chirurgia polmonare

Parete toracica

Anatomia

La gabbia toracica è costituita da una cavità espandibile con gli atti respiratori costituita da 12 vertebre toraciche, da 12 paia di coste e dallo sterno. Ha la forma di un tronco di cono ad apice rivolto in alto.

La parete anteriore, che si estende per circa 18 cm dal giugolo all'apofisi xifoidea, è costituita dallo sterno e dalle cartilagini costali delle prime 10 coste. Le pareti laterali sono formate dalle ultime 10 coste. La parete posteriore è costituita dalle 12 vertebre toraciche e dalle 12 coste. È chiusa in alto dalla clavicola, dall'articolazione della spalla, posteriormente dalla scapola.

L'apertura superiore è delimitata dalle prime coste, dal manubrio dello sterno e dal corpo della prima vertebra toracica. L'apertura inferiore, occupata dal diaframma, è circoscritta dalla dodicesima vertebra e dalle coste, anteriormente dalle cartilagini VII - XII costali e dal processo xifoideo.

Le pareti toraciche delimitano all'interno un ampio spazio, che è suddiviso nelle due cavità pleuriche separate dal mediastino.

La parete toracica comprende due gruppi muscolari suddivisi in estrinseci, che collegano il torace allo scheletro degli arti superiori (muscoli grande e piccolo pettorale, dentato anteriore; trapezio, gran dorsale, romboide, dentato posteriore, lunghi del dorso), ed intrinseci, i muscoli intercostali (esterni, medi e interni).

Gli spazi intercostali sono percorsi dall'arteria, dalla vena e dal nervo intercostale, che dopo l'angolo costale si portano sotto il margine inferiore delle coste.

Nella gabbia toracica sono contenuti: i polmoni, il cuore, i grossi vasi, l'esofago e importanti tronchi nervosi.

Nel suo insieme la gabbia toracica gode di una notevole elasticità.

Nel maschio l'altezza del torace è nel complesso maggiore che nella femmina. Le coste sono più oblique in basso, lo sterno è più verticale. Nella donna il torace è meno alto, le coste sono più orizzontali, lo sterno è più proiettato in avanti; in complesso è simile alla gabbia toracica di età infantile.

Malformazioni

Vengono classificate in:

Traumi

I traumi del torace sono responsabili di circa 1/4 dei decessi per lesioni traumatiche. Si calcola che dal 20 al 50% delle lesioni traumatiche interessino il torace. In tempo di pace predominano i traumi chiusi del torace in conseguenza soprattutto di incidenti automobilistici, così come in tempo di guerra predominano i traumi aperti; questi ultimi hanno generalmente prognosi più grave.

I traumi possono provocare una varietà di condizioni fisiopatologiche che richiedono un tempestivo trattamento e possono interessare la parete toracica, l'apparato respiratorio, l'apparato cardiovascolare e il diaframma. La clinica può essere dominata dal quadro incombente e rapidamente evolutivo dell'insufficienza respiratoria acuta che ha i suoi momenti patogenetici non tanto nell'estensione delle lesioni anatomiche quanto nelle turbe fisiopatologiche dell'apparato respiratorio e cardiocircolatorio (turbe ventilatorie, ridotta ossigenazione, squilibrio tra ventilazione e perfusione).

Un appropriato trattamento iniziale di queste condizioni è in molti casi determinante per la prognosi del paziente.

Tutte le strutture toraciche possono singolarmente o in concomitanza essere interessate; la sovrapposizione di più lesioni è molto frequente per cui la valutazione di ciascuna di esse deve portare a conclusioni globali da cui scaturiscono i diversi atteggiamenti terapeutici.

Tumori

La parete toracica può essere sede di neoplasie primitive e secondarie della cute, delle parti delle parti molli sovra-scheletriche, intercostali, subpleuriche, delle coste e dello sterno.

I tumori primitivi della parete toracica possono essere benigni o maligni ed originano dalle strutture osteocartilaginee (condroma e osteocondroma; condrosarcoma, sarcoma osteogenico, sarcoma di Ewing) e più frequentemente (64%) dai tessuti molli (lipoma, fibroma, neurilemmoma; rabdomiosarcoma, liposarcoma, leiomiosarcoma, emangiosarcoma, linfoma). La tumefazione della parete, che può raggiungere dimensioni rilevanti, è associata saltuariamente a dolore, ma spesso è l'unica manifestazione clinica del tumore.

