Milano 1992. Con grazia femminile ma mano tenace, Joan Haslip (già autrice, tra l'altro, di una bella biografia su Massimiliano d'Asburgo, la vittima della tragedia di Queretaro) ha scritto "Il sultano" (La dissoluzione dell'impero ottomano attraverso la biografia di Abdul Hamid II), che recentemente é stato pubblicato in versione italiana. Mescendo abilmente informazioni e aneddoti sulla vita privata dell'ultimo sultano ottomano di rilievo (quelli che gli succedettero prima degli effettivi sfaldamento dell'impero e proclamazione della repubblica turca non furono che fantocci) con le notizie di politica interna e internazionale, il libro offre un approfondito e nitido ritratto di un uomo complesso e contradditorio a cui la sorte attribuì il difficile ruolo di guidare un impero già votato a sicuro tramonto prima ancora che egli assumesse il potere. Spossato da lotte interne nella sua ancora vastissima estensione su tre continenti, impoverito dalla mancanza di organizzazione stratificatasi in tanti secoli di bizantinismi e fanatismi antitecnologici, periodicamente attaccato (anche se non sempre materialmente) su vari fronti da potenze più dinamiche e moderne per impossessarsi di parti dei suoi territori o delle sue ricchezze, l'impero della Sublime Porta era già da tanto tempo "il grande malato" d'Europa quando Abdul Hamid II salì al trono nel 1876. Un malato terminale tenuto in vita più da rivalità, mire e veti incrociati delle grandi potenze europee nei Balcani, in Medio Oriente e Nord Africa che da una sua autonoma linfa vitale.
Abdul Hamid II (1842/1918), figlio di un precedente sultano e di una danzatrice circassa entrata a far parte dell'harem del padre, succedette al fratello, deposto perché insano di mente. Era di carattere schivo e diffidente. Pur dotato di qualche qualità non aveva però una linea di condotta stabile e determinata. Così  se poco dopo essere salito sul trono aveva concesso una costituzione, soltanto un anno dopo (1877) la revocà e tornò a una forma di governo tirannica in cui tutto dipendeva da lui e dagli intrighi di palazzo e di harem. Persuaso del suo diritto divino, non ammetteva opposizione al suo volere, ma badava molto all'opinione pubblica straniera. Gran lavoratore (un pò come il suo contemporaneo Francesco Giuseppe d'Austria), conduceva una vita piuttosto austera (a parte il fumo e le donne dell'harem, ma in quest'ultimo campo non trascese come molti suoi predecessori) e il suo terrore degli attentati (del resto giustificato in quegli anni, non solo sul Bosforo) lo costringeva a vivere come un prigioniero nei suoi palazzi fortificati di Istanbul. Molto affettuoso con le sue donne e i suoi figli, soffriva però di allucinazioni, di insonnia e di fobie varie, che peggiorarono con gli anni. Se molto raramente arrivò a firmare una condanna a morte, in compenso bastava che in presenza dei suoi servitori invocasse il castigo di Allah su qualcuno, perché del castigando qualche giorno dopo non rimanesse traccia.
Durante il lungo regno di Abdul Hamid, l'impero ottomano continuò a perdere colpi e territori. La Russia continuava a voler marciare verso sud, l'Austria-Ungheria verso sud-est, la Bulgaria e la Serbia si erano staccate dall'impero e l'Inghilterra si era presa con l'Egitto (già di fatto quasi indipendente da Istanbul) uno dei gioielli più preziosi del reame. All'interno era tutto un ribollire di nazionalismi e di voglie di indipendenza. Tra il 1894 e il 1896, la sanguinosissima repressione in Armenia voluta da Abdul Hamid gli valse l'appellativo di "sultano rosso" e la formale condanna di tutta l'Europa, ad eccezione di Guglielmo II di Germania, paese che già da un pò aveva speciali relazioni economiche e di consulenza (anche militare) con l'impero ottomano. Con l'aiuto tedesco, fu anche avviata la costruzione delle ferrovie per Bagdad e per le città sante dell'Arabia. Il malcontento interno sfociò nella rivolta dei "giovani turchi" che, vittoriosi, nel 1908 costrinsero il sultano ad accordare nuovamente una costituzione. Un anno dopo il sultano fu deposto per i suoi tentativi controrivoluzioanri e spedito in esilio a Salonicco. Dopo tre anni, gli fu permesso di rientrare a Istanbul, dove visse pressoché prigioniero fino alla sua morte nel 1918. Abbastanza per assistere all'ulteriore sfacelo del suo ex-impero, ma non alla sua fine anche formale e definitiva che avvenne solo nel 1923, quando fu proclamata la repubblica turca su un territorio pressoché uguale a quello dell'attuale Turchia e la capitale fu trasferita ad Ankara.
Giuseppe Serpagli
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L'ULTIMO SULTANO OTTOMANO
ABDUL HAMID II (1842/1918)
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