[questo scritto è del 1997 N.d.A.]
Per "strategia della tensione" si intendeva, soprattutto negli anni del terrorismo in Italia, una serie continua di fatti tragici o quantomeno drammatici volti a mantenere, appunto, il livello di tensione nell'opinione pubblica alto e costante. Questo stato di tensione aveva lo scopo di una preparazione continua alla rivoluzione che avrebbe dovuto togliere lo stato di cose esistenti e instaurare un nuovo potere. Questo è abbastanza chiaro, visto che già nell'antichità le rivoluzioni erano sempre precedute da periodi più o meno lunghi di agitazioni, ma, e questo è opportuno ricordarlo, non tutti i periodi di agitazioni portavano (fortunatamente o meno) a una rivoluzione (si pensi ai moti del 1848).
In un'epoca relativamente di pace (almeno in Europa Comunitaria) che stiamo vivendo, non ci sono più fenomeni macroscopici di rivolta, ma la strategia della tensione esiste sempre e ha ben precisi scopi. Su questo ha già scritto chiaramente Orwell che, nel suo "1984" leggeva sulla facciata del Ministero della Cultura "La guerra è pace". Questa frase paradossale era corretta nella logica di quel mondo poiché si trattava in realtà di una guerra continua e strumentale, volta a mantenere la popolazione sempre a un grado alto di insicurezza e tensione mediante il quale poteva essere controllata meglio e, anzi, essa perdeva del tutto istinti di ribellione. Orwell aveva ben vivi i ricordi dei regimi totalitari dei primi decenni del XX secolo, dove gran parte della propaganda era volta a discorsi di aggressione e conquista (conditi con altre ragioni di carattere nazionalistico e razzista). Nessun regime totalitario, infatti, riesce a sopravvivere se non ha un nemico, o vero o costruito apposta, perché altrimenti la popolazione, sapendo che non c'è nulla da temere, combatte per la libertà (visto che la pace è assicurata) Ritorniamo però nel nostro tempo e mostriamo come ci sia lo stesso una strategia della tensione nei nostri sistemi democratici, come essa viene mantenuta e i suoi scopi. L'ultima questione è la più semplice e la liquidiamo per prima: la tensione non serve ad altro che a mantenere la popolazione calma e a non desiderare altro che il mantenimento dello statu quo ed anzi, questo mantenimento, viene in questo modo salutato come il migliore dei possibili cambiamenti.
Questo è voluto.
Lo scopo della televisione è quello di farvi sempre credere di essere al limite, a una crisi, a un punto di svolta, a un disastro imminente o già avvenuto e, quindi, "catastrofico". Nel bene e nel male. Lo scopo è quello di rendervi sensibili alle grandi cose per rendervi insensibili alle piccole... e, siccome poi le cose veramente drammatiche accadono di rado (grazie a Dio), voi vi ritrovate a benedire questo sistema che vi garantisca lo stato attuale delle cose, senza sapere che lo stesso sistema vi ha fatto credere il peggio per poi farvi accontentare del normale. E' come se voi foste carcerati e vi si tenesse vivi con cibo scadente e scarso. Voi vi potreste lamentare. Ma se costantemente vi facessero credere che potreste anche non ricevere quello, e che anzi gli stessi carcerieri sono in pericolo di fame, voi vi ritrovereste a benedire quel brodo annacquato come se fosse una bistecca.
Questa evoluzione, divisa in comodità in quattro punti, in realtà ne può avere di più o di meno. Non ho pretese di esattezza su questo punto, il mio scopo per ora è quello di fare una descrizione a grandi linee, non una vera e propria analisi.
Per lancio intendo il fatto che dà inizio alla discussione. Questo fatto può essere qualunque fatto di cronaca o anche di costume. Vicino o lontano. Esempi di questi fatti sono: un rapimento, una cattura di un latitante, un terremoto, la clonazione, un incidente ferroviario o ospedaliero. La gravità del fatto in sè non è molto importante. Anzi, sono portato a credere che sia ininfluente. Ovvero non c'è alcuna differenza fra una notizia in cui non ci sono vittime e una con morti a decine. Questo fa parte del mezzo. Tutti i giornali hanno una prima pagina, ed anche i telegiornali hanno un'introduzione: se per dare una notizia "bomba" usano un tono drammatico e titoli a sei colonne, gli altri giorni non possono far altro che ingigantire notizie poco importanti o presentare quelle inchieste cicliche su cui stampare qualcosa; altrimenti sembrerebbe che non succeda mai nulla. Il lancio deve essere fatto in modo da eliminare qualunque effetto di calma apparente dei giorni precedenti. Quando cioè la notizia precedente è arrivata alla sua fase di dimenticanza. Naturalmente non pretendo di estendere questo discorso in modo generale. Ci sono veramente dei periodi drammatici in cui ogni giorno accade qualcosa di nuovo (pensiamo solo alla guerra in Iugoslavia ) ma sono rari e, comunque, fanno tutti parte della propaganda indiretta perché la maggior parte della gente, se non fosse per la televisione, penserebbe che tutto va bene, o, almeno, non sempre peggio come vorrebbero farci credere. Il lancio potrebbe essere anche "donato" dalla carta stampata alla televisione. Spesso molte statistiche neutre vengono usate per costruirci sopra un qualcosa di più mirato. A volte è un film "scandaloso" a fare la sua parte, o una scoperta scientifica o un caso umano (ma per i casi umani discuteremo dopo). Infine, il lancio potrebbe essere donato dal calendario. Un anno da quel tale avvenimento, un mese, venticinque anni... tutte le date tonde vanno bene.
