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Alcuni documenti veneziani inediti riguardanti i mercanti cretesi Servo e la loro presenza in Moldavia fra Cinque e Seicento

 

 

Ioan–Aurel  Pop,

Università degli Studi “Babeº-Bolyai” di Cluj-Napoca/

Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia

 

Cristian  Luca,

Università degli Studi “Dunãrea de Jos” di Galaþi/

Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia

 

Dall’archivio dell’ambasciata veneta di Costantinopoli provengono alcuni interessanti registri, risalenti al periodo in cui svolsero la loro missione a Costantinopoli i baili Giovanni Moro (1587-1590) e Girolamo Capello (1595-1600)[1]. In due dei suddetti registri furono protocollati i documenti autenticati o rilasciati dal bailo, in conformità con le sue funzioni notarili, nel periodo 29 novembre 1587–2 luglio 1590 e nell’agosto del 1600. In mezzo a tali documenti si trovano anche alcuni atti riguardanti i mercanti della famiglia Servo, originaria di Candia[2], isola che all’epoca faceva parte dallo Stato da Mar della Repubblica di S. Marco. Leonin Servo (c. 1510-1588), figlio di Michele Servo e fratello di Giorgio, Demetrio e Nicolò[3], fu abile mercante, impegnato nel commercio col Levante, dove soggiornò fino alla morte. Da Costantinopoli, dove risiedeva, Leonin viaggiava spesso in Polonia e in Moldavia per affari, e grazie ai suoi legami con l’ambiente costantinopolitano, che in gran parte gestiva gli scambi tra Venezia e il Levante, acquisì un prestigio tale da essere coinvolto in alcune questioni di natura politica, nella capitale ottomana e altrove. All’attività del Servo parteciparono, in periodi diversi, anche due suoi nipoti: Leonin, figlio di Giorgio, e Michele; di quest’ultimo non sappiamo se fu figlio di Demetrio o di Giorgio Servo[4], ma comunque è certo che fosse nipote di Leonin Servo.

Il mercante cretese collaborò a lungo con un suo correligionario, Costantino Corniact, facoltoso mercante greco che si era stabilito, insieme col fratello Michele

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Corniact, in Polonia[5]; ma i rapporti tra i due si erano raffreddati nel 1583, per i dissensi riguardanti un credito ancora in sospeso[6]. Si ritiene che Costantino Corniact divenisse parente dei Servo, sposandosi nel 1581[7], ormai in età avanzata, con una delle sorelle di Leonin, e che perciò i due divenissero cognati[8]. Tuttavia, stando alle testimonianze dell’epoca, non risulta per certo che tale matrimonio vi sia stato. Invece i rapporti di collaborazione tra i due sono comprovati; essi, infatti, esportavano vino di Creta, la tanto apprezzata “Malvasia”, sul mercato polacco e importavano granaglie per conto di Venezia. Nel 1564, su incarico del Senato veneto, Leonin Servo, insieme col bailo Vettore Bragadin, condusse le trattative con il principe di Moldavia, Alessandro Lãpuºneanu, per l’acquisto delle granaglie necessarie all’approvvigionamento della Serenissima, ma i negoziati ebbero esito sfavorevole, perché all’epoca tale merce scarseggiava nelle terre romene[9]. La presenza di Leonin negli ambienti del bailaggio veneto di Costantinopoli fu dovuta ai rapporti confidenziali che egli, in modo pressoché costante, ebbe con i rappresentanti diplomatici della Repubblica di S. Marco presso la Porta. Già nel 1558 egli era fidato informatore del Consiglio dei Dieci. Il suo parere, ritenuto autorevole circa la situazione della Moldavia, venne ascoltato dal bailo in merito all’opportunità di accogliere l’offerta del principe di quella terra, il quale si dichiarava disposto ad esportare varie merci nella città lagunare, ma innanzitutto mandrie di bovini. Comunque Leonin Servo, per motivi rimasti oscuri[10], rifiutò la proposta di Alessandro Lãpuºneanu. Alcuni anni dopo, però, nel periodo in cui gli interessi commerciali del Servo e quelli del principe moldavo coincisero, il mercante cretese si vantò degli ottimi rapporti che intratteneva col Lãpuºneanu, al fine di proporsi come negoziatore durante il mancato tentativo d’importazione di grano dalla Moldavia[11]. Il principe stesso, nella lettera che gli inviava il 19 dicembre 1564, lo chiamava “amico”[12], e tale appellativo non era una semplice espressione di cortesia nei confronti del destinatario.

