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Nuove fonti veneziane riguardanti la contesa per il trono dell’Ungheria tra Ferdinando d’Asburgo e Giovanni Zápolya (1526-1538)

 

 

Florina  Ciure,

Università degli Studi di Oradea

 

Nell’estate del 1526 Solimano il Magnifico, assecondato da Ibrahim Pascià, condusse l’esercito ottomano in Ungheria, e il 29 agosto, sulla pianura di Mohács, causò una sconfitta decisiva alle forze ungheresi e la morte del re Luigi II Jagellone, di conseguenza anche il crollo del Regno magiaro. Il rientro delle truppe del sultano a Costantinopoli segnò l’inizio della lunga contesa per il trono ungherese, e i due pretendenti, esigendo la successione alla corona di S. Stefano, cercarono la legittimazione che provasse il diritto di accedere al trono di Ungheria. Ferdinando d’Asburgo, fratello dell’imperatore Carlo V e sposo di Anna Jagellona, e Giovanni Zápolya, voivoda di Transilvania, ricevettero ambedue la nomina regia da due diverse e contrastanti Diete. Per primo fu incoronato, il 10 novembre 1526, Giovanni Zápolya dalla Dieta di Székesfehérvár (Alba Regia)[1], quindi Ferdinando d’Asburgo fu nominato re dalla Dieta di Bratislava (tedesco: Pressburg; ungherese: Pozsony) il 17 dicembre dello stesso anno[2].

Questi avvenimenti susseguitosi nell’Europa Centrale ebbero un notevole eco nella laguna veneta, poiché la Serenissima era particolarmente interessata alle vicende che riguardavano due dei suoi tradizionali avversari nell’area balcanica: l’Impero Ottomano e il Regno d’Ungheria. Tale attenzione viene rispecchiata anche dai fondi documentari dell’archivio di alcune magistrature di rilievo della Repubblica di S. Marco, ora conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia: dal carteggio del Consiglio dei Dieci con i rappresentanti diplomatici veneti residenti a Costantinopoli, contenente non solo notizie sui fatti accaduti nella capitale ottomana e nel Levante ma anche istruzioni da svolgere dagli stessi diplomatici. Le numerosissime informazioni, raccolte da varie fonti in loco, riguardo la disputa per la corona ungherese nascono dall’interesse diretto

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dei veneziani in questo conflitto, poiché la Serenissima percorreva nel periodo 1526-1530 una tappa di aspettativa politica: temendo il predominio austro-spagnolo degli Asburgo e consapevole di non possedere la forza sufficiente per opporsi al predominio della Casa d’Austria, Venezia cercò di controbilanciare questa preoccupante minaccia mantenendo salde relazioni con la Porta.

Marco Minio, il rappresentante di Venezia a Costantinopoli, venne tempestivamente avvisato dai Dieci su quanto accaduto in Ungheria: “Perciò che, come si è noto, l’arciduca d’Austria suo fratello è sta electo Re di Boemia havendo li oratori di quel Regno datali obedientia, et lui dover andarsi, sono in per far il similo per quel si dice, li moravi, et slesi, siamo anche advisati, che alcuni baroni di Hungaria, redotti in Posonio, lo hanno eletto Re di Hungaria, o ben per avanti, come si è noto, havessimo adviso, che un altro numero di prelati baroni et Signori di Hungaria, redotti in Albaregal, hanno eletto et coronato Re di Hungaria il vayvoda di Transylvania, con il modo, e forma, come direttamente elezer di solito li Re di Hungaria”[3].

Ferdinando d’Asburgo cercò di consolidare la sua posizione con le armi, dichiarando guerra a Giovanni Zápolya, che controllava la parte più grande del Reame ungherese. Invece il voivoda transilvano si preoccupò di rafforzare la sua posizione sul piano diplomatico, sollecitando l’appoggio dei re d’Inghilterra, di Francia e di Polonia; i suoi ambasciatori visitarono Roma, Venezia e le corti dei principi germanici per ottenere il riconoscimento del titolo assegnatogli da una parte dei ceti politici dell’Ungheria[4]. Venezia riconobbe immediatamente come legittima l’aspirazione di Zápolya alla corona ungherese, diffidando le pretese degli Asburgo, e ricevette ufficialmente al Palazzo Ducale gli ambasciatori del transilvano. Fedele al suo tradizionale pragmatismo politico, la Serenissima volle contrastare la Casa d’Austria impegnandola nella contesa per il Regno magiaro, opponendo dunque alle mire imperialistiche degli Asburgo l’avversità degli Ottomani e di Zápolya. Nel giugno 1527 gli imperiali cominciarono ad ammassare truppe in vista di una campagna militare dovuta a portare ad una svolta decisiva sul campo. Già dal mese di febbraio il diplomatico veneziano a Costantinopoli fu avvisato circa i preparativi degli Asburgo e sui progetti ambiti da Ferdinando: “Pur al presente si intende per diversi vie, come non dubitemo, debba il tutto che [sia] pervenuto a notizia di quella Onorata Porta: che in modo il vayvoda sta rebatuto, et produttosi in Transilvania con tante forze il principe Ferdinando haver acquistà bona parte de la Hungaria, che habbino per certo che per diverse parte di Alemagna, per ordini del Imperator suo fratello, si fa[nno] gran preparazioni per la guerra, et de fanti et de cavallij, artelarie et munitione”, e gli fu intimato di adoperarsi per “provveder che tali desiderij del Imperator, et del principe suo fratello, no[n] sortira[nno] effetto, et tal per tanto coloro et espedito remedio che si possa fare e non lassar che el ditto principe Ferdinando fermi il

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piede in Hungaria […], cerchierete di operar che’l Magnifico Imbraim Bassà ricordi al predicto Serenissimo Gran Signor ad far cetere provvisione per tagliar tal premorosi disegni del Imperator et de suo fratello, per quella via et modo che alla sapienzia di Sua Magnificenza parerà, et sappia tutto cum prestezza, per non darli tempo, il che potrià esser causa che far succeder li loro disegni”[5].

L’esercito ferdinandino, guidato dal valoroso Nicola von Salm, ottenne in breve tempo brillanti vittorie e nell’agosto giunse nei pressi di Buda, quindi conquistò la città costringendo Zápolya a ritirarsi[6]. Il Consiglio dei Dieci informò di questo avvenimento il suo rappresentante diplomatico a Costantinopoli, il 19 settembre 1527: “[…] l’archiduca essendo intimo nel paese de Hungaria, cum esercito di circa 16 mila persone fra a piedi et a cavalo, non haver havuto contrasto alcuno, salvo a Strigonia et Plitemburg, castelli sopra il Danubio, il qual loro de Plitemburg havendo fatta maior resistentia di Strigonia tutti quelli vi erano dentro furono tagliati a pezzi; et che alli 19 del preferito ditto arciduca era intrato in Buda senza contrasto […]”[7]. La campagna proseguì con l’avanzata tra Eger ed Estergom, e il 27 settembre 1627 il re Ferdinando d’Asburgo sconfisse duramente Giovanni Zápolya nella battaglia di Tokay, quindi gli Asburgo trionfarono del tutto in Ungheria[8].

Nel dicembre 1527 Hieronimo Laski, nobile polacco, arrivò a Costantinopoli per chiedere l’aiuto degli Ottomani per il re Giovanni Zápolya, che si era rifugiato in Polonia per sfuggire a Ferdinando. I pascià con minore influenza nell’apparato governativo centrale diffidarono l’ambasceria di Laski ed esso si rivolse allora ad Alvise Gritti, figlio illegittimo del doge veneziano Andrea Gritti, il quale viveva a Costantinopoli. Alvise, intuendo i vantaggi materiali che derivassero dall’appoggio al voivoda transilvano, si accordò con il suo inviato e, in cambio di una pensione annua di circa 4.000 ducati e delle rendite di un provvisto vescovado ungherese, combinò un incontro di Hieronimo Laski con Ibrahim Pascià. Grazie all’abilità di Gritti, i negoziati ebbero un esito favorevole: il sultano accettò Giovanni Zápolya come vassallo tributario e gli concesse il titolo di re dell’Ungheria[9]. Per mettere in atto queste misure, in breve tempo si diede inizio ai preparativi per una campagna militare in Ungheria, puntandosi addirittura all’accerchiamento e all’assedio di Vienna. Informato sull’esito dei negoziati, Giovanni Zápolya incaricò Gritti di rappresentare i suoi interessi presso la Porta, e in quella nuova veste di diplomatico il veneziano riuscì ad ottenere l’imprigionamento

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degli ambasciatori di Ferdinando a Costantinopoli, accusandoli di spionaggio ai danni del sultano e del voivoda transilvano[10].

