Milano 1994. Sul finire del giugno 1840 moriva a Viterbo un gentiluomo sessantacinquenne dal titolo, altisonante e ridicolo al tempo stesso, di principe di Canino (che altro non é che una piccola località nell'alto Lazio). Il suo nome originario era Luciano Bonaparte ed era nato ad Ajaccio nel 1775. Secondo (dopo Giuseppe, il primogenito) fratello di Napoleone, aveva partecipato in modo assai originale all'epopea napoleonica, prima contribuendo all'ascesa del fratello maggiore e poi opponendosi a lui tanto da passare gran parte della sua vita lontano dalla Francia e - a differenza di quasi tutti gli altri Bonaparte - rinunciando ai tanti onori e prebende che Napoleone non aveva mancato di distribuire tra i suoi parenti, naturali e acquisiti. Volente o nolente Luciano, la sua vita risentì molto dell'eccezionalissima esperienza umana e politica di Napoleone e qualche volta egli ebbe ruoli di grande importanza, anche se quasi sempre egli viene un pò trascurato negli innumerevoli racconti (del resto già così densamente popolati da tanti personaggi) della vita e delle gesta del primo imperatore francese. A puntare il riflettore su questo Bonaparte, minore ma assai interessante, ci ha pensato Antonello Pietromarchi, scrittore e attuale ambasciatore d'Italia in Olanda, nella sua bella e tradizionale biografia dal titolo di "Luciano Bonaparte" di recente pubblicazione.
La vita di Luciano Bonaparte può essere divisa in due parti. La prima, comprendente l'infanzia e la giovinezza, ha dei punti in comune con quella del fratello maggiore, come l'amata ma anche ingombrante presenza della natia Corsica (appena diventata francese), la povertà in Provenza, l'oculata partecipazione all'evoluzione della rivoluzione iniziata nel 1789, l'ascesa politica, ecc.. Nella seconda parte della sua vita (a partire dal 1804), Luciano si distacca quasi completamente dal grande fratello (pur, anche suo malgrado, non cessando mai di esserne condizionato, non foss'altro per il cognome che portava) e vive quasi sempre in Italia, dedicandosi alla vita di società, all'archeologia, alla scrittura, al mecenatismo, al collezionismo e alla grande famiglia formata con l'amatissima seconda moglie. Vi erano sempre state delle divergenze tra i due fratelli (c'é da ricordare che Luciano era il più abile e intelligente tra i fratelli di Napoleone), dovute anche ai loro caratteri: mentre Napoleone era "egocentrico, metodico, collerico, conscio delle proprie superiori capacità intellettuali", Luciano era "sanguigno, velleitario, estroverso, abile calcolatore, ma incapace di dominare sia gli uomini che gli eventi". La rottura definitiva tra di essi avvenne sia per motivi politici che familiari. I primi possono essere riassunti nel fatto che Napoleone tendeva a un regime autoritario di cui lui sarebbe stato il capo indiscusso (come poi avvenne), mentre a Luciano non sarebbe dispiaciuto il manteninmento di una qualche forma di rappresentatività popolare. Molto più semplici i motivi familiari. Napoleone non accettò mai il secondo matrimonio (la prima moglie era morta nel 1800) di Luciano con Alexandrine de Bleschamp, una vedova piccolo-borghese con un passato un pò chiaccherato. Ogni tentativo di rappacificazione fallì proprio per il rifiuto di Luciano di rinunciare ad Alexandrine (un matrimonio molto riuscito il loro, malgrado le numerose scappatelle di Luciano).
Dopo essere stato membro del consiglio dei Cinquecento (1797), poi presidente dello stesso consiglio, uno dei protagonisti del colpo di stato del 18 brumaio, ministro degli interni, ambasciatore in Spagna (dove fece molto per gli interessi francesi), Luciano rinunciò a proseguire una carriera prestigiosa (senza dubbio anche un trono importante come quello d'Italia o di Spagna) all'ombra del potente fratello e si ritirò nello stato pontificio, dove papa Pio VII gli conferì il titolo di principe di Canino. Passò il resto della sua vita tra Roma e Canino, dedicandosi a varie attvità non politiche, salvo alcuni viaggi all'estero, un soggiorno a Bologna e una lunga assenza dovuta all'ingombrante fratello. Nel 1810, infattti, quando ormai Roma faceva parte dell'impero francese, Luciano (per evitare contatti con Napoleone) e la sua famiglia cercarono di raggiungere gli Stati Uniti, ma furono catturati dagli inglesi e tenuti prigionieri (prima a Malta e poi in Inghilterra) fino al 1814. Dopo Waterloo, Luciano rientrò brevemente a Parigi, si riconciliò con il fratello, ormai inesorabilmente sconfitto, e cercò di attenuarne la caduta, consigliandogli inutilmente - tra l'altro - energiche misure politiche volte a salvare il salvabile. Come quasi tutti i personaggi storici, Luciano presenta luci e ombre (tra cui trasformismo e ambiguità), ma, in definitiva, non vanno dimenticati il suo coraggio nell'opporsi alla dittatura (che arrivava persino nell'ambito familiare!) del fratello e la sua rinuncia a ogni "ben di Dio" pur di salvaguardare la sua libertà personale e spirituale.
Giuseppe Serpagli
LUCIANO BONAPARTE
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