Durante le trattative avviate dal mercante cretese col principe moldavo, uno dei nipoti[13] di Leonin Servo giunse nel principato romeno per sottoscrivere un accordo che consentisse l’esportazione di granaglie verso la laguna veneta. L’inviato del Servo, che soggiornò in Moldavia all’incirca dalla fine del 1564 fino ai primi mesi dell’anno successivo, fu Michele Servo. È molto probabile che tale viaggio sia all’origine del

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futuro trasferimento di Michele Servo in Moldavia, laddove egli si stabilì negli anni successivi e risiedete fino alla morte.

Quanto a Leonin Servo, egli, com’è ben noto, dopo aver vissuto per metà della sua vita in Polonia e in Moldavia, trascorse gli ultimi anni a Costantinopoli, in cui dovette affrontare alcune difficoltà economiche[14]. Nella capitale ottomana, il mercante cretese si vide reclamare, nel 1587, il pagamento di un debito da parte dell’ebreo Giacob Uri[15], soprannominato Bogdanli, cioè “moldavo” da Bogdania, nome con cui gli Ottomani chiamavano il Principato di Moldavia derivandolo da Bogdan, il principe fondatore dello Stato. Sia che tale appellativo facesse riferimento ad una presunta origine moldava di Uri, sia che esso gli derivasse da una lunga permanenza nel paese, presumibilmente per ragioni commerciali, alla morte di Leonin Servo il mercante ebreo si rifece sugli eredi del cretese, in sostanza sul fratello Nicolò. Fu allora Pietro Grassi, rappresentante di Giacob Uri, che si rivolse al bailo Giovanni Moro per ottenere il saldo del debito. Poiché gran parte della somma richiesta si trovava custodita presso la cancelleria del bailaggio veneto di Costantinopoli, il diplomatico veneziano, accertando la fondatezza del reclamo di Giacob Uri, acconsentì il 17 maggio 1589 al pagamento di 19.215 monete ottomane d’argento da versare nelle mani del rappresentante del creditore ebreo. La contesa ebbe così una soluzione definitiva e la parte rimanente del patrimonio di Leonin Servo passò al fratello Nicolò[16].

Per la famiglia Servo, comunque, i legami con la Moldavia rimasero saldi e il trasferimento di Michele, nipote di Leonin, nelle terre romene è certo consequenziale. Rimane tuttavia ignota la data di quel trasferimento, ma alcuni particolari riguardanti la permanenza di Michele Servo in Moldavia ci provengono da una copia del testamento che fu presentato per l’autenticazione presso il bailaggio veneto di Costantinopoli nell’estate del 1600, ossia alcuni mesi dopo la morte del mercante cretese. Gli esecutori testamentari designati da Michele Servo erano i due seguenti, da molto tempo residenti in Moldavia: il valacco balcanico Ienachi Simota[17] e il greco Battista Amorosi[18], quest’ultimo già gran doganiere durante il principato di Pietro lo Zoppo (1574-1579, 1582-1591). Il testamento originale, in lingua greca, fu affidato dai due esecutori testamentari ai mercanti cretesi Michele Cavaco[19] e Battista Vevelli[20], residenti nella

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capitale ottomana, mentre la traduzione fu eseguita, presso la rappresentanza diplomatica della Serenissima, da Ambrosio Grillo, allora dragomanno del bailaggio[21].

Dalla circostanziata redazione del documento[22] emergono notizie di notevole importanza, ossia la consistenza del patrimonio lasciato dal defunto ai parenti, cioè alla sorella Caterina e al nipote Leonin, e quella cospicua dei lasciti per i fidati domestici, ma soprattutto l’entità delle donazioni da destinare a molte chiese e monasteri delle sue terre d’origine e ad altri luoghi di culto fra quelli più noti dei cristiani di rito orientale. Col suo testamento Michele Servo, che addirittura vantava un credito dal principe moldavo Geremia Movilã, lasciò al Monastero di Suceviþa l’abitazione che possedeva nella città di Suceava. Quindi, indicando come luogo di sepoltura la patria d’adozione, il mercante cretese richiese di essere sepolto nella zona antistante la chiesa della Metropolia di Moldavia, alla quale inoltre destinò una donazione in monete d’oro, mostrando anche in questo caso la sua devozione.