I vertici del governo di Venezia accolsero con soddisfazione la notizia dell’appoggio che Gritti offriva alla causa di Zápolya, e furono lieti di servirsi del figlio illegittimo del doge per spingere Ibrahim Pascià ad attaccare gli Asburgo. Tuttavia gli stessi governati veneti erano molto angosciati all’idea che Gritti agisse liberamente, in veste di semplice privato, negli affari degli Ottomani e dell’Ungheria. Le istruzioni inviate da Venezia al Gritti e ai diplomatici veneti presso la Porta per determinare un prossimo attacco degli Ottomani in Ungheria erano tenute rigorosamente segrete[11].

Da Costantinopoli, il 8 aprile 1528, l’ambasciatore veneziano Pietro Zen riferì al Consiglio dei Dieci le intenzioni degli Ottomani: “che hanno deliberato di voler preservar Re Zuanne in quel Regno, et che per questo effecto el campo se mette ad ordine, et il begliarbey de la Gretia partirà facta questa luna, et poi la Porta starà in mosse da poi et già è sta’ dato ordine a tutti li sanzachi che vadino a li confini et hanno deliberato di levar molti sanzachi di Anatolia per questa impresa”[12]. Il 22 aprile 1528 Tommaso Contarini venne esortato ad usare tutte le maniere possibili per convincere il sultano di intervenire in Ungheria al fine di ricuperare i territori ungheresi occupati dall’arciduca, impartendo immediato quanto preciso ordine a tal proposito al Pascià di Buda: “quando il Serenissimo Gran Signor ovver Magnifico Jmbraim Bassà si ritornasse in Andrianopoli per andar a favor del vayvoda Re di Hungaria, volemmo che regniate inte qual la continuantia di quello, et facente quel officio, che mi permettono di la delegatia vostra, in sollecitar il spegner de lo esercito turchesco in Hungaria, et che el Bassà de la Bossina invada da questo tanto il paese de l’arciduca”[13].

Il doge Andrea informava il figlio Alvise sugli ultimi sviluppi della situazione politica europea e lo consigliava di comunicare le notizie a Ibrahim Pascià per convincerlo dell’importanza della conferma sul trono ungherese di Giovanni Zápolya, e ciò venne comprovato anche dalla lettera datata 15 giugno 1528: “Per li prudenti et allegati nostri haverite inteso il proceder di questo novo esercito alemanno, che è potentissimo, et per quanto si vede vieno a ossenssioni delli così nostri, del che non facete tal demostratione cum et Magnifico Jmbraim Bassà, che vengono a cognosar che

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la solevation che faccelo de spinger avanti li forze del Serenissimo Gran Signor, sia persuadendo a questa causa, ma per reprimar le disegni del Jmperator […], di mandar lo esercito in Hungaria per metter il vayvoda in Stato, et del Magnifico Bassà di Bossina habbia ad venir esso l’ultimo, non potendo forte seco la casa parti secretissima adoperata Alvisio Gritti suol fiol, quando vi occorse ritrovarvi cum il Magnifico Jmbraim Bassà, con il quali havendo esso Alvise Gritti bon redito siamo certi che’l farià bon officio, che dicono permettersi di lui et importante per il Serenissimo Gran Signore”[14].

Fu soltanto nel maggio 1529, quando Gritti si unì ai 75.000 soldati del sultano in marcia verso Vienna, che il doge e i suoi consiglieri cominciarono a capire l’esattezza di quella osservazione. Fino al 1529 Gritti si era sempre mostrato leale cittadino di Venezia, e in quanto tale forniva al Consiglio dei Dieci informazioni dettagliate sulla potenza militare del sultano e sulle mosse dell’esercito ottomano, e per tali fini esercitava la sua considerevole influenza a favorire gli interessi politici della Repubblica di S. Marco presso le autorità di Costantinopoli. Infatti, tale atteggiamento risulta dall’attiva corrispondenza fra l’alta magistratura veneta e il figlio del doge, come rileva l’epistola del 10 luglio 1529; così il doge al suo figlio: “Alvise, alli XXVIII del mese presente per Zorzi Gritti tuo fratello ti scrivesti lettere con quanto mi occorse, et dubitando che l’habbia ad che tardo atteso la importantia delle dette lettere, mi è parso expedir Carlo di Nicola, presente exhibitor, et mandarti un’altra mano de quelle con quella dapoi mi è pervenuto a notizia, degno de intelligentia di colà salva Porta”[15]. Seguì un’altra corrispondenza, dello stesso contenuto riservato, il 27 luglio: “Essendo novamente mandar un scrittor […], et partito a Domino Alvise Gritti per scriver le lettere a questo Consilio, che del[la] summa importantia a tutti noti, non se disse più differir come sta delegata in questo Consilio che mandar uno che sia a proposito per tal officio et non si ritrovando altri più, altro de quello, e maximo lombardo ex ordinarium Cancelleria nostra […] L’ambasador presente, per avviso, et [da] questo Consilio era mandata al detto Domino Alviso Gritti”[16]. Dal 1529 le ambizioni politiche di Alvise Gritti cominciarono ad avere precedenza sugli obblighi filiali o civici. Non appena se ne rese conto, il Consiglio dei Dieci iniziò ad allentare i legami con Gritti[17], ciò che si desume anche dall’ulteriore mancanza di corrispondenza tra gli stessi magistrati e il figlio del doge.

Non ricevendo l’aiuto sperato dalla Polonia, Giovanni Zápolya si rivolse al voivoda di Moldavia, Pietro Rareş, e con il suo aiuto riuscì a conquistare quasi tutta la Transilvania, nel periodo giugno-luglio 1529; l’esercito moldavo ebbe la meglio sulle truppe di Ferdinando d’Asburgo nella battaglia di Feldioara, il 22 giugno 1529[18]. Il sultano Solimano il Magnifico raggiunse Buda soltanto all’inizio di settembre, e il giorno 14 proclamò solennemente Giovanni Zápolya re d’Ungheria. Zápolya nominò

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immediatamente Gritti alto consigliere reale, e quando il sultano si rimise in marcia alla volta di Vienna, lasciò al veneziano il controllo di Buda e mise a sua disposizione un notevole presidio ottomano. Alla fine di settembre Solimano il Magnifico aveva raggiunto la città imperiale, ma la stagione era troppo avanzata, e a metà ottobre fu costretto ad abbandonare l’assedio. Quando il Solimano ripassò per Buda, sulla strada per Costantinopoli, Alvise Gritti fu nominato gran tesoriere del Regno d’Ungheria e redditiere del vescovato di Adria[19].

Nel 1529, come riconoscimento dei suoi servizi, Gritti aveva formalmente ottenuto da Giovanni Zápolya il porto di Clissa, situato in Dalmazia, benché la località fosse allora presidiata dalle forze di Ferdinando d’Asburgo. Di questo fatto venne informato il rappresentante veneziano presso la Porta, Tommaso Mocenigo, il 21 aprile 1530: “Ne scrisse per inanti conti vi è esser noto, il Reverendissimo Domino nostro fiol che’l Serenissimo Re Zuanne, Re de Hungaria, da poi il riacquisto di quel Regno, li havia facto dono di Segna et Clissa, et ne prego li fassanno noto la mente nostra, se esse bona nostra satisfactione”[20].

Nell’ottobre 1530 Gritti e Zápolya furono assediati da Ferdinando a Buda, ma il presidio ottomano-ungherese respinse gli assaltatori causandogli ingenti perdite e in dicembre l’assedio fu tolto. Nel contempo l’arciduca avvio le trattative diplomatiche con la Porta, mandando nell’ottobre 1530 due inviati a Costantinopoli per chiedere la restituzione dell’Ungheria in cambio di un tributo pari a quello pagato da Zápolya[21]. Ma il 26 dicembre dello stesso anno fu il Gritti ad essere nominato governatore generale dell’Ungheria, ed egli cedette al quattordicenne figlio illegittimo Antonio le rendite del vescovado di Adria[22]. Nel 1531 tra Zápolya e Ferdinando fu conclusa la tregua di un anno, a partire dal mese d’aprile.

