duiliu Zamfirescu a Napoli, Il poeta romeno Duiliu Zamfirescu a Roma.

Solo di recente la ricerca storica, culturale o letteraria ha iniziato a rivisitare anche l’ultima produzione di Isopescu, generalmente pubblicata nelle riviste dell’esilio romeno, rivolta questa volta verso la presenza della lingua e della letteratura romena in Inghilterra[86], in Germania[87], negli Stati Uniti[88]. In questi anni Cl. Isopescu scrive un’intervento sull’umanesimo romeno[89], uno sulla storia della letteratura romena[90] e redige

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varie monografie tra cui quelle sul primo rappresentante diplomatico degli Stati Uniti nei Paesi Romeni, l’americano Eugene Schuyler (1840-1890)[91] e quella sul poeta Edward King[92]. Tutta la produzione di ricerca, strettamente collegata, lo dicevamo prima, alla mediazione culturale promossa dal suo lavoro di docente universitario, dimostra un vigore logico fondamentale per gli studi di letteratura comparata, chiarezza e armonia nella disposizione, e l’intento, quasi sempre realizzato, di visione vasta e sintetica. Lo studioso romeno riesce così ad affrontare problemi storici vasti e inediti per contemplarli nella complessità e varietà dei loro aspetti.

Siamo partiti nella nostra ricerca con l’intento di fornire un’immagine complessiva sull’importanza della fondazione e dello sviluppo delle cattedre di lingua e letteratura romena nelle università italiane a partire dalla metà degli anni ‘30. Le testimonianze raccolte ci hanno premesso di analizzare in questo senso la vicenda dell’insegnamento della lingua romena nell’ateneo romano e del suo principale esponente, l’intellettuale Claudiu Isopescu (1894-1956). Ci siamo soffermati su alcune iniziative in grado di testimoniare il contributo del docente romeno all’istituzione di un autentico dialogo tra la cultura romena e quella italiana: la biblioteca donata dal docente alla cattedra, oggi uno dei più importanti fondi di libri romeni in Italia, le traduzioni ideate in ambito accademico e pubblicate presso note editrici italiane, e la produzione scientifica sia di Isopescu che degli studenti della sua scuola. Il carattere informativo della nostra ricerca ha potuto però determinare soltanto in parte il grado in cui la fondazione della cattedra di romeno e l’attività di Claudiu Isopescu nell’ateneo romano hanno contribuito al reale conoscimento reciproco fra la cultura romena e quella italiana. Ma senz’altro una tale valutazione potrebbe diventare possibile in seguito di indagini più complesse sulla figura dell’intellettuale romeno e sull’efficienza della sua attività in Italia.

 

 

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[1] Pasquale Buonincontro, La presenza della Romania in Italia nel secolo XX. Contributo bibliografico, 1900-1980, De Simone, Napoli 1988.

[2] Veronica Turcuş, Bibliografia istorică româno-italiană (Bibliografie selectivă). Evoluţia publicaţiilor istorice româno-italiene până în 1996. Bibliografia storica romena-italiana, Presa Universitară Clujeană, Cluj-Napoca 1997.

[3] Ioan Guţia, Le traduzioni di opere letterarie romene in italiano (1900-1989), con una bibliografia a cura di Ion Chiriţă, Bulzoni, Roma 1990.

[4] Bruno Mazzoni, La presenza della letteratura romena in Italia, 1989-2001, in “Annuario dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia”, IV, no. 4, 2002, pp. 330-345.

[5] Vedi per l’attività dell’Accademia di Romania a Roma, l’ormai classico testo di George Lăzărescu, Şcoala Română din Roma, Editura Enciclopedică, Bucarest 1996.

[6] Roberto Scagno, Tra oblio e memoria, in “Studi italo-romeni”, II, 1998, pp. 69-95.

[7] Giovenale Vegezzi–Ruscalla, Prolusione al libero corso di lingua, letteratura e storia rumana nella R. Università di Torino detta il 15 dicembre 1863, Derossi, Torino 1863, p. 20; Cfr. Alexandru Marcu, Romanticii italieni şi românii, Bucarest 1924, pp. 137-138.

