Milano 1994. Lo storico tedesco Franz Herre é piuttosto popolare anche in Italia, dove sono state tradotte diverse sue biografie (con esiti non sempre felici in fatto di leggibilità, quasi certamente a causa delle traduzioni), a cominciare da quella sull'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. L'ultima sua fatica pubblicata in italiano é dedicata a Bismarck. Un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni, che indubbiamente é stato uno dei più grandi statisti del secolo scorso e che, già abbastanza criticato in patria, non é certo amato in quei paesi limitrofi alla Germania che furono oggetto delle sue "attenzioni" durante la sua opera di unificazione tedesca. L'interessante libro di Herre, una biografia tradizionale di buona ma non eccessiva mole, ci pare abbastanza obiettivo nella presentazione di un personaggio così controverso come Bismarck. Herre, pur giustamente non risparmiando le critiche ai metodi spesso autoritari e machiavellici nonché all'arroganza del Cancelliere di ferro, non eccede, come tanti altri biografi, nella demonizzazione del nobile prussiano che da una miriade di stati e staterelli creò prima la Germania unita e poi per un ventennio (1871/1890) ne resse le sorti contribuendo a trasformarla nella più grande potenza (forse esclusa la Russia, che però non era solo europea) dell'Europa continentale.
Dopo essere stato deputato al parlamento prussiano e ambasciatore a San Pietroburgo e a Parigi, Otto von Bismarck (1815/1898) divenne capo del governo e ministro degli affari esteri di Prussia nel 1862 e non abbandonò il potere che, quando vi fu costretto, nel 1890. Nel primo scarso decennio, si dedicò soprattutto all'unificazione tedesca sotto l'egida della Prussia (volenti o nolenti altri grandi stati tedeschi, come l'Hannover e la Baviera). Per raggiungere il suo scopo, non esitò a fomentare tre guerre (però brevi e aventi caratteristiche quasi di precise "operazioni chirurgiche" sul tipo della recente Guerra del Golfo): nel 1864 contro la Danimarca, nel 1866 contro l'Austria-Ungheria e nel 1870 contro la Francia. In almeno due casi (Danimarca e Francia), fu senz'altro aiutato dalla "dabbenaggine" dei governanti di quei paesi (specialmente nel caso della Francia, che essa stessa dichiarò la guerra per futili motivi). Vinte tutte e tre le guerre e proclamato l'impero tedesco nel 1871, Bismarck divenne uomo di pace e per il resto del tempo in cui rimase al potere compì ogni sforzo (riuscendovi) per mantenerla. Tanto che non solo - per non entrare in rivalità con la Gran Bretagna (la massima potenza coloniale e marittima dell'epoca) - accettò a malincuore la fondazione di alcune colonie tedesche in Africa, ma anche non pensò mai di includere nell'impero tedesco zone densamente popolate da tedeschi ma appartenenti ad altri stati. Un saggio comportamento che alcuni suoi successori, come ben si sa, si guardarono bene dal seguire.
Molto complessa la politica interna di Bismarck. Da una parte fu proprio un conservatore come lui a concedere negli anni 1880 la legislazione sociale (assicurazioni contro malattie, infortuni, vecchiaia e invalidità) più avanzata dell'epoca, dall'altra parte volle una legge antisocialista e condusse in alcuni settori una fallimentare lotta (Kulturkampf) contro la chiesa cattolica, che era (ed é) radicatissima in molte regioni tedesche, come la Baviera. Ma ora vogliamo lasciare il Bismarck statista o uomo privato (una vita del tutto normale la sua - per non dire scialba se confrontata con quella di tanti altri personaggi storici - accanto all'amata moglie Johanna e ai figli, con molti soggiorni nelle tenute rurali che tanto amava) per esprimere un parere del tutto personale a proposito del "mito negativo" che si é andato via via formando su di lui e che ci pare, in parte, ingiustificato; a meno che non si creda che la storia sia come il mondo delle favole e come tale popolata soltanto da buoni e da cattivi, senza vie di mezzo. Mentre le "cattive azioni" di tanti altri personaggi storici vengono spesso minimizzate, ignorate o giustificate nel nome della ragion di stato, a Bismarck non si perdona nulla. Un caso opposto é quello di Napoleone I, che provocò ben più guerre e quindi un numero enormemente più grande di morti, ebbe il suo "caso Matteotti" (l'assassinio del duca di Enghien), praticò il nepotismo più sfrenato e instaurò una dittatura militare. Ma Napoleone era francese... e la Francia é sempre stata abilissima nello scrivere la storia a suo favore (anche ora che pare sia il "gendarme" di quasi tutta l'Africa francofona). Il fatto é che su Bismarck pesa troppo e ingiustamente il seguito (specialmente la barbarie nazista) della storia del paese da lui "creato" e reso grande e potente. Senza questo tragico seguito, di cui lui non ha colpa (a meno che non si consideri tale l'aver unificato la Germania), Bismarck sarebbe un grande statista con pregi e difetti più o meno come tanti altri, tipo Metternich o Cavour (che, se fosse trattato come Bismarck, quasi quasi potrebbe essere incolpato di tante disastrose avventure coloniali italiane da Crispi in poi!).
Giuseppe Serpagli
BISMARCK
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