Milano  1992. In Italia, il libro più famoso della storica americana Barbara W. Tuchman, deceduta qualche anno fa, é forse "I cannoni d'agosto". Per noi, il suo più bello rimane "Uno specchio lontano" (Un secolo di avventure e di calamità. Il Trecento) che in italiano é ora disponibile anche in tascabile. E' un libro di mole notevole, ma é talmente straordinario che lo si legge con molto facilità e interesse in ogni sua parte. E questo specchio di un secolo lontano ha anche qualcosa di magico. Tale é la maestria dell'autrice che alla fine pare al lettore di essere stato anch'egli quasi un testimone oculare di tante vicende narrate. Grazie anche alla chiara esposizione, il lettore di questa parte di Medioevo riesce inoltre a sapere (o farsi un'idea di) più cose di quanto non sia spesso possibile all'utente dei mass-media di oggi su certi fatti contemporanei, sui quali sembra spesso gravare quel "velinaggio" sovranazionale (due esempi in campi diversi: la guerra del Golfo e il tormentone del fa bene, fa male) che qualcuno (ma forse é soltanto una leggenda metropolitana) vorrebbe in partenza da Madison Avenue o comunque dagli USA.
Una parte della ricetta per questa riuscita ci pare dovuta al fatto che la Tuchman ha saputo mescolare con grande abilità la storia dei grandi con quella del popolo, il flusso torrentizio dei fatti militari e diplomatici con le occorrenze della vita quotidiana, le grandi questioni politiche con i problemi più terra a terra di milioni di persone preoccupate soltanto della loro sopravvivenza.
"Uno specchio lontano" si distingue anche per avere due protagonisti: uno, il Trecento, che di fatto domina e uno virtuale, il signore di Coucy, che, pur facendo la sua apparizione abbastanza tardi nel libro, serve egregiamente da filo conduttore all'evolversi della narrazione. Enguerrand VII di Coucy era un nobile francese, ultimo della sua dinastia. Uno dei più abili cavalieri della Francia del suo tempo, era imparentato, tra l'altro, per matrimonio con la casa regnante in Inghilterra e per ascendenza con i conti di Savoia. Pur non essendo un personaggio di primissimo piano o entrato nella leggenda come il contemporaneo Bertrand du Guesclin, la sua vita é abbastanza documentata grazie al fatto di essere stato uno dei protettori del grande cronista Jean Froissart. Anche se non di primissimo piano, Enguerrand risulta interessante non solo perché partecipò in posizioni di rilievo a varie imprese militari o diplomatiche (in Francia, Inghilterra, Italia, Svizzera, Tunisia e Turchia), ma anche perché - possendendo terre sia in Francia che in Inghilterra - la sua posizione, spesso difficile quando i re a cui doveva fedeltà erano in guerra tra loro, esemplifica bene le complicazioni del sistema feudale. Enguerrand morì nel 1397 a Brussa, prigioniero dei turchi. La baronia di Coucy in Piccardia (che comprendeva il grande castello omonimo, di cui restano imponenti rovine) passò al ramo Orléans della casa reale francese, ma un pò del sangue di Enguerrand si trasmise, tramite la discendenza di una sua figlia, a Enrico IV e quindi a tutti i successivi Borbone.
Il vero protagonista del libro é però, come abbiamo detto, il Trecento con tutte le sue traversie in campo materiale e i suoi splendori in campo culturale (tra cui Petrarca, Boccaccio, Chaucer, i romanzi cavallereschi, le grandi cattredrali, università e castelli). Le traversie furono tante e non solo dovute alle solite guerre (sovrasta sul secolo quella dei Cent'anni tra Francia e Inghilterra) o ai sommovimenti sociali (rivolta dei contadini, brigantaggio, isterie varie come i flagellanti o i frenetici "danzatori" della Renania, ecc.) o alle difficili questioni politico-religiose (tra cui la sede del papato ad Avignone) o ad altro ancora comunque imputabile all'umana stoltezza. No, sul Trecento si abbatté anche una delle più grandi calamità naturali della storia documentata: l'epidemia di peste (o Morte Nera) che in soli tre anni (1348-1350) fece morire circa un terzo della popolazione dall'India all'Islanda. Arrivata in Europa per via mare dal Levante (il primo porto a essere toccato fu Messina), la peste bubbonica si diffuse con grande rapidità dappertutto, non rispamiando neppure i grandi o i ricchi. L'ignoranza (il bacillo che la provocava fu scoperto soltanto cinque secoli dopo) sulla malattia era talmente alta che circolavano le ipotesi più disparate su cause e difese. Finita la grande epidemia (la peste si ripresentò altre volte nei decenni o secoli successivi, ma mai più con tale violenza), l'Europa era stravolta e calata in un clima di pessimismo che perdurò per i cinquant'anni della giovinezza e dell'età adulta del sire di Coucy. Indubbiamente un secolo tormentato, ma per quanto riguarda la violenza e la barbarie umane non peggiore di tanti altri, certo migliore del nostro... basta solo fare un pò di conti.
Giuseppe Serpagli
UNO SPECCHIO LONTANO 
(...IL TRECENTO...)
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