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Quadro storico dell’evoluzione della Transilvania (fino al 1918)*

 

Ioan-Aurel  Pop,

Università “Babeº-Bolyai” di Cluj-Napoca,

Istituto Romeno di Cultura e

Ricerca Umanistica, Venezia

 

        Premesse. La Transilvania è una fra le tre province storiche che compongono la Romania e rappresenta più di un terzo della superficie e della popolazione del paese. La storia di questa regione, secondo le fonti storiche, risale al 500 a. C. circa. Il territorio era allora abitato dai daco-geti – il ramo nordico dei traci (chiamati geti dai greci e daci dai romani). Nel periodo in cui a Roma viveva Giulio Cesare ed i romani erano in guerra con i galli del territorio della Francia attuale, in Dacia venne creato uno stato (regno) potente sotto il re Burebista (82-84 a. C. circa). Nel I secolo d. C., quando a Roma regnavano Domiziano e poi Traiano, in Dacia c’era il re Decebalo (87-106). I due re soprammentovati ebbero i loro centri fortificati principali (e ciò che oggi si potrebbero chiamare capitali) proprio in Transilvania, difesa anche fisicamente dalla corona dei Carpazi. I romani attaccarono più volte la Dacia, a partire dall’epoca di Giulio Cesare fino a Traiano, quando una grande parte della Dacia fu trasformata in provincia romana (106 d. C.). La capitale di questa provincia imperiale, i principali centri urbani, le istituzioni più importanti e la maggior parte della popolazione si trovavano appunto nella regione chiamata oggi Transilvania.

        In seguito al dominio romano di circa 170 anni, la popolazione autoctona dacica subì un ampio processo di romanizzazione, cioè si appropriò gradualmente la lingua latina, le credenze, i costumi e le tradizioni romane. Tale processo continuò a svolgersi anche dopo che gli eserciti e le autorità romane si ritirarono a sud del Danubio; si perpetuò e si estese anche nelle regioni abitate dai daci liberi (i quali non furono ufficialmente incorporati nell’Impero Romano). Nel frattempo, nel territorio dei daco-romani sono passate delle popolazioni “barbare” oppure migratrici, tra le quali la più importante furono gli slavi. In questo modo, nel sud-ovest dell’Europa, tra i secoli I-II e VII-IX dell’era cristiana, si formò un nuovo popolo romanzo, cioè il popolo romeno. Questo popolo fu costituito, come tutti i popoli romanzi, da tre elementi etnici principali: 1) l’elemento locale, cioè i daco-geti; 2) l’elemento conquistatore, cioè i romani (latinofoni); 3) l’elemento migratore, cioè gli slavi. Tra tutti, l’elemento romano è il più importante, dato che i romani si imposero sui daci ed i daco-romani e i protoromeni assimilarono poi i migratori. Nel periodo dell’etnogenesi si diffuse tra i daco-romeni e i protoromeni anche il cristianesimo in lingua latina. Ulteriormente (dopo il 1000), l’organizzazione della chiesa dei romeni venne fatta sotto influenza bizantino-slava e la loro lingua di culto diventò lo slavo antico.

        Tutti questi processi storici conobbero l’intensità massima in Transilvania, ritenuta perciò culla della formazione e della conservazione del popolo romeno e della lingua romena. Paradossalmente però, in Transilvania (a differenza della Valacchia e della Moldavia) non potette formarsi e mantenersi uno stato romeno durante il medioevo e l’epoca moderna. Quando un tale

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stato stava per formarsi, nei secoli IX-X, avvennero le prime incursioni dei ceti magiari, i quali attaccarono all’epoca anche l’Europa Centrale-Occidentale, compreso l’Italia. Intanto anche il nome di Transilvania, con tutta la sua risonanza antica, risale allo stesso periodo medioevale, dopo il 900. Un ceto di combattenti magiari, in seguito alla sconfitta dell’esercito del duce Menumorout del Bihor (a nord-ovest dell’attuale Romania), fissò il “confine” della regione conquistata nella “foresta Igfon”. Ciò che si trovava “oltre la foresta”, quindi trans silvam, per loro era ignoto e così rimase per molto tempo. Poi, anche dopo la conquista della regione intercarpatica dal Regno d’Ungheria, il suo nome rimase sempre quello di Transilvania.