Nel marzo del 1531 Alvise Gritti mandò il fratello Zorzi a Venezia, quindi a Parigi. Lo scopo apparente della sua missione era il recupero dei 10.000 ducati prestati da Alvise ad un agente francese dimorante presso la corte di Zápolya, somma che però doveva servire al finanziamento della guerra contro gli Asburgo[23]. Il 3 luglio 1531 il bailo veneto a Costantinopoli fu avvisato del viaggio di Zorzi Gritti, ma anche del fatto che la somma da riscuotere era in realtà doppia: “Preterea et successo che rendendo Zorzi nostro fiol a questo superiore, giorni andato alla Corte di Franza per resorter ducati 20 mila nostri, imprestati già 3 anni come vi debba esser noto, per il Reverendissimo Domino Alvisio suo fratello al Signor [?] Renge allora residiti in Hungaria per il Re, per subsuhar il Re Zuanne, a qui havea esso Zorzi havuta l’assignatione del tal pagamento suo”[24]. L’ambasciatore imperiale cercò a tutti i modi di impedire che Zorzi continuasse il viaggio da Venezia a Parigi: riferì a Carlo V che Francesco I stava molto probabilmente

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negoziando con gli Ottomani e suggerì che il Gritti venisse fermato durante il viaggio di ritorno. Infatti questo accade al rientro di Zorzi Gritti dalla capitale francese, ma già dopo una settimana di prigione il figlio del doge venne liberato, senza peraltro rivelare i segreti del suo viaggio[25].

Incaricato nel 1533 dagli Ottomani di negoziare un accordo tra Ferdinando d’Asburgo e Giovanni Zápolya, Alvise Gritti fece l’errore di seguire le istruzioni di Ibrahim Pascià, disposto a fare concessioni agli imperiali, e trascurò gli ordini precisi del sultano, il quale riteneva sua l’intera Ungheria, per cui tutto il Regno spettava al suo vassallo Zápolya. Quando il sultano seppe del modo in cui Gritti conduceva le trattative, si adirò[26]. Diversi elementi fanno pensare che Alvise volesse tradire gli Ottomani e passare dalla parte degli Asburgo allo scopo di ottenere per se la corona ungherese o almeno una posizione di riguardo nel Regno d’Ungheria sottomesso alla Casa d’Austria. Infine, l’esigenza del raggiungimento dell’accordo di pace prevalse e nel giugno del 1533 si concluse un’intesa tra le parti. L’Ungheria restava nelle mani di Giovanni Zápolya, il problema del delineamento dei confini austro-ungheresi era affidato al Gritti, mentre gli ulteriori accordi verificati tra Ferdinando d’Asburgo e Giovanni Zápolya dovevano essere sottoposti all’approvazione di Solimano il Magnifico[27].

Le vere intenzioni del Gritti non si chiarirono mai di tutto. Nel maggio del 1534 egli si recò in Transilvania per dirimere una disputa politica avviata da Emerich Czybach, vescovo di Varadino. Gritti ordinò che si riunisse un’assemblea di nobili e rappresentanti dei ceti politici della Transilvania. Ciò che si riprometteva di ottenere da tale Dieta non ci è noto, ma più tardi s’immaginò che intendesse costringere l’assemblea a deporre Giovanni Zápolya e nominare lui re d’Ungheria[28]. Quando Czybac rifiutò di recarsi all’assemblea, Gritti mandò 500 soldati ad arrestarlo, ma la schiera giustiziò il vescovo e portò la sua testa al mandante. Questo atto di violenza segnò, a distanza di poco tempo, la condanna a morte dei fratelli Gritti: Alvise, abbandonato dalle truppe ottomane e da quelle transilvano-ungheresi di Zápolya nella fortezza di Mediaş[29], in Transilvania, fu preso dai moldavi e decapitato[30], mentre Zorzi fu assassinato nei pressi del Danubio mentre cercava di raggiungere e soccorrere il fratello[31].

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L’accordo del 1533 tra l’Impero Ottomano e gli Asburgo non aveva dato una soluzione definitiva alla questione ungherese; a dispetto delle frequenti missioni diplomatiche che si svolsero tra Vienna e Costantinopoli, non fu possibile giungere ad una riconciliazione tra l’ex voivoda e l’arciduca. Il 24 febbraio 1538 Giovanni Zápolya, che allora era celibe e non aveva alcun erede, né legittimo, né illegittimo, concluse con Ferdinando d’Asburgo un accordo segreto in base al quale si stabilì che alla morte del re transilvano il Regno d’Ungheria sarebbe entrato nel patrimonio terreno degli Asburgo, i quali avevano l’obbligo di dare una consistente ricompensa alla regina sposa, se Zápolya avesse nel frattempo contratto matrimonio[32]. Ma quella parte della nobiltà magiara sfavorevole alla sovranità asburgica non accettò di buon grado l’accordo firmato da Zápolya. Tra questo gruppo di nobili vi era anche il vescovo Giorgio Martinuzzi[33], di origine croata, conosciuto in quegli anni come frate Giorgio, la persona più influente alla corte di Zápolya. Nel 1539 Giovanni Zápolya sposò Isabella, figlia del sovrano polacco, e solo un anno più tardi morì improvvisamente, a brevissima distanza della nascita di suo figlio Giovanni Sigismondo. La morte di Zápolya scatenò un nuovo conflitto. Ferdinando d’Asburgo assediò Buda e il vescovo Martinuzzi, temendo che questi volesse avvalersi dell’accordo segreto siglato con il defunto sovrano nel 1538, si affrettò a richiedere l’immediato intervento del sultano Solimano il Magnifico[34].

Di fronte all’evolversi degli avvenimenti il sultano ottomano volle dare una soluzione definitiva al problema magiaro. Non trovando opportuno lasciare il potere nelle mani di Isabella e del giovanissimo figlio decise di procedere all’insediamento definitivo dell’amministrazione ottomana effettiva su tutto il territorio ungherese. Nel 1541, a capo di un potente esercito, al quale si aggiunsero le truppe del vassallo Giovanni Sigismondo Zápolya, Solimano il Magnifico accampò sulle rive del Danubio. Il conflitto si risolse rapidamente con la sconfitta di Ferdinando d’Asburgo, costretto anche a restituire tutte le fortezze conquistate dopo la morte di Giovanni Zápolya e a versare un tributo per i territori occupati nell’Ungheria Superiore. A Isabella e al figlio fu

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confermato, in qualità di vassalli della Porta, il possesso del principato autonomo di Transilvania. L’Ungheria, divisa ormai non più in due ma in tre parti, divenne definitivamente provincia ottomana[35].

I documenti veneziani analizzati brevemente in questo testo, raccolti dai cospicui fondi archivistici cinquecenteschi del Consiglio dei Dieci, conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, offrono nuove testimonianze su un periodo tumultuoso della storia dei romeni e dell’Europa Centro-Orientale: tali fonti certificano infatti l’interesse dei veneziani nel seguire le vicende di questo conflitto fra i due pretendenti al trono d’Ungheria, poiché la Serenissima propendeva per il dimensionamento delle pretese degli Asburgo, perché le loro mire espansionistiche rappresentavano una permanente minaccia anche per il territorio veneziano nella Dalmazia e nel bergamasco. Sicuramente Venezia era al corrente di tutti i particolari accaduti durante la contesa per il trono ungherese, perché fino al 1529 usufruiva dalle informazioni segrete di cui venne rifornita da Alvise Gritti, figlio illegittimo del doge Andrea, il quale, sino ad allora fu un fedele rappresentante degli interessi veneziani presso la Porta, fatto riconfermato dalla regolare corrispondenza tra questi e i Dieci.

I suddetti documenti, provenienti dall’archivio di una dalle più importanti magistrature venete, il Consiglio dei Dieci, indicano spesso ai rappresentanti diplomatici della Serenissima le scelte politiche da compiere e registrano notizie interessanti relative alle strategie di politica estera dell’Impero Ottomano, mettendo in luce il grado di conoscenza delle realtà europee dei primi decenni del Cinquecento da parte della Repubblica di S. Marco.

 

 

 

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Appendice

 

 

I

 

1526 [1527], Die 22 Gennaio, in Consilio [dei] X cum add.

Commissione viri nostri Marco Minio, orator nostro

per Sua Signoria ad Serenissimo Domino Turcarum

 

Perciò che, come si è noto, l’archiduca d’Austria suo fratello è sta electo Re di Boemia havendo li oratori di quel Regno datali obedientia, et lui dover andarsi, sono in per far il similo per quel si dice, li moravi, et slesi, siamo anche advisati, che alcuni baroni di Hungaria, redotti in Posonio, lo hanno eletto Re di Hungaria, o ben per avanti, come si è noto, havessimo adviso, che un altro numero di prelati baroni et Signori di Hungaria, redotti in Albaregal, hanno eletto et coronato Re di Hungaria il vayvoda di Transylvania, con il modo, e forma, come direttamente elezer di solito li Re di Hungaria, dal che siamo certi delli haversi notizia, però torni occasioni da venir in tale ragionamento di Hungaria, nelli quali quando il Magnifico Imbraim et dicesse dimostrava venuto ad allargarsi tutto, certi di appannare, che la elezion et coronation del Regno di Hungaria si è seguita nella persona del vayvoda, con fermani.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 1, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

II

 

1527, Die XI Febbraio, in Consilio [dei] X cum add.

Oratori et vicebaylo [di] Costantinopoli

 

Non vi haviamo scritto in più giorni circa li cosi di Hungaria, però che come per avanti vi significassimo, essendo il camino difficile et pericoloso et posti custodi alli passi no si ha potuto haver adviso con fondamento. Pur al presente si intende per diversi vie, come non dubitemo, debba il tutto che [sia] pervenuto a notizia di quella Onorata Porta: che in modo il vayvoda sta rebatuto, et produttosi in Transilvania con tante forze il principe Ferdinando haver acquista bona parte de la Hungaria, che habbino per certo che per diverse parte di Alemagna, per ordini del Imperator suo fratello, si fa[nno] gran preparazioni per la guerra, et de fanti et de cavallij, artelarie et munitione. Quello habbia ad fare dicto principe de suo preparazione non si po’ saper con certezza, ma vi è comprovatissima et manifesto, che tutto si fa a fine di poter seguir li loro disegni, tentar alla Monarchia, et di questo loro obieto et giusto desiderio si ha quella vera intelligenzia che di cosa certissima; de che so ben per altre per avanti ivi habbiamo dato adviso, pur venendo di quella summa importante che si po’ cognoscer, ni par conveniente che di novo dubito ritrovarmi con il Magnifico Jmbraim Bassà, et con sumontoli per habbiamo di Hungaria et da Alemagna in quella secretezza, si conviene lì sobgiongerete esser al tutto qual intanto e provveder che tali desiderij del Imperator, et del principe suo fratello, no[n] sortira[nno] effetto, et tal per tanto coloro et espedito remedio che si possa fare e non lassar che el ditto principe Ferdinando fermi il piede in Hungaria, che stabilendosi in quel regno con la Alemagna et altri provincie che tengono essi fratelli possa seguir, che quando poi si vogli provveder serà molto più difficile che al presente la provvisione e facilita, et in mano del Serenissimo Gran Signor vandoli quelle ragioni che altri

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frate[li] li havvuti tochato, et vi subministrare lo ingegno vostro, et tenuto qui al presente questo possente cognoscer la grande importanza delli detti movimenti da Germania, che quando per quelli ne seguisse danno alla cose nostre, siamo certi che al Serenissimo Gran Signor, et al predicto Magnifico Imbraim et altri Magnifici Bassà, seria molestissima essendo nui osservatissimi et ottimi [...]* di Sua Eccellentia et dell[a] Magnificentia Sua, nella quale habbiamo ogni fiducia, cerchierete di operar che’l Magnifico Imbraim Bassà ricordi al predicto Serenissimo Gran Signor ad far cetere provvisione per tagliar tal premorosi disegni del Imperator et de suo fratello, per quella via et modo che alla sapienzia di Sua Magnificentia parerà, et sappia tutto cum prestezza, per non darli tempo, il che potrià esser causa che far succeder li loro disegni, come è predicto et che quanto honorato de Sua Magnificentia no ne dareti adviso in diligenzia.

De parte: 20.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

III

 

1527, Die 13 Junij, in Consilio [dei] X cum add.

Oratori et vicebaylo [di] Costantinopoli

 

Essendo per espedire li allegati mi sono sopragionti li lettere di 13 del mese presento, per li qual mi dati adviso de la comunication fattami per il Magnifico Jmbraim Bassà, havendomi mostrar li lettere, che li scrive il Cavalier del Signor Arciduca, per il che cognoscemo manifestamente l’ottimo animo di sua Signoria, vi commettemmo cum il Consilio nostro di X et la Zonta che la debbiate rengratiar in nome nostro di tal comunicazioni, essendo per teniete grata memoria, con quella corrispondentia, che la possi desiderar da chi li porta summa benivolentia, et desidera farli ogni piacere. Ni è sta grato intender che li sia ben nota la causa che indusse l’archiduca di farli la proposta che mi scriveti, la qual di affermar la incoronatione del Jmperator suo fratello, parendoli che quando il Serenissimo Gran Signor non li dagi impedimento li serà facti ottenir il desiderio suo, che è imprimir di haver il Regno di Hungaria, con il quale et con il Regno di Boemia, et altri paesi di Slesia et Moravia che lui tiene, potrà tanto augmentar li forze del imperator suo fratello, che li sarà fatali dar executione alle loro disegni. Et essendo l’archiduca una cosa istessa cum Jmperador, avendo il medesimo pensier et avidità di dominar, Sua Signoria pò cognoscer quanto siano refrenar la ambition sua di farsi signor non solo di Europa, ma del mondo, et avendo la Alemagna, et altro contermine per […]* che li sono obbediente et soggiunti con la Spagna, et altri lochi nell’Africa, il Magnifico Jmbraim Bassà de considerar s’il po’ prestar a le fedi alle proposte che li sono fatti tutti a sui di haver il Regno di Hungaria facilitar la incoronatione, et divenire alla monarchia, li subcongiunti, che deliberando il Serenissimo Gran Signor favorir uno nel Regno di Hungaria, quando il vayvoda suo in benevolentia con la Excellentia sua, acciò quel regno non vada su poter de l’arciduca, che da Jmperator serio a proposito prestar favore al detto vayvoda, ovvero per quel mezzo li pareva ricordar così la sapientia Sua al Serenissimo Gran Signor vogli operar che’l arciduca non ottengi quel regno, perché quando l’ottenesse dicto Serenissimo Gran Signor po’ esser certo di haver uno acume inimico. Nui diamo quello ni occorse, con ogni consideratia et larghezza de l’animo nostro, tenendo per certo che’l primo

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Magnifico Jmbraim Bassà sta per procurar quanto li poteva a proposito e tale effetto, et di quando havesse in tal […]* volessimo adviso, li presenti comunicanti con l’orator prima ritrovandoli de lì che li eserciti ivi solo salvò, si la materia presente non fusse sta comunicata dal Magnifico Jmbraim Bassà, del della detta onde nel qual caso li eseguirete insieme unitamente.

Die […]* sia preso, che el men sia expediti con li presenti per andar e ritornar da Costantinopoli, sia dato de certo conto.

De parte: 28.

De non: 1.

Non sinceri: 1.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

IV

 

1527, Die 25 Iunij, in Consilio [dei] X cum add.

Oratori et vicebaylo nostro [di] Costantinopoli

 

Oltre quanto per le ultime nostre di 13 del instante, vi scrivessero li qual vi haveano mandati duplicate, una mano per puro da lusina expedita a posta, et l’altra per via de Ragusi, et a cautella serà cum li presenti la terza mano, no[n] sono sopragionti avvisti, como l’archiduca ha ordinato di tener una Dieta imperial in Alemagna, per operar con li principi de lo Imperio principal modo di farsi elezer Re di Romani, per succeder Re lo Imperio, il che dito archiduca tenuta con il vayvoda di accordarsi lassandolo nella Transilvania, et lui farsi in dare [?] Hungaria. Di Spagna habbiamo che conto tenuti a voglino lui di tuti li signori, cussì seculari, come spirituali, et di tutti la Corte di Spagna, sono re et sta concluso di per imperator di ducati 600 mila. In tempo che per ogni via mi è conformati che’l Jmperator ha divisato tutti li pensieri soi alla monarchia, et esser unitissimo cum sua Maestà l’archiduca suo fratello, il quale ottenendo il Regno di Hungaria con quello de la Boemia et altri promissioni pertinenti a detto Regno di Hungaria, con la Boemia tanto si accusaria la grandezza de lo Jmperator, et sia che facilmente seguirà la proronatione del detto Jmperator, e la eletion de lui arciduca in Re de’ Romani, con poter ad execution da immoderato desiderio suo de dominar il onde vi commettino cum il Consilio nostro di X et Zonta che debiate conferirvi al Magnifico Imbraim Bassà, comunicandoli presto el sopradetto, et che siamo certi che la Magnificentia Sua Sapientissima possa chiaramente cognoscer li dissegni del Jmperator, et arciduca, che non facendo le debite et presse provisioni per obstanti si poneria in qualche pericolo quello che hora si po’ far facile et secretamente, et li sobgiongere[te] che la principal cosa si debba fare et operar che detto archiduca no[n] ottenghi il Regno dell’Hungaria, o cum il mezzo del vayvoda quando il no sia accordato in benevolentia del Serenissimo Gran Signor. Et cum quel altro modo che meglio li parerà, et in ogni caso è necessario che’l preditto Serenissimo Gran Signor mandi bon numero di genti contra il detto arciduca, acciò no[n] si pensi più di haver l’Hungaria ma che sia necessitato ritirarsi et attendere alla diffesa.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

p. 63

V

 

1527, Die 19 settembre, in Costantinopoli, in add.

Oratori et vicebaylo in Costantinopoli

 

Per li ultimi nostre di 3 del instante vi significassimo quanto ne occorse dapoi mi sono sopragionte lettere del locotenente de la patria de Friul, il qual ne significa haver inteso da un mercadante, partito da Lubiana alli 4 del instante, come l’archiduca essendo intimo nel paese de Hungaria, cum esercito di circa 16 mila persone fra a piedi et a cavalo, non haver havuto contrasto alcuno, salvo a Strigonia et Plitemburg, castelli sopra il Danubio, il qual loro de Plitemburg havendo fatta maior resistentia di Strigonia tutti quelli vi erano dentro furono tagliati a pezzi; et che alli 19 del preferito ditto arciduca era intrato in Buda senza contrasto. Per che ivi appresso si ritrovava lo esercito suo, il qual archiduca mandar a dimandar Alba Regal, che è la principal terra del Regno di Hungaria, dove si coronano li Reali di Hungaria, la qual volendosi difender per esser terra fortissima et circondata da paludo, non potrià haver senza longeva de tempo. Dice appresso che’l vayvoda si era retirato in Transilvania a’ certi soi castelli, et per lettere del conte di regia che per altra via habbiano in conformità de lo esser intrato in Buda del archiduca, la qual nova si ben sentito che le serà pervenuta a quella Onorata Porta avanti il recever de la presente, tamen vi è preso per la grande importantia sor significar in questo habbiano altra se facciate comunicatione con il Magnifico Imbraim che altri magnifici bassà. Siamo certi che però da poi le ultime vostre che furono da 6 del preferito sarà gionto a quella Onorata Porta il detto Magnifico Imbraim Bassà, et teniano serà sta dicta executione alli ordini che ne sarianno, che far posta per abbassar la forza de archiduca et parimente del Jmperator suo fratello, che avanti prende Alba Regal, che quelli sia forniti et stabilite in quel Regno de Hungaria, serà molto facile disturbar li soi disegni, che sarià altamente quando l’havesse formato al piede, per tanto vi permettemmo cum el Consilio nostro di X et Zonta che debbiate far intender al predicto Magnifico Imbraim et altri magnifici bassà ad consideratione di quanto grande importantia saria quando alemanni sia fermino in detto Regno di Hungaria con la union de quelle due natione hungare et alemanne, i[l] che serià dar adviso al Imperator di farsi monarcha al che lui et la nation sua alemanna et spagnola aspira sopra ogni altra cosa, che tutti li loro operaro tendono a quelle solo fatto, et che per obstinar et romper tal perniciosi pensieri, li Gratia Sua voglino a ricordar al Serenissimo Gran Signor quelli prudenti et gagliarde promissione che era la sapientia et prudentia dello loro Signore, saperemo ricordar et dechiarir la importantia della cosa. Adgiongendo lui pareva a proposito per indur la Magnificentia Sua a non differrir, ma dar gagliardo presta executione a quello haverano deliberato […].

De parte: 23.

De non: 1.

Non sinceri: 1.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

VI

 

1528, Die 21 Januarii, in Consilio [dei] X cum add.

Oratori et vicebaylo nostro in Costantinopoli

p. 64

Nelle lettere dii 24 tenuti fino alli 28 di novembre presento, diritte alli Capi del Consilio nostro de’ X, significate continue quanto vi ha detto Janus bey lungo su del disegno [?] fattoli per Jl Magnifico Mustafa Bassà, il qual non lauda la impresa di Hungaria, il che a intender si è sta molestissimo per lo importantissimi conti discemmo, havendo Voi dopo ragionato con il Magnifico Jbraim Bassà non par che mi scrivete molto sottisfati della detta impresa, respondo allo largissimo permesso fatto per Sua Magnificentia come si giunse nelle ultimi lettere, che’l Serenissimo Gran Signor haveva deliberato far la impresa di Hungaria con penetrar fino nella Alemagna, cognoscendo voi il desiderio che tenevo di letteri al continuo advisati di tal importantissima, ma et resolvariano di quella filia Porta. Ben settimana, che lo esser al quanto intraprender da quello prima dimostrazioni, debba preveder per la via della mossa del Re Zuanne, la qual dapoi serà in conoscenza vanno per ciò che mi affermo logarea del Primo Bassà, qui risiedono haver sui lettere de 7 del mese presente, che lì scrivo sperar a tempo novo mediante le promesse d’auxilio del Serenissimo Gran Signor di ricuperar il Stato suo, onde havendo il Magnifico Bassà cose asserentatissimi die huazari che pubblicata a ognuno la presentation del Serenissimo Gran Signor di far la ditta impresa, siamo convinti che’l imperial su vorrà osservar la sua parola, della qual faremo minor estimationi, che di alcun altro principe del mondo; che considerata de quanto importantia sia lassar l’Hungaria al archiduca et parimente al Jmperator suo fratello, che è una cosa intessa, et havendo il Re Zuanne in quel Regno sua imperial à, et falliti possi potrà cussì, disponer di lui, uno di che coniunse perpetuamente recognoscer da quella il Stato l’honorano et la vita perpetua, et che la poneva in fintria al archiduca et al Jmperator de non poter li loro destigni di dominar il Stato. Alla quando il ditto Re Zuanne veder mai che aducento dal Primo Gran Signor, uno mi scrivesi esser in solo modo previsto al orator suo, serà constretto andar partito accordarsi con l’archiduca, et segnar la voglia sua, un drammo ondonque in al Consilio nostro de X et Zonta che debba esortar il Magnifico Jbraim Bassà ad operar che Serenissimo Gran Signor resisterono alla deliberata impresa, che li sarà honorevole, fructuosa et di immortal laudi della Imperial Eccelsa Sua.

Vedemmo che’l Magnifico Mustafa Bassà ha tocha[to] qualche parola nel sopradetto discorso di far pace con l’archiduca, et che si metterà nelli Capitoli che’l non habbi ad molestar la Signoria ma ivi in quella opportunità, et con quel modo che pareva alla prudentia Vostra advisate il Magnifico Jmbraim et Magnifico Mustafa Bassà che l’arciduca con l’astutia de’ spagnoli, li qual erano semplicemente de tirar li cose con pignino allora proposito, dommitia alla passa con l’ordino di asstornar il Regno di Hungaria, et […]* quanti mesi li Stati del Jmperator salvi per dar tempo al Jmperator suo fratello di ridur la cosa a quel Domino, che’l possa poi eseguir quello l’ha in animo di dominar il tutto, che solamente la via di haver fatta la pace con il Serenissimo Gran Signor darià tanto favor non solo allo arciduca, ma anche allo Jmperator, quanto farà uno altro nova che poteano esercita, suggiongendoli che si ben l’archiduca si obligassi alla pace e di no[n] offender li paesi del Serenissimo Gran Signor, anche delli avvisi suoi, quanto de mano lo Jmperator non sarà obbligata né la Alemagna, senza la quale et senza li forzi dello Jmperator esso archiduca non è da resistar, et però è da advertir gran divento, che la pace che facesse il Serenissimo Gran Signor con l’arciduca daria tempo et potabilissima occasione al Jmperator di far gagliarda guerra, et quello che hora al Primo Serenissimo Gran Signor facessimo, di non lassarli fermar il piede in Hungaria, serà poi fatto diffender di rimuoverlo di quel Regno, et obstinati che’l non pervengi alli designi soi, li qual sono ben noti alla sapientia del Magnifico Jmbraim et altri magnifici bassà [].

p. 65

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

VII

 

1528, Die 12 febbraio, in Consilio [dei] X cum add.

Oratori et vicebaylo nostro in Costantinopoli

 

[…] quanto ultimamente habbiamo dal orator nostro in Franza, delli advisi che ha avuto di Spagna, quel Serenissimo Re circa li apparati del Jmperator per venir in Italia, come nello occluso esemplo si […]*, li quali restando di quella grande importantia di vedersi, vi commettiamo cum Consilio nostro et Zonta, che si del communion con il Magnifico Jmbraim, che già fa molti mossi, habbiamo fatto intender alla Magnificentia Sua quello che al presente si vede più chiaramente, non per eseguir lo Jmperator di venir in Italia, lui da una parte, con le forze di Spagna per via da mar, et da l’altra quello di l’arciduca suo fratello, rinforzandosi di tal forze quando non si li per vida che sian, o poi differiti poter resister et obviar che’l non seguisar quanto e lo immenso delli spagnoli che li son appresso di robar ruinar et dominar il mondo, che però noi si perdevemo tal pervenilo habbiamo esordato et accordamo al Primo Magnifico Jmbraim che esser nostro Serenissimo e inustantissimo Signor dare esercito per metter re Re Zuanne nel Regno di Hungaria, e no[n] lassar in quello l’arciduca per alcun modo, ma perduto nelli paesi di quello esso l’arciduca, però che persuadendo la Imperial Celsissima Sua dalli paesi no[n] solamente esso arciduca, no[n] potrà così Jmperator suo fratello ma convenirà veder in grandissima gloria di sua Celesissima et parimente si è tolto l’Illustrissimo e essi fratelli di poter eseguirli loro disegni.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

VIII

 

1528, Die 18 Martii, in Consilio [dei] X cum add.

Per Serenissimi Principi scribat Domino Aloysio

Gritti suis filio in hat forma et inderunt

manu, quo solit sinberi Sua Serenitas suoi iure videbatur

 

Alvise, habbiamo ricevuto li lettere di 6 fu 28 Zorni, per li qual mi significhi particolarmente la trattazioni, el in fusi la conclusione fatta per quella figlia Porta con l’ambasador del Serenissimo vayvoda, che habbia il regno di Hungaria. Nova certa, che mi resta de grandissimo contento, perché reputiamo de non mediatur beneficio haver in quel Regno un re amico, che ti habbi operato in tal materia. Cognoscemo che sta con bona intention, et con voler sattisfar al Magnifico Jmbraim, al qual tuo proposito da che sempre di gran furia in tutto quello occorse, perché non si po’ se non far gran guadagno; et benché essendo fatta la conclusione predicta et ordinata la immediata restatione non si po’ judicar che sia per occorre cosa di momento, pur se l’arciduca ottimo si han[no] bene havuti li ogni ingegno et studio di poter cognoscer segcetezza perché tu puoi intender per tua prudentia quando si intendesse tal postura esser maneggiata da’ nostri, che non possa produr alcun bon effetto, et se in haverni a far intender alcuna cosa al Serenissimo vayvoda, over a soi agenti, falò con nostri, ma convenendo pur scriver fa nella

p. 66

sottoscrittion, ‘Jl fidelissimo servitor di Vostra Maestà’, nostra senza mettervi ultimando il nome tuo, comunicando con l’orator et vicebaylo nostro questo di tempo in tempo, haversi come siamo certi tu hai fatto nel presente. Et perché vedemmo che hai qualche pensier di premio di prestarti do beneficii ecclesiastici, o cavalaria da Rhodi, o rocha di Dalmatia, te dicono che per hora tu debbi scorrer, perché scorrendo tu po’ esser certo di haver in l’una et l’altra cosa quello vi desideri, con salvezza et universal sattisfationi, il medesimo ti diamo di andar nello esercito che tutta seria pessima per li rispetti passati, et seria beni ancho andando il Serenissimo Signor in Andrianopoli, come tu mi scrivi dover far adì 10 del presente, tu resti a Costantinopoli, et sapermi ben trovar bona excuratione, ti faranno questa conclusione che tu sei qui in bon conto da potestà permetter ogni beneficio, et favor, però pare de confronti che la gratia di essa strada si po’ estimar un thesoro pretiosissimo.

De parte: 24.

De non: 1.

Non sinceri: 1.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

IX

 

1528, Die ultimo Martii, in Consilio [dei] X cum add.

Orator et vicebaylo nostro in Costantinopoli

 

Facessemo intender ad Alviso Gritti nostro fiol, per le ultimi avvisi di 18 del instante, che essendo inviato dal Magnifico Jmbraim Bassà di andar in campo, il debbia declinar per li resposi che alla prudentia vostra sono noti. Dapoi il mi ha scritto per dì di 20 febbraio presente, che’l passato in Bassà li ha comandato, che andò in campo in loco all’ordino del Serenissimo Gran Signor, et dubitando noi che per il sopradicto ordine li habbiamo fato el potria ricosa l’andata sua in campo, cosa che dalla Excellentissimo del Signor et Magnifico Jmbraim serà restimando dello fatti di volontà nostra, et potrià nota causa che metterli qualche sospetto pernicoso alli cusì nostri ni è presto farvi li presento, commettendo col il Consilio nostro et Zonta, che si de lì si avanza ditto Alviso Gritti li debiti desimi, che l’ordino di vano dato de non andar in Hungaria in il campo, si intendi quando sia lì possi fare in volontà et bona gratia del predetto Magnifico Jmbraimo, ma quando adviso vostre alternanze, più esso che poterli abusar d’intention nostra, del [che] debba eseguir il voler de Sua Magnificentia, che ven li scrivessero no si po’ far cosa de maior beneficio e gratissione. Quando esercito dello Alviso fusso fra partito, mi per li detto ultimo anno suo sospettando di andarvi, ma eseguo l’ordine del Magnifico Jmbraim non occorre farli intender altro.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

 

 

X

 

Eccellentissime Domini, come io ricevi le lettere de Vostra Sublimità cum lo Eccellentissimo suo Consiglio de X, de dì 12 febbraro preterito mi attrovai cum el Magnifico Jbrahim Bassa et tutti le nove circa lo archiduca, et di Germania particolarmente, li feci intendere,

p. 67

si come cognosco esser de mensi di Vostra Serenità, et sopra questa materia fu longamente parlato et finalmente la conclusione loro fu: che hanno delibeerato di voler preservar Re Zuanne in quel Regno, et che per questo effecto el campo se mette ad ordine, et il begliarbey de la Gretia partirà facta questa luna, et poi la Porta starà in mosse da poi, et già è sta’ dato ordine a tutti li sanzachi che vadino a li confini et hanno deliberato di levar molti sanzachi di Anatolia per questa impresa. Se ha havuto adviso come giunto che fu l’orator che fu de qui sopra il Danubio tolse alcuni homeni de Michalogli, et passò et andò per staffetta ad ritrovarse cum Re Zuanne. Pare che sia venuta nova heri seco, che verifica che le genti de la antiguarda del archiduca se appezò cum quelle del Re Zuanne, et quella de Re Zuanne fu superiore. A me pare che questi siano molto male advisati perciò a niuna cosa si poté prestar fede, tanto debilmente vengono simili advisi. De quello succederà et se intendera cum ogni reverentia ne darò adviso a Vostra Serenità. Cuius gratia etc.

Costantinopoli, 8 aprilis 1528.

Petrus Zeno, orator et vicebaylus.

 

(ASV, Capi del Consiglio dei X. Lettere di ambasciatori, Costantinopoli. 1504-1550, b. 1, c. 72, copia contemporanea)

 

 

XI

 

1528, Die 22 aprilis, in Consilio [dei] X cum add.

Signor Thommaso Contarini, orator nostro

per Serenissimo Domino Turcarum

 

Vi mandammo li sunti [?] di lettere, li qual scrivono al orator et nostro baylo in Costantinopoli, che in absentia del detto orator, quando il Serenissimo Gran Signor ovver Magnifico Jmbraim Bassà si ritornasse in Andrianopoli, per andar a favor del vayvoda Re di Hungaria, volemmo che regniate inte qual la continuantia di quello, et facente quel officio, che mi permettono di la delegatia vostra, in sollecitar il spegner de lo esercito turchesco in Hungaria, et che el Bassà de la Bossina invada da questo tanto il paese de l’arciduca, come in detta esser siguri de perché potria esser, che avendo li presenti nostri avanti pertoniata in Bossina, però non è parso de churrere lo menti nostra, et vi diamo con il Consiglio nostro de X et Zonta, che in tal caso dapoi havute regnata esser el Magnifico Bassà de Bossina l’ordini havuti per la comissio vostro, debbino communicarlii li novi, che ho havute da mi, de lo preparation che sono facte In Alemagna per Italia et per Hungaria, come per le dicte lettere che saranno del orator et vicebaylo di Costantinopoli viderata, et che per favor de la impresa tolta per il Serenissimo Gran Signor di metter in Stato il vayvoda et abbassar la grandezza del Jmperator, la Magnificentia Sua di cognoscer che’l sarà molto a proposito che cum li forma suo la niun dissa la Stiria, Carintia […].

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XII

 

1528 Die 22 aprilis Jn Consilio X in add.

Orator nostro et vicebaylo Costantinopoli

p. 68

[…] Da Hungaria,, come per altro vi habbiano scritto li advisi, non si possono haver con fondamento, per esser li passati molto grandoli, per si ben termino che de lì habbino la vinta per il mezzo del vayvoda Re de Hungaria, inanti domine no par giramento [?] significarvi quella presente noticia da ogni conto, intendono l’archiduca esser andato in Bossina per far persuasion de genti per Hungaria, et che dapoi il veniva confirmato a Ratisbona, città in la Alemagna, sopra il Danubio. Di qua a lì viene per tenir sua Dieta Jmperial, et far persuasion de genti per Hungaria, contro il detto vayvoda Re Zuanne.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIII

 

1528, Die 15 Junii, in Consilio [dei] X cum add.

Orator nostro et vicebaylo nostro in Costantinopoli

 

Per li prudenti et allegati nostri haverite inteso il proceder di questo novo esercito alemanno, che è potentissimo, et per quanto si vede vieno a ossenssioni delli così nostri, del che non facete tal demostratione cum et Magnifico Jmbraim Bassà, che vengono a cognosar che la solevation che faccelo de spinger avanti li forze del Serenissimo Gran Signor, sia persuadendo a questa causa, ma per reprimar le disegni del Jmperator et a questa deviti poner quello descritto et misura sin hora, et per far l’affare che desideravano, et di mandar lo esercito in Hungaria per metter il vayvoda in Stato, et del Magnifico Bassà di Bossina habbia ad venir esso l’ultimo, non potendo forte seco la casa parti secretissima adoperata Alvisio Gritti suol fiol, quando vi occorse ritrovarvi cum il Magnifico Jmbraim Bassà, con il quale havendo esso Alvise Gritti bon redito siamo certi che’l farià bon officio, che dicono permettersi di lui et importante per il Serenissimo Gran Signor si à manda commodamento al bassa di Bossina, come per lo alligato.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIV

 

1528, Die 12 settembre, in Consilio [dei] X et add.

Oratori et vicebaylo in Costantinopoli

 

Oltre li advisi che vi mandammo per lo allegato, del appannati di questo Jmperator per venir in Italia, siamo advisati del l’ambasador porre ad ordini di […]* bon numero de genti da Alemagna condiur sue forze, che summano certi, quando detto ambasador no[n] sia osorpato alla defonction de Hungaria, et delli altri soi paesi confinanti, a quelli del Serenissimo Gran Signor, l’haverà modo di talmente rinforzar detto suo fratello […].

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 69

XV

 

1528, Die 30 dicembre, in Consilio [dei] X cum add.

 

[…] L’anderà parte, che per ordini de questo Consilio dà liberta al Collegio mo parimente li Capi del Primo Consilio, di mandar più messi con quella stessa, che paura all’dicto Collegio un li do zorni di quello li qual vadino agogna a mandagli l’arciduca et altri lodi, et chiama se rinante imperiale per intender et bader li operandi et andamenti suoi; manda in Jmperio et Alemagna a Vesprem et a Buda per intender li successi del Re Zuanne et de quella casa di Hungaria, ovver in quelli lochi come meglio pareva al Stato Colendissimo, acciò se possi fondamento deliberar lo mattina che’l osservissima.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XVI

 

1529, Die 23 Junii, in Consiglio [dei] X.

Orator et vicebaylo nostro in Costantinopoli

 

Habbiamo ricevute li lettere di 17, poi quelle di 20 del presente, per li qual siamo sta[ti] advisati della risolutio[ne] fatta per il Serenissimo Gran Signor di poner il Re Zuanne nel Regno dr Hungaria […].

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XVII

 

Magnifico Monsignor Zorzi Gritti che doverli ivi andar ad Illustrissimo Magnifico Messer Alvise vostro fratello. Il qual è persino come sapete da Costantinopoli, con la Porta ivi convenute per andar addirittura alla Porta, dove gionto vui dato il mazzo delle lettere dell’ Jllustrissimo Signor, in summa sue ossia alla Porta over appresso il Magnifico Jmbraim, quando pervenuti il fusse una giornata o due lontano, vui lo andate a ritrovar dandoli delle lettere, quando per avvenuti Messer Alvise fosse 405 et più fromente lontano ritrovatosi con se Magnifico Jmbraim Bassà, aperte il mazzo et lettere direste a messer Alvise volti l’ordine che li vien dato, et in loro suo eseguito con detto Magnifico Jmbraim Bassà come savia Messer Alvise et né ritrovarsi qualche ordine de non andrà da lui, ma in altra parte, in tal caso mandatili li lettere in mano di esso Messer Alvise per messo securissimo, et advertite di esser dirigente in sui, che le lettere capitino in mano de Messer Alviso con ogni prestezza perché è importantissimo.

Die 28 Junii 1529.

 

1529, Die 23 Junii, in Consilio [dei] X cum add, absente Serenissimo Princeps

 

Che per li avviso et risposte noti alla sapientia di questo Consilio sia fatto uscir alla persona delli Capi del presento Consilio Domino Zorzi Gritti, et con forma communitie per lo debbono persuader, che volendo andar ad trovar Domino Alviso suo fratello voglio omnino andar prima in Costantinopoli, lì ovver in Adrianopoli, non essendo conveniente che de qui il vada ad retrovarlo nello rescritto.

p. 70

Domine Aloysus Gritti

 

Magnifico Messer Alvisi Osservandissimo. Di ordini del Serenissimo et de quelli Eccellentissimi Signori, li mando una ziffra qui aligata per Illustrissimo Messer Zorzi Gritti suo fratello che s’era lasser delle presente, acciò accidendo a vostra Magnificentia la possi adoperar in scrivir le lettere pubblice, ciò la direste che letta la lettera che li vien scritta per Suo Serenissimo, et datali inscrizioni, la debba brusarli perché questo è l’ordine che si dà ali oratori secretarii et messi de la Illustrissimo Signore in simil occorrenzi.

Dato in Venetia, Die 28 Junii 1529.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, c. 2, copia contemporanea)

 

 

XVIII

 

1529, Die 10 Julii, in Consiglio [dei] X cum add.

Domino Aloysius Gritti

 

Alvise, alli XXVIII del mese presente per Zorzi Gritti tuo fratello ti scrivesti lettere con quanto mi occorse, et dubitando che l’habbia ad che tardo atteso la importantia delle dette lettere, mi è parso expedir Carlo di Nicola, presente exhibitor, et mandarti un’altra mano de quelle con quella dapoi mi è pervenuto a notizia, degno de intelligentia di colà salva Porta. Habiamo letteri del orator nostro in Franza, date a Compiegne, fu in Picardia, alli 24 del presente, per li qual ne significa che il Re di Franza partito da Paris era venuto in quel loco per esser propinquo a Cambrai da 4 giornate, et che mandò del ditto Re tamen subito partir per andar a Cambrai ad ritrovar Madama Margarita, che sariano insieme alli cinque del mese presente per trattar la pace fra Cesari et il Re di Franza con soi confiderati, né di tal trattamento habbimo alcun per tien buon adviso delli condizioni di quello […].

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIX

 

1529, Die 27 Julii, in Consilio [dei] X cum add.

 

Essendo novamente mandar un scrittor […], et partito a[l] Domino Alvise Gritti per scriver le lettere a questo Consilio, che del[la] summa importantia a tutti noti, non se disse più differir come sta delegata in questo Consilio che mandar uno che sia a proposito per tal officio et non si ritrovando altri più, altro de quello, e maximo lombardo ex ordinarium Cancelleria nostra il qual sa la lingua schiava et è sta longameta fuori in Dalmatia […].

L’ambasador presente, per avviso, et [da] questo Consilio era mandata al detto Domino Alviso Gritti il fedelissimo nostro maximo lompardo al qual sia data ducati 120 soltanini da la casa di questo Consilio per le spese sue de cavalli et altro, a bon questo e per e[l] tempo che starà fuori haver debba ducati 25 d’oro al mese delli qual non sia tenuto monstrar conto alcuno.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporanea)

 

p. 71

XX

 

1529, Die 13 Agosto, in Consilio [dei] X cum add.

Domino Aloysio Gritti fi[g]lio Colendissimo

 

[…] Non volemmo restar de farli intender quello mi occorse, solamente per via instantia che mi ritrovano con gran, advisarono che Cesari fatti venir in Italia uno esercito de alemagno, come si vede, et che da soprader sunto per il Serenissimo Gran Signor con validissimi eserciti contra l’Hungaria et Austria, et havendo adviso l’arciduca no[n] fa quello previsto.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporania)

 

 

XXI

 

Die, 21 Aprilis 1530, in Consilio de’ X in add.

Signor Thommaso Mocenigo, orator nostro

ad Serenissimo Domino Turcharum

 

Ne scrisse per inanti conti vi è esser noto, il Reverendissimo Domino nostro fiol che’l Serenissimo Re Zuanne, Re de Hungaria, da poi il riacquisto di quel Regno, li havia facto dono di Segna et Clissa, et ne prego li fassanno noto la mente nostra, se esse bona nostra satisfactione. Et potesse dar opera allo acquisto di essi loci, rendendo quelli hora in poter del Serenissimo Re Ferdinando, il che havendose replicato et per sue di 7 del presente, ricercando sopra ciò le nostre intentioni, alla qual el desiderava ad scrisse, si come della continentia di esse letteri che ad ordin nostro ivi li gasti inanti che li partisti de qui devete era ben memori, si è penso per locum in il Consilio nostro de’ X et Zonta quarttioni che recepite li presente gli mi mandano per via de terra ritrovar vi debiate il prefatto Reverendissimo Messer Alvisi, al qual raffermo la grande nostra satisfactione, che in tal modo el no[n] habbi voluto far resa, si non conforme alla interetia del Dominio nostro. Prevedendo lui cum la prudentia sua et clarita l’ha alla […] la summa importantia ad una tal noto diritti che quando pur accrescesse che li genti del Serenissimo Signor Turcho et quelli del Serenissimo Re Zuanne insieme volessero far la impresa ad essi doi loci, gravissima cosa ne sarià che il non è suo in questo non vi intervenisse con honor de sì ad far essa impresa, la si facesse in ragione del Serenissimo Re Zuanne, per il che non è dubbio alcuno che essendo esso Reverendissimo Domino Alvisio che le in la persona nostra a pigliandose quella impresa per impossesarlo de essi loci, nova facti excusatione potrià trazer per dal el mente del prefatto Serenissimo Re Ferdinando et Jmperator suo, per lo che noi non fassamo del tutto confinii et per mittenti che essa impresa così si fatti […].

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXII

 

1531, Die 3 Julii, in Consilio [dei] X et add.

Baylo nostro in Costantinopoly

p. 72

[…] Preterea et successo che rendendo Zorzi nostro fiol a questo superiore, giorni andato alla Corte di Franza per resorter ducati 20 mila nostri, imprestati già 3 anni come vi debba esser noto, per il Reverendissimo Domino Alvisio suo fratello al Signor [?] Renge allora residiti in Hungaria per il Re, per subsuhar il Re Zuanne, a qui havea esso Zorzi havuta l’assignatione del tal pagamento suo.

 

(ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

 

 

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[1] Anton E. Dörner, Transilvania între stabilitate şi criză (1457-1541), in Istoria Transilvaniei, vol. I, (până la 1541), coordinatori: Ioan–Aurel Pop e Thomas Nägler, Cluj-Napoca 2003, p. 325.

[2] I.–A. Pop, Voievodatul Transilvaniei în timpul crizei Regatului Ungariei din prima jumătate a secolului al XVI-lea, in AA. VV, Istoria României–Transilvania, vol. I, Cluj-Napoca 1997, pp. 514-515; su questo argomento si vedano anche Cristian Luca, Documente italiene inedite privind relaţiile politice ale lui Ioan Zápolya cu Ferdinand I de Habsburg, in “Sargeţia”, XXVII/1, 1997-1998, pp. 473-484 e Octavian Tătar, Disputa pentru coroana Ungariei dintre Ferdinand şi Zapolya (1526-1540), in “Sargeţia”, XXVII/1, 1997-1998, pp. 485-509.

[3] Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi sarà citato ASV), Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. [filza] 1, cc. nn. [carte non numerate].

[4] Istoria românilor, vol. IV, De la universalitatea creştină către Europa „patriilor”, coordinatori: Ştefan Ştefănescu e Camil Mureşan, Bucarest 2001, p. 504.

[5] ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn.

[6] Carla Coco, Flora Manzonetto, Da Mattia Corvino agli Ottomani. Rapporti diplomatici tra Venezia e l’Ungheria, 1458-1541, Venezia 1990, pp. 87-88.

[7] ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn.

[8] Robert Finley, Al servizio del sultano: Venezia, i Turchi e il mondo cristiano, 1523-1538, in “Renovatio urbis”: Venezia nell’età di Andrea Gritti (1523-1538), a cura di Manfredi Tafuri, Roma 1984, p. 83.

[9] Ibidem, p. 84.

[10] Heinrich Kretschmayr, Ludovico Gritti. Eine Monographie (Archiv für Österreichische Geschichte, 83. Band), Vienna 1897, pp. 15-16; Gritti Lajos (1480-1534), in Magyar Történeti Életrajzok, vol. IX, Budapest 1901; su Alvise Gritti si vedano anche le voci Gritti Luigi e Gritti stilate da Roberto Cessi nell’Enciclopedia italiana, vol. XVII, Roma 1951, p. 977; Tibor Kardos, Dramma satirico carnevalesco su Alvise Gritti, governatore d’Ungheria, 1532, in Venezia e Ungheria nel Rinascimento, a cura di Vittore Branca, Firenze 1973, pp. 414-421; Aurel Decei, Aloisio Gritti în slujba sultanului Soliman Kanunî, după unele documente turceşti inedite (1533-1534), in “Studii şi materiale de istorie medie”, VII, 1974, p. 105; C. Coco, Alvise Gritti tra Veneti, Turchi e Ungheresi, in “Quaderni dell’Istituto di Iranistica, Uralo-Altaistica e Caucasologia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia”, no. 20, 1984, pp. 379-396.

[11] R. Finley, op. cit., pp. 84-85.

[12] ASV, Capi del Consiglio dei X. Lettere di ambasciatori, Costantinopoli. 1504-1550, b. [busta] 1, c. [carta] 72.

[13] ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 2, cc. nn.

[14] Ibidem.

[15] Ibidem, fz. 3, cc. nn.

[16] Ibidem.

[17] R. Finley, op. cit, p. 86.

[18] Istoria românilor cit., vol. IV, p. 505.

[19] R. Finley, op. cit., p. 87.

[20] ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn.

[21] C. Coco, F. Manzonetto, op. cit., p. 90.

[22] R. Finley, op. cit., p. 91.

[23] Ibidem, p. 93.

[24] ASV, Consiglio dei X. Parti Secrete, fz. 3, cc. nn.

[25] R. Finley, op. cit., pp. 93-94.

[26] Ibidem, p. 98.

[27] C. Coco, F. Manzonetto, op. cit., pp. 93-94.

[28] H. Kretschmayr, op. cit., p. 67; A. E. Dörner, op. cit., p. 325.

[29] Maria Găzdaru, Dimitrie Găzdaru, Călători şi geografi italieni în secolul al XVII-lea. Referinţele lor despre Ţările Româneşti, in “Arhiva. Revistă de istorie, filologie şi cultură românească”, XLVI, no. 3-4, 1939, p. 200.

[30] A. E. Dörner, op. cit., p. 325.

[31] Sulla fine di Alvise Gritti si vedano le testimonianze coeve di Francesco della Valle, Agostino Museo e Tranquillo Andronico, suoi compagni nel viaggio che egli intraprese in Transilvania; il manoscritto della relazione di Francesco della Valle si conserva presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (Cod. Ital. VI–CXXII) ed è stato pubblicato in “Magyar Történelmi Tár”, III, 1857, pp. 15-60 con il titolo Una breve narrazione della grandezza virtù, valore, et della infelice morte dell’Illustrissimo Signor Conte Alouise Gritti del Serenissimo Signor Andrea Gritti principe di Venetia, Conte del gran Contado di Marmarus in Ongaria Generale Governatore di esso Regno et General Capitano dell’esercito Regio, appresso Sulimano Imperator de’ Turchi, et alla Maestà del Re Giovanni d’Ongaria, di cui i passi riguardanti i Paesi Romeni furono tradotti e pubblicati in romeno in Călători străini despre Ţările Române, vol. I, a cura di Maria Holban, Bucarest 1968, pp. 321-340; il testo di Tranquillo Andronico, che si trova in uno dei manoscritti della Biblioteca del Museo Nazionale di Budapest, è stato pubblicato integralmente da H. Kretchmayer in “Történelmi Tár”, 1903, pp. 202-225 e parzialmente da A. Veress, sotto il titolo Descriptio Moldaviae et Valachiae Commoratio. Emerici Czibak episcopi Varadinensis eiusque interitus. Ludovicus Gritti in Medgyas eiusque mors illata Fallaciae a Petro Vaivoda Moldaviae constructae, in Idem, Acta et epistolae relationum Transilvaniae Hungariaeque cum Moldavia et Valachia, vol. I, Budapest 1914, pp. 242-247; alcuni brani di questo lavoro sono pubblicati in romeno in Călători străini cit., vol. I, pp. 246-255; la testimonianza del precettore dei figli di Gritti, Agostino Museo, De expugnatione Megghes, è stata pubblicata in “Magyar Történelmi Tár”, III, 1897, pp. 61-74, quindi pubblicata in traduzione romena in Călători străini cit., vol. I, pp. 358-366.

[32] A. E. Dörner, op. cit., p. 326.

[33] Su Giorgio Martinuzzi si veda l’articolo di Barta Gábor, Episcopul orădean Gheorghe Martinuzzi şi pacea de la Oradea (1538), in “Crisia”, XXII, 1992, pp. 87-96.

[34] C. Coco, F. Manzonetto, op. cit., p. 95.

[35] Ibidem.

* Illeggibile.

* Illeggibile.

* Illeggibile.

* Illeggibile.

* Illeggibile.

* Illeggibile.

* Illeggibile.