L’importanza dei documenti raccolti dall’archivio storico della Serenissima, riguardanti l’attività e il destino dei mercanti greci della famiglia Servo, consiste essenzialmente nelle nuove e interessanti informazioni che riconfermano i legami di vario genere che la suddetta famiglia ebbe con la Moldavia nel Cinque–Seicento. E furono evidentemente questi rapporti che indussero Michele Servo, nipote di Leonin, a stabilirsi nel principato romeno in cui, senza mai abbandonare l’attività commerciale, raggiunse uno status sociale di rilievo ed ebbe una fortuna tale, quale è testimoniata dai cospicui beni, mobili ed immobili, che egli possedeva nell’isola di Creta, in Moldavia e in Polonia.

 

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Appendice

 

 

I

 

28 gennaro [1587]

 

Giacob Uri, dettto Bogdani, hebreo habitante in Constantinopoli, scrive in cor[en]te messer Iseppo, quondam Lazaro ebreo, nella pretensione di certo credito[23] che dice[24] egli di havere con messer Leonin Servo dalla Canea.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 12v, copia coeva)

 

 

II

 

1588, a 2 di marzo

 

Riferì ill cancellier haver fatta l’infrascritta citation per stridor tutte tre le volte, ad instantia di Iacob Uri, detto Bogdanli, di ordine dell’Illustrissimo Signor bailo[25] et ad instantia di Iacob Uri, detto il Bogdanli, si cita per stridor secundo l’ordinamento tre volte li heiredi del quondam messer Leonin Servo, fu del quondam messer Michiel, ovvero suoi commessi o commissarij, dovendo finir la terza citation per merco[le]dì, dopodisnar che sarà alli 2 marzo 1588.

[in margine:] Ciitation per stridor.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 20r, copia coeva)

 

 

III

 

4 marzo 1588

 

Riferì ill cancellier haver citato per stridor di ordinamento dell’Illustrissimo bailo hieri et hoggi, che è stata la quinta volta, la antescritta citation ad instantia di Giacob Uri, detto Bogdanli, per il credito che dice di havere co’l Servo, et che non è comparso alcuno.

[in margine:] Ciitation per stridor.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 20v, copia coeva)

 

 

IV

 

13 aprile 1588

 

L’Illustrissimo Signor bailo, uditi in contraddittorio giuditio messer Zorzi Facà della Canea, patrone della navetta Caropula, et Iacob Uri, detto Bogdanli, sopra li danari che sono in deposito in

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questa Cancellerria per conto de’ vini già venduti, mandati qua da messer Nicolò Servo al quondam messer Leonin suo fratello, dicendo il predetto messer Zorzi Jucà [sic!] che spettano a lui come legittimo commesso di messer Nicolò, al quale di ragione pervengono, et all’incontro pretendendoli il Bogdanli per denari, che dice haver prestato al predetto quondam messer Leonin, Sua Signoria Illustrissima, maturamente considerato quanto l’uno et l’altro hanno voluto dire, ha a soddisfatione d’ambe le parti terminato che per sei mesi ancora li predetti danari stiano in deposito, et intendendosi in questo tempo che li sopradetti messer Leonin et messer Nicolò Servo fussero in fraterna, terminerà di essi danari, come convenirà alla giustitia, ma che si fussero divisi si debbano dare al suddetto messer Nicolò o ad altro suo legittimo commesso.

 

Detto al Clarissimo Rettore della Canea

 

Vostra Signoria Clarissima sarà contenta far prender[26] informatione dei stabili che sono stati del quondam messer Leonin Servo del quondam Michiel, posti così in quel luoco, come in Candia, cioè case, vigne, campi, botteghe et magazzeni, et se detti stabili si godevano in fraterna tra il quondam messer Leonin suddetto et messer Nicolò suo fratello o se erano divisi tra essi, comandando che in ciò sia usata ogni maggior diligenza et mandarmi informatione quanto prima. Piacerà anco a [Vostra Signoria] Illustrissima [e] Clarissima far per pubblico official citar per stridor li heriedi over parenti più propinqui, ovvero commissarij o chi pretendesse interesse nelli beni, si mobili, come stabili, del quondam messer Leonin, ad instantia di rabi Iacob Uri, detto Bogdanli, a venir a comparer qui in Pera di Constantinopoli di me per tutto ‘l mese di giugno prossimo, aliter etc.