        Dal XVI secolo, la denominazione di Transilvania ha due accezioni, un senso ristretto e originario (zona intercarpatica) e un senso esteso e derivato (zona intercarpatica, Banato e le regioni dell’ovest, chiamate anche Partium). Oggi, nel linguaggio corrente, la Transilvania ha generalmente il secondo significato, quello esteso, riguardante l’intera zona del nord-ovest della Romania. Anche noi, in ciò che segue, faremo un’analisi della situazione della Transilvania intesa in senso ampio.

 

Le tappe storiche. Le tappe della storia medioevale e moderna della Transilvania si potrebbero sintetizzare come segue:

1. Tappa dei primi stati medioevalii, chiamati ducati o voivodati dei secoli IX-X, che subirono dopo il 900 gli attacchi predatori delle tribù magiari, stabilitesi nel 896 nella Pannonia. I capi (duci) di questi stati furono il soprammentovato Menumorout, nella regione del Bihor, Glad, nella regione del Banato e Gelou, nella zona della Transilvania propriamente detta. Non si conosce l’etnia dei primi due, mentre riguardo a Gelou, la fonte attesta che era romeno o blac (quidam Blacus). La popolazione di tali ducati era formata essenzialmente di romeni e slavi (alcuni storici li chiamano infatti “ducati romeno-slavi”), ma anche di altri gruppi, soprattutto dei popoli migratori (bulgari, peceneghi ecc.).

2. Tappa dei primi stati medioevalii del 1000, che subirono anch’essi gli attacchi meglio organizzati del Regno d’Ungheria, fondato nello stesso periodo, dopo che fu cristianizzato e incoronato il primo re (Stefano I). Il capo di questi ducati era Ahtum, successore di Glad, nella zona del Banato, e Gyla (Jula, Gyula), nella regione della Transilvania intercarpatica, con il centro a Bãlgrad (nome slavo-romeno), oppure Alba- Iulia (nome dato dai conquistatori magiari). Gli eserciti ungheresi sono riusciti a vincere in guerra le forze dei due duca, dopo il 1000 circa. Interessante è il fatto che Gyula sembra esser stato di etnia magiara (parente del re Stefano), ma governava uno stato transilvano indipendente, che rifiutava di sottoporsi all’Ungheria.

3. Tappa della conquista effettiva della Transilvania da parte del Regno d’Ungheria, avvenuta durante i secoli XI-XIII, più precisamente tra il 1050 e il 1200, che vide l’imposizione di un nuovo ordine politico per il paese, perpetuato per alcuni secoli. Lo stato magiaro, di data recente e formato grazie alla Santa Sede, secondo l’esempio e sotto l’egida dell’Impero Romano-Germanico, portava in Transilvania il modello medioevale occidentale, che veniva a sovrapporsi alle realtà d’ispirazione romano-bizantina e bizantino-slava. Perciò la Transilvania non potette mai essere del tutto incorporata nello stato magiaro e rimase un nucleo statale distinto, con istituzioni proprie e con un’esistenza autonoma. Si chiamò voivodato.

4. Tappa del voivodato di Transilvaania, parte del Regno d’Ungheria, che durò dai secoli XII-XIII (circa 1200) fino al 1541, quando l’Ungheria si smembrò in seguito ai colpi dell’Impero ottomano. La parte centrale del paese divenne provincia turca, la parte di nord-ovest fu occupata

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dagli Asburgo, mentre il sud-est (la Transilvania) si trasformò in principato autonomo sotto sovranità ottomana.

5. Tappa del principato di Transilvvania, tra il 1541 e il 1688 (1699). Durante questo periodo, 150 anni circa, la Transilvania ebbe lo stesso statuto giuridico internazionale come la Valacchia e la Moldavia. Ci fu, infatti, un periodo di relativa indipendenza, quando il paese pagava un tributo annuo al sultano, ma aveva la sua propria esistenza statale.

6. Tappa della Transilvania quale pprovincia incorporata all’Impero Asburgico, dal 1688 (1699) al 1918.

 

