RICERCA DI ECONOMIA REGIONALE DI
LORENZO BOLOGNINI Facoltà di Scienze Politiche - Univeristà degli Studi di Urbino email: rlbolo@libero.it | copy: copyright info |
Questa ricerca si propone di esplorare l'applicabilità del concetto di sviluppo
sostenibile alla città attraverso una ridefinizione del concetto stesso in rapporto
alle peculiarità degli agglomerati urbani. Nodo centrale di questo lavoro è
l'illustrazione delle procedure di integrazione delle politiche di trasporto
e di land-use. LO SVILUPPO SOSTENIBILE (DEFINIZIONE). La World Commission on Environment and Developement definisce lo sviluppo economico sostenibile come quella particolare condizione che consente la soddisfazione dei bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere il benessere di quelle future. Prendendo come indice di eco-compatibilità l'impronta ecologica di un Paese (che misura la differenza fra la disponibilità di risorse e il loro effettivo sfruttamento) risulta che l'Italia ha un deficit ecologico estremamente superiore al proprio capitale naturale, situazione resa possibile da massicce importazioni di materie prime. Ovviamente non è solo il superamento della nostra capacità di carico nazionale a condurci all'insostenibilità: la causa è, piuttosto, l'uso inefficiente delle risorse. I promotori della sostenibilità non auspicano, fatta eccezione per alcune frange ecologiste, un ritorno alle origini, una rinuncia allo sviluppo raggiunto, ma, piuttosto, una via diversa alla creazione di reddito, nella consapevolezza che non tutto ciò che è sostenibile si rivela efficiente, e viceversa. Riguardo alle possibili prospettive che gli attuali livelli di sfruttamento del pianeta potranno riservarci due sono gli orientamenti prevalenti: il modello pessimistico e quello ottimistico. Il modello pessimistico descritto da Jay Forester nel 1972 nel libro I limiti dello sviluppo, afferma che entro 100 anni il nostro sistema, se manterrà gli attuali standard di crescita economica, arriverà al collasso. Due potrebbero esserne motivi:
LA DIMENSIONE LOCALE. L'esigenza di un forte aggancio del tema dello sviluppo sostenibile al territorio, a livello sia regionale che urbano, comincia a essere sentita fin dal 1976 quando, su iniziativa dell'ONU si tenne a Vancouver (Canada) la prima Conferenza sugli insediamenti umani Habitat I seguita venti anni dopo da Habitat II (1996) tenutasi a Istanbul (Turchia) dalle quali è risultato chiaro come la risoluzione dei problemi ambientali globali dovesse partire, per essere efficace, da una dimensione locale e con la collaborazione di tutti gli stakeholder. Nel 1994 la Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi in Danimarca (cui hanno partecipato un'ottantina di amministrazioni locali) ha portato alla firma della Carta di Aalborg attraverso la quale le città sottoscrittrici si impegnano ad elaborare, a livello locale, piani di azione a lungo termine per uno sviluppo durevole, socialmente equo e ambientalmente sostenibile(2). Le Nazioni Unite stimano che il 50% della popolazione mondiale vive in città, ma la percentuale sale all'80% se consideriamo i soli Paesi industrializzati. Sono questi i dati che, rendendo superfluo qualsiasi commento, costituiscono il carburante per l'avvio di quel processo di discussione critica del nostro stile di vita che ci ha portati all'inserimento della sostenibilità fra gli obiettivi prioritari, e comportato adozione di soluzioni concrete, all'interno delle città, per il suo reale realizzo. L'approccio peculiare alla sostenibilità dell'ecologia urbana ha come scopo il raggiungimento dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse economiche e ambientali così da tendere a giustificare in pieno il motivo storico, eminentemente pratico, per cui le città sono state create: la massimizzazione delle economie di agglomerazione. Le città, nel mondo attuale, raggruppando la maggior parte delle attività economiche e abitative costituiscono, di conseguenza, i luoghi dove vengono prodotte la maggior parte delle emissioni inquinanti e dove si consuma la rnaggior quota di energia. Ma, come osserva Camagni(3a) il trade-off stretto fra sviluppo economico e qualità ambientale deve essere messo in discussione quando si analizzino due fra i caratteri fondamentali della città, cioè quando la si consideri:
Affermare corre fa Rees (1992) e come fa Alberti (Alberti et al, pg 23) che se la popolazione mondiale fosse capace di vivere entro limiti imposti dalla capacità di carico regionale, il risultato netto sarebbe la sostenibilità globale, appare un'affermazione del tutto soggettiva, in due sensi: innanzitutto il consumo di suolo richiesto da un modello di questo genere sarebbe elevatissimo, data la ridotta densità che imporrebbe agli insediamenti; in secondo luogo non si tratta di non essere capaci di vivere in modo diffuso ma dal fatto che tale modello insediativo non appare il più efficiente e sostenibile non dal punto di vista della produttività, né da quello dell'interazione fra gli uomini (altrimenti lo vedremmo realizzato). PRINCIPI, AMBITI, OBIETTIVI E VARIABILI PER IL RAGGIUNGIMENTO DELLA SOSTENIBILITA' URBANA(3e). Principi di sostenibilità urbana:
LA FORMA URBANA (3g). Quando si parla di forma urbana non si deve pensare solo alle sue caratteristiche esteriori: una città, infatti, oltre ad essere un luogo fisico, è una rete di relazioni. Intervenire sulla forma per adeguarla ai principi di sostenibilità significa allora modellare entrambi gli aspetti (materiale e immateriale) avendo coscienza della loro stretta interdipendenza e puntando, più che su vuoti standard quantitativi (modelli globali, taglie ottimali, ecc...) su caratteristiche qualitative che massimizzano l'efficienza della città ponendo particolare attenzione alle sue peculiarità (topografiche, di ambiente naturale e costruito, dell'attività umana al suo interno).