[in margine a c.. 29v:] Sermone in proposito delli denari del Servo.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, cc. 29v-30r, copia coeva)

 

 

V

 

17 detto [maggio 1589]

 

L’Illustrissimo Signor bailo, intesa la instanza de Iacob Ury, detto Bogdanli, hebreo, lo quale ricercava che gli fussero dati tutti li denari che si trovano in Cancelleria di ragione del quondam messer Leonin Servo, poi che non era venuta alcuna risposta delle lettere che Sua Signoria Illustrissima scrisse li mesi passati al Clarissimo Rettor della Canea, per che facesse citare li heredi del predetto quondam messer Leonin a far suoi commessi che comparessero qui, et maturamente considerato quanto si deve, terminò che dando detto Bogdanli nella Cancelleria piezaria buona et sufficiente, che duri per tutto il mese d’aprile 1590, et per quel tempo di più che Sua Signoria Illustrissima stesse qui per la sicurtà della estratazione di detti danari, chi io secretario glieli dovessi consignare, dichiarando che, se nel predetto termine non comparirà alcun commesso delli heredi del predetto quondam messer Leonin, la piezaria resti cassa et nulla.

[in margine:] Teermine in proposito delli denari che si trovano in Cancelleria di ragione del quondam messer Leonin Servo della Canea.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 108v, copia coeva)

 

p. 79

VI

 

Detto [17 maggio 1589]

 

Messer Pietro dii Grassi, alla presentia di me secretario, et delli infrascritti testimonij, si è constituito piezo di Iacob Ury, detto Bogdanli, hebreo, per quella somma di danaro che si trova in Cancelleria di ragione del quondam messer Leonin Servo, promettendo che per tutto il mese di aprile 1590, o per quel tempo di più che stesse per l’Illustrissimo Signor bailo, egli comparendo qui alcun commesso delli heredi del predetto quondam messer Leonin, bisognando consignerà[27] in Cancelleria tutto il predetto denaro, quanto ciò non fusse fatto del detto Bogdanli.

Messer[28] messer Antonio[29] Borisi quondam Pietro d’Antivari et Lunardo Famentoni d’Anversa quondam Pietro.

[in margine:] Piiezaria di messer Pietro de Grassi per Iacob Uri, detto Bogdanli, ebreo.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 108v, protocollo notarile)

 

 

VII

 

1589, a 18 maggio

 

Venuto in Cancellleria Iacob Uri, detto Bogdanli, hebreo, dimandò che in esecutione della sententia dell’Illustrissimo Signor bailo, di 17 del presente[30], havendo datta la piezaria giusta l’ordine di Sua Signoria Illustrissima, gli fussero contati li denari che si trovassano presentati di ragione del quondam messer Leonin Servo, onde io secretario, in esecutione della termine suddetta, ho consignato al detto Bogdanli, presenti li infrascritti testimonij, aspri disnove mille ducento quindeci in tanti contanti scudi et tallari, valutando il 20 aspri iro [?][31] il scudo[32] aspri 110 et il tallaro aspri 80, nelli quali sono compresi li correnti [?] 173 del tratto[33]delli urni et quelli/ che si cavarono delle[34] robe vendute all’incanto, oltre le spese [af]fitto di casa et altro.

[alcune parole iin ebraico]

Io Francesco de Giergonimo da Venecia fui presente ut supra.

Io Zorzi Levuni fui presente per testimonio ut supra.

[in margine:] Coonsignatione del denaro che si trovava in Cancelleria di ragione del quondam messer Leonin Servo a Iacob Uri hebreo.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, c. 109r, protocollo notarile)

 

p. 80

VIII

 

1590, 8 marzo

 

Havendo l’Illusttrissimo Signor bailo udito in contraddittorio giuditio messer Bernardino Plaidemo, come commesso di messer Nicolò Servo della Canea, da una, et da l’altra rabbi Iacob Uri, detto Bogdanli, con li loro avocati, sopra la pretensione che ogn’uno d’essi haveva nelli denari che furono depositati in Cancelleria del tratto de’ vini mandati già qui da detto messer Nicolò al predetto quondam messer Leonin suo fratello, et poi levati da detto Bogdanli con piezaria, come per termine di Sua Signoria Illustrissima di 17 maggio 1589. Viste tutte le scritture prodotte dalle parti, et in particolare una lettera di 20 giugno 1587, scritta all’Illustrissimo Signor bailo Bernardo, nella quale dice che sia contento di far vendere li vini et sughi di limon et pagare de’ debiti che detto messer Leonin potesse havere con alcuna persona, et inteso a sufficienza quanto hanno voluto dire a bocca, ha terminato che li aspri 19.215, che detto Bogdanli levò li mesi passati di Cancelleria in virtù della predetta terminazione de 17 maggio, siano ben levati, liberando detto messer Nicolò Servo et il suo commesso dalla dimanda che gli faceva detto Bogdanli per il rimanente del suo credito, per il quale gli riserva ragione contra li beni del detto quondam messer Leonin, et riserva parimenti ragione al detto messer Nicolò Servo di andar contra li beni del predetto messer Leonin, suo fratello, per reintegrarsi delli predetti aspri 19.215.