[8] Marco Antonio Canini, Prolusione al corso di lingua rumana alla Scuola Superiore di Commercio il 20 gennaio 1884, Venezia 1884, p. 20; Cfr. Al. Marcu, op. cit., p. 105.

[9] Romeo Lovera, L’insegnamento della lingua romena nel R. Istituto superiore di studi commerciali di Torino, Casale Monferrato 1921.

[10] E. Padrini, Studi romeni in Italia, in “Corriere padano” (Ferrara, giovedì 18 aprile), 1940, p. 3; Cfr. Mario Ruffini, L’insegnamento del rumeno in Italia, in “Il Veltro”, XIII, no. 1-2, 1969, pp. 305-312.

[11] Cfr. Luigi Tonelli, Claudio Isopescu, in “Rassegna Nazionale”, Roma, 1930; P. Boz, Opere e idee di Claudio Isopescu, in “Archivium Romanicum. Nuova Rivista di Filologia Romanza”, XV, 1931 e G. Lăzărescu, Prezenţe româneşti în Italia, Editura Didactică şi Pedagogică, Bucarest 1995.

[12] Mariano Baffi, Un grande studioso scomparso: Claudio Isopescu, estratto da “Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”, III, 1955/1956.

[13] Cfr. V. Turcuş, Alexandru Marcu (1894-1955) şi cultura italiană în România interbelică, Presa Universitară Clujeană, Cluj-Napoca 1999, pp. 23-24.

[14] M. Baffi, op. cit., p. 1.

[15] Claudiu Isopescu, Simion Mândrescu, creatorul legiunii române din Italia, in “Revista Germaniştilor Români”, no. 2, 1938, pp. 129-143.

[16] Idem, La legione romena in Italia, in “Augustea”, XIV, no. 6, 1939, pp. 21-23 e no.7, pp. 21-23.

[17] Lettera di Cl. Isopescu a Mircea Eliade, del 1 giugno 1927, in AA. VV., Mircea Eliade şi corespondenţii săi, vol. 2, a cura di Mircea Handoca, Editura Minerva, Bucarest 1999, p. 264.

[18] Lettera di Cl. Isopescu a Vittorio Rossi, dell’8 aprile 1929, conservata nel Carteggio Vittorio Rossi, presso la Biblioteca Alessandrina di Roma.

[19] Tra le opere di Vittorio Rossi vale la pena citare le più importanti: Vittorio Rossi, Battisti Guarini e «il Pastor fido», Loescher, Torino 1886; Idem, Dialoghi in sonetti, Giusti, Livorno 1892; Idem, Dante e l’Umanesimo, Hoepli, Milano 1898; Idem, Il Quattrocento, in Storia letteraria per i secoli, Vallardi, Milano 1898 (2a edizione apparsa nel 1934); Idem, Storia della letteratura italiana per uso dei licei, Vallardi, Milano 1900-1902; Idem, Il poeta della volontà eroica. Due letture dantesche, Zanichelli, Bologna 1919; Idem, I codici francesi di due biblioteche veneziane del Settecento, in Miscellanea di studi critici in onore di Vincenzo Crescini, Stagni, Cividale [del Friuli] 1927; Idem, Scritti di critica letteraria, 3 voll., Sansoni, Firenze 1930.

[20] Lettera inedita di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 6 maggio 1929, conservata nel Carteggio Vittorio Rossi, presso la Biblioteca Alessandrina di Roma.

[21] Lettera inedita di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 15 novembre 1936, in Ibidem.

[22] Lettera inedita di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 22 maggio 1930, in Ibidem.

[23] Lettera inedita di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 2 giugno 1930, in Ibidem.

[24] Lettera inedita di Cl. Isopescu a Vittorio Rossi, del 27 ottobre 1930, in Ibidem.

[25] Lettere inedite di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 5 maggio 1931, del 2 ottobre 1932, del 28 dicembre 1932, del 2 gennaio 1933 e del 25 settembre 1933, in Ibidem.