Caratteristiche dell’evoluzione meddioevale. Questo schema non è senz’altro esauriente per ciò che riguarda l’evoluzione storica reale e la spiegazione della peculiarità della Transilvania. Il primo processo storico importante che marcò la Transilvania fu la formazione del popolo romeno, con il sigillo di Roma, della latinità, rimasto qui fino ad oggi. La seconda vicenda notevole per l’evoluzione del paese fu rappresentata dagli attacchi magiari insistenti e poi dalla conquista della Transilvania da parte del Regno d’Ungheria. La politica di questo stato con missione apostolica mirava all’occupazione dell’intero spazio del basso Danubio (Transilvania, Valacchia, Moldavia e anche la Bulgaria), per il controllo delle foci del fiume e del litorale occidentale del Mar Nero. Alla fine, l’Ungheria fu costretta ad accontentarsi solo con l’annessione della Transilvania e con la trasformazione dei paesi romeni extracarpatici in stati vassalli. La conquista magiara non potette eludere o abolire la personalità distinta della Transilvania, quale paese sottomesso relativamente tardi, d’orientamento cristiano bizantino, abitato soprattutto da romeni e slavi (gli ultimi in via di assimilazione). Parallelamente alle operazioni militare di conquista, ma soprattutto alla loro fine, ebbe luogo una “conquista” demografica, istituzionale-politica e religiosa. Dall’Ungheria propriamente detta vennero continuamente non solo degli eserciti, ma anche della gente pacifica, alla quale il re aveva regalato dei domini, e che in gran parte fu in questo modo annobilita. Così si venne a formare, gradualmente, a partire dai secoli XII-XIII, la mentalità di padroni nei Magiari e quella di sudditi nei Romeni (anche se non tutti i romeni erano servi oppure tutti i Magiari dei nobili).

Il terzo processo che diede personalità alla Transilvania furono le colonizzazioni di popolazioni/gruppi stranieri. I magiari (popolo di origine ugro-finnica) – quali erano circa 150.000 -200.000 al loro arrivo dall’est – si stabilirono all’inizio in un territorio ristretto nella Pianura Pannonica, ma, dopo la formazione dello stato feudale, per circa due secoli (1000-1200 circa), conquistarono uno spazio immenso, difficile da organizzare e governare. In Transilvania, regione di margine, tale situazione si presentava molto acuta, tanto più che la popolazione locale era reticente nei confronti dei conquistatori. Perciò lo stato magiaro vi incoraggiò l’insediamento e la colonizzazione di gruppi stranieri. Il primo gruppo fu rappresentato dai Sekleri, di origine turca (turanica), presenti in Pannonia prima dei magiari e poi magiarizzati sotto aspetto linguistico. I Sekleri erano dei bravi combattenti, che aiutarono i magiari a conquistare le regioni orientali, compreso la Transilvania. Man mano la frontiera magiara avanzava verso l’est, anche i Sekleri avanzarono nella stessa direzione. Così li troviamo inizialmente a Bihor (dove aveva regnato Menumorout) e, nella seconda metà del XII secolo, sulle Tarnave (nel centro della Transilvania), poi (verso il 1200) nella zona dei Carpazi di Curburã (Curvatura), dove abitano ancor oggi (e sono circa 500.000). Dopo che si stabilirono nella zona di confine, ricevettero dei privilegi (di conservare la propria organizzazione), in cambio dei loro servizi militari nella difesa del paese.

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I Sekleri mantennero in tutto il medioevo la coscienza di un’etnia distinta, con vecchie forme d’organizzazione comunitaria, di origine gentilizio-tribale.

Il secondo grande gruppo stabilitossi in Transilvania furono i Sassoni, di ceppo germanico, con notevoli occupazioni militari ed economiche. I Sassoni venivano dal centro e dall’ovest dell’Europa, con forti tradizioni urbane, artigianali e commerciali. La maggior parte di loro si è insediata come “ospiti” (hospites) nel sud della Transilvania (press’a poco fra Orãºtie e Braºov), nei secoli XII e XIII. In cambio della difesa della zona, nel 1224, il re ungherese Andrei II concesse anche ai Sassoni dei privilegi tramite i quali fu loro garantita l’organizzazione autonoma tradizionale. Essi eressero, come vuole la tradizione, sette città-fortezze importanti, da cui sembra provenire anche la denominazione tedesca della Transilvania (Siebenbürgen oppure, in latino, Septemcastra). Si ha notizia anche di altri tentativi (falliti) di colonizzazione.

 

L’organizzazione della Transilvaniaa medievale. Il regime degli stati. Nell’età medievale, la Transilvania era guidata da un voivoda (vaivoda) così chiamato secondo la tradizione romeno-slava, investito di questa carica dal re dell’Ungheria in quanto suo dignitario. Voivoda venivano chiamati anche i principi della Valacchia e della Moldavia (testimonianza questa della tradizione comune con la Transilvania), ma questi erano sovrani. Il voivoda della Transilvania possedeva autorità diretta su sette province (suddivisioni amministrative della Transilvania) che portavano il nome di comitati (comitatus). In questi vivevano soprattutto la popolazione romena locale e i magiari (venuti dall’Occidente), con a capo i nobili.