[in margine a c.. 164v, la stessa mano:] Termine tra messer Nicolò Servo et rabbi Iacob Uri, detto Bogdanli.

[segue la stessaa mano:] 1590, 14 giugno. L’Illustrissimo Signor bailo ordinò che la piezaria data per il Bogdanli da messer Pietro di Grassi sotto li 17 di maggio 1589[35] fusse annullata.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 266, cc. 164v-165r, copia coeva)

 

 

IX

 

[c. 161r] ([10 agosto 1600] Scrittura registrata ad instantia di Domini Michiel Cavaco et Battista Veveli. Il testamento autentico con la tradutione è in filza)

 

Illustrissimo Signor Bailo,

 

Essendo morto ill mese di marzo passato in Sozava il Signor Michiel Servo dalla Canea, et havendo fatto il suo testamento, et ultima volontà, et da lui sottoscritto, nel qual testamento lascia per suoi Commissarij, et esecutori di esso il Signor Giannachi Simota, et Signor Battista Amoroso, questi per poter esercitare il carico imposto loro dal suddetto Signor Servo hanno inviato esso testamento a noi, Michiel Cavaco et Battista Veveli, perché lo dovessimo presentare nella Cancelleria di Vostra Signoria Illustrissima acciò sia [os]servato quello ch’è ordinario et riconosciuta la sottoscritione in esso testamento contenuta esser di mano propria di esso Servo. Però in esecutione dell’ordine datoci presentiamo a Vostra Signoria Illustrissima esso testamento perché stia nella Sua Cancellaria a futura memoria, et che Le piaccia ordinare che sia ricognossuta la sottoscritione, et tradotto da chi a Lei parerà dal greco al franco, et farci dare copia autentica,

p. 81

perché li suddettti Commissarij [c. 161v] posino mandare in esecutione quanto in questa ultima volontà è stato ordinato dal detto Servo.

 

1600, a X di agosto

 

Presentata all’IIllustrissimo Signor Bailo[36] per Domini Michiel Cavaco et Battista Veveli, ricercando a Sua Signoria Illustrissima quanto in essa si contiene, il che inteso da Lei, et vista la continenza della presente scrittura, ordinò che sia riconosciuta per legali testes la sottoscritione contenuta nel testamento da loro similmente presentato sotto questo giorno, il quale sia ancor esso tradotto dalla lingua greca in carattere italiano da Domini Ambroso Grillo Dragomanno et Antonio Pifani detto Vlastò, tutti dui di Pera, et che dopo registrata detta tradutione nel Libro degli atti suoi sia riposto l’autentico nella filza corrente, et data una copia nelle mani di essi Cavaco et Veveli.

 

Testamento del qquondam Messer Michiel Servo tratto dal greco in lingua italiana come sta et gioiè[37]:

 

Nel nome di Iddiio amen; Signor Micael Servo in infirmità grande e cascato e temendo el tremendo e grande della morte misterio, acciò che in esso non venisse all’improvviso, et le cose sue restassero inordinate, hora havendo la mente sana et la lingua espedita in parlare, comimiando gratia di Christo si attesta come qui sotto. Primieramente lascia a tutti li Cristiani, che in Christo sono amorevoli, il perpetuo perdon, acciò che ancora lui da essi sia il simile. Ancor lassa la sua sorella, la Donna Catherina, Donna et Patrona hereditaria in tutto quello che a lui aspettano nel Regno di Candia, case, botteghe, vigne, giardini, quello che sarà così paterne, come materne, presenti et futuri. Et così lassa da quello che gli va debitore Giorgiu Condoleo[38] di oro seicento /600/ et Antonio Picatore[39] di oro mille tresento cinquanta, cioè /1.350/, che habbia [c. 162r] di t[r]arre la sua sorella da quelli di oro quattrocento. Ancora lassa di quelli danari che sono al Condoleo, et al Picatore, che habbia da tior[40] la sua nezza, che ha il zancarolo di oro duicento, cioè /200/. Ancora lassa di quelli danari che sono al Condoleo, et al Picatore, che quando si sposarà la seconda nezza, che ha il Capetano, et se non sarà col Capetano, ma con altro pur legittimo di suo honore, debbia haver a tior d’oro seicento vinti, cioè /620/, et non sposandose non debbia tior niente. Ancora lassa da quelli danari, che sono al Condoleo, et al Picatore, di oro cinquecento /500/ per conzar la Chiesia di Eleussa, che se trova fuora della Canea sopra alla Montagna. Ancora lassa de quelli danari del Condoleo, et Picatore, al Santo Pantaleo, che sono le monache dove se la sua amida seppellita di oro trenta. Ancora lassa da quelli danari, che sono al Condoleo, et al Picatore, in li Monasterij[41] di Greci de Candia, Canea, et Rethimo di oro dusento, cioè /200/, per commemoration dell’anima sua. Ancora dice come li è debitor Signor Manoli Rosso perperi sie mille, cioè /6/, come appar per sententia, et archi /100/ che di qui gli ha mandato, li quali perperi sie