[26] Lettera inedita di Cl. Isopescu a V. Rossi, del 28 dicembre 1932, in Ibidem.

 

[27] Mircea Eliade, Roma lui Panzini, in “Cuvântul”, no. 762 (19 maggio), 1927, pp. 1-2; Idem, Diario italiano (1927-1928), in Mircea Eliade e l’Italia, a cura di Marin Mincu e R. Scagno, Jaca Book, Milano 1986, pp. 39-40; M. Eliade, Roma lui Panzini, in Idem, Itinerariu spiritual. Scrieri de tinereţe, 1927, Editura Humanitas, Bucarest 2003, pp.173-174.

[28] M. Baffi, op. cit., pp. 2-3.

[29] M. Eliade, Pentru o bibliotecă, in “Cuvântul”, no. 761 (18 maggio), 1927, p. 1; lo stesso articolo si può trovare ora in Idem, Itinerariu spiritual. Scrieri cit., pp. 171-173.

[30] Lettera di Cl. Isopescu a M. Eliade, del 5 maggio 1927, in AA. VV., Mircea Eliade şi corespondenţii săi cit., p. 250.

[31] Riportiamo per intero l’elenco delle traduzioni che Mariano Baffi attribuisce alla scuola di Isopescu perché risulta utile alla comprensione della dimensione del fenomeno: Ion L. Caragiale, Malasorte, trad. it. di Agnese Silvestri–Giorgi, Lanciano 1927; I. L. Caragiale, Una lettera smarrita, trad. it. di Cl. Isopescu e A. Silvestri–Giorgi, Firenze 1929; I. L. Caragiale, Il divorzio, trad. it. di Lilio Cialdea, prefazione di Cl. Isopescu, Firenze 1929; Cezar Petrescu, La sinfonia fantastica, trad. it. di A. Silvestri–Giorgi, prefazione di Augusto Carsia, Firenze 1929; Nicolae Iorga, Il fratello pagano, trad. it. di Cl. Isopescu, Lanciano 1930; N. Iorga, L’arte popolare in Romania, trad. it. di A. Silvestri–Giorgi, Roma 1930; N. Iorga, L’ultima delle dee, trad. it. di Gino Lupi e Aron Cotruş, prefazione di E. Levi, Lanciano 1930; N. Iorga, Frate Francesco, trad. it. di G. Lupi, Milano 1931; N. Iorga, Il figlio perduto – Fatalità, drammi, trad. it. di Nella Collini, Lanciano 1931; C. Petrescu, La vera morte di Guynemer, trad. it. di Cesare Ruberti e L. Cialdea, Firenze 1931; Mihail Sadoveanu, Il mulino sul Siret, trad. it. di L. Santangelo, prefazione di G. B. Angioletti, Firenze 1932; Duiliu Zamfirescu, La vita in campagna, trad. it. di A. Silvestri–Giorgi, Torino 1932; M. Sadoveanu, La Croce dei Răzesci, trad. it. di A. Silvestri–Giorgi, Lanciano 1933; C. Petrescu, La capitale, trad. it. di C. Ruberti, Torino 1935; Ion Agârbiceanu, Due amori, trad. it. di N. Collini, prefazione di A. Carsia, Firenze s. d.; Ion Slavici, Il mulino della fortuna, trad. it. di C. Ruberti, Firenze s. d.

[32] Cl. Isopescu, Rapporti culturali italo-romeni, in “Il lavoro fascista. Quotidiano dei lavoratori”, XI, (Roma, mercoledì 5 gennaio) 1938, p. 3.

[33] Per indicazioni più complete sulle traduzioni riportate da Cl. Isopescu nel suo articolo (luoghi, editrici, anni di pubblicazione) si veda il lavoro di I. Guţia, op. cit., passim.

[34] E. Padrini, op. cit., p. 3.

[35] Anna Colombo, Vita e opere di I. L. Caragiale, Istituto per l’Europa Orientale, Roma 1934.