Variabili territoriali che influenzano la realizzazione dei progetti di sostenibilità urbana:
Fino ad oggi due sono i principali modelli che i pianificatori della città sostenibile hanno adottato: il policentrico e quello a cinture verdi (green belts). Entrambi hanno conseguito risultati interessanti ma non si può certo dire che, presi singolarmente, rappresentino un ideale. Il policentrismo, in particolare, ha comportato:
Una ragionevole proposta per la progettazione di una forma urbana sostenibile potrebbe, dunque, essere quella di Paola Deda che tenta una fusione tra le due direttrici di sviluppo e che chiama policentrismo a cintura. Il grafico di seguito riportato chiarisce bene le differenze fra i tre modelli di sviluppo (3p).
Ma seppure, finora, il policentrismo a cintura può risultare la migliore soluzione al problema della sostenibilità, l'obiettivo che persegue di densificazione dei centri che lo compongono (in modo da disporre, al loro interno, del più ampio mix di funzioni possibile) dovrà applicarsi ragionevolmente: se da un lato potrebbe evitare fenomeni energeticamente inefficienti di espansione dello sprawl urbano, da un altro potrebbe, nelle aree centrali, congestionare la città peggiorando sprechi e consumi. "I vantaggi ambientali (tralasciando quelli finanziari) dello sviluppo compatto rispetto a quello diffuso sono stati valutati in termini di differenze dal 20 al 50% in meno di inquinamento atmosferico legato alluso dell'auto; dall'8 al 44% in meno di consumo energetico (in primis per la riduzione del traffico); circa il 35% in meno di consumo di acqua; riduzione dell'erosione di suolo, aumentata preservazione dei terreni agricoli e de/le aree natura/i (Sayer, 1994)" (3h).Per quanto riguarda, invece, le aree di frangia della città (che comprendono aree rurali a bassa densità abitativa) la ricerca della sostenibilità dovrebbe mirare ad una loro riqualificazione attraverso:
I TRASPORTI. Scopo delle politiche trasportistiche sostenibili è la riduzione della mobilità inter e intraurbana, attraverso la disincentivazione dell'uso dell'automobile privata e la promozione delle modalità di trasporto alternative, in modo da impedire il ritorno ai fenomeni di congestione urbana degli anni '60-'70 (3l) IL BREVE PERIODO. Road Pricing: sistema di disincentivazione del traffico che si basa sul principio del polluter pays. Applicato a Singapore fin daI 1976 è stato di recente (1992) sostituito dall'ERP (Electronic Road Pricing) che prevedo la variabilità del pedaggio in base: a) al livello di congestione urbana di quel momento; b) al tipo di veicolo utilizzato; c) alla frequenza con cui l'utente utilizza il veicolo su quella tratta stradale. Il pagamento è effettuato attraverso smart cards prepagate, applicate ai veicoli, e da cui vengono automaticamente decurtati, ad ogni passaggio del casello elettronico, gli importi dei pedaggi. Car Pooling: le misure di questo tipo incentivano l'uso dell'auto da parte di più persone attraverso l'istituzione di parcheggi o di corsie preferenziali per le vetture pooled. Park and Ride: questo sistema prevede, al fine di evitare il congestionamento delle vie centrali della città, l'istituzione di parcheggi intorno al centro e di servizi bus-navetta. Di recente esperienze di questo tipo sono state sperimentate a Trento, Padova e Lucca; la frequenza delle corse della navetta nella città di Padova è di 6 minuti, cui vanno aggiunti 5 minuti di cammino per raggiungere il centro (4). Incentivazione delle modalità di trasporto alternative: la città di Seattle (WA) ha messo a punto per il 1998 un piano strategico per la gestione del traffico il cui obiettivo principale è l'incremento delle alternative al trasporto con auto privata attraverso il potenziamento del servizio pubblico e l'incremento della sicurezza per ciclisti e pedoni. A Seattle si calcola che le auto in circolazione siano 350 mila mentre 180 mila sono le persone che non dispongono (perché troppo giovani, troppo vecchie o semplicemente sprovviste di patente) di auto privata: in questi dati risiede l'evidenza immediata dell'importanza di una corretta gestione del traffico nella città. Le persone che prediligono la bicicletta o si spostano a piedi per raggiungere il posto di lavoro costituiscono il 10% dei residenti; il 31%, invece, usa l'autobus, ma si prevede che questa percentuale potrebbe raggiungere il 50% nel caso in cui venisse razionalizzato il servizio pubblico. Le politiche di incentivo agli spostamenti a piedi o in bicicletta consistono essenzialmente nell'incremento della sicurezza della loro circolazione, tramite una corretta illuminazione delle strade, la costruzione di corsie loro riservate, il rallentamento della velocità del traffico (attraverso l'imposizione di limiti o la costruzione di dossi artificiali); ecc... ( 5) IL LUNGO PERIODO.