p. 82

mille, et la valluta di archi, li lassa al San Zuan Eremita nel Regno di Candia che sono le monache, che sia in edificio del monasterio per l’anima sua. Ancora di oro ottocento, cioè /800/, che sono trovadi al presente qui nella Cassa, e settecento quarantaquattro, cioè /744/, che gli va debitor il Clarissimo Signor Ioanne Ieremia Moila Voivoda in tutta la Moldavia, et cento et diese, che gli deve dar il Chiro mercante, prima lassa di quelli nel Monasterio di Sozaviza[42] di oro cecchini cinquanta et la Casa, che ha comprato in la Città di Sozavi[43], per l’anima sua. Ancora lassa di quelli alli Monasterij [c. 162v] de Moldavia dove saranno monache di oro sessanta, cioè /60/, per l’anima sua. Ancora delli sopradetti danari lassa cecchini d’oro ducento, cioè /200/, per recatar tanti schiavi. Ancora delli sopradetti danari lassa altri d’oro duicento, cioè /200/, per maridar orfane, et aiutar impotenti, per l’anima sua. Ancora lassa di quelli danari alli vinti monasterij di Monte Santo[44] d’oro centocinquanta, in ogni uno d’oro /8/, et alli eremiti di Monte Santo di oro cento per commemoration sua. Ancora lassa di quelli danari alli calogeri di Santo Saba di oro /30/ per commemoration sua. Ancora lassa di quelli danari a Teodoro suo servitor di oro cento, cioè /100/. Ancora di quelli danari lassa a Ghrisco[45] natural di oro cento, cioè /100/, e non se li debbano dar nelle man, ma che li mettano in uno mercante, che siano con interesse in fino tanto che detto Ghristo sia instruito bene nell’arte, et all’hora toccargli. Ancora lassa di quelli danari al Giacobo Polacco suo servitor di oro cinquanta, cioè /50/, et il cavallo murgo, con la sella et briglia, et il giardin che si trova in Culicova di Polonia. Ancor di quelli danari lassa a Leoni suo nipote cecchini d’oro duicento, cioè /200/, et tutti li vini che ha in Cotinaro[46], et tutti li suoi drappi et altre robe che ha, carri, cavalli, cocchi, così in Bogdania, come in Polonia, che sia lui patrone. Ancor di quelli danari lassa di esser pagati li salarij di suoi servitori a ogni uno segondo il suo accordio. Ancor dice, et volle, che li tresento cecchini polacchi, che ha scontato il Mazzapeta di Messer Corin Domestico Nevridi[47], che restano di oro cecchini centocinquanta, lassa al detto Corin per l’anima sua li di oro cinquanta, cioè /50/, et li cento dare in Ierusalemme nel Santo Sepolcro di oro trenta, cioè /30/, et alli sinaiti altri di oro trenta, cioè /30/, et nelle monache nelli Monasterij in Ierusalem di oro quaranta, [c. 163r] cioè /40/, per commemoration sua; et così pensa et volle, quando restarà vodo il suo cadavero, che sia seppellito nella Chiesia di Mitropoli di Sozava[48] di fora di Chiesia. Ancor lassa in detta Chiesia per edificio di oro cinquanta, cioè /50/, et al sacerdote di detta Mitropoli di oro cecchini vinti, cioè /20/, per l’anima sua; dalli suddetti danari lassa a Dimitri suo servitore d’oro vinti per l’anima sua; ancor lassa nell’Hospidale di Leopoli[49] al Santo Enufrio di oro vinti, cioè /20/. Ancor restano cecchini d’oro trecento, cioè /300/, li quali lassa che siano scossi dalli suoi Commessarij nelle loro mani, li quali siano per li salarij di suoi servitori per