        Il regime degli stati, affermatosi nell’Europa occidentale, acquisì in Ungheria e in Transilvania forme particolari, adattate. Gli stati erano dei gruppi privilegiati che partecipavano alla guida del paese. Lo stato più importante era rappresentato anche in Transilvania dalla nobiltà ungherese (padroni di poderi), organizzata come tale in seguito alla Bolla d’Oro del re Andrei II del 1222. Dal Duecento furono riconosciute come stati anche le comunità libere dei Sekleri e dei Sassoni insieme all’antica comunità locale dei Romeni. Fra il Duecento e il Trecento partecipavano, dunque, all’esercizio del potere in Transilvania quattro stati o gruppi socio-politici, con sostrato etnico: la nobiltà ungherese, i rappresentanti dei Sekleri, dei Sassoni e dei Romeni (Nobiles, Siculi, Saxones et Valachi). Il potere veniva esercitato tramite le assemblee della Transilvania (universitates, congregationes), convocate di solito dal voivoda in nome del re, inizialmente senza una determinata frequenza. I primi tre stati erano costituiti dai nuovi padroni cattolici del paese, mentre lo “stato” dei Romeni era rappresentato in realtà dall’antica popolazione di origine romana ma di confessione cristiana orientale (bizantina). Nel Trecento, il re dell’Ungheria, Ludovico I d’Angiò (1342-1382) svolse un’ampia azione di “omogeneizzazione” del regno, sia dal punto di vista religioso che socio-economico e politico. Egli guidò grandi azioni contro “i pagani, gli eretici e gli scismatici” (che si trovavano all’interno del regno e nelle vicinanze), alcune chiamate persino “crociate”. In questo modo, il cattolicesimo diventa religio recepta nel regno così eterogeneo dell’Ungheria, mentre il sistema feudale, che segue il modello occidentale, la principale forma di organizzazione socio-economica e politica. In un tal contesto, i Romeni del Regno dell’Ungheria, essendo ortodossi e avendo un feudalismo di tipo orientale (bizantino-slavo), ebbero due vie da seguire: adeguarsi alle austerità imposte loro e perdere gradualmente l’identità etno-confessionale, oppure resistere alle pressioni e finire per essere emarginati e privi di un’élite politica ufficiale. Alcuni feudatari romeni si adeguarono alle regole imposte dal re e molti di loro diventarono nel corso del tempo nobili cattolici e magiari. I

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piccoli feudatari (padroni di 1-2 villaggi o frazioni di villaggi) e i Romeni di modesta condizione (la maggior parte servi) – e cioè la maggior parte dei Romeni – rimasero, però, ortodossi e continuarono a seguire le loro antiche tradizioni. Di conseguenza, fra il Trecento e il Quattrocento, i Romeni della Transilvania smisero di appartenere ad uno stato, essendo esclusi dalla classe dei privilegiati, dei possessori del potere. Nel 1437, i Nobili, i Sassoni e i Sekleri costituirono in Transilvania “un’unione fraterna” (fraterna unio) esclusivista, che non soltanto emarginava i Romeni, ma, a partire dal Cinquecento, avrebbe anche preso delle misure discriminatorie nei loro confronti.

 