(6) L'aggancio delle politiche trasportistiche ai criteri di land-use è oggetto della pianificazione di lungo periodo della città e ne costituisce l'aspetto più prettamente territoriale. Al proposito la Gran Bretagna ha pubblicato nel 1994 a Planning Policy Guidance, Note 13: Transport, un documento opera del lavoro congiunto del DOE (Department of Environment) e del DOT(Department or Transport) che fissa delle linee guida che, sostengono, potrebbero ridurre entro 25 anni le emissioni di carbonio del 15%. Il principio sottostante questo documento è quello del Right Business in the Right Place: le località vengono classificate in base ai loro profili di accessibilità in A (molto ben servite dai trasporti pubblici); B (servite di infrastrutture di trasporto pubblico e privato di buona qualità); C (ben collegate con la rete stradale ma non adeguatamente servite dal trasporto pubblico). In sostanza le attività ad alta intensità di utenti dovrebbero essere localizzate nelle zone A mentre quelle a bassa intensità nelle zone C. A integrazione del principio del Right Business in the Right Piace conseguirà un'adeguata politica dei parcheggi e di generale disincentivo all'utilizzo dell'auto come quelle di cui ho già brevemente accennato per il breve periodo. Per quanto riguarda i parcheggi, per esempio, si ritiene che la giusta misura, nelle località di tipo A, sia di non più di 10 posti per ogni 100 utenti. TECNOLOGIE EFFICIENTI, RIUSO, RICICLO. Da sempre al centro del dibattito sullo sviluppo sostenibile il tema del riuso e del riciclo dei rifiuti rientra anch'esso nella pianificazione della città ecologica. Fra gli esempi più recenti, certamente, Londra rientra a pieno titolo fra i più interessanti: un impianto situato ad Edmonton, incenerendo circa l'11% dei rifiuti domestici londinesi e generando circa 150 mila MW all'anno, costituisce un'eccellente soluzione ai problemi di stoccaggio delle immondizie e, contemporaneamente, al risparmio energetico. Un altro impianto, il SELCHP (South East London Combined Heat and Power) raccoglie 420 mila tonnellate di immondizie dai quartieri del sud-est londinese generando 29 MW l'anno e, nel contempo, provvedendo al riscaldamento di 7500 abitazioni, alcune scuole ed altri edifici. Il governo, inoltre, ha richiesto ai quartieri la redazioni di recycling plans per il raggiungimento dell'obiettivo del riciclaggio del 25% dei rifiuti urbani entro la fine di quest'anno, fissando contemporaneamente alcuni principi tra cui il trattamento delle immondizie nei luoghi più prossimi alla loro produzione al fine di ridurre gli effetti inquinanti ed i disagi associati al loro trasporto (3n). Ma, certamente, l'esempio più perfetto di efficiente sfruttamento delle risorse naturali, di riuso e riciclo, è la città di Kalundborg in Danimarca. l'ecosistema industriale di questo piccolo paese, nato spontaneamente e gradualmente perché economicamente vantaggioso per tutti i suoi partecipanti, risale a 27 anni fa. Le rigide norme di tutela ambientale del nord Europa e il diminuito spazio disponibile per le discariche stimolarono già da allora le aziende a trovare impieghi alternativi ai loro materiali di scarto. Kalundborg è sede di quattro grandi industrie: Asnaes Power Station, una centrale elettrica alimentata a carbone; Novo-Nordisk, una fabbrica di enzimi e prodotti farmaceutici; Gyproc, una fabbrica di pannelli di carton-gesso; Statoil, una raffineria. Asnaes produce elettricità generando vapore utilizzato dalla Statoil per riscaldare i propri oleodotti (coprendo così il 40% del suo fabbisogno di calore) e dalla Novo-Nordisk (che copre così il 100% del proprio fabbisogno di energia termica) come fonte di pressione e calore. Il resto del vapore è distribuito a un