p. 83

commemoration suua. Ancor dice et volle che dalli danari che sono in Candia di Messer Manoli Rosso, li quali ha lassato nel Monasterio di San Ioanni Eremita, volle che la sua sorella Donna Catherina habbia a tor di oro cento, cioè /100/, da quelli, et il restante quanto sarà esser in edificio si San Zuanne. Così ha fatto, et si ha testato, et questa essere l’ultima sua volontà, et se per avanti haveva fatto altri testamenti ovver altre ordinationi esser annullate, et di niuna valor, come se non fussero fatti, solamente la presente esser valida. Primo Commessi in Candia di trovar li danari dal Condoleo et dal Picatore, et dal Manoli Rosso, et a loro di sua volontà ha lassato di tiorli ogni uno esser commesso di scodergli da loro, segondo che li danari se scuode, di tiore ogni uno la sua rata a portione segondo è il suo lasso, segondo che dice il presente testamento; per Moldavia lassa Commessarij istessi il nobile Chirici Iannachi Simota, et il nobile Messer Battista Amoroso, ogni [c. 163v] cosa nelle loro mani, et seppellirlo, commemorarlo segondo il rito Christianesimo, et haver la cura dell’anima sua, et ogni cosa passar per le loro mani. Tutto questo si ha scritto in Sozava nella Casa di detto Signor Micael Servo nelli 30 marzo giorno di domenica, Indictione XI, nell’anno 1600 di Christo.

Io Michiel Servo, con la mia propria volontà ho assentito che sia fatto il presente testamento, il quale ho sottoscritto di mia mano[50].

Tradotto da me Ambrosio Grillo, Dragomanno della Serenissima Signoria, da greco in franco a parola per parola.

Io Antonio Pifani di Pera affermo la sopradetta tradutione[51].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 270, cc. 161r-163v, protocollo notarile)

 

 

 

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[1] Maria Pia Pedani–Fabris, Elenco degli inviati diplomatici veneziani presso i sovrani ottomani, Venezia 2000, p. 29, p. 31.

[2] Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi sarà citato ASV), Duca di Candia, b. 65 bis, cc. 147v-148r.

[3] Chrístos Apostolopoulos, Λεονίνος Σέρβος: Ενας πολυπράγμων Χανιώτης έμπορος του 16ου αιωνα στήν Κωνσταντινούπολη, in “Ανθη Χαριτων”, no. 18, 1998, p. 13.

[4] Ibidem, p. 14.

[5] Andrei Pippidi, Esquisse pour le portrait d’un homme d’affaires crétois du XVIe siècle, in Idem, Hommes et idées du Sud-Est européen à l’aube de l’âge moderne, Bucarest–Parigi 1980, pp. 125-131; C. Apostolopoulos, op. cit., pp. 23-26.

[6] Ibidem, p. 21.

[7] Ibidem, p. 13 e nota 27.

[8] A. Pippidi, op. cit., p. 126.

[9] Cristian Luca, Alcune considerazioni concernenti una lettera di Alessandro Lãpuºneanu al mercante cretese Leonin Servo, con particolare riguardo alle implicazioni di tipo politico ed economico nei Principati Romeni, in “Studii ºi materiale de istorie medie”, XXI, 2003, pp. 166-171.

[10] C. Apostolopoulos, op. cit., p. 17.

[11] Cr. Luca, op. cit., pp. 166-168.

[12] Ibidem, p. 169 e nota 35.

[13] C. Apostolopoulos, op. cit., p. 18; Cr. Luca, op. cit., p. 168.

[14] C. Apostolopoulos, op. cit., p. 26.

[15] Si vedano i docc. I-VIII dell’Appendice e l’accenno sul proposito di C. Apostolopoulos, op. cit., p. 23 e nota 84.

[16] Ibidem.

[17] A. Pippidi, Tradiþia politicã bizantinã în þãrile române în secolele XVI-XVIII, 2a edizione, rivista e aggiornata, Bucarest 2001, p. 276, nota 231.

[18] Idem, Esquisse pour le portrait cit., p. 128; Idem, Quelques drogmans de Constantinople au XVIIe siécle, in Idem, Hommes et idées cit., p. 144; Idem, Tradiþia politicã bizantinã cit., p. 253.

[19] Michele Cavaco, suddito veneziano, era un mercante originario dell’Isola di Chio, fratello di Marini Cavaco e genero del mercante Pietro Galante da Pera, Cfr. ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 267, reg. III, c. 79r. Il Cavaco fu attivo a Costantinopoli fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII; sulla sua attività si veda ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 271, f. 86r; Ibidem, b. 272, cc. 34r-35v, c. 157v, c. 167v; Ibidem, b. 273, cc. 141r-143r.