La Transilvania nell’epoca moderna<. Nel Cinquecento, in seguito alla ddissoluzione dell’Ungheria, alla Transilvania propriamente detta si affiancano estese regioni dall’ovest (Partium oppure “Le Parti Occidentali”), tanto che il territorio del paese si raddoppia. Dal punto di vista etnico, gli abitanti di queste zone erano soprattutto Romeni ed Ungheresi (ma anche Tedeschi, Ruteni o altri Slavi). La Transilvania così diventò un paese quasi indipendente, un principato. Alla sua guida c’è il principe (magiaro) eletto dall’assemblea del paese (chiamata ora dieta) e confermato dal sultano. L’assemblea del paese è costituita dai rappresentanti dei tre stati già menzionati (la nobiltà ungherese, i Sassoni, i Sekleri), che dopo il 1500 si fanno chiamare nazioni (nationes), mettendo così in risalto le componenti etno-linguistici della loro struttura. Il Cinquecento fu anche il secolo della Riforma religiosa propagatasi fortemente fra le “nazioni” transilvane. I Sassoni diventano così tutti quanti luterani, la maggior parte degli Ungheresi calvinisti e alcuni di loro unitariani (antitrinitariani). I Sekleri rimangano in gran parte cattolici, anche se il cattolicesimo perde quasi tutta l’influenza e la forza che una volta possedeva. I Romeni, malgrado alcune azioni dei calvinisti destinate a convertire alla Riforma, rimangono ortodossi. Teoricamente, ci fu il pericolo di un confronto violento (come accadde in altri luoghi), ma i fatti si svolsero in modo mite. La spiegazione è semplice: la maggior parte degli stati-nazioni cattolici di una volta si trasforma e diventa protestante, il che portò gli ex-cattolici a ufficializzarsi da soli il loro nuovo statuto di “riformati”. Una serie di diete successive della Transilvania convocate intorno a 1540-1570, approvò ufficialmente il regime politico-religioso del paese costituito da tre “nazioni” (la Nobiltà magiara, i Sassoni, i Sekleri) e quattro “religioni” (confessioni) recepte (calvinista, luterana, unitariana e cattolica). Questo regime fu chiamato “della tolleranza”, ma si trattava di una tolleranza sui generis (limitata a quasi un terzo della popolazione del paese), per cui un’intera nazione – quella romena – e la sua confessione ortodossa rimanevano al di fuori della legge, dell’ordine ufficiale. Questo sistema fu consacrato poi nel Seicento, quando la Transilvania era diretta da principi calvinisti magiari, tramite una raccolta di decisioni dietali di valore costituzionale. L’unica rottura nell’organizzazione della Transilvania d’allora si verificò intorno agli anni 1599-1600 quando principe (in nome dell’imperatore asburgico) fu il Romeno Michele il Bravo: questo si mise alla guida dei tre Paesi Romeni e costrinse la dieta della Transilvania a prendere una serie di misure che limitavano la discriminazione dei nobili, dei preti e dei contadini romeni nonché della loro confessione. In poco tempo, però, queste misure furono abolite dalle nazioni ufficiali (con a capo la Nobiltà).

        L’occupazione della Transilvania da parte degli Austriaci non cambiò in essenza l’organizzazione interna della Transilvania, anche se trasformò il paese da principato quasi indipendente in provincia asburgica con autonomia limitata. Del titolo di principe si era ora appropriato l’imperatore di Vienna, ma all’interno del paese il potere apparteneva sempre alle tre

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nazioni e alle quattro religioni. Gli Austriaci iniziarono però un’azione di Controriforma per rinvigorire il cattolicesimo, la più debole delle confessioni recepte. La confessione cattolica era considerata uno strumento di governo nelle mani della Casa d’Asburgo. Siccome le nazioni ufficiali rinunciarono da sole al cattolicesimo senza avere ragioni di ritornare a questa confessione, l’attenzione delle autorità si rivolse ai romeni. Inoltre, c’è da menzionare che queste nazioni accettate rappresentavano soltanto un terzo della popolazione del paese, il loro peso demografico non essendo decisivo. I Romeni, invece, una volta attirati dall’unione con la chiesa di Roma avrebbero mutato radicalmente il quadro confessionale della Transilvania e avrebbero portato alla costituzione di un corpo maggioritario di cittadini fedeli all’Austria. Essi sarebbero diventati un vero e proprio contrappeso per le “nazioni storiche”, in parte reticenti nei confronti del nuovo dominio. Affinché accettassero di compiere il grande passo, fu permesso ai Romeni di mantenere il rito bizantino, il calendario, gli antichi costumi (a condizione che riconoscessero l’autorità della Santa Sede) e fu loro promesso indirettamente che sarebbero entrati a far parte delle nazioni ufficiali. Tra gli anni 1697 e 1701 i Romeni della Transilvania si “unirono”, dunque, con la chiesa di Roma (creazione della Chiesa Romena Unita con Roma oppure Greco-Cattolica), evento che avrebbe avuto conseguenze estremamente importanti nel futuro. Per varie ragioni (fra cui anche il fatto che le autorità mancarono alle promesse fatte ai Romeni), alcuni Romeni della Transilvania continuarono a rimanere ortodossi (o ripresero ad osservare la religione ortodossa), il che determinò la Corte di Vienna ad accettare nel 1761 un loro proprio episcopato. Gli austriaci introdussero qua e là dei mutamenti anche nella struttura etnica della popolazione, come accadde in Banato, dove furono colonizzati i Suabi (Die Schwaben), popolazione germanica di fede cattolica.

