Milano 1994. Se non fosse storia vera, la vita privata (o almeno certi suoi aspetti) di Enrico VIII d'Inghilterra (1491-1547) avrebbe potuto far parte di una di quelle favole un pò truci che ancora qualche decennio fa si potevano narrare ai bambini. Malgrado sia già stata raccontata tante volte (piuttosto malamente anche in alcuni film) e, per alcune importanti implicazioni politiche, sia parzialmente entrata in ogni libro di storia sul Cinquecento, la si legge ancora con interesse quando un libro é ben riuscito come "Le sei mogli di Enrico VIII" della storica inglese Antonia Fraser, recentemente pubblicato in edizione italiana. Una delle migliori opere della Fraser, al pari senza dubbio di quella sua bellissima "Mary Queen of Scots" (Maria Stuarda) che stranamente non é ancora stata tradotta in italiano. Tra le novità o i pregi del libro: l'angolazione femminile ma non iperfemminista, l'abile mescita del vasto materiale a disposizione e i collegamenti con la storia più generale sia inglese che europea, il buon ritmo del racconto, il giusto approfondimento senza cadere nella pedanteria, il moderno (ma non morboso) trattamento del lato sessuale, il mantentimento della promessa insita nel titolo e cioé raccontare più la storia di queste sei sfortunate regine d'Inghilterra che quella di colui che può dirsi il Barbablù della storia.
Politicamente, Enrico VIII fu certo un grande sovrano rinascimentale. Trovandosi spesso a essere l'ago della bilancia tra Francesco I e Carlo V, i due grandi contendenti sulla scena europea nella prima metà del Cinquecento, seppe abilmente concedere il suo appoggio ora all'uno ora all'altro senza mai perdere di vista il tornaconto del suo paese e pose le basi da cui poi partì la figlia Elisabetta I per fare dell'Inghilterra una grande potenza mondiale. Privatamente, non si può dire altrettanto. Una vera giustificazione politica a molti suoi crudeli comportamenti c'é soltanto nel caso della prima moglie: Caterina, figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona e poi zia dell'imperatore Carlo V. Il caso é celebre. Dopo tanti anni di matrimonio e una sola figlia vivente (la futura regina Maria), il re, ossessionato dalla paura di non avere un discendente maschio, decise di separarsi dalla moglie e ne chiese al papa la dispensa (poco tempo prima qualcosa del genere era stato concesso a Luigi XII di Francia). La causa si trascinò per alcuni anni senza che il papa la concedesse (anche per paura di dispiacere a Carlo V) fino a che Enrico non ripudiò Caterina e sposò l'inglese Anna Bolena. Ne conseguì la scomunica e lo scisma della chiesa anglicana di cui il re si proclamò capo, abilmente sfruttando l'antico malcontento di molti inglesi (come molti altri popoli transalpini) verso la Chiesa di Roma. Un divorzio (molto penoso per Caterina) quindi che diede il via anche a un grande cambiamento politico e religioso, abbastanza indolore durante il regno di Enrico, ma con vari tragici strascichi in regni successivi per circa un secolo.
La ragion di stato non fu alla base di nessuna separazione dalle successive cinque mogli (tutte inglesi tranne una) di Enrico. La seconda, Anna Bolena (madre della futura Elisabetta I), e la quinta, Caterina Howard, furono fatte decapitare dal re per "cattiva condotta". La terza, Jane Seymour, morì dopo aver dopo alla luce il tanto sospirato erede maschio (il futuro Edoardo VI). La quarta, la tedesca Anna di Cleves sposata "per corrispondenza", fu ripudiata dal re solo dopo pochi mesi di matrimonio (quasi certamente non consumato), perché egli non riusciva a vincere il suo disgusto fisico verso di lei. E fu la moglie a cui toccò la miglior sorte: avendo accettato il divorzio di buon grado, le fu concesso un sostanzioso appannaggio e di vivere a corte, amata e rispettata come "buona sorella" del re. Caterina Parr, sesta moglie di Enrico, gli sopravvisse e fu per lui, ormai obeso e malato, più infermiera che amante. Dopo la morte di Enrico, la Parr (che prima del re era già stata sposata con due uomini vecchi o malaticci) poté finalmente convolare a nozze con un uomo che amava veramente, ma morì subito dopo il suo primo parto. Anche se l'ossessione di lasciare numerosa discendenza legittima (si sa di un solo bastardo del re, che fuori dal matrimonio ebbe pochissime donne) e in almeno un caso la ragion di stato possono giustificare parte della carriera matrimoniale di Enrico VIII, le condanne a morte di Anna Bolena e Caterina Howard (e dei loro presunti amanti o fiancheggiatori a vario titolo) apparirono atti molto crudeli anche all'epoca in cui avvennero. Atti impensabili non solo alla "galante" corte di Francesco I, ma anche in quella più morigerata di Carlo V. Tanto darsi da fare servì comunque poco ai progetti di Enrico, perché la sua dinastia finì con il figlio e le due figlie, che regnarono in successione. Le poche gocce di sangue Tudor che ha Elisabetta II non provengono nemmeno da Enrico VIII, ma da sua sorella Margherita.
Giuseppe Serpagli
LE SEI MOGLI DI ENRICO VIII
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