Il lipoma è il tumore benigno più frequente, di solito è unico, ma può essere multiplo e simmetrico. È situato quasi sempre nel piano sovrascheletrico. La diagnosi è facile per la consistenza molle e pseudofluttuante della massa e per la lentezza dell'accrescimento. La terapia è chirurgica.

Il sarcoma è il tumore maligno più frequente. Gli adulti maschi ne sono più frequentemente colpiti. La massa tumorale può essere di vario volume, più o meno fissa ai tessuti vicini e alla cute a seconda dell'estensione e dell'infiltrazione tumorale. La cute è talvolta ulcerata. Neoplasia a rapido accrescimento che diviene fissa e dolente. La prognosi è infausta. Necessaria ampia exeresi chirurgica seguita da radioterapia e chemioterapia.

I tumori primitivi delle coste, benigni e maligni, sono rari, quelli dello sterno rarissimi; sono alquanto più frequenti nel sesso maschile e si manifestano maggiormente tra la II e la VI decade di vita. Possono interessare una o più coste, il manubrio o il corpo dello sterno o entrambi e possono avere un prevalente sviluppo eso- o endo- toracico. Le forme maligne possono infiltrare i tessuti mollo vicini, la pleura e il polmone sottostanti. La sintomatologia è costituita dalla tumefazione e dal dolore. Il trattamento chirurgico deve tendere all'asportazione radicale del processo.

I tumori secondari sono frequentemente dovuti alla invasione per contiguità da parte di neoplasie polmonari, di tumori della mammella e del mesotelioma pleurico.

Le metastasi alla parete toracica sono relativamente frequenti in alcuni tumori che metastatizzano allo scheletro e rappresentano stadi avanzati o terminali della malattia primitiva (polmone, mammella, prostata, tiroide, mieloma multiplo ed altri). Talvolta determinano fratture patologiche costali.

Il trattamento dei tumori primitivi della parete toracica è la resezione chirurgica. Tuttavia la resezione dei tumori invadenti la parete toracica implica difficoltà nella ricostruzione del piano costale. I problemi più importanti riguardano la ricostruzione delle porzioni anteriori ed antero-laterali, poiché la mancanza di robuste strutture muscolo-aponeurotiche in queste zone favorisce l'insorgenza di turbe della meccanica respiratoria. L'obiettivo della ricostruzione dello scheletro della gabbia toracica è quello di prevenire movimenti respiratori paradossi; quindi plastiche realizzate orientando opportunamente le coste residue o impiegando materiale protesico devono fornire una efficace stabilità scheletrica.

Interventi sulla parete toracica

Toracotomia: è l'incisione per accedere alla cavità toracica (toracotomia antero-laterale; toracotomia ascellare; toracotomia postero-laterale).

Sternotomia: incisione longitudinale, parziale o totale, per accedere al mediastino.

Toracectomia: asportazione in blocco (costole, muscoli intercostali, pleura) di una parte più o meno estesa della parete toracica eseguita per neoplasie primitive o secondarie delle strutture scheletriche della parete toracica.

Toracoplastica: asportazione totale o parziale di più costole.

Pleura

Anatomia

La pleura parietale riveste la gabbia toracica. La pleura viscerale riveste i polmoni; essa si continua con la pleura parietale all'ilo. La cavità racchiusa tra i due foglietti, cavo pleurico, pressoché virtuale, contiene pochi ml di liquido sieroso, secreto dalla pleura parietale e riassorbito da quella viscerale. In condizioni patologiche lo spazio pleurico può riempirsi di liquido (idrotorace), sangue (emotorace), aria (pneumotorace) o pus (empiema).

La pressione nella cavità pleurica è negativa e ciò consente il ritorno elastico del polmone.

Un versamento pleurico può manifestarsi per il coinvolgimento della pleura da parte di infezioni batteriche o virali, di neoplasie, a seguito di un trauma; può essere presente in molte altre condizioni come uno scompenso cardiaco, una pericardite, un infarto polmonare, una cirrosi, l'insufficienza renale, la febbre reumatica, la polisierosite, associato ad ascite o a versamento pericardico.