[20] Battista Vevelli, figlio di un certo Costantino Vevelli, mercante cretese di Retimo, era suddito veneziano e dimorò a Costantinopoli sin dagli ultimi decenni del XVI secolo, Cfr. ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 267, reg. III, c. 65r e Ibidem, b. 270, cc. 147v-148r; Battista Vevelli fu padre di Costantino Battista Vevelli, più noto alla storiografia romena, il quale, oltre al continuo impegno nel commercio, fece fortuna come dignitario e fidato consigliere di alcuni principi di Moldavia, quindi morì tragicamente a Iassi, nel 1633, linciato durante una sollevazione popolare contro Alessandro Iliaº, principe di Valacchia (1616-1618, 1627-1629) e di Moldavia (1620-1621, 1631-1633).

[21] Ambrosio Grillo fu il capostipite di una vera e propria dinastia di dragomanni veneti, per oltre un secolo al servizio del bailaggio veneto di Costantinopoli, Cfr. Cr. Luca, Veneziani, Levantini e Romeni fra prassi politiche e interessi mercantili nell’Europa Sud–Orientale tra Cinque e Seicento, in Romania e Románia: lingua e cultura romena di fronte all’Occidente, a cura di Teresa Ferro, Udine 2003, pp. 253-254.

[22] Si veda il doc. IX dell’Appendice.

[23] Le parole di certo sono scritte sopra credito.

[24] Parola seguita da di, cancellato.

[25] Giovanni Moro.

[26] Correzione su piglier.

[27] Parola scritta sopra un’altra illeggibile.

[28] Segue il nome Pietro, cancellato.

[29] Scritto sotto Messer.

[30] Segue che, cancellato.

[31] L’articolo il è scritto sopra iro.

[32] Parola seguita da ad, cancellato.

[33] Parola soprascritta.

[34] Parola seguita da sue, cancellato.

[35] Scritto sopra le parole: sotto il.

[36] Girolamo Capello.

[37] Per cioè.

[38] Probabilmente parente di un certo “Nicolò Condoleo dalla Canea barbier”, che nel 1590 abitava nell’Isola di Candia, Cfr. ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 267, c. 14r, c. 16r.

[39] Il cretese “Antonio Visconte Picatore da Retimo” giunse in Moldavia nel 1593, portando, insieme con un altro mercante, un carico di vino “Malvasia” destinato alla vendita sul mercato locale, Cfr. ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 268, c. 73v; Ibidem, b. 269, c. 6v.

[40] Per trarre.

[41] Sui monasteri ortodossi cretesi si veda il lavoro di Demetrios Tsougkarakis, Βυζαντινά μοναστήρια της Κρήτης, in “Thesaurismata” , no. 26, 1996, pp. 7-24.

[42] Eretto nel 1581 per volontà dell’allora vescovo di Rãdãuþi, Giorgio Movilã, il monastero ortodosso fortificato di Suceviþa, situato nella Moldavia settentrionale e sottoposto più volte a restauro, è attualmente annoverato fra i monumenti appartenenti al patrimonio culturale mondiale; si veda anche il recente saggio di Sorin Dumitrescu, Les tabernacles œcuméniques de Petru Rareº et leur modèle céleste, Bucarest 2003, 455 pp.

[43] Suceava, capitale della Moldavia nei secoli XV-XVI, era situata nella parte settentrionale del principato, l’odierna Bucovina.

[44] Monte Athos.

[45] Cioè Chrísto.

[46] La città di Cotnari era situata, nella Moldavia centro-orientale, in un’area a notevole produttività viticola.

[47] Probabilmente un parente di Nicolò Nevridi.

[48] Chiesa della Metropolia di Moldavia.

[49] La città polacca di Lwów (latino: Leopoli; tedesco: Lemberg; romeno: Liov), l’odierna città ucraina di L’viv.

[50] Il testamento, che si deve alla “mano di Domino Giovanni Domestico Nevridi”, è sottoscritto da Michele Servo, Cfr. ASV, Bailo a Costantinopoli. Atti Protocolli, b. 270, cc. 163v-164r.

[51] L’autenticità del testamento in lingua originale e la correttezza della traduzione italiana, realizzata dal dragomanno veneto Ambrosio Grillo, furono confermate, presso l’ambasciata di Venezia a Costantinopoli, dai seguenti testimoni: “Antonio Pifani da Pera; Giovanni Servago [Salvago?] quondam Domino Pietro di Scio; Giannuli Marini quondam Domino Pietro da Nixia; Giorgilla Sanguinazzo quondam Domino Zuanne da Rethimo; Andrea da Milo quondam Domino Antonio di Pera”, Cfr. Ibidem, cc. 163v-164r.