L'IMPORTANZA DELL'ATTIVISMO

La fine dell'Ottocento è un periodo che pochi conoscono, è una delle grandi aree grigie della nostra storia: ci viene in mente qualcosa di vago intorno al caso Dreyfuss, al congresso di Berlino, a Crispi, ai cannoni di Bava Beccaris e poco altro.
Fu invece un gran periodo, intenso, ricco di fermenti culturali, aspre battaglie e grandi uomini: una ricca miscela da cui il nostro secolo calante è profondamente innervato.
La tendenza comune, anche da parte dei cattolici, è purtroppo quella di ricordare solo gli episodi "meno nobili" del periodo pre-conciliare della chiesa, mentre dovrebbero avere il coraggio di rivisitare le proprie radici per vivere un momento di rinascita culturale e un rapporto senza sudditanze psicologiche con le ideologie moderne.
Proprio l'Ottocento al suo calare ci ha donato una serie di fermenti che non solo meritano di essere conosciuti, ma da cui non ci è difficile prendere spunto per impostare una strategia per questi anni di difficile guado verso un nuovo millennio.
Non era certo facile vivere nella nuova Italia di quegli anni: tutto era da costruire o da ricostruire: l'arrivo dei Savoia aveva sconvolto in molti casi equilibri secolari e modi di vivere consolidati: una nuova classe dirigente spesso non all'altezza aveva creato situazioni d'insofferenza sociale e di scontento.

Ma il sentimento di più profondo scontento era dei cattolici: indipendentemente dalla pur gravissima questione romana (la scomunica dei sovrani piemontesi pesava come un macigno sulla formazione del "cittadino italiano" e ancor oggi ne sentiamo le conseguenze), i cattolici furono per un periodo piuttosto lungo gravemente, se non perseguitati, lesi nei loro diritti: furono sequestrate gran parte delle proprietà ecclesiastiche, subito incamerate da speculatori senza scrupoli, non risolvendo quindi il problema del debito pubblico e privando la Chiesa di preziose fonti di sostentamento. Inoltre si statalizzò il sistema di beneficenza e quello delle scuole, ruoli in gran parte svolti da istituzioni religiose, provocando in questo modo un collasso di questi due settori e un aggravamento della situazione delle classi sociali disagiate. In più, leggendo i documenti dell'epoca, si respira un clima fortemente anticlericale.

In questo contesto cresce ed opera un uomo di grande spessore: Giuseppe Tovini, beatificato dal Papa il 20 settembre dello scorso anno.


La sua non fu certo una vita facile: segnato in profondità dall'indigenza e dalla prematura scomparsa del padre, che lo costrinse ad occuparsi dei cinque fratelli minori, si impegnò a riscattarsi dalla sua misera condizione, cercando anche di portare conforto concreto a chi si trovava intorno a lui, senza mai scoraggiarsi.
Conseguita a Pavia una laurea a pieni voti sulle servitù prediali nel mondo romano e avviatosi la professione legale, nel 1871 diventa sindaco della sua nativa Cividate in provincia di Brescia: in questa veste promuove la fondazione di uno dei più antichi istituti di credito cattolici: la Banca di Vallecamonica; si attiva per la creazione di reti ferroviarie; si impegna per altre rilevanti opere pubbliche.

Nel 1878 fonda il "Cittadino di Brescia" e il "Comitato Diocesano dell'Opera dei Congressi". Da questo momento Tovini è instancabile: difende nella sua veste di consigliere comunale e provinciale di Brescia i poveri e i deboli; fonda opere pie, assistenziali, sociali; si adopera nel campo della stampa, del credito (Banco Ambrosiano e Banca San Paolo), della scuola.
E' proprio questo il campo preferito dal beato ("Le nostre Indie sono le scuole", afferma spesso volendo intendere che esse sono la base di vera ricchezza e stabilità per il nostro paese). E' strenuo difensore dell'insegnamento cattolico e della libertà d'insegnamento attraverso cui si possono formare nuove generazioni ad un serio impegno civile e sociale: molti oggi dovrebbero guardare a lui come ad un esempio nella soluzione dell'annoso problema del finanziamento alle scuole private.

Fu un uomo importante anche per la nostra città: a lui, per esempio, si deve l'arrivo dei Gesuiti all'Istituto Leone XIII e, in parte, la fondazione dell'Università Cattolica.
Ma ciò che per noi è più importante è la fondazione della "Unione degli studenti Bresciani", cui la Fuci si ispirò. La stessa Fuci fu da lui sostenuta alla sua nascita poco prima della sua comparsa nel 1897.

Torna