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MARZO 2002, QUALE FESTA DELLA DONNA?!!
Nell'inverno del
1908, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono
chiedendo migliori condizioni di lavoro. Lo sciopero durò alcuni giorni, finché
l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte dell'opificio e
imprigionò le scioperanti nella fabbrica, nella quale era appena scoppiato un
incendio. Le 129 operaie morirono, arse dalle fiamme. Fu Rosa Luxemburg a
proporre, in ricordo della tragedia, la data dell'8 marzo come giornata di
lotta internazionale. Certamente la donna ha di che dolersi della situazione di subalternità
a cui è costretta e la volontà di emancipazione e di uguaglianza con l'uomo, a
cui aspira è, non solo legittima, ma sorretta da pressoché universali e
autorevoli dichiarazioni di Organizzazioni Internazionali, umanitarie, sociali,
politiche; Carte dei Diritti; Costituzioni. Tanti proponimenti, tante parole,
tante dichiarazioni... inutili, poiché non è sufficiente la volontà di
giustizia per ottenerla, in quanto essa è strettamente legata alla realtà
socioeconomica in cui si trova. Dopo secoli di "progresso", la donna
dei Paesi industrializzati, lungi dall'aver conquistato la parità con l'uomo, è
anche mercificata e utilizzata come oggetto. L'associazione Senzaconfine e
l'Asgi Sicilia denunciano che 2/3 delle donne
nigeriane rastrellate in questi giorni in tutta Italia (circa 60 spesso
prese in casa e non sulla strada) in un'operazione contro la prostituzione e
l'immigrazione clandestina, e successivamente rinchiuse al Centro di Detenzione
Temporanea Serraino Vulpitta, sono
state fatte salire su un pullman con
tappa a Roma e destinazione Malpensa, da dove in giornata sono
state rispedite nel loro paese di provenienza.
E' stato impedito loro di chiedere asilo, come le poche (meno di
una ventina) rimaste al centro di
detenzione; è stato impedito loro anche di
poter avviare un percorso di reinserimento sociale per uscire dalla prostituzione. Per queste ragazze la
prossima tappa, una volta rimpatriate,
sarà il carcere; la cauzione per ottenere la
libertà raggiunge la cifra di un milione, cifra inaccessibile per le
loro famiglie, e il bisogno economico
le respingerà nuovamente nel circolo della
prostituzione; quelle di provenienza islamica rischiano anche la condanna
alla lapidazione, andando ad incrementare il numero infinito di donne
dimenticate che come Safya ogni giorno vengono condannate a morte. Nessuna garanzia è stata data alla loro vita
e alla loro libertà, poiché il console
nigeriano, rappresentante dello Stato in Italia, ha dato il nulla osta per il
loro rimpatrio dopo averle incontrate. Ancora una volta questo rimpatrio viola la legalità, nazionale e
internazionale: il divieto di deportazione,
che in questi casi dovrebbe scattare automaticamente, come sancito
dalla convenzione di Ginevra firmata
anche dall'Italia; e il divieto di espulsione, sancito, oltre che dalla
convenzione di Ginevra, dalla legge italiana stessa.Queste tragedie convivono
con il consumismo più sfrenato, ottenuto con lo sfruttamento atroce dei popoli
del cosiddetto Terzo Mondo, dove, per permettere il nostro consumismo muoiono
40.000 bambini al giorno per fame; dove la nascita di una femmina è vista come
una disgrazia per le misere famiglie che hanno bisogno di figli maschi, robusti,
per produrre il nostro consumismo. Altro che festa: questa
è l'innumerevole beffa che si aggiunge all'iniquità!