        Il Settecento significò per l’Europa centrale e sud-orientale lo scoppio della lotta per l’emancipazione nazionale moderna e la creazione degli stati nazionali. Tutte le nazioni della Transilvania si lasciarono coinvolgere in questo processo, aspirando ad una Transilvania autonoma o indipendente, non più sotto l’occupazione o la tutela dell’Austria e dei grandi poteri. Esistono, evidentemente, anche delle sfumature: gran parte della nobiltà e dell’élite intellettuale ungherese ambiva all’unione della Transilvania con l’Ungheria e alla creazione di un’Ungheria indipendente, con le stesse frontiere dell’epoca medievale (il che avrebbe significato l’inserimento in questo grande stato di milioni di Romeni, Slovacchi, Ruteni, Serbi, Tedeschi, Ebrei ecc., che insieme erano più numerosi dei Magiari); i Sekleri erano ora propensi a considerarsi una parte della nazione magiara e a seguire i suoi ideali, sebbene fossero ancora molto evidenti le tracce della loro vecchia identità; i Sassoni non aspiravano ad un proprio stato “nazionale”, ma nutrivano ideali nazionali con il tacito consenso dell’Austria e persino della Germania che si stava formando. I Romeni si trovavano in una situazione alquanto diversa, perché continuavano ad essere “tollerati” in Transilvania, usque ad beneplacitum regnicolarum (“quanto sarebbe durato il beneplacito dei cittadini”), ad essere discriminati come nazione, ad essere abitanti di secondo grado. Per questo la loro lotta nazionale del Sette-Ottocento ebbe come principale obiettivo l’ufficializzazione della nazione romena e delle sue religioni, affinché si potesse raggiungere l’uguaglianza con le altre nazioni e confessioni. La principale forma di lotta nazionale dei romeni fu pacifica (tramite petizioni politiche e azioni culturali) ma anche violenta (la rivolta del 1784-1785), senza che ci fosse una coordinazione fra le iniziative dell’élite e quelle della plebe. La principale petizione s’intitolò Supplex Libellus Valachorum e fu inoltrata (senza successo) all’imperatore di Vienna nel 1791.

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        Nell’Ottocento la lotta nazionale acquisì un carattere di massa e si manifestò attraverso azioni rivoluzionarie ben organizzate come quelle del 1848-1849. In quell’occasione gli Ungheresi della Transilvania sostennero gli ideali della rivoluzione ungherese di Pesta e Bratislava (soprattutto la liberazione dagli Austriaci, la formazione della “Grande Ungheria” e l’annessione della Transilvania all’Ungheria), mentre i Romeni lottarono affinché la loro nazione fosse considerata uguale alle altre, in una Transilvania autonoma, del tutto staccata dall’Ungheria. Questi ideali, però, non si poterono realizzare allora. In poco tempo, gli Ungheresi formarono insieme agli Austriaci lo stato dualista austro-ungherese (1867), che durò circa mezzo secolo. L’instabilità fu dovuta in gran parte alla politica di discriminazione nazionale per mezzo della quale due nazioni governavano su oltre la metà della popolazione del paese, divenuta minoritaria. La minoranza, infatti, governava sulla maggioranza. In quell’occasione, nel 1867, per la prima volta nella storia, la Transilvania si vide cancellare qualsiasi traccia di autonomia, diventando senza mezzi termini Ungheria. Nella seconda metà dell’Ottocento, la lotta di emancipazione nazionale dei Romeni della Transilvania si accentuò parallelamente alla formazione, all’infuori della catena dei Carpazi, della Romania (indipendente nel 1877 e diventata regno nel 1881). In seguito a questa lotta nazionale, allo svolgimento della Prima Guerra Mondiale e al fatto che i Romeni rappresentavano la maggioranza assoluta della popolazione (circa due terzi), il 1 dicembre 1918, la Grande Assemblea Nazionale di Alba-Iulia decise in modo democratico l’unione della Transilvania con il Regno della Romania. Le nazionalità, ad eccezione dei Magiari, aderirono ufficialmente a questo atto, mentre le grandi potenze vincitrici riconobbero ufficialmente l’unione della Transilvania con la Romania tramite i trattati di pace di Parigi del 1919-1920.

 

 

 

Bibliografia:

 

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Papacostea, ªerban, Geneza statului în evuul mediu românesc. Studii critice, Cluj-Napoca, 1988.

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Szücs, Jenö, “The Peoples of Medieval Hungary”, Ethnicity and Society in Hungary (a cura di Ferenc Glatz), Budapest, 1990.

 

 

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* Conferenza presentata a Gorizia, il 25 settembre 2003, nell’ambito del Seminario “Una regione della Mitteleuropa: la Transilvania oggi”.