allevamento di pesci e alle case (che si prevede saranno riscaldate tutte così entro il 2005). In questo modo l'efficienza del carbone utilizzato dalla centrale elettrica è salita dal 40% a più del 90%. Gyproc, invece, beneficia del vapore della Asnaes e del solfato di calcio prodotto dai suoi filtri installati per ridurre le emissioni di zolfo. Il gas, sottoprodotto del processo di raffinazione della Statoil, passa attraverso un processo di desulfurizzazione dal quale esce lo zolfo solido (utilizzato dalla Kemira Acid, una fabbrica della Jutland) e il gas desulfurizzato, utilizzato da Gyproc e Asnaes invece di essere bruciato. In questo modo Asnaes risparmia 30 mila tonnellate di carbone all'anno mentre Gyproc copre il 95% del suo fabbisogno di gas. Statoil, inoltre, fornisce le proprie acque di scarto a Asnaes per il raffreddamento dei suoi boiler (che copre così il 75% del suo fabbisogno d'acqua). Novo-Nordisk fornisce gratuitamente la propria fanghiglia di scarto, ricca di azoto, agli agricoltori locali, che così arrivano a risparmiare circa $50.000 l'anno di fertilizzanti ciascuno. E proprio la città di Kalundborg potrebbe costituire un eccellente spunto per approfondimento dello studio dello sviluppo sostenibile sotto un ottica territoriale, così come raccomanda Jesse Ausbel: Spesso le regioni geografiche possono costituire una buona base per applicare i principi di ecologia industriale (7). Le industrie tendono a formare agglomerati in posti specifici che rispondono a certi requisiti di accesso alle materie prime, bassi costi di trasporto, presenza di mercati del lavoro e di sbocco. Questo è particolarmente vero per le industrie pesanti che richiedono grandi quantità di input ed emettono molte materie di scarto. Perdipiù le industrie che riforniscono i grandi complessi industriali tendono a localizzarsi vicino ai propri clienti. Questi complessi industriali come il distretto dell'acciaio intorno alla regione meridionale dei Grandi Laghi, sono ottimi per gli scambi dei materiali che costituiscono il propellente dell'ecologia industriale. La ricerca può investigare le ragioni geografiche, economiche politiche e altre che contribuiscono allo sviluppo dello scambio di materiali fra industrie in una regione. ALCUNE BEST PRACTICES: APPROCCI DIVERSI ALLA SOSTENIBILITA' URBANA. (9) MINNEAPOLIS, MINNESOTA. In questa città è stato creato il Green Institute, un'organizzazione no-profit la cui missione consiste nel difendere l'ambiente naturale e impedire il degrado urbano attraverso lo sviluppo di un'economia sostenibile. A questo scopo sono stati creati una Banca di Scambio dei Materiali Usati (che raccoglie materiali da costruzione provenienti da edifici abbandonati o demoliti) ed è in progetto la costruzione di un parco eco-industriale che dovrebbe coinvolgere circa 20 industrie. Il finanziamento dei progetti avviene attraverso contributi governativi e sponsor privati oltre che tramite l'attività della Banca di Scambio. IL CAIRO, EGITTO. Circa 11 mila cittadini di questa città, la maggior parte dei quali tassisti, hanno convertito i motori delle proprie auto a metano a partire dal gennaio 1996 in seguito a un'iniziativa sponsorizzata dal governo per ridurre l'inquinamento atmosferico. L'impresa che installa i kit di conversione (il cui costo è di 1500 $) afferma che la domanda à talmente alta che centinaia di macchine sono in lista d'attesa. L'incentivo a quest'operazione è, senza dubbio, l'elevato risparmio determinato dal fatto che il metano costa meno della metà del diesel. Gli esperti richiamano l'attenzione sull'esperienza egiziana come una delle più efficaci per combattere l'inquinamento atmosferico in modo sicuro ed economico nelle mega-città di tutto il mondo. L'aria del Cairo eccede la maggior parte dei limiti di sicurezza di concentrazione delle sostanze tossiche fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e il cocktail soffocante di sostanze gassose nocive emesso dal milione e duecentomila veicoli (due terzi dei quali vecchi e in cattive condizioni costituisce il secondo fattore inquinante in ordine di importanza dopo le circa 800 industrie localizzate intorno alla città. (10) NOTE E INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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