[36] Anna Giambruno, Un naturalista romeno: Livio Rebreanu, Istituto per l’Europa Orientale, Roma 1937.

[37] Marcello Camilucci, La vita e l’opera di Panait Cerna, Istituto per l’Europa Orientale, Roma 1935.

[38] Lucia Santangelo, Giorgio Coşbuc nella vita e nelle opere, Istituto per l’Europa Orientale, Roma 1934.

[39] Lena Maria Bevilacqua, Emilio Gârleanu nella vita e nelle opere, Angelo Signorelli, Roma 1939.

[40] Walter Roccato, I. Al. Brătescu–Voineşti novelliere, Angelo Signorelli, Roma 1939.

[41] M. Ruffini, La Scuola latinista transilvana (1780-1870). Studio storico-filologico, Roma 1941.

[42] Idem, Il problema della romanità nella Dacia Traiana. Studio storico-filologico, Roma 1941.

[43] Ramiro Ortiz, Letteratura romena, Angelo Signorelli, Roma 1941.

[44] Cl. Isopescu, La fondazione culturale romena “Principele Carol”, in “La Vita Italiana”, XIII, vol. XXVI, 1925, pp. 170-173.; Idem, Carol II, re della cultura romena, in “Termini”, IV, no. 34-37, 1939, pp. 716-718.

[45] Idem, I romeni al di là del Dniester, in “La Vita Italiana”, XIII, vol. XXVI, 1925, pp. 15-22.

[46] Idem, La nuova legislazione scolastica romena e le minoranze, in “Rassegna dell’Europa Mediorientale”, II, no. 2, 1926, pp. 32-34; Idem, La scuola sociale in Romania, in “Costruire”, IV, no. 4, 1927, pp. 40-43.

[47] Idem, L’arte religiosa moldava della Bucovina: la chiesa di Vatra Moldoviţei, in “Costruire”, IV, no. 4, 1927, pp. 40-43; Idem, L’arte religiosa moldava della Bucovina: il monastero di Voronetz, in “L’Illustrazione Italiana”, V, no. 12, 1927, pp. 28-31; Idem, La chiesa di Rădăuţi, in “Il Secolo XX”, XXVI, 1927, pp. 382-384; Idem, Orme di Roma nell’arte moldava, in “Terra d’Italia”, no. 5, 1927, pp. 203-206; Idem, La leggenda del monastero romeno di Sucevitza, in “Le Vie dell’Oriente. Rivista Italiana dell’Opera Italiana «Pro Oriente»”, no. 4 (14 febbraio), 1931, pp. 5-7; Idem, La pittura sacra moldava in Bucovina, in “Turismo d’Italia”, III, no. 10, 1938, pp. 5-8.

[48] Idem, La Romania nella Guerra Mondiale, in “L’Europa Orientale”, VII, no. 9-10, 1927, pp. 424-434.

[49] Idem, Il castello reale di Sinaia, in “Lettura”, (Milano) 1927, pp. 954-956.

[50] Idem, Opere e splendori d’arte italiana in Romania, in “Raduno”, II, no. 24, 1928, p. 3.

[51] Idem, L’Italia e gli inizi della vera cultura romena, in “Costruire”, XVII, no. 7-8. 1940, pp. 62-66; Idem, G. Pascoli e la letteratura romena, in “Lettere. Rassegna mensile di lettere, arti, pensiero”, I, no. 2, (Roma) 1946, pp. 106-109.

[52] Idem, I primi storici romeni e l’Italia, in “Augustea”, V, 1929, pp. 469-471; Idem, Lo storico romeno Cantacuzino e gli influssi spirituali italiani, in “Augustea”, V, 1929, pp. 564-565.

[53] Idem, Un traduttore romeno di Dante, in “Fiera”, VI, no.7, 1930, p. 6; Idem, Sconosciute traduzioni romene della Divina Commedia, in “Arcadia”, XVII, vol. XI-XII, (Roma) 1933, pp. 121-128.

[54] Idem, La legione romena in Italia, in “Augustea”, XIV, no. 6, 1939, pp. 21-23 e no.7, pp. 21-23.