Pneumotorace

Raccolta di aria nel cavo pleurico.

L'aria può giungere nel cavo pleurico per la presenza di ampie brecce della parete toracica o, più frequentemente per lacerazioni del polmone (lacerazioni dei grossi bronchi o della trachea provocano generalmente pneumomediastino). Da ciò ne deriva un collasso più o meno esteso del polmone interessato.

Le lacerazioni possono essere iatrogene (per esempio durante il cateterismo della vena succlavia) o conseguenti a ferite da punta e/o da taglio e da arma da fuoco.

Spesso le soluzioni di continuità del parenchima polmonare sono spontanee (pneumotorace spontaneo) come nel caso della rottura di piccole bolle subpleuriche, di natura congenita o acquisite, per usura della loro parete o per stimoli che possono provocarne la rottura. Il pneumotorace spontaneo può essere inoltre una complicanza di malattie del polmone che determinano soluzioni di continuo della superficie polmonare (enfisema, pneumoconiosi, fibrosi cistica, istiocitosi X, TBC, carcinoma broncogeno).

Frequentemente una piccola lacerazione polmonare permette l'ingresso di aria nel cavo pleurico fino al collasso del polmone contro il mediastino; in queste condizioni l'elasticità polmonare, facendo retrarre l'organo, determina la chiusura funzionale della breccia (pneumotorace chiuso completo). La lacerazione del polmone cicatrizza e in pochi giorni il graduale riassorbimento dell'aria dal cavo pleurico porta alla progressiva riespansione del polmone.

Pregresse aderenze pleuriche possono ostacolare il collasso della corrispondente porzione del polmone determinando il pneumotorace saccato.

Una soluzione di continuo della parete toracica provoca il pneumotorace aperto che è caratterizzato da un importante squilibrio della meccanica ventilatoria; durante l'inspirazione dalla breccia entra nel cavo pleurico una grande quantità di aria a scapito della ventilazione polmonare ed inoltre il mediastino si sposta verso il lato opposto facendo diminuire anche l'espansione del polmone controlaterale; la soluzione di continuo resta beante e si ha una alternata entrata e uscita di aria.

Il pneumotorace a valvola si realizza quando si instaura un meccanismo a valvola nella via di ingresso dell'aria nel cavo pleurico che permette il rifornimento d'aria durante l'inspirazione e ne impedisce la fuoriuscita durante l'espirazione; ciò determina un pneumotorace ipertensivo con collasso polmonare totale, dal lato della lesione, lo spostamento contro-laterale del mediastino e la difficoltà nell'espansione del polmone sano.

La sintomatologia del pneumotorace spontaneo è in rapporto alla sua entità e a quella del collasso polmonare; può essere modesta: insorge con un dolore acuto e transitorio, tachipnea; se il polmone controlaterale è indenne anche il deficit funzionale è minimo e la dispnea è avvertita sotto sforzo. Spesso si ha tosse secca. Pneumopatie associate, pneumotorace ipertensivo o pneumotorace nell'altro lato possono dar luogo a quadri clinici molto gravi fino a causare la morte del paziente.

Pneumotoraci parziali post-traumatici o iatrogeni o spontanei possono evolvere spontaneamente verso la completa riespansione del polmone.

Con l'esame obiettivo si rileva una maggiore espansione dell'emitorace colpito, la riduzione o l'abolizione del fremito vocale tattile, un'iperfonesi alla percussione, mentre il murmure vescicolare è ridotto o abolito. La radiografia dimostra un'area di iperdiafania più o meno ampia ai cui confini mediani si delinea il contorno del polmone collassato in parte o totalmente.

Se il pneumotorace è modesto si può risolvere spontaneamente, specie nei giovani.

Il trattamento del pneumotorace è il drenaggio del cavo pleurico in aspirazione continua a tenuta d'acqua, al fine di aspirare l'aria libera nel cavo pleurico per ottenere la riespansione del torace. Per mantenere il polmone a parete la forza di aspirazione applicata al drenaggio deve superare il rifornimento di aria. Il drenaggio va posizionato nel secondo - terzo spazio intercostale lateralmente lungