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Il principato di Giorgio Rákóczy I (1630-1648) alla luce di alcuni documenti veneziani inediti

 

 

Florina  Ciure,

Università degli Studi di Oradea/

Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia

 

Fra tanti documenti veneziani, conservati in vari fondi dell’Archivio di Stato di Venezia, contenenti notizie sulla vita politica dei Paesi Romeni, sono rappresentativi anche quelli riguardanti le vicende determinate dalla contesa per il trono della Transilvania. Tramite le lettere spedite nella città lagunare dai rappresentanti diplomatici a Costantinopoli, in particolare dai baili Capello e Foscari[1], o quelle pervenute agli Inquisitori di Stato, o inviate a Venezia dai “confidenti”[2], possiamo ricomporre un quadro più preciso della tumultuosa vita politica del Principato transilvano del periodo successivo alla morte di Gabriele Bethlen, soprattutto all’epoca del principato di Giorgio Rákóczy I[3]. Benché il Bethlen, prima della sua morte, avvenuta il 15 novembre 1629, fosse riuscito a nominare sua moglie come principessa ereditaria, gli avvenimenti ulteriori dimostrarono che la scelta del defunto principe fu errata. Il 12 giugno 1626, la Dieta di Alba Iulia decise che la moglie di Bethlen sarebbe succeduta sul trono; nello stesso anno egli aveva ottenuto da parte del sultano il riconoscimento dei diritti di successione della principessa al trono della Transilvania[4], perciò, secondo il testamento di Gabriele Bethlen, il principato doveva essere

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guidato dalla sua consorte, Caterina di Brandenburgo, assistita dal suo cognato, Stefano Bethlen, quale governatore[5]. Il sultano ottomano, al quale il principe transilvano era vassallo, accettò il testamento politico di Gabriele Bethlen, così come ci fa sapere anche il bailo veneziano: “Li dì passati fu in qua spedito in Transilvania un capigi, che oltre la conferma dell’investitura nella Principessa moglie del già Prencipe Gabor di tutti quei stati, che erano dal marito posseduti, portò a lei per nome del Re il stendardo, et vesti al cognato fratello del defunto hora Governatore di quei stati”[6].

Nella Transilvania, governata dalla principessa Caterina di Brandenburgo, la situazione politica del paese era in trambusto perché i pretendenti sostenuti dagli Asburgo o dagli Ottomani miravano il trono del principato. Le vicende peggiorarono quando la principessa abbracciò di nuovo il cattolicesimo e gli Asburgo rivendicarono i sette comitati dell’Ungheria Superiore, ceduti al Bethlen solo per la durata della sua vita. Caterina di Brandenburgo e il suo sostenitore, Stefano Csaki, preparavano segretamente l’insediamento degli Asburgo nella Transilvania, e per compiere questo piano si progettò il matrimonio dello stesso Csaki con la principessa; a questo scopo furono mandate persone di fiducia per trattare segretamente con la Porta: “Dopo sono venute lettere da Sulficar Agà, che partì per Transilvania nel ritorno dell’Ambasciatore di quella Principessa, come scrissi nell’Eccellentissimo Senato, mi esso riferisse haver nel camino rincontrato doi giovani con un servitor, i quali interrogati dissero esser dipendenti di esso Stefano Ciachi principale transilvano, di ordine del quale andavano in Valacchia, per provvisione de cavalli; soggiunge che giunto in Corte dimandò di loro, et non ritrovò l’incontro, onde sospettava che venissero a questa volta con negozio coperti. Questo avviso ha svegliato il caimecan, il quale illuminato per altera via delle pratiche, et diversi di costoro, ha fermato li doi […]. Hora a li due sopradetti riten[u]ti sono state tolte quelle scritture, che all’improvviso li furono ritrovate in Casa”[7]. Le vere intenzioni dei messaggeri della principessa furono rivelate in una lettera inviata agli Ottomani da Stefano Bethlen, se riteniamo veridica la testimonianza del bailo veneziano: “Il giorno seguente mandai il Dragomanno Grillo [Giovanni Antonio, n. n.] dal Bassà per intender del seguito, i particolari, mi riferse de lui il sospetto in costoro […], mi fece legger una lunga lettera di Stefano Gabor cognato della principessa di Transilvania, nella qual narra al Caimecan il sospetto preso da Solficar, il dubbio della dipendenza di costoro dal Chiachi [Stefano Csaki, n. n.], spediti da lui per avventura non in Valacchia per cavalli, come dissero ma alla porta, per trattar il matrimonio della Principessa con il Ciachi soddetto, che però si ostinino bene in loro andamenti”[8]. Questo matrimonio non era gradito alla Porta perché: “questo Ciachi è Cattolico dipendente

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dall’Imperator che par che la principessa ne sia invaghita, et vi inclini con il consiglio de alcuni de Grandi, che si tratta per questo matrimonio far cader in mano dell’Imperator le fortezze di Tocai, et Moncaz, che tuttavia si conservano per la principessa perdita considerabilissima, che però si procuri stornarne l’effetto, et le negociationi, dopo me disse il costoro possono haver questi negocij nelle mani, voleano parlarne al Re, venirò in chiaro con alcune scritture, che le sono state ritrovate”[9].

Il sultano temette che la situazione politica del principato sarebbe peggiorata se avesse agevolato i piani degli Asburgo, per cui si accontentò di spedire una lettera commuovente alla principessa per convincerla che, per il suo paese, sarebbe stato meglio rimanere sotto la protezione della Porta, come ai tempi di suo marito. Una copia della lettera fu inviata dal bailo con il suo ordinario dispaccio del 30 luglio 1630: “La dove figliola mia sappiate, che il prestar fede ad uomini doppij e finti non è di vostro riposo è di sicurezza del paese, e come propria figliola stimandovi, invigiliamo sopra a tutti alla vostra honorevolezza e voi non crediate ad una man di perfidi, non essendo per cader mai nell’animo nostro, che ingannata dalle malie et incanti di Stefano Zacchi [Csaki, n. n.] già dimorato e cresciuto nella Germania, non habbiate ad attender a non lasciarvi volar via la quiete. La provincia della Transilvania appresso il fedelissimo Imperatore è cinque volte più in protetione e custodia del rimanente dell’Imperio, e giurando a voi il paese per honorarvi, et esaltarvi, ve si ha procurato il comando della Transilvania se non l’insegnamento et l’interesse d’altri in essa Transilvania nella felicità Imperiale è molto facile ad ovviarsi. Da tutte quattro le parti i nostri esercitj son pronti et apparecchiati. Ragionate i vostri pensieri, e non comporterete cosa che non si spera a istigatione di maligni, e di quel Gentilhuomo. Se voi effettivamente siete fedele a questa Corona, e se credete che io habbia intrapreso l’impresa d’havervi in conto di figliola, guardatevi di non esser seduta e ingannata, per non pregiudicar alla vostra buona fortuna, anzi con bella maniera punirete li seduttori, e con prestezza darete conto della vostra divotione et obbedienza colla notizia reale di tutti questi successi e specialmente ragguaglierete il tutto con Zulfiar Agà. Hora sono apparecchiati et pronti li eserciti di tutti li confini, et hanno la mira al conto vostro, però se alcuno penserà di far insulto a voi o al vostro paese, subito avviserete, che immediate concorreranno ad ostar all’anemico. Ma se altremente sotto altro pretesto si farà venir militia, penserete bene in che foggia sarete causa di scandali, se perciò non attendiamo da voi pure se avviserà, il pentirsi in ultima non volle. Per tanto provvederete a liberarne da dubbij affine certificati della realtà vostra, non prentesumettiamo punto di far quanto potiamo in vostra honorevolezza”[10].

Allo stesso dispaccio fu allegata la copia della lettera inviata dal sultano al governatore della Transilvania, Stefano Bethen, nella quale si analizzava la situazione della Transilvania dove: “alcuni non stando in quiete e pace, per istigazioni d’huomeni imprudenti et inconsiderati, non cessano di ardir insidie tra quei signori anzi colla sua malvagità hanno indotto la Principessa di Transilvania in un stato che sarebbe meglio che tali cose non fossero […], non castigandosi con tali huomeni inquieti il vostro prudente

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governo non e senza mancamento. Però in esecutione, ordino e comando che ciò si consideri molto bene, facendo cesar a trovar chi sono tra voi perturbatori della quiete per castigarli severamente ad esempio d’altri, affine che un’altra fiata alcuno non ardisca di levar la testa, e tra voi sarete si come si conviene uniti e concordj per conservar bene il vostro stato et ognuno non piegherà alla Germania”, poi gli ricorda “che il dipender da’ Germani comportò che alcuni luoghi della vostra provincia essendo popolate et habitati, sin al dì d’hoggi siano distrutti e diserti, fatti ricetti di fiere”, ma “da poi che vi havete fatti soggetti alla Felice Porta né anco un cattivo soffio di vento non vi ha infestati […]. Quando non sistemiate questo bene, non nelle vostre case, ma né anco né i monti non sarete sicuri. Là dove perché non trovate e per esempio d’altri non castigate gl’inquietatori maligni e tristi, essendo necessario levar di mezzo simili malfattori”. Alla fine lo avverte delle intenzioni della Porta: “Jl paese di Transilvania sin dal mio magnanimo suo Sultan Suliman ci è pervenuto in heredità, et è annesso allo stato nostro, si che immaginatevi bene, che se la Casa Ottomana restasse in due soli soldati, non cederà però mai ad estranei la Transilvania, che assolutamente sarà sempre difesa”[11].

I nobili ostili al piano dell’insediamento degli Asburgo nella Transilvania, ottenendo anche il consenso del governatore Stefano Bethlen, intervennero presso Giorgio Rákóczy, figlio dell’ex principe Sigismondo Rákóczy, per convincerlo ad accettare il trono[12] e lo assicurarono dell’appoggio degli “Aiduchi”. Ma il 28 settembre 1630, la Dieta di Cluj costrinse la principessa Caterina ad abdicare ed elesse come principe della Transilvania il fratello di Gabriele Bethlen, Stefano[13]. La scelta della Dieta e l’avvento di Stefano Bethlen al principato destarono lo scontento del Rákóczy. Sulla contesa insorta per il trono transilvano i veneziani furono informati dal loro rappresentante diplomatico e consolare a Costantinopoli, l’8 gennaio 1630 [1631]: “In Transilvania da Zorzi Ragozi Ongaro, che ha gran seguito d’Aiduchi viene turbato il possesso del Principato a Stefano Betlem, fratello del già Gabor, dapoi che la Principessa Catarina ne fece la renontia ai stati per passar nei proprij in Slesia a una vita quieta. Mostrava però questo Betlem di voler sostener se stesso e la libertà della Provincia, che l’havea eletto, come anche l’autorità della Porta che secondo l’ordinario l’havea confirmato, significando tutto ciò con proprie lettere al caimecan, et che li fosse riuscito di abboccarsi col suddetto Ragozi per veder con gl’ufficij et con ogni altro mezzo d’indurlo a retirarsi, che infruttuosa era riuscita ogn’uscita onde per ultima con lui havesse stabilito”[14].

Giorgio Rákóczy, forte dell’appoggio militare degli “Aiduchi” e sostenuto anche da Caterina di Brandenburgo, ottenne l’elezione quale principe da parte della Dieta di Sighişoara, il 26 novembre 1630, e ricevette dalla Porta anche il firmano sultaniale di conferma[15]. L’elezione di Giorgio Rákóczy fu fatta a nome del sultano e a dispetto degli

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Asburgo. Il fratello di Gabriele Bethlen, Stefano, e i suoi fedeli furono addirittura costretti a dare i loro voti al nuovo principe[16]. Questi, tuttavia, temeva il palatino d’Ungheria, il conte Nicola Eszterházy, il quale lo minacciò e insistette presso l’imperatore per indurlo ad avviare un’offensiva militare nella Transilvania. Sugli sviluppi della situazione, il bailo Giovanni Cappello informò tempestivamente le autorità centrali della Serenissima, con una lettera inviata da Costantinopoli in allegato al suo regolare dispaccio: “Per il Principato di Transilvania, l’Imperatore dopo la morte di Gabor la travagliato molto, perché fossero investiti il Palatino d’Ungheria, ovvero il secondogenito del Re di Polonia, il quale doveva mandare di qua un Secretario con rilevante somma di denaro per maneggiar questa pratica, hora dirsi, e questi stessi affermano, che questo soggetto non veniva più”[17].

Giorgio Rákóczy chiese l’aiuto del sultano. Il sovrano ottomano stava combattendo in Persia, perciò cercò di risolvere quanto prima il conflitto. Il Rákóczy ricevette l’inatteso aiuto del cardinale Pázmány, il quale consigliò l’imperatore a riconoscere Giorgio Rákóczy I come legittimo principe della Transilvania, per evitare che questo si alleasse con la Svezia. Il cardinale sperava che la sua buona volontà manifestata nei confronti di Rákóczy potesse riportare al cattolicesimo alcuni dei grandi signori calvinisti locali[18]. I contrasti con il palatino d’Ungheria, il quale mirava il trono del principato transilvano, terminarono con la vittoria di Giorgio Rákóczy I a Rakamáz nell’aprile 1631. Vi accenna anche il bailo veneziano, il 24 aprile 1631: “Vi sono avvisi freschi di Transilvania che le genti del Palatino d’Ongaria, in buon numero spintesi d’improvviso studiosamente con alquanti cannoni, sotto pretesto di visita a quei confini, per andar sopra gli Aiduchi, e costringerli coll’armi all’obbedienza dell’Imperatore, precedute il pensiero dal Principe Ragozi, si sia egli portato celermente a quella parte con buon nervo di brava gente, et li habbia risospinti e mal trattati con molte in due fationi di numero considerevole, e con acquisto di molte insegne”[19].

L’epilogo di questa vittoria segnò l’inizio a Kosiče delle trattative tra i rappresentanti del principe e quelli dell’imperatore. Fu firmato un trattato di pace (nel 1631) in 19 punti, tramite quale il principe Giorgio Rákóczy I accettò, secondo quanto stipulato nei tre punti segreti, di prestare giuramento di fedeltà all’imperatore e di non collaborare sul piano militare con gli Ottomani e i Tartari contro la Casa d’Austria, al fine di usufruire in cambio delle garanzie di pace e di tranquillità ai confini e di essere riconosciuto quale principe[20]. Questo trattato non fu certamente gradito dagli Ottomani: “mostrandosi la Porta poco soddisfatta del Principe Ragozi”, come nota in una sua lettera il bailo, il 28 febbraio 1632[21].

Le autorità veneziane, informate tramite il dispaccio spedito dal bailo da Costantinopoli, il 7 aprile 1633, furono avvisate delle intenzioni del principe Rákóczy di

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riaffermare la sua fedeltà verso la Porta Ottomana e di chiedere il aiuto militare per le imprese contro l’imperatore: “Le settimane passate giunse qui l’Ambasciator di Transilvania venuto col solito tributo, e in questi primi Divani si è presentato al Re, havendo veduti i Ministri del Governo e loro attestata la divotione del Principe e dipendenza della Porta, egli sperando di poter conseguir dechiaratione aperta da questo canto, ricerca almeno assistenza vigorosa dalla Provincia nelle sue mosse in Ongaria contro l’Imperatore”[22]. Il bailo seppe dei piani del principe Rákóczi, direttamente dalle sue lettere, come dimostrato dall’epistola inviata il 22 maggio 1633 ai capi della Serenissima: “L’Ambasciatore di Transilvania, dopo haver veduti li Signori Ambasciatori di Francia ad Inghilterra fu, subito a mia visitatione accompagnando con ufficij molto pieno e cortese le lettere che mi consegnò per parte del suo Principe; continua egli le pratiche per le assistenze scritte, questi del Governo, però in materia tanto gelosa si crede, procederan con molto riguardo e maturità a qualche conveniente sua soddisfatione che non rendi a Cesare sospetta la Porta”[23].

Un altro momento grazie al quale i rapporti tra il principe transilvano e l’imperatore Ferdinando III rientrarono nella normalità fu registrato con la chiusura del “dossier” delle questioni territoriali sorte tra i due stati. Il principe Rákóczy ricevette la fortezza di Munkács in cambio della somma di 20.000 guldeni[24], senza che essa fosse annessa alla Transilvania. Il trattato di pace di Eperjes tra Giorgio Rákóczy I e Ferdinando III d’Asburgo, firmato nel maggio 1633, regolava la contesa territoriale senza impedire però al principe di partecipare alla guerra di Trent’anni[25]. La normalizzazione dei rapporti con gli Asburgo gli consentì di occuparsi dell’eliminazione dei vari pretendenti al trono appoggiati dagli Ottomani. Il 3 settembre 1633, il bailo informò le autorità veneziane dell’aiuto dato dalla Porta ad alcuni degli avversari del principe Giorgio Rákóczi I: “I pensieri del Principe di Transilvania di portarsi con l’Armi sopra l’Ongaria pare sijno in procento per effettuarsi quando egli habbi di qua certa soddisfatione da lui grandemente desiderata, che doi principali baroni di quella Provincia con mal animo contra di lui fuggiti, e ricoveratisi dal Bassà di Buda, gli non sian rimandati, o fatti venir ala Porta, et impeditogli il ritorno nella Provincia sino che si trovi egli occupato nella heredità intrapossi mostra contentarsi di non haver da Turchi altra assistenza, che nei proprij stati per difesa e sostenimento quando si trovassino in pericolo”[26]. Uno di questi pretendenti fu Davide Zólyomi, il quale, all’insaputa del principe transilvano, cominciò a costituirsi un esercito personale, contrattando mercenari. Il principe riuscì a catturarlo a Târgu Mureş nel 1633, in occasione della convocazione della Dieta alla quale il nobile partecipò in qualità di generale dei siculi. Il ribelle fu messo in prigione[27], i suoi beni confiscati, il suo problema discusso nella Dieta; gli stati giudicarono che il principe non aveva rispettato i privilegi nobiliari dell’imputato,

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poiché questi non era considerato un pericolo per il trono. Sotto la pressione di Giorgio Rákóczy I, però, gli stati generali vararono le decisioni imposte loro dal principe. Un altro pretendente altrettanto pericoloso fu il figlio dell’ex principe Mose Székely, il quale ricevette l’aiuto della Porta, propensa ad intrattenere un duplice gioco diplomatico per mantenere un saldo controllo sulla politica interna ed estera promossa dal principe. Si afferma che il pretendente abbia ricevuto le insegne di principe nel 1634, ma con grandi sforzi diplomatici e finanziari, i quali domarono le azioni degli alti dignitari ottomani, il pretendente fu neutralizzato da Giorgio Rákóczy I.

Il più forte rivale si dimostrò l’ex governatore Stefano Bethlen, il quale rifiutò di prestare giuramento di fedeltà a Giorgio Rákóczy I, poiché riteneva che il trono spettasse a lui. Il principe tentò di obbligarlo all’obbedienza. Nel 1634, però, Stefano Bethlen si rifugiò presso il visir di Buda, rivolgendo al principe molteplici accuse compromettenti, tra le quali richiamava i punti segreti del trattato da esso firmato con l’imperatore. Le sue lamentele non tardarono di arrivare alla conoscenza della Porta che, nel febbraio 1636, decise di appoggiare il pretendente Stefano Bethlen, il quale, nel frattempo, tramite suo figlio, si assicurava che gli Asburgo non sarebbe intervenuto. Nell’aprile 1636, il bailo avvisò il rappresentante veneziano in Dalmazia delle intenzioni degli Ottomani di deporre Giorgio Rákóczy I dal trono transilvano; il motivo sarebbe stato la supposta devozione del principe transilvano verso l’imperatore: “[Gran Signore] esser pronto per assister alla deposizione del Ragozi Principe di Transilvania di cui la Maestà Sua si mostra mal soddisfatto, parendo che aderisca alla parte dell’Imperatore”[28]. Però, nell’agosto 1636, lo stesso bailo veneto ci assicura degli sforzi fatti dal principe transilvano per convincere gli Ottomani della sua buona fede nei loro confronti: “Quattro Ambasciatori di Transilvania hanno pur havuto audienza da sua Maestà due dal canto del Principe Ragozi e due per i stati della Provincia per occasione d’affirmar quei del Principe la sua vera continuata devozione et absoluta dipendenza dalla Porta, e quei dei Stati per attestarla, e significar le soddisfazioni della Provincia del buon governo, e della giustezza del Signor Principe per levar con tali ufficij accompagnati con degni presenti le opinioni”[29].

Nel settembre 1636, gli Ottomani, dal campo di Rakamaz, diffusero la notizia della deposizione di Giorgio Rákóczy I. Infatti, il 20 settembre 1636, il Provveditore di Candia fu tempestivamente avvisato dell’imminente rimozione del principe dal trono della Transilvania. Altresì furono ipotizzate alcune soluzioni per la sua imminente sostituzione: “Il Re non si moverà per passar in Asia se ben di Persia non vengono buoni avvisi, più tosto potria portarsi in Andrianopoli per dar calore alla depositione che si è qui risoluta del Ragozi Principe di Transilvania et eletione in suo luoco di Stefano Betlem, fu fratello del Gabor, o di Moyses Siculo che è qui nelle Torri del Mar Nero, essendosi data la cura di questo importante affare al Bassà di Buda con ordine di chiamar a se alcuni di quei Beglerbei et le loro militie, et Chinan Bassà di Silistria con quello che teneva nelle Campagne di Filipopoli”[30].

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Convocati d’urgenza, nello stesso mese, gli stati della Transilvania evitarono di dichiararsi apertamente in favore del principe, per paura della Porta. L’appoggio per il principe venne dalla parte dei rappresentanti di Matteo Bassarab[31], principe di Valacchia, i quali furono autorizzati a concludere un’alleanza di reciproco sostegno e difesa con Giorgio Rákóczy I. Nel frattempo, le truppe ottomane, accompagnando Stefano Bethlen, arrivarono a Salonta dove affrontarono le forze del principe transilvano, senza che il risultato della battaglia fosse concludente. La decisa reazione delle truppe di Rákóczy, favorita dalla notte e dalla fitta nebbia, provocò panico nel campo nemico e l’esercito ottomano fuggì fino a Gyula. L’8 novembre 1636, il rappresentante veneziano in Dalmazia fu avvisato della sconfitta degli Ottomani, ma la notizia venne scambiata a Costantinopoli per una vittoria della Porta: “Non debba restar di signifiar a Vostra Eccellenza che non essendo riuscita al Bassà di Buda l’impresa commendatagli dal Gran Signor sopra la Transilvania, di far seguir da quei stati la depositione del Principe Ragozi, e metterci altro in luoco suo inclinando questi a Stefano Betlem, stimandosi il negotio facile, che però è riuscito diversamente essendo stato rotto il Bassà di Agria e disfatte le sue genti con perdita del bagaglio e d’alquanti pezzi di Canon, tutto che da Buda sij stato rappresentato che la vittoria sia stata dal canto della Porta che le mando subito veste e spada certificatosi hora della rotta”[32].

La grande ”vittoria” di Giorgio Rákóczy I a Salonta (6 ottobre 1636) determinò la Porta ad avviare i negoziati per la mediazione di un’intesa tra il principe transilvano e Stefano Bethlen (ottobre-novembre 1636), quindi fu siglato un trattato che venne ratificato a dicembre dagli stati della Transilvania riuniti nell’Assemblea Generale di Orăştie. L’accordo prevedeva il ritorno di Stefano Bethlen nella Transilvania, il riacquisto dei suoi beni confiscati e per il principe l’obbligo di non mantenere rapporti di sottomissione con Viena e la Polonia, di restituire i soldi prestati e di pagare danni di 40.000 talleri al sultano e di 10.000 al caimecan. Con questo trattato Rákóczy ottenne la tranquillità da parte della Porta poiché le autorità ottomane cessarono ogni appoggio per i pretendenti al principato transilvano. Questo successo consentì a Rákóczy di consolidare il potere centrale e quindi di partecipare alla guerra contro gli Asburgo[33]. Sin dal mese di settembre, il diplomatico veneziano inviò notizie sulle trattative in corso per la riconciliazione con i pretendenti appoggiati dalla Porta: “Li Ambasciatori di Transilvania negoziano per la sicurezza nel principato del loro Principe Ragozi, facendo richieste che il fratello di Bethlem Gabor, che è in Buda, e Moyses Siculo, che si trova qui nelle Sette Tori, sijno consignati al lor[o] Principe per poter assicurarsi del loro mal animo o almeno che sijno rilegati in Rhodi, non sono per anco spediti, el havendosi qui il pensiero di rapacificar il primo col Principe Ragozi e far si che possi star ne[i] sui castelli, si ha spedito consilio a Buda per cavar

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l’assenso di detto Betlem et al ritorno gli sarà data la risposta formale, et quanto a Moyses pretendono che stando qui prigione habbi occasione il Ragozi di restar soddisfatto”[34].

Il 13 ottobre 1636, il bailo riferì al residente veneziano in Germania notizie sui negoziati tra Rákóczi e Stefano Bethlen: “Gran Signor si desistesse dal tentativo della mutatione di principe in quella Provincia […], che i stati erano risoluti prima di perdersi affatto che di acconsentir all’eletione di Stefano Betlem al Governo di quella Provincia, affermando che egli per conseguirlo, e per havere l’assistenza della Porta nelle congiunzioni che corrono, habbi offerto a questi Ianoa per dar in mano loro il motto di tutta la Transilvania, inoltre che l’habbi obbligato di dare doppio tributo annuo, et un donativo di 100 mila tallari che tutto doverà cavarsi da quei popoli. Da questo canto stano risoluti a detta mutatione sperando che le intelligenze di detto Stefano in detta Provintia habbino a facilitar l’impresa che resta comandata al Bassà di Buda, il qual senza dubbio con buone forze deve trovarsi ai confini della Transilvania, standosi perciò con grand’ ansietà attendendo avvisi della piega e progressi di questo importante negozio”[35]. Il 5 dicembre 1636, il Provveditore veneto in Dalmazia fu avvisato della “conclusione della Pace tra il Ragozi Principe di Transilvania et Stefano Betlem, ch’era assistito da questa Porta, alla quale dicesi, che per dar qualche soddisfatione, habbi promesso di duplicare il tributo, si che però non ho rincontro, anzi qualche relatione in contrario di quello”[36].

Nell’autunno del 1637, la Valacchia fu attaccata da Basilio Lupu, principe di Moldavia, che voleva mettere suo figlio, Giovanni, sul trono del principato, e Giorgio Rákóczy I intervenne a favore del suo alleato Matteo Bassarab, quindi le forze congiunte valacco-transilvane sconfissero le truppe degli invasori moldavi[37]. La riconferma di Giorgio Rákóczy I al trono della Transilvania da parte degli Ottomani, dopo la vittoria di Salonta, il rinnovamento delle alleanze con Matteo Bassarab negli anni 1638 e 1640 e la conclusione dei trattati di 1638 e 1644 con Basilio Lupu, nonché la consolidazione dell’autorità principesca permisero al principe di rispondere alle richieste degli ex alleati di Gabriele Bethlen e di partecipare alla guerra di Trent’anni. Tramite l’impegno militare nella coalizione antiasburgica, Rákóczy sperava di riacquistare i sette comitati di Partium e dell’Ungheria Superiore, passati agli Asburgo dopo la morte di Gabriele Bethlen e, nello stesso tempo, di consolidare la fiducia degli Ottomani nei suoi confronti svolgendo servizi a loro favore contro Vienna[38]. Questi obiettivi motivarono l’avvio delle trattative di Rákóczy con gli Stati della Lega antiasburgica. Il suo rappresentante, Bisterfeld, condizionò l’adesione del principe alla Lega dall’ottenimento del consenso della Porta e dal sostegno effettivo degli alleati; si chiedeva il versamento di un sussidio finanziario di 200.000 scudi e il supporto di 6.000 soldati. Inoltre, la Transilvania doveva partecipare a pieno diritto alle trattative di pace. Alla fine di luglio 1638, Francia inviò in Transilvania Charles

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d’Avaugour per esaminare le condizioni di un’alleanza. Alla fine di lunghe discussioni, nel novembre 1643, si concluse l’alleanza con la Svezia e la Francia. Questi due stati dovevano fornire al principe transilvano un sussidio annuale di 150.000 ducati e il pagamento necessario per l’arruolamento di 2.000 soldati. Un mese dopo la conclusione di questo trattato, il 12 dicembre 1643, la Porta rilasciava il firmano con il quale permetteva al Rákóczy di attaccare le truppe dell’imperatore Ferdinando III. Al principe transilvano doveva essere offerto il sostegno dei principi di Valacchia e Moldavia, ciascuno con 1.000 soldati[39].

Compiuti questi preparativi, il principe Giorgio Rákóczy I diede l’avvio alla campagna antiasburgica attaccando le forze imperiali nell’Ungheria Superiore. Al contempo anche l’esercito della Porta combatteva nella stessa area. Dopo qualche successo, non avendo il sostegno efficiente degli alleati, il principe subì la prima sconfitta a Galgóc, e ne seguirono altre. Egli non ebbe più successo nemmeno nel tentativo di determinare la sollevazione della popolazione ungherese per ottenere la libertà del protestantesimo; la nobiltà locale, passata nel frattempo al cattolicesimo, rifiutò di aiutarlo. In queste condizioni, anche se il 5 maggio 1644 Giovanni Kemény ottenne una vittoria a Drégelypalánk, con l’aiuto dei romeni e degli Ottomani, il principe capì che la campagna militare non sarebbe stata un successo e intuì che la vittoria poteva essere conquistata nel campo diplomatico[40]. Le preoccupazioni degli imperiali per l’eventuale scoppio di una rivolta dei paesani in Slovacchia, l’intervento più deciso degli svedesi nella guerra e l’interesse della Porta nell’ottenere la neutralità degli Asburgo, a causa del conflitto con Venezia, accelerarono la conclusione delle trattative di pace. Il principe Giorgio Rákóczy I ricevette dalla Porta l’ordine di cessare le ostilità. Presto si concluse la pace di Linz, il 29 agosto 1645[41].

La pace riportava alla Transilvania, per la durata della vita del principe, il controllo sui sette comitati ottenuti da Gabriele Bethlen a Mikulov (1622), oltre al diritto ereditario sopra i comitati Satu Mare e Szabolcs, e il riconoscimento della libertà religiosa dei riformati delle città e dei villaggi dell’Ungheria Superiore. Il trattato di Linz segnò un momento di rilievo per il prestigio internazionale del principe, un’estensione del suo territorio nelle aree occidentali e più considerazione da parte degli alleati riformati accanto ai quali partecipò al trattato di pace di Westfalia (1648)[42].

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Quando Giorgio Rákóczy morì alla sua tenuta di Sárospatak, l’11 ottobre 1648, la Transilvania, che era stata ammessa a partecipare ai dibattiti del trattato di pace di Westfalia, godeva già di una posizione politica importante nell’Europa Centrale. Giorgio Rákóczy I aveva progettato l’elezione del suo figlio minore, Sigismondo, quale re della Polonia e s’impegnò affinché la Dieta d’Alba Iulia, del 19 febbraio 1642, accettasse come suo successore il figlio maggiore, Giorgio[43]. Delle sue intenzioni e dei suoi sforzi per far eleggere suo figlio re di Polonia, Aurelio Boccalini informò le autorità veneziane, tramite le lettere inviate da Varsavia, il 12 agosto 1648: “Hebbe finalmente audienza l’Ambasciatore del Ragozzi in pieno Senato. Si condolse con la Repubblica della grave perdita, che si era fatta di Re cosi glorioso, e si diffuse in rappresentare il sentimento doloroso del suo Signore per le presenti turbolenze del Regno. Offerse aiuti poderosi, et assistenza di grosse somme di danari, qualche volte si fosse havuto in consideratione il suo minor figliuolo, che prontamente offeriva con intentione ch’in quel caso si sarebbe fatto Cattolico. Gli rispose Monsignore Gran Segretario assai brevemente, ringraziandolo a nome della Repubblica del Cortese ufficio di condoglianza, e dalle amorevoli offerte e qui si tacque senza passare ad altri impegni”[44]. La notizia della morte del principe transilvano sembra aver soddisfatto la Porta, se prendiamo in considerazione la testimonianza coeva di Giovanni Battista Brunacchi, del 12 novembre 1649 [1648]: “[…] Alli 26 d’ottobre è arrivata qui la nuova della morte del principe di Transilvania, per Valacchia, con grandissima allegrezza de’ Turchi che poi aspettano qualche Ambasciator del nuovo Principe di Transilvania, sopra la quale hanno molti pensieri, ma essendo impediti non parlano adesso troppo, pur sospirando”[45].

I documenti veneziani inediti analizzati, raccolti dai cospicui fondi archivistici conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, offrono nuove testimonianze su un periodo tumultuoso della storia del principato transilvano del XVII secolo, vale a dire ai tempi di Giorgio Rákóczy I, il quale, al di là della sua politica interna, con l’intervento nella guerra dei Trent’anni riuscì a conferire alla Transilvania un notevole prestigio internazionale. Il flusso pressoché continuo d’informazioni sulle vicende della Transilvania riportate nelle lettere che i rappresentanti diplomatici veneti presso la Porta spedirono regolarmente alle autorità veneziane attestano il grande interesse politico e strategico degli Ottomani per il principato nonché il grado di conoscenza delle realtà transilvane da parte delle autorità centrali della Repubblica di S. Marco.

 

 

 

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Appendice

 

 

I

 

5 gennaio 1629. All’Jllustrissimo Sagredo

 

Circa gl’affarii di Transilvania, venendo contestata con l’armi da Zorzi Ragozi Ongaro il Principato a Betlem, fratello del già Gabor eletto dalla Principessa Caterina, e sua retirata in Slesia a vita quieta e tranquilla mostrandosi […].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

II

 

[1629?] Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio Signor Osservandissimo

 

Li dì paassati fu in qua spedito in Transilvania un capigi, che oltre la conferma dell’investitura nella Principessa moglie del già Prencipe Gabor di tutti quei stati, che erano dal marito posseduti, portò a lei per nome del Re il stendardo, et vesti al cognato fratello del defunto hora Governatore di quei stati.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

III

 

Aleppo, 1630, 8 gennaio. All’Jllustrissimo Gritti

 

In Transilvania da Zorzi Ragozi Ongaro, che ha gran seguito d’Aiduchi viene turbato il possesso del Principato a Stefano Betlem, fratello del già Gabor, dapoi che la Principessa Catarina ne fece la renontia ai stati per passar nei proprij in Slesia a una vita quieta.

Mostrava però questo Betlem di voler sostener se stesso e la libertà della Provincia, che l’havea eletto, come anche l’autorità della Porta che secondo l’ordinario l’havea confirmato, significando tutto ciò con proprie lettere al caimecan, et che li fosse riuscito di abboccarsi col suddetto Ragozi per veder con gl’ufficij et con ogni altro mezzo d’indurlo a retirarsi, che infruttuosa era riuscita ogn’uscita onde per ultima con lui havesse stabilito.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

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IV

 

Aleppo, 1 maggio. Jlustrissimo et Eccellentissimo Signor, Signor mio Osservandissimo

 

È venutoo qui un Ambasciatore di Transilvania a nome di quella Principessa per render obbedienza alla Porta e rassegnarsi alla divotione e protetione di lei, da questi Ministri è stato ricevuto con buon termine et lumi soliti, essendosi inteso che a quella parte le [indecifrabile] che delli 7 Contadi dell’Ongaria uniti in tempo del già Principe Gabor alla Transilvania, tre effettivamente si siano dati in protetione dell’Jmperatore et li altri quattro si conservino fin hora in fede e divotione della Principessa.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

V

 

Sono capitati iin questa Città tre giovani venuti separatamente a vedermi; il primo disse esser Veneziano […] uno esser Milanesi, l’altro da lui creduto Veneziano, et soggetto di buona nascita per la lingua, e per le maniere, che tali lo manifestano; né discosi dimostrò haver maneggiati altri strumenti, mostrando mediocri intelligenze degl’affari di quella Provintia. […] Due giorni dopo vidi l’altro, che veramente intiera manifestava la sua piacerezza, in sostanza mi affermo quanto havevo inteso, dicendo inoltre esser suddito di Vostra Serenità, nato in Capo d’Istria, dove tiene un fratello partito coll’oggetto, e fini dell’altro, e con gli stessi ritornato in queste parti senza alcun affare, si raccomandò al mio patrocinio, e nel discorso dimostra ingegno, pratica, et intelligenza degl’affari di Germania e Transilvania, e per me saputo questi due soggetti, da riceverne da chi li adopera fruttuosi servitij.

[cifrato] Per iil Principato di Transilvania, l’Imperatore dopo la morte di Gabor la travagliato molto, perché fossero investiti il Palatino d’Ungheria, ovvero il secondo genito del Re di Polonia, il quali può doveva mandare di qua un Secretario con rilevante somma di denaro per maneggiar questa pratica, hora dirsi, e questi stessi affermano, che questo soggetto non veniva più. L’Imperator negli acquisti fatti in Germania non ha fatto gran capitale di denari, ma ben di gioie.

[A tergo]: 15 lluglio 1630 mv [more veneto], 21 Agosto, Costantinopoli–Bailo. Dà conto dell’arrivo in quella Città di tre giovani; uno disse esser Veneziano fuggito di Transilvania, uno Milanese, et l’altro creduto Veneziano, et dice quanto ha cavato da che, et da oltre, gratia ecc.

 

(ASV, Inquisitori di Stato, b. 416, cc. nn., originale)

 

 

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VI

 

Lettera del Bassà alla Principessa di Transilvania

Gloriosa et Egregia Caterina de Brandenburgo et Principessa di Transilvania

 

Dopo presentate le amichevoli salutazioni, che derivano dalla devota obbedienza nostra verso il felicissimo nostro Imperatore, amicamene si da notizia come da certi principali nelli nostri confini è pervenuti avvisi che dentro la Transilvania per istigatione d’alcuni malevoli e mal affetti, che se stessi non conoscono, e non intendono bene le cose sue, venendo persuasa a ciò, che non può essere colla credenza ad inimici, s’allontana dal canto Imperiale ad altri l’affetto, et l’inclinatione, così s’intende, e s’è vero, la fede e l’affettion nostra verso noi tendendo a scemarsi, tanto più si riempie la mente di pensieri. Questo non è fatto, che da voi si debba in alcun canto sperare. Credendosi il felicissimo Imperatore vi ha conferito il comando della Transilvania e v’ha impartito molte gratie e favori, et in ogni [indecifrabile] volendovi onorare, come in estremo noi v’amiamo, ha ordinato alle militie delli confini, che insorgono a oppressione delli vostri contrarij, e che siano d’ogni hora allestiti et apparecchiati, et se il felicissimo Imperatore v’ha fatta sua pianta particolare, io vi ho assonta in mia figliola, e non assentiremo mai che sentiate un minimo soffio di cattivo vento, hora non considerando queste cose inclinate come s’avvisa ad altri, et tal avviso fa grandissima impressione in noi, tanto più che sa Iddio che buona attestatione habbiamo fatto per voi avanti la Maestà Regia, la quale ne sta spesando et attendendo gli effetti; e se all’orecchie sue Imperiali pervengono simili fini come sarà più possibile risponder per voi, et difendervi e gran prudenza incurarvi di voi stessa e del vostro paese, e s’habbia per certo che venuti in certezza della vostra inclinatione ad altra parte, non si sopporterà ciò punto di momento. Jl felicissimo Imperatore vi ha fatto la gratia in riguardo della sincerità vostra, altremente non essendo mente regia che altri vi ponga il piede, e vi s’interessi, in quell hora s’haverebbe fatta altra provvisione. Non vi è noto in che stato s’è ridotta nel passato la Valacchia, rimossasi dalla servitù di quest’Imperio. Se fosse fermezza nella parola di quei doppij e falsi, vostro marito Bethlem Gabor non s’haverebbe fortemente tenuto a questa Porta e vi sia per esempio e norma il suo sincero modo di operare. Sin hora che è stato fedele a questa corona sempre sotto l’ombra della protetion Regia è vissuto in quiete, et in contentezza ha goduto lo stato libero da danni de’ nemici. Li favori conferiti a voi sono maggiori delli havuti da vostro marito, il quale, affaticandosi in servitio regio lealmente, ha non solo conquistato la gratia regia in più maniere, ma fu anco cagione che voi siate arrivata a quel seggio. La dove figliola mia sappiate che il prestar fede ad uomini doppij e finti non è di vostro riposo è di sicurezza del paese, e come propria figliola stimandovi, invigiliamo sopra a tutti alla vostra honorevolezza e voi non crediate ad una man di perfidi, non essendo per cader mai nell’animo nostro, che ingannata dalle malie et incanti di Stefano Zacchi, già dimorato e cresciuto nella Germania, non habbiate ad attender a non lasciarvi volar via la quiete. La provincia della Transilvania appreso il fidelissimo Imperatore è cinque volte più in protetione e custodia del rimanente dell’Imperio, e giurando a voi il paese per honorarvi, et essaltarvi, ve si ha procurato il comando della Transilvania se non l’insegnamento et l’interesse d’altri in essa Transilvania nella felicità Imperiale è molto facile ad ovviarsi. Da tutte quatto le parti i nostri esercitj son pronti et apparecchiati. Ragionate i vostri pensieri, e non comporterete cosa che non si spera a istigatione di maligni, e di quel Gentilhuomo. Se voi effettivamente siete fedele a questa Corona, e se credete che io habbia intrapreso l’impresa d’havervi in conto di figliola, guardatevi di non esser seduta e ingannata, per non pregiudiar alla vostra buona fortuna, anzi con bella manera punirete li seduttori, e con prestezza darete conto della vostra divotione et obbedienza colla notizia reale di

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tutti questi suuccessi e specialmente ragguaglierete il tutto con Zulfiar Agà. Hora sono apparecchiati et pronti li eserciti di tutti li confini, et hanno la mira al conto vostro, però se alcuno penserà di far insulto a voi o al vostro paese, subito avviserete, che immediate concorreranno ad ostar all’anemico. Ma se altremente sotto altro pretesto si farà venir militia, penserete bene in che foggia sarete causa di scandali, se perciò non attendiamo da voi pure se avviserà, il pentirsi in ultima non vole. Per tanto provvederete a liberarne da dubbij affine certificati della realtà vostra, non prentesumettiamo punto di far quanto potiamo in vostra honorevolezza.

 

(ASV, Inquisitori di Stato, b. 433, cc. nn., copia contemporanea, lettera allegata al dispaccio spedito dal bailo il 30 luglio 1630)

 

 

VII

 

Ordine Regio alla Transilvania. Al Governator de[lla] Transilvania, Stefano Betlem

 

Gionto che sia l’Eccelso segno Jmperiale sia noto, come dalli nostri confini è pervenuto, che nella Transilvania alcuni non stando in quiete e pace, per istigazioni d’huomeni imprudenti et inconsiderati, non cessano di ardir insidie tra quei signori anzi colla sua malvagità hanno indotto la Principessa di Transilvania in un stato che sarebbe meglio, che tali cose, non fossero, non ovviandosi a si fatte institui [lettura incerta] e non castigandosi cotali huomeni inquieti il vostro prudente governo non e senza mancamento. Però in esecutione ordino e comando, che ciò si consideri molto bene, facendo cessar a trovar chi sono tra voi perturbator della quiete per castigarli severamente ad esempio d’altri, affine che un’altra fiata alcuno non ardisca di levar la testa, e tra voi sarete si come si conviene uniti e concordj per conservar bene il vostro stato et ognuno non piegherà alla Germania.

Per il passato l’inconsiderato Principe Sigismondo discostandosi della figlie nostra Porta, volse render obbedienza alla Germania, poco curatosi della confederatione, e della pace, ma ne hebbe il giusto giusditione.

Ricordatevi bene, che il dipendar da Germani comportò, che alcuni luoghi della vostra provincia essendo popolate et habitati, sin al di d’hoggi siano distrutti e diserti, fatti ricerti di fiere.

Ma da poi che vvi havete fatti soggetti alla felice Porta ne’ anco un cattivo soffio di vento non si ha infestati, havendo havuto nelle vaste habitationi e stanze la gioia e l’allegrezza. Quando non istemiate questo bene, non nelle vostre case, ma né anco, né i monti non sarete sicuri. La dove perché non trovate e per esempio d’altri non castigate gl’inquietatori maligni e tristi, essendo necessario levar di mezzo simili malfattori.

Jl paese di Transilvania sin dal mio magnanimo suo Sultan Suliman ci è pervenuto in heredità, et è annesso allo stato nostro, si che immaginatevi bene, che se la Casa ottomana restasse in due soli soldati, non cederà però mai ad estranei la Transilvania, che assolutamente sarà sempre difesa.

Si come sin hora vi habbiamo difesi e protetti da ogni nemico, parimente anco in avvenire vi difenderemo, ma per voi sarebbe meglio che schivaste la venuta là dentro de i potentissimi nostri eserciti per soccorrervi, perocché il paese nel quale entra esercito, non è possibile, che resti senza danno. Per tanto starete avvertiti et avviserete a questa volta il tutto in diligentia, e per il passato sono stati spediti comandamenti a Buda, Bossina, Agria, Canisa, Temisuar, Vsia et al Re di Tartari,

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con ordine, chee habbiamo l’occhio, e l’orecchia a quelle parti, per soccorrervi con celerità senz’altri miei comandamenti se alcun nemico facesse alcuna.

 

(ASV, Inquisitori di Stato, b. 433, cc. nn., copia contemporanea, lettera allegata al dispaccio spedito dal bailo il 30 luglio 1630)

 

 

VIII

 

Illustrissimi et Colendissimi Signori, Signori Colendissimi

 

Li gioveni de’ quali nel passato dispaccio scrissi all’Eccellentie Vostre furono uditi da Mohamut Agà; a mia contemplatione egli mi fece riferire che seco trattarono di mutar fede, con desiderio d’intender in questo caso i loro trattamenti, et quello si potessero promettere, le rispose, che l’effetto sarà facile, et potriano del loro impiego restar paggi, et che facessero Capo co’l Caimecan. Dopo ne hanno tenuto proposito con Osman Efendi, confidente Ministro del Bassà, che né lo ha fatto sapere, né più oltre hanno proceduto. L’Ambasciator di Francia finalmente dopo molti giorni mandò il Segretario a dirmi, con un corto ufficio, che se havea informato di loro et ritrovava che erano giovani curiosi de veder paese senza talento di negocio. Dopo sono venute lettere da Sulficar Agà, che parti per Transilvania nel ritorno dell’Ambasciator di quella Principessa, come scrissi nell’Eccellentissimo Senato, mi esse riferisse haver nel camino rincontrato doi giovani con un servitor, i quali interrogati dissero esser dipendenti di esso Stefano Ciachi principale transilvano, di ordine del quale andavano in Valacchia, per provvisione de’ cavalli; soggiunge che giunto in Corte dimandò di loro, et non ritrovò l’incontro, onde sospettava che venissero a questa volta con negozio coperti. Questo avviso ha svegliato il caimecan, il quale illuminato per altera via delle pratiche, et diversi di costoro, ha fermato li doi […].

Hora a li due sopraddetti ritenti sono state tolte quelle scritture che all’improvviso li furono ritrovate in Casa. Questi subito mi fecero capitar l’avviso, et l’istanza delle colpe della ritentione loro ad alcuni Granatini, con quali erano soliti liberamente praticare. Il giorno seguente mandai il Dragomanno Grillo dal Bassà per intender del seguito i particolari, mi riferse de lui il sospetto in costoro, et per la visita, che per altro i feci chiedere, come scrivo nel Serenissimo Senato, me ne sarebbe tenuto proposito, come è o verso il giorno stesso, mentre dopo altri negocij, posto questo in discorso, mi fece legger una lunga lettera di Stefano Gabor cognato della principessa di Transilvania, nella qual narra al Caimecan il sospetto preso da Solficar, il dubbio della dipendenza di costoro dal Chiachi, spediti da lui per avventura non in Valacchia per cavalli, come dissero, ma alla Porta per trattar il matrimonio della Principessa con il Ciachi soddetto, che però si ostenino bene in loro andamenti. Che questo Ciachi è Cattolico dipendente dall’Imperator, che par che la principessa ne sia invaghita, et vi inclini con il consiglio de’ alcuni de Grandi, che si tratta per questo matrimonio far cader in mano dell’Imperator le fortezze di Tocai, et Moncaz, che tuttavia si conservano per la principessa perdita considerabilissima, che però si procuri stornarne l’effetto, et le negociationi, dopo me disse il costoro possono haver questi negocij nelle mani, voleano parlarne al Re, venirò in chiaro con alcune scritture che le sono state ritrovate. Jo con desiderio di saper di queste il contenuto, le dissi che potendo esser queste scritture in lingue diverse era necessario fossero riconosciute da persona sufficiente, et fedele per haverne la vera notitia, et perché presente a questi discorsi, oltre il Dragomanno Grillo, che interpretava, si ritrovava il Dragomanno Selvago, dimandò se questo intendeva ben la lingua Franca et latina, le disse che in queste et in altre era molto sufficiente, et

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perciò lle convenisse che dopo la partenza mia se ne restasse come fece, per veder le scritture soddette, continuando il Bassà a dirmi che la principessa era giovine, e di buon aspetto, et il Ciachi di bellissima presenza e buon termine, et perciò vi potria esser fra di loro alcun affettuoso concerto, che però si rimedierà di tutto, dovendo il Ciachi esser levato di vita, ovvero fatto esule dalla patria, con il castigo de’ suoi Consultori. Qui le considerai i pericoli ne’ quali si ritrova quella importantissima Provincia, dicendo che se si cammina di questo passo et con una soverchia confidenza potria un giorno venir qualche avviso di successo, al quale difficile per avventura sarà il ripiego; che la principessa ha bisogno di assistenza, perché non è ben circondata, et di forze per sostenersi in credito, et stima presso i Grandi, che da questo si comprendono i fini de’ Imperiali, tutto che di presente altrove applicati, et quello che fariano et faranno, mentre maggiormente si avanzano di potenza. Supplicando Serenità Vostra Jllustrissima per rilevanti interessi di Sua Maestà di diformar i proprij et frequenti riflessi sopra questa gelosissima et importantissima negocia disse sarà rimediato a tutto. Et circa la principessa, il Governatore fratello di Gabor, et Cognato di lei, non permetterà altra novità o prejuditio, per che saria un pregiudicar a se stesso, da che compresi che il Caimecan tiene buon concetto di questo soggetto, tutta che da parte sicura, per le informationi che viene da Jusuf Agà che li ha lungamente praticato, sia sospettissima di dipendenza dall’Imperator, et però io dirò a Jusuf che meglio sia primi il Bassà sopra ciò, et sopra le angustie della principessa, la quale ha scritto di qua, che per non esser più patrona del sigillo non si presti credenza a sue lettere, se non vengono con messo espresso, particolare di gran misterio, et quello che dicono di questi gioveni dirò più a basso, circa un patente che tiene dalla principessa soddetta con queste instrutioni. Risposi al caimecan esser necessario haver particolar notitia del genio de’ Grandi in quella Provintia, per che forse si troverà quello che al presente non si crede, che vi sono molti che aspirano a quel Principato, et una falsa fortuna all’altro, ma tutti a Sua Maestà, disse si sono dati buoni ordini, tutta passerà bene, soggiungendo essersi scordato dirmi di questi giovani ritenuti, come li è stato trovato una pietra De Zuar dismisurata, né mai più veduta grandezza, legato in oro, et havendoli detto il Caimecan questa esser cosa da principe, da oltre si comprendeva, che tenessero altre gioie de valore, responsero al Bassà crede forse Vostra Serenità Illustrissima noi con le catene intorno, che siamo mendichi habbiamo 30 mila reali di gioie, et parte delle quali sono entrati in serraglio per vendersi in buone piezarie, siamo mercanti venuti in queste parti per incontrar buona fortuna. Ho fatto riflesso sopra questo ardito concetto in un paese dove regnano l’avarie et le rapine, et vado discorrendo, che per avventura volessero con esso alterar l’animo del Bassà a miglior trattationi, ovvero servirsi di questo pretesto per non partir di qua così tosto, mentre non si havendo altro lume di loro, né fossero seriosamente incaricati. Jo considerai di costoro i detti molto diversi, e contraditorij, in diversi tempi proferiti, che era bene venirsi in chiaro, et né haveano negocio di prejudicio a Sua Maestà et suoi amici, mi rimetterò alla prudenza si Sua Signoria Illustrissima nel maneggiarlo, et conferirlo, se altrimenti il proprio era farli sgombrar dal paese quanto prima. Con questi termini mi promise il Bassà de regolarsi, et mi licenzi ai rilasciando il Dragoman Selvago per l’effetto sopraddetto che ritornato mi riferisse non haver trovato se non scritture particolari de note, riceveti conti de credito, et debiti di gioie con diversi in diverse parti per summa considerabile. Jn oltre, come ho sopraddetto, una potente ad uno di questi giovani, nominato Alessandro Mauri, et è il Milanese, come scrissi, nella quale si converte a capitani, officiali, et altri sudditi, et si pregano tutti li amici Turchi et Confidenti a prestar al medesimo nel camino ogni concordo, et favore, et di questa patente si è scritto alla persona mia confidente in Transilvania per il vero rincontro in tutti questi successi. Osservo un silentio del Signor Ambasciator di Francia et una retiralezza de’ suoi Ministri dalla Casa del Bassà, et cosi di quelli del Residente Cesareo, starò osservando quello che in questo negocio succederà per darne particolar notitia all’Eccelentia Vostra, come faccio di presente, senza altra replica nell’

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primo scritto dde quanto in esse si contiene intorno agli affari di Transilvania, per la comunicatione che con la loro somma prudenza giudicheranno con universale, et perciò qui aggiunto invio le copie de gli ordini saputi per non divider in altre corte la [indecifrabile] di questo negocio. Dopo scritte questo, stato ritenuto il capitan Davolo Turco Granatino, con il quale li gioveni soddetti praticavano, dopo licenziarla con piezaria. De Gratia a Vostra Signoria Eccellentissima, bacio riverentemente le mani.

Dalle Vigne di Pera, a 30 luglio 1630.

Di Vostra Eccelllenza Illustrissima.

Di Vostra Eccelllenza Osservandissimo et Humilissimo Servitor.

Giovanni Capelllo Bailo

 

(ASV, Inquisitori di Stato, b. 433, cc. nn., copia contemporanea, lettera allegata al dispaccio spedito dal bailo il 30 luglio 1630)

 

 

IX

 

1631, 29 febbraio. All’Eccellentissimo [Provveditore] General in Dalmatia

 

È giuntoo un Ambasciatore di Transilvania con il solito tributo.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

X

 

24 aprile 1631, all’Jllustrissimo Signor Console in Aleppo

 

Vi sono avvisi freschi di Transilvania che le genti del Palatino d’Ongaria in buon numero spintesi d’improvviso studiosamente con alquanti cannoni, sotto pretesto di visita a quei confini, per andar sopra i Aiduchi, e costringerli coll’armi all’obbedienza dell’Imperatore, precedute il pensiero dal Principe Ragozi si sia egli portato celermente a quella parte con buon nervo di brava gente, et li habbia risospinti e mal trattati con molte in due fationi di numero considerevole, e con acquisto di molte insegne. L’avviso è stato qui benissimo inteso, l’Ambasciator di quel Principe ben veduto accarezzato, e assicurato che non si manderà al suo Principe d’assistenza, et di già si sono inviati comandamenti nella Bossina et in ogni altra parte vicino alla Transilvania di ridursi i Bassà a Buda con le loro genti per uscir in campagna sotto il commando d’Abba, dichiarito generale delle militie, et a tal effetto gl’ è stato inviato una veste e spada, con ordine al Bassà di Buda assai innanzi negl’anni di fermarsi nella città a prendere l’esercito delle cose necessarie.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 223

XI

 

1631, 28 maggio. All’Jllustrissimo Console in Aleppo

 

Jl Bassà della Bossina, per ordini havuti dalla Porta, dovea incamminarsi con le militie di tutte quelle parti nelle Campagne di Buda per assistere alla Transilvania ad ogni mossa del Palatino d’Ongaria sopra i Aiduchi confinanti con quella Provincia, dipendenti dalla Porta, et il Bassà di Buda senza moversi dal posto doverà occorrendo somministrarle tutte le cose necessarie. Moscoviti, essendo spirate le tregue, hanno la guerra con Polacchi, di qua se li promette il favore di Morteia Bassà, e delli Principi di Moldavia e Valacchia, quanto restino sollevati dai moti di Transilvania.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn. , copia contemporanea)

 

 

XII

 

28 febbraio 1632. All’ Illustrissimo Pesaro, [Provveditore] General in Dalmatia

 

Mussà Baassà destinato [indecifrabile] in Grecia, doi giorni dopo la sua partenza fu richiamato per haversi qualche informatione da lui sopra le cose di Transilvania e di Ongaria, mostrandosi la Porta poco soddisfatta del Principe Ragozi.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIII

 

13 luglio 1632. All’ Illustrissimo Capitano General in Dalmatia

 

Vi ano avvisi ffreschi di Transilvania de’ progressi grandi dell’esercito dell’unione contro quello del Cesare; quel Principe eccita alla Porta a qualche aiuto per portarsi in Ongaria. Non è difficile, verificandosi di progressi che questi si risolvino a qualche assistenza per cavar profitto dal turbido in quelle parti.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIV

 

12 febbraio 1633. All’Eccellentissimo General in Candia

 

La via della guuerra in Polonia va innanzi e con essa le provvisioni gagliarde poiché il Beglierbei della Grecia tiene ordine di adunar tutte quelle militie per esser pronte alla marchiata in Andrianopoli ad ogni cenno di Sua Maestà, e per la discussione fatta saràn più di 180 mila spade.

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J Principi di MMoldavia e Valacchia si van’ allestando, quello di Transilvania anco ha ordine di mandar le sue truppe.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 111, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XV

 

Alli 7 aprile 1633. Alle Corti

 

Le settimane passate giunse qui l’Ambasciator di Transilvania venuto col solito tributo, e in questi primi divani si è presentato al Re, havendo veduti i Ministri del Governo e loro attestata la divotione del Principe e dipendenza della Porta, e gli di sperando di poter conseguir dechiaratione aperta da questo canto, ricerca almeno assistenza vigorosa dalla Provincia nelle sue mosse in Ongaria contro l’Imperatore.

Questi potrebbero permetter ai Bassà dei confini di renderlo con cauta maniera e come da loro assistito di qualche conveniente numero per sicurezza della provincia d’ogni invasione nella sua absentia senza passar più oltre, per non dar gelosia o pretesto all’Imperatore di romperla seco mentre faranno gran riflesso alla consistenza delle sue armi.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XVI

 

23 luglio 1633. Alle Corti

 

Di Transilvaniaa sono avvisi de’ progressi dell’esercito dell’Unione sopra quello dell’Imperatore, e quel Principe sollecita la Porta a qualche buona risolutione di assistenza a lui per portarsi in Ongaria, se tali progressi si verificassero potrebbe la Porta mostrarsi più risoluta che non ha fatto in passato buone occasioni per i loro vantaggi nelle fluttuationi della Eccellentissima.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XVII

 

23 agosto 1633. All’Jllustrissimo Console in Aleppo

 

Il Principe di Transilvania, rappresentando qui alla Porta i progressi dell’esercito dei principi uniti in Germania sopra quella dell’Imperator, desiderava [indecifrabile] et aiuti per invader l’Ongaria.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn, copia contemporanea)

 

 

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XVIII

 

A l’ultimo agosto 1633

Jlustrissimo et Eccellentissimo Signor, Signor mio Osservandissimo

Al Provveditor dell’Armata Morosini

Simile al Provveditor Bondn al Zante, et al Provveditor di Corfù Dolfin

Mutatis mutandi

 

Jllustrissimo SSignor de Strasbourg, che sotto Vostro Eccellentissimo Capello mio processore fu già altra volta a questa Città, in qualità di Ambasciatore del Re di Svetia, è ritornato qui già alcuni pochi giorni per negotij spectanti al Principe di Transilvania et alla Principessa Catarina, che fu moglie dell’altro Principe della stessa Provincia, et è sorella del marchese di Brandiburg, et della Reina di Svetia pur vedova, coll’esempio d’alcuni di questi signori Ambasciatori lo fatto visitare dandole la benvenuta del mio Principe [].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 111, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XIX

 

3 settembre 1633. Alle Corti

 

I pensieri del Principe di Transilvania di portarsi con l’Armi sopra l’Ongaria pare sijno in precinto per effettuarsi, quando egli habbi di qua certa soddisfatione da lui grandemente desiderata, che doi principali baroni di quella Provincia, con mal animo contro di lui fuggiti, e ricoveratisi dal Bassà di Buda, gli non sian rimandati, o fatti venir alla Porta et impeditogli il ritorno nella Provincia sino che si trovi egli occupato nella heredità intrapossi mostra contentarsi di non haver da’ Turchi altra assistenza, che nei proprij stati per difesa e sostenimento quando si trovasino in pericolo. Il Prencipe di Strasburgh, gentiluomo Suezzese che fu qui l’anno passato a nome di quel Re defunto, capitataci di nuovo le settimane passate si giudica per le soddisfationi del Transilvano, ha veduto il Visir con molto honore per la sua qualità privata e deve di breve esser di ritorno ai Principi Confederati in Alemagna.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XX

 

8 ottobre 1633. Alle Corti

 

Di Transilvaniaa non s’ha alcun avviso di mossa di quel Principe verso l’Ongaria.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 226

XXI

 

23 novembre 1633. All’Jllustrissimo Console in Aleppo

 

Sotto li 10 dell passato avvisai Vostra Signoria Illustrissima quanto si havea operato nel negozio di Betlem, et il Stato in che all’hora di trovava per incaminarlo in Aleppo […].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXII

 

1633, a 23 novembre. Al [Provveditore] General in Dalmatia

 

La settimana paassata è giunto qui un Ambasciatore di Transilvania con l’ordinario tributo e con ordini da quel principe di procurar assistenza di qua nelle mosse con armi che ‘l designa far contro l’Imperatore nell’Ongaria […].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXIII

 

1633, a 24 dicembre. Alle Corti

 

Le settimane paassate capitò qui un’Ambasciator di Transilvania, che oltre l’ordinario tributo ha dato a sua Maestà ricchi presenti particolare d’una carrozza di velluto tuta ricamata d’oro cum sei bellissimi cavalli.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXIV

 

22 maggio [1633-1634?]. Alle Corti

 

L’Ambasciatore di Transilvania, dopo haver veduti li Signori Ambasciatori di Francia ad Inghilterra, fu subito a mia visitatione accompagnando con ufficij molto pieno e cortese le lettere che mi consignò per parte del suo Principe; continua egli le pratiche per le assistenze scritte, questi del Governo però in materia tanto gelosa si crede procederan con molto riguardo e maturità a qualche conveniente sua soddisfatione, che non rendi a Cesare sospetta la Porta.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 227

XXV

 

12 aprile 1634. All’ Illustrissimo Signor Console in Aleppo

 

Ho inteso la caausa, perché non si havea havuta l’audienza dal Visir e potuto intendere quei particolari sopra gl’interessi di Betlem, che la venuta di questi padri ha posti ben in chiaro. Il negotio di Bethlem si trova in termini molto angusti per noi, mentre la prontezza de’ miei ufficij ha il contrapposto delle offerte grandi de’ greci, e qui si pretende summa considerabile di denaro, alla quale i Padri non hanno modo di supplire né anco per la metà, et v’è anch’essi le difficoltà grandi et i contrarij che per ogni resto circondano questo importantissimo affare, che dalla mia opera non sarà però mai abbandonato, secondo che si stimerà bene di proceder innanzi, havendo già fatto metter in Turco un ars, inquieto proposito per presentar al Caimecan, acciò le faccia pervenir al Re.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXVI

 

Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio Osservandissimo

 

[…] qui si atroova il Signor Giacomo Roussel[46] francese di nascita, di religione protestante, che si dimostra molto studioso del ben comune, et ottimamente intenzionato verso l’interessi della Serenissima Repubblica. Fu altre volte Ambasciator del Principe di Transilvania Betelem Gabor, et hora con quell’esempio desidera esser sostituito in simile carica qui alla Porta in luoco del presente Ambasciator di quelli Eccellentissimi Signori; promesse gran cose a favore della Serenissima Repubblica di che ho voluto dar parte a Vostra Eccellentia per sua informatione, non per altro oggetto con che li bacio con riverente et cordiale affetione le mani.

Dalle Vigne di Pera, al dì 20 di settembre 1634.

Di Vostra Eccelllentia.

All’Eccellentisssimo Signor Francesco Michiel, Ambasciator alli cotesti Stati.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 228

XXVII

 

1634, 26 novembre. Alle Corti

 

S’aspetta di breve un Ambasciator di Transilvania con l’ordinario tributo.

Al Caimecan è pervenuto che fra Transilvania di Ianoa e di Lippa sia seguito fatione di qualità considerevole con morte d’assai persone per parte e col peggio però de questi per pretensione de giurisdizione, il che ho sentito con dispiacere investigando hora l’origine e causa del disordine.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXVIII

 

24 aprile 1635. Alle Corti

 

È giuntoo qui un Ambasciator del Principe di Transilvania et ha portato l’ordinario tributo, essendo stato vestito da Sua Maestà a Scutari, et per questo si dice presto farà ritorno in quelle parti, havendo impreso i questi Ministri la devotione del Suo Principe e la sua prontezza a tutte le ordine della Porta.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXIX

 

10 marzo 1636. Alle Corti

Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio Osservandissimo

 

Sono partiti dii ritorno ai loro stati gl’Ambascitori di Ragusa, et parimente quei di Transilvania, parendo che la Porta non si trovi soddisfatta di quel Principe Ragozi, come soddisfatta mostra essere dei Principi di Moldavia e Valacchia, che ultimamente hanno mandato alla Maestà Sua gran quantità di danari, e regali degni a questi principali Signori del Governo, et a Vostra Eccellenza bacio riverentemente la mano.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 229

XXX

 

20 aprile 1636. Alle Corti

All’ Eccellentissimo Ambasciator

 

[Andare] alle pparti d’Ongaria et de[lla] Transilvania per mutatione del Principe Ragozzi, tenuto di poco buona disposizione alla Porta, et inclinato assai al Cesare per metter in luoco suo altro soggetto assai confidente di qua.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXXI

 

Aprile 1636. Al [Provveditore] General in Dalmatia

 

[Gran Signor] eesser pronto per assister alla depositione del Ragozi Principe di Transilvania di cui la Maestà Sua si mostra mal soddisfatto, parendo che aderisca alla parte dell’Imperatore.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXXII

 

Primo agosto 1636. Alle Corti

 

Quattro Ambasciiatori di Transilvania hanno pur havuto audienza da sua Maestà, due dal canto del Principe Ragozi e due per i stati della Provincia, per occasione di affirmar quei del Principe la sua vera continuata devozione et absoluta dipendenza dalla Porta, e quei dei Stati per attestarla, e significar le soddisfationi della Provincia del buon governo, e della giustezza del Signor Principe per levar con tali ufficij accompagnati con degni presenti le opinioni [lettura incerta] qui di pensar a mutazioni e novità in quelle parti. Et a Vostra Eccellenza bacio riverentemente le mani.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXXIII

 

30 agosto 1636. All’ Eccellentissimo [Provveditore] General in Dalmatia

 

L’Ambasciatori di Ragusa presto doveran far ritorno a loro signori […], quelli di Transilvania tirano innanzi bene la loro negotiatione per il stabilimento nel Principato del Prencipe Ragozi.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 230

XXXIV

 

12 settembre 1636. Alle Corti

 

Li Ambasciatorii di Transilvania negoziano per la sicurezza nel principato del loro Principe Ragozi, facendo richieste che il fratello di Bethlem Gabor, che è in Buda, e Moyses Siculo che si trova qui nelle Sette Tori, sijno consegnati al loro Principe per poter assicurarsi del loro mal animo o almeno che sijno rilegati in Rhodi, non sono per anco spediti, el havendosi qui il pensiero di rapacificar il primo col Principe Ragozi e far si che possi star ne’ sui castelli, si ha spedito Consilio a Buda per cavar l’assenso di detto Betlem et al ritorno gli sarà data la risposta formale, et quanto a Moyses pretendono che stando qui prigione habbi occasione il Ragozi di restar soddisfatto.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXXV

 

20 settembre 1636. All’ Illustrissimo Provveditor di Candia

 

Il Re non si mooverà per passar in Asia, se ben di Persia non vengono buoni avvisi più tosto potria portarsi in Andrianopoli per dar calore alla depositione che si è qui risoluta del Ragozi Principe di Transilvania, et eletione in suo luoco di Stefano Betlem, fu fratello del Gabor, o di Moyses Siculo, che è qui nelle Torri del Mar Nero, essendosi data la cura di questo importante affare al Bassà di Buda, con ordine di chiamar a se alcuni di quei Beglerbei et le loro militie, et Chinan Bassà di Silistria con quello che teneva nelle campagne di Filipopoli.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XXXVI

 

13 ottobre 1636. All’ Eccellentissimo General in Dalmatia

 

Essendosi da quuieto governo deliberata la depositione del Principato di Transilvania del Ragozi, pretendendosi che i stati da quella Provintia venghino a eletione d’altro soggetto a quel Principato, che a loro parerà, ma con risolute che capiti nella persona di Stefano Betlem, sono stati però inviati ordini al Bassà di Buda di maneggiar questo affare chiamando a se diversi sanzachi con le loro genti, e con buon numero di militie passar egli in persona ai confini della Transilvania per intimar a quei stati la risolutione del Maestà, e per farlo tornar buona con ogni mezzo entrando anche nel paese per costringerli con la forza; et si attende di breve avvisi della piega che prenderà questo importantissimo affare.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 231

XXXVII

 

13 ottobre 1636. Al Residente in Germania

 

Aggiungo a Vosttra Signoria Illustrissima sopra li affari di Transilvania quanto stimo conferir alla sua carica in vantaggio anco del suo degno e lodevole servitio. Questi Ambasciatori di Transilvania compreso anche quello del Ragozi, dopo haver passati efficaci ufficij con questi signori Ambasciatori di Francia ed Inghilterra, per interporsi appresso questi ministri acciò dal Gran Signor si desistesse dal tentativo della mutatione di principe in quella Provincia, e cavatone poco frutto senza haver mai fatto capo con me, né posto piedi in questa casa, né mandato altro de’ suoi a corrispondenza all’ufficio di cortesia e di creanza, che feci passar con essi per il servizio al loro arrivo in questa Città i mesi passati, si lasciano intendere che il Ragozi certo si difenderà, et che havrà modo di farlo, che i stati erano risoluti prima di perdersi affatto che di acconsentir all’eletione di Stefano Betlem al Governo di quella Provincia, dicendo che egli per conseguirlo, e per havere l’assistenza della Porta nelle congiunzioni che corrono, habbi offerto a questi Ianoa per dar in mano loro il morto di tutta la Transilvania, inoltre che l’habbi obbligato di dare doppio tributo annuo, et un donativo di 100 mila tallari, che tutto doverà cavarsi da quei popoli. Da questo canto stano risoluti a detta mutatione sperando che le intelligenze di detto Stefano in detta Provintie habbino a facilitar l’impresa, che resta comandata al Bassà di Buda il qual senza dubbio con buone forze deve trovarsi ai confini della Transilvania, standosi perciò con grand’ ansietà attendendo avvisi della piega e progressi di questo importante negozio.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn, copia contemporanea)

 

 

XXXVIII

 

[ottobre 1636]

Nelle lettere delle Corti

 

Alla presente aaggiungo che:

È giuntoo qui un gentiluomo spedito da Stefano Gabor, fratello di Betlem, et ha portato lettere e presenti per il Re, per il Bei Silictar e per il Caimecan, et ha negoziato cosi bene per il suo Principe che nonostante qualche difficoltà si è deliberato qui de assisterli, essendosi spediti ordini molto risoluti al Bassà di Buda di chiamar a se alcuni Sanzachi con le loro militie, et di avvicinarsi alla Transilvania, essersi dato ordine anche al Bassà di Silistria di andarsi verso la Valacchia per esser pronti ad assicurar, et per far che segua la deposizione del Principe Ragozi et che i stati delle tre provintie divenghino ad eletione d’altro soggetto, dovendosi esser aver proposti questo Stefano Gabor et Moyses Siculo, che è in questi zorni del Mar Nero; era fatta ogn’opera perché l’eletione sopra el Gabor, con ordine in caso di renitenza d’invader la Transilvania, e sperano questi oltre le sue forze di haver in quelle provintie qualche banda dei stati dipendenti da Stefano favorevole al loro disegno.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn, copia contemporanea)

 

 

p. 232

XXXIX

 

26 ottobre 1636. Alle Corti

 

Li Ambasciatorii di Transilvania, havendo intese le deliberazioni della Porta di voler far mutatione di quel Principe, essendosi già espediti ordini al Bassà di Buda a quest’effetto, hanno fatti passar efficaci officij appresso questi Ministri perché il Gran Signor desistesse dalla mutatione, et vedendo esser riusciti frustatorij hanno pubblicato che il Ragozi si sostenterà, et ch’haverà anco modo di farlo per l’assistenza dei stati risoluti più tosto di perdersi che di acconsentir a tal novità e di ricever a quel governo Stefano Bethlem, si sta però attendendo da questa parte ciò che haverà operato il Bassà di Buda, che con diversi sanzachi e seguito di millitie si trova ai confini della Transilvania, per questo importante tentativo stimato universalmente molto difficile, mentre massime si ha qualche confronto del detto delli Ambasciatori, che la maggior parte dei stati possi esser col Ragozi, il che si verificherà per le occupazioni di quel che hanno queste in altre parti non sarà difficile, che con qualche apparente pretesto si ritirino dalla detta impresa. Correndo voce che gli Aiduchi in numero di anco 4 mila habbino incontrato il Bassà d’Agria, che con 7 mila cavalli, e 1.500 pedoni era entrato nella Transilvania, et che dai detti Aiduchi gli sia stato dato rotta, con esser restato anco malamente ferito il medesimo Bassà, et disfatte quasi del tutto le sue genti […].

Se ben il Bassà di Buda per proprij suoi rispetti ha scritto diversamente da quello che si hebbe di Valacchia, che gli Aiduchi in Transilvania fossero stati resti e la vittoria fosse stata dal canto della Porta, per il che le fu di qua mandata veste e spada, hora certificatosi il Governo della verità, della rotta suddetta havuta, pensa di far metul [?] esso Bassà e mandar in suo luoco quello di Silistria, facendo ogni cosa il Caimecan perché coll’interpositione del Principe di Valacchia e con le di lui relationi delle humiliationi del Ragozi e sue supplicationi porsi il Gran Signor haver preteso da declinar con riputatione dal rigor e retirar da quella provincia le sue armi.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XL

 

8 novembre 1636. All’ Eccellentissimo [Provveditor] General in Dalmatia

 

Non debba restaar di significar a Vostra Eccellenza che non essendo riuscita al Bassà di Buda l’impresa commendatali dal Gran Signor sopra la Transilvania, di far seguir da quei stati la depositione del Principe Ragozi, e metterci altro in luoco suo, inclinando questi a Stefano Betlem, stimandosi il negotio facile che però è riuscito diversamente, essendo stato rotto il Bassà di Agria e disfatte le sue genti, con perdita del bagaglio e d’alquanti pezzi di canon, tutto che da Buda sij stato rappresentato che la vittoria sia stata dal canto della Porta, che le mando subito veste e spada; certificatosi hora della rotta pensa il Gran Signor di levar da quel Governo di Buda Cussein Bassà, e mandarci in sua vece Chinan, che hora è in Silistria, persona di maggior prudenza et esperienza, che haverà mira di conservar da ogni parte de confini la quiete e buona corrispondenza.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

p. 233

XLI

 

8 novembre 1636. Al Residente in Germania

 

Intorno li affari di Transilvania da questo canto si era deliberato, e doveva eseguir il Bassà di Buda per la depositione del Ragozi et eletione d’altro Principe al governo di quella Provincia, con speranza nella Porta di felice riuscita, avendo io col passato dispaccio portata ogni più distinta notizia a Vostra Signoria Illustrissima, hora se ben son certo che prima dell’arrivo delle presenti le sarà pervenuto quello che qui s’intende esser successo, non ho voluto restar per continuata sua informatione di questo importante affare di renderla avvisata di quanto possa per corrisponder anco all’amorevole confidenze che usa meco nelle Sue de 9 settembre, che ultimamente ricevo con la copia di quanto scrissi in pubblico sopra le cose di qua, et che mi e riuscita carissima e glie ne rendo pienamente gratie.

Con messi di Valacchia e di Moldavia qui capitati s’ha avuto che gl’Aiduchi, in numero di circa 5 mila, habbino incontrato il Bassà d’Agria entrato nella Transilvania con diversi sanzachi e con 8 mila persone, la maggior parte a cavallo spedito dal Bassà di Buda, per necessitar con la forza i stati ad abbracciar la resolutione del Gran Signor intorno la mutatione di detto Principe, et che da’ detti Aiduchi è stato rotto con perdita di buona parte del bagaglio e d’alquanti pezzi d’artiglieria, essendo state disfatte le sue genti, et egli medesimo gravemente ferito, con la fuga si sij salvato, il che vien però rappresentato diversamente con sui lettere dal Bassà di Buda, affermando egli esser stati fugati e tagliati gl’Aiduchi, et haver la Porta in quella fatione avuto vittoria, dando sicure speranze di felice riuscita dell’intrapresa per il che gli fu mandata veste e spada; se ben dopo certificatosi il Governo della verità del fatto, sentito con gran molestia, si pensa di far mesul [?] esso Bassà di Buda e mandato in suo luoco Chienan, che è Bassà in Silistria.

Il Caimecan fa ogni cosa acciò non si proseguiria innanzi da questo canto, mette perciò in opera il Valacco perché come da se s’interpona all’ajustamento, et attestando al Gran Signor con sue lettere e col mezzo de’ suoi Agenti le humiliationi del Ragozi e di voler continuar la sua divotione, possi nelle preparazioni che sia facendo nell’animo Reggio conseguir l’acconsentimento di Sua Maestà di declinar dal rigor, e far retirar da quella parte le sue armi con apparente pretesto di riputatione a supplicationi d’esso Valacco, conoscendo il Bassà cosi complire al servitio di Sua Maestà […].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLII

 

20 novembre 1636. Alli Residenti

 

Dopo si hebbi in lettere del detto Bassà di Buda che fatti entrar nella Transilvania altri sanzachi con buon numero de militie, comandate dal Bassà di Temisvar, habbi data la rotta agl’Aiduchi che venero ad assalir i Turchi, affermando egli che la Porta habbi avuto la vittoria per il che le fu mandata in segno di soddisfatione veste e spada, ma per via di Valacchia essendosi avutosi avvisi del tutti diversi, di quali si ha anche confirmatione della rotta avuta de’ Turchi con perdita di alquanti pezzi di canone del bagaglio del Bassà di Temisvar, che rimasi ferito con la fuga si fosse salvato,

p. 234

si tiene per ceerto che detto Bassà di Buda sarà levato da quel carico e forse anco castigato, dicendosi che in suo luoco andrà il Bassà di Silistria, questa successe con gran divertita et inteso da tutto il Governo et il Caimecan studiava ossia di modo da far seguir l’aggiustamento col Ragozi, valendosi in ciò dell’opera del Principe di Valacchia, et si tiene per certo che seguirà.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLIII

 

5 dicembre 1636. All’ Eccellentissimo General in Dalmatia

Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio, Signor Osservandissimo

 

Qui non èe; al presente altra novità, che la conclusione della Pace tra il Ragozi Principe di Transilvania et Stefano Betlem, ch’era assistito da questa Porta, alla quale dicesi che per dar qualche soddisfatione habbi promesso di duplicare il tributo, si che però non ho rincontro, anzi qualche relatione in contrario di quello. Ch’è seguito avanti la conclusione di detto accordo o pace, non devenirò a particolarità precise per quello, che come più vicino al Venetia ove sono seguite se haverà havuto notitia prima di me.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLIV

 

5 dicembre 1636. Al Residente in Germania

 

Per mala riusciita a questi nelle cose di Transilvania, e pace fatta da Cussein Bassà di Buda con poco decoro della Porta, se ben si pubblica che il Ragozi si sij obbligato a’ doppio tributo […].

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLV

 

28 dicembre 1636. Alle Corti

 

Dopo l’espeditiione che si fece di qua d’un Capigi Bassà al Bassà di Buda, con voce di portargli veste e spada in aggradimento apparente de’ suoi portamenti col Ragozi Principe di Transilvania, ma in effetto con ordini segreti (dopo che sij seguito l’aggiustamento della Pace tra esso Bassà et il Ragozi) di levarle la testa, non si ha havuto altro avviso con fondamento, se non quello che i giorni passati è capitato con messi del Principe di Valacchia, il quale rappresenta che si andava superando dal Bassà di Buda diversi difficoltà dando ferme speranze dell’aggiustamento

p. 235

della pace con buone conditioni per la Porta, segondando in ciò l’animo del caimecan che studia di mostrar al Gran Signor che in questo affare Sua Maestà sij in accanto grande reputatione.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLVI

 

31 dicembre 1636. All’ Eccellentissimo Signor General in Dalmatia

 

Non attrovandommi lettere di Vostra Eccellenza, né meno da Cattaro, mi ristringo ai pochi avvisi delle cose di qua che porto a Vostra Eccellenza coll’ordinaria mia devotissima honorevolezza. Dopo l’espeditione che si fece d’un Capigi Bassà del Re al Bassà di Buda, con voci di portargli veste e spada in aggradimento de suoi postamenti col Ragozi Principe di Transilvania, ma in effetto con ordini secreti di levarle la testa per essersi mal governato nelle nove d’armi in quella Provintia e nel negoziato di pace. Per via di Valacchia tiene egli sua vicino alla conclusione con molto vantaggio del Ragozi, ben che si pubblichi qui il contrario et che anzi habbi egli da far nove contributioni, oltre quelle che era solito annualmente mandate alla Porta, s’attende però di giorno in giorno.

 

(ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn., copia contemporanea)

 

 

XLVII

 

Varsavia, li XII agosto 1648

 

Hebbe finalmentte audienza l’Ambasciatore del Ragozzi in pieno Senato. Si condolse con la Repubblica della grave perdita, che si era fatta di Re cosi glorioso, e si diffuse in rappresentare il sentimento doloroso del suo Signore per le presenti turbolenze del Regno. Offerse aiuti poderosi, et assistenza di grosse somme di danari, qualche volte si fosse havuto in consideratione il suo minor figliuolo, che prontamente offeriva con intentione ch’ in quel caso si sarebbe fatto Cattolico. Gli rispose Monsignore Gran Segretario assai brevemente, ringraziandolo a nome della Repubblica del cortese ufficio di condoglianza, e dalle amorevoli offerte e qui si tacque senza passare ad altri impegni.

 

(ASV, Inquisitori di Stato. Riferte dei confidenti, b. 552 [Boccalini Aurelio, 1648, Polonia], cc. nn., originale)

 

 

p. 236

XLVIII

 

Estratto d’una lettera scritta di Costantinopoli a Vienna, a 12 novembre 1649 [1648]

 

[…] Alli 26 d’oottobre è arrivata qui la nuova della morte del principe di Transilvania, per Valacchia, con grandissima allegrezza de’ Turchi che poi aspettano qualche Ambasciator del nuovo Principe di Transilvania, sopra la quale hanno molti pensieri, ma essendo impediti non parlano adesso troppo, pur sospirano.

 

(ASV, Inquisitori di Stato. Riferte dei confidenti, 1643-1648, b. 556 [Brunacchi Giovanni Battista], cc. nn., originale)

 

 

 

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[1] Giovanni Capello, eletto bailo l’11 febbraio 1629, mantiene questa carica dal 1629 al 1633; Pietro Foscarini fu bailo dal 27 dicembre 1631 al 1637 e ambasciatore nel periodo 1640-1641; Alvise Contarini, eletto bailo il 4 marzo 1634, compì la carica tra il 1636 e il 1640; Girolamo Trevisan fu bailo fra il 1639 e il 1642, mentre Giovanni Soranzo fu bailo nel periodo 1642-1650 (Cfr. Maria Pia Pedani Fabris, Elenco degli inviati diplomatici veneziani presso i sovrani ottomani, Venezia 2000, pp. 34-35).

[2] Su questo argomento si veda il classico saggio di Paolo Preto, I servizi segreti di Venezia, Milano 1994.

[3] Sul principato di Giorgio Rákóczy I si vedano: Casimiro Freschot, Idea generale del Regno d’Ungheria; sua descritione, costumi, regi, e guerre; con i motivi dell’ultima sollevatione, invasione de’ Turchi, assedio, e liberatione di Vienna, e progressi dell’armi cristiane. Al Reverendissimo Padre Domino Pietro Sagredo abate, e Presidente Generale della Congregazione Casinense, Venezia 1684, pp. 79-85; Ioan Hudiţă, Répertoire des documents concernant les négociations diplomatiques entre la France et Transylvanie au XVIIe siècle (1636-1683), Parigi 1926; Idem, Recueil de documents concernant l’histoire des Pays Roumains tirés des archives de France, XVIe e XVIIe siècle, Iaşi 1929; Tahsil Gemil, Ţările Române în contextul politic internaţional (1621-1672), Bucarest 1979, pp. 87-130; Adriano Papo, Gizella Nemeth Papo, Storia e cultura dell’Ungheria, Catanzaro 2000, pp. 275-277.

[4] Jean Nouzille, Transilvania, zonă de contacte şi conflicte, Cluj-Napoca 1995, p. 166; Idem, Transilvania, zona di contatti e conflitti, Roma 1998, p. 189.

[5] Istoria românilor, vol. V, O epocă de înnoiri în spirit european (1601-1711/1716), coordinamento a cura di Virgil Cândea, segreteria scientifica a cura di Constantin Rezachevici, Bucarest 2003, p. 181.

[6] Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi sarà citato ASV), Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. [busta] 110, cc. nn. [carte non numerate].

[7] ASV, Inquisitori di Stato, b. 433, cc. nn. (lettera allegata al dispaccio spedito dal bailo il 30 luglio 1630).

[8] Ibidem.

[9] Ibidem.

[10] Ibidem.

[11] Ibidem.

[12] Istoria românilor cit., vol. V, p. 182.

[13] J. Nouzille, op. cit., p. 189.

[14] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn.

[15]Avram Andea, Susana Andea, Principatul Transilvaniei sub suzeranitate otomană (1541-1691), in Istoria României – Transilvania, vol. I, Cluj-Napoca 1997, p. 594.

[16] J. Nouzille, op. cit., p. 189.

[17]ASV, Inquisitori di Stato, b. 416, cc. nn.

[18] J. Nouzille, op. cit., pp. 190-191.

[19]ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 109, cc. nn.

[20] Istoria românilor cit., vol. V, p. 182.

[21] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn.

[22] Ibidem.

[23] Ibidem.

[24] Monete di oro o argento; fiorini.

[25] Istoria românilor cit., vol. V, p. 182.

[26] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn.

[27] Davide Zólyomi fu rinchiuso nella fortezza Chioar e i suoi beni, come quelli di altri avversari del principe transilvano, furono confiscati (Cfr. J. Nouzille, op. cit., p. 189).

[28] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn.

[29] Ibidem.

[30] Ibidem.

[31] Nel luglio 1635 Giorgio Rákóczy I firmò un trattato d’alleanza con il principe di Valacchia (J. Nouzille, op. cit., p. 189); su questo argomento si veda Victor Motogna, Epoca lui Matei Basarab şi Vasile Lupu, in “Cercetări istorice”, XIII-XIV, no. 1-2, 1940, pp. 471-477.

[32] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn.

[33] Istoria românilor cit., vol. V, p. 183.

[34] ASV, Bailo a Costantinopoli. Lettere, b. 110, cc. nn.

[35] Ibidem.

[36] Ibidem.

[37] J. Nouzille, op. cit., p. 191.

[38] A. Andea, S. Andea, op. cit., p. 601.

[39] Ibidem, p. 602.

[40] Ibidem; sulla partecipazione del principe transilvano alla guerra di Trent’anni si veda: Girolamo Brusoni, Dell’Historie Universali d’Europa compendiate da Girolamo Brusoni, Volume Secondo. All’Illustrissimo et Eccellentissimo Signore e Padrone Colendissimo il Signor Martino Vidman Nobile Veneto, Conte d’Orttemburgo, Libero Barone di S. Paterniano, e Sumerech, Vice Marescial, e Deputato della Carinthia, per Francesco Storti, con Licenza de’ Superiori, e Privilegio, Venezia 1657, pp. 69-75, p. 117; Georg Kraus, Cronica Transilvaniei (1608-1665), edizione a cura di Gheorghe Duzinchievici ed Eva Reus–Mârza, Bucarest 1965, p. 103; Paul Cernovodeanu, Transilvania şi Războiul de 30 de ani, in “Studii şi articole de istorie”, XXI, 1973, pp. 15-25; Cristina Feneşan, Transilvania şi Războiul de treizeci de ani, in “Anuarul Institutului de Istorie şi Arheologie din Cluj-Napoca”, XXVI, 1983-1984, pp. 119-139.

[41] A. Andea, S. Andea, op. cit., p. 602.

[42] Ibidem, pp. 602-603.

[43] J. Nouzille, op. cit., p. 197; nell’estate del 1624 la Porta ha ratificato la decisione della Dieta transilvana riguardante la nomina di Giorgio Rákóczy II come successore di suo padre, Giorgio Rákóczy I (T. Gemil, op. cit., p. 111).

[44] ASV, Inquisitori di Stato. Riferte dei confidenti, b. 552 (1648, Polonia, Boccalini Aurelio); si veda anche Cristian Luca, Alcune notizie veneziane riguardanti la storia dei romeni nel Cinque–Seicento, in “Annuario dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia”, IV, no. 4, 2002, pp. 349-355.

[45] ASV, Inquisitori di Stato. Riferte dei confidenti, 1643-1648, b. 556 (Brunacchi Giovanni Battista).

[46] Nel giugno 1635, Jacques Roussel fu inviato, in veste di emissario della diplomazia francese, alla corte di Alba Iulia per accertare le intenzioni del principe di Transilvania; Giorgio Rákóczy I, però, si trovava nell’impossibilità di agire contro l’Asburgo a causa dei suoi rapporti tesi con la Porta, che voleva rimuoverlo dal principato (P. Cernovodeanu, op. cit., p. 22); per i rapporti del francese con i Principati Romeni, si veda anche Andrei Pippidi, Tradiţia politică bizantină în ţările române în secolele XVI-XVIII, 2a edizione, revisionata e aggiornata, Bucarest 2002, p. 285 e la nota 267; Cr. Luca, Cristina Papakosta, Monumenta Graeca ac Veneta Historiae Romaniae (I), in “Quaderni della Casa Romena di Venezia”, no. 3, 2004, docc. I-Ia, p. 89.