Una volta che la notizia è lanciata bisogna toglierci tutto il possibile misurato in ascolto del tg e vendita di giornali. E' il momento appunto dello sfruttamento; per il quale, di solito, si chiamano in causa commentatori, psicologi, scienziati, sismologi, dottori, a seconda del campo della notizia. E' il momento anche delle considerazioni morali (se ce ne fosse bisogno, si pensi al lancio della notizia per la pena di morte per O'Dell o per la clonazione e la pillola abortiva) e allora si chiamano in causa preti e teologi in genere, scrittori e poeti, che, guarda caso, sono tutti d'accordo. Anche qui, se la notizia lo consente, è il momento della presentazione dei "casi umani". Se c'è stata un'alluvione non manca mai l'intervista alla vecchina che ha perso la sua casuccia, se c'è stato un incidente, interviste ai sopravvissuti, ai parenti delle vittime. Se c'è stato un sequestro, tentativi di intervista ai familiari del rapito che, quasi subito, chiedono il silenzio stampa (ma tant'è i giornalisti devono comunque far vedere la loro casa con le persiane abbassate, il citofono al quale, forse, risponde la domestica dicendo che non c'è nulla da dire). Naturalmente per sfruttamento si intende anche tutto l'indotto che si viene a creare: conti correnti nel caso di disastri naturali, raccolta di firme in genere per "indignazioni", marce per la pace, manifestazioni in genere, partite di beneficienza, tavole rotonde, dossier settimanali, reportage... tutto a seconda di come, e se, sta rendendo il lancio iniziale.
Ci sarà sempre il pazzo che si mette a sparare alla famiglia e poi si uccide, la Banda del Sabato Sera che si va a schiantare la Domenica Mattina, il treno che deraglia e la camera iperbarica che va a fuoco perché un cretino voleva scaldarsi le mani. Ma queste cose, voi, l'avete mai viste? Forse avete visto di persona un incidente stradale (ma, più probabilmente, ne avete visto gli effetti, quando la scena ormai era ingombra di detriti e vetri rotti ma niente più), ma dubito che abbiate mai conosciuto di persona la famiglia sterminata dal marito e, se anche l'aveste conosciuta, non sarete così ingenui da pensare che sia un fatto estremamente comune.
Tramite l'allargamento dei sensi, però, a voi sembra di esserci stati, di aver visto terremoti e inondazioni, treni sventrati da bombe o sdraiati dopo un deragliamento. Questo è il meccanismo con il quale vi si tiene costantemente in tensione. Tesi per far sì che non desideriate altro che vengano processati (be', prima trovati) i colpevoli, i responsabili. Vi ricordano qualcosa i riti del "capro espiatorio"? Anche in "1984" c'era qualcosa di simile: la "settimana dell'odio", durante la quale si scaricavano gli eccessi con il nemico (che nel libro era l'Eurasia, nei nostri giorni potrebbe essere la Mafia, la Malasanità, Tangentopoli ecc.). Voi state odiando, o comunque provando emozioni, per persone (o addirittura enti impersonali: ospedali, carceri...) che non avete mai conosciuto, per gli effetti delle loro azioni che avete visto solo in televisione, per fatti, infine, sui quali, il più delle volte, non avreste la competenza per giudicare.
Questo avviene di pari passo con l'allargamento dei sensi. Più cose infatti vengono considerate, più vi viene impedito di riunirle sotto un comune denominatore, affinché ne tiriate fuori il vostro giudizio. Non solo, ma siccome la propaganda indiretta è uguale per tutti (in realtà ci sono, è vero, molti telegiornali diversi, ma fanno sempre parte della stessa famiglia) voi vi ritrovate un terreno comune sul quale parlare con qualunque persona come voi succube di codesta propaganda.
Tutti quindi sanno qualcosa sull'effetto serra, sui pentiti, sul povero O'Dell condannato (sembra) ingiustamente o anche sul Papa che chiede perdono per i suoi predecessori che calcarono un po' troppo la mano con i dissidenti. Ma sono tutte cose, appunto, indirette. Se voi non guardaste la televisione non avreste questo terreno comune. Certo, ci sono i quotidiani, ma le foto (tra l'altro in bianco e nero: solo le prime pagine, a volte, sono a colori), non rendono bene e poi comunque il giornale ha la caratteristica di poter essere scelto (mentre un telegiornale bisogna guardarlo in sequenza, nulla ci impedisce di saltare la prima pagina di un quotidiano e guardare solo le notizie economiche o, in ogni caso, di sceglierci l'ordine). Se voi non guardaste la televisione, dicevo, avreste "più cervello" (in senso figurato ovviamente) per guardare con i vostri occhi quello che accade intorno a voi. Non si tratta di chiudersi al mondo, di mettere la testa sotto terra perché il mondo va male. E' proprio il contrario, anche se la propaganda indiretta vi fa pensare così. E' solo pensando con la vostra testa, senza impantanarvi nei "casi della vita" che ci sono sempre, che riuscirete ad avere una visione globale del problema. Senza certezze, certamente, ma anche senza pregiudizi.
E' inutile, infatti, chiedere a un pensionato cosa pensa della riforma delle pensioni. E' chiaro che dirà sempre di avere pochi soldi e che non ce la fa a pagare l'affitto. Non dubito che ci siano pensionati in quella situazione, ma l'errore è quello di farvi credere che il caso particolare sia generale, che tutti i pensionati siano bisognosi e che dunque, qualunque intervento sulle pensioni sia da abolire e condannare ad ogni costo.