[55] Idem, Il movimento latinista in Romania, in “Secolo Nostro”, X, 1940, pp. 339-343; Idem, La nuova Romania. Spiritualità ed etica legionaria, in “Termini”, 1940, pp. 1057-1061; Idem., Romanità ed italianità in Romania, in “Il libro italiano nel Mondo”, I, no. 9, (Roma) 1940, pp. 42-53; Idem, Italia e Romania nel loro sviluppo storico, in “Augustea”, XV, no. 6, 1940, pp. 6-7; Idem, Spiritualità di C. Codreanu, in “Augustea”, XV, no. 23-24, 1940, pp. 6-7.

[56] Idem, Lingua e letteratura italiana in Romania, in “Augustea”, XV, no. 1, 1941, pp. 10-12.

[57] Idem, Il principe dei poeti romeni del ‘900: Octavian Goga, in “Meridiani”, VI, no. 21, 1941, pp. 8-9.

[58] Idem, Difesa della cristianità e della latinità dei Romeni, in “Vita e Pensiero”, XXXVIII, 1955, pp. 227-234.

[59] Idem, Italia e Romania unite nella lotta per la loro indipendenza, in “Termini”, III, 1938, pp. 425-426; Idem, Rapporti culturali italo-romeni cit., p. 1.

[60] Idem, Antiche attestazioni italiane della latinità dei Romeni, in Atti del I Congresso Nazionale di Studi Romani, vol. I, Roma 1929, pp. 415-428.; Idem, Documenti inediti della fine del Cinquecento, in “Analele Academiei Române. Memoriile Secţiunii Istorice”, 1929.

[61] Idem, Notizie intorno ai Romeni nella letteratura geografica italiana del Cinquecento, in “Bulletin de la Section Historique de l’Académie Roumaine”, XIV, 1929.

[62] Idem, L’Italia e gli inizi del teatro drammatico e musicale romeno, in “Il Giornale di Politica e di Letteratura”, (Livorno) 1929.

[63] Idem, L’Italia e le origini della nuova letteratura romena, in “Il Giornale di Politica e di Letteratura”, 1929.

[64] Idem, Il viaggiatore transilvano Ion Codru Drăguşanu e l’Italia, Roma 1930 e Idem, Il Transilvano Ion Codru Drăguşanu a Roma nel 1839, in Atti del II Congresso Nazionale di Studi Romani, Roma 1931, pp. 411-428.

[65] Idem, Il poeta Giorgio Asachi e l’Italia. Contributo alla storia dei rapporti culturali tra l’Italia e la Romania nell’Ottocento, Livorno 1930; Idem, Gh. Asachi a Roma: amore ed arte, in “Il Giornale di Politica e di Letteratura”, VI, 1930, pp. 350-370; Idem, L’ultimo soggiorno di Giorgio Asachi in Italia, in “Il Giornale di Politica e di Letteratura”, VI, 1930, pp. 513-540.

[66] Idem, Il poeta Duilio Zamfirescu a Roma, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, Bologna 1931; Idem, Il poeta Duiliu Zamfirescu a Napoli. Memoria letta alla R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, Editoria della R. Università e della R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli 1933; Idem, Il poeta Duiliu Zamfirescu a Roma, Licino Cappelli, Bologna 1935, pp. 403-409.

[67] Idem, Il vescovo Amfilohie Hotiniul e l’Italia, in “L’Europa Orientale”, XIII, 1933, pp. 516-547.

[68] Idem, Il viaggiatore Dinicu Golescu in Italia, in “L’Europa Orientale”, XIV, no. 5-8, 1932.

[69] Idem, Lo studente Artemie Andercu Homorodeanu a Roma nel 1878, in “La Rassegna italo-romena”, (aprile) 1941.

[70] Idem, Un poeta dell’unità nazionale romena: I. C. Drăgescu e l’Italia, in “Meridiani”, no. 8, 1939; Idem, Un poeta dell’unità nazionale romena: I. C. Drăgescu e l’Italia, in “La Rassegna italo-romena”, 1940.

[71] Idem, Il poeta Romulo Scriban e l’Italia, Angelo Signorelli, Roma 1943.

[72] Idem, Il musicista romeno Ciprian Porumbescu a Roma (con lettere inedite), in “Il Giornale di Politica e di Letteratura”, 1931.

[73] Idem, Lo scrittore romeno Aron Densuşianu e l’Italia, in “Atti della R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti”, vol. XV, (Napoli) 1936, pp. 139-189.

[74] Idem, Filologia romena all’Università di Torino verso il 1870, estratto da “R. Accademia delle Scienze di Torino”, 1942.

[75] Idem, Commemorazione del poeta Octavian Goga, Tipografia Combi, Milano 1941.

[76] Idem, Commemorazione di Mihail Kogălniceanu, in “Termini”, no. 74-76, 1942, pp. 1480-1485.

[77] Idem, Il sommo linguista romeno: Sextil Puşcariu, in “Aevum”, XXII, 1948, pp. 369-382.

[78] Idem, Il mazziniano romeno N. Bălcescu, Roma 1930.

[79] Idem, Nicola Iorga, in “Responsabilità del sapere”, VIII, (Roma) 1954, pp. 68-85; Idem, Nicola Iorga (1871-1940) e la letteratura comparata, Napoli 1955.

[80] Idem, La stampa periodica italo-romena in Romania e in Italia, Roma 1937.

[81] Idem, Saggi romeno-italo-ispanici, Roma 1943.

[82] Idem, Una predica romena tenuta a Roma nel 1608, in “Archivium Romanicum”, XIII, 1929.

[83] Idem, Sconosciute traduzioni romene della Divina Commedia, in “Atti dell’Accademia degli Arcadi”, XI-XII, 1930.

[84] Idem, La Società Internazionale Neolatina di Torino (1864) e i Romeni, in Atti del XXIV Congresso Nazionale di Storia del Risorgimento italiano, Bologna 1929; Idem, La Società internazionale neolatina di Torino (1864) e i romeni, estratto da Atti del I Congresso di Storia del Risorgimento Italiano, Venezia, settembre 1936, Roma 1941, pp. 305-338.

[85] Si veda anche Idem, Lingua, letteratura e storia romena in Ispagna, Combi, Milano 1941.

[86] Idem, Sulla letteratura romena in Ighilterra, in “Il Giornale Italiano di Filologia”, no. 3, (Napoli) 1953, pp. 197 ss.

[87] Idem, De la langue et de la littérature roumaine en Allemagne, in “Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”, I, 1954, pp. 123 ss.

[88] Idem, Un călător necunoscut la noi: chirurgul american V. Mott, in “Vers”, (Albany, N.Y.) 1949; Idem, Il Prof. Edison Clark scoprì la Romania agli Americani, in “L’Osservatore Romano”, no. 13 (aprile), 1952; Idem, Prima sinteză americană a istoriei române, in “Vers”, (Albany, N. Y.) 1952; Idem, Primele ştiri americane despre noi, in “Înşir’te Mărgărite”, (Rio de Janeiro) 1952; Idem, Veneratul filoromân Charles Upson Clark, in “Vers”, (East Chicago) 1954.

[89] Idem, La pensée humaniste et la tradition chrétienne aux XVème et XVIème siècle chez les Roumains, Edition Cantemiriaines, Parigi 1950.

[90] Idem, As primeiras noticias estranjeras sobre a visa literaria na Romania, in “Revista de Historia”, no. 8, (Sao Palo) 1951; Idem, La littérature roumaine en 1850, in “Les langues modernes”, 1951; Idem, Poema inedito in latino di un romeno del XVII secolo, in “Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”, III, 1956.

[91] Idem, Il diplomatico studioso americano E. Schuyler ed i Romeni, in “Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”, II, 1954, pp. 125 ss.

[92] Idem, Le poète américain Edward King et ses inspirations roumaines, in “Buletinul Bibliotecii Române din Freiburg”, II, 1954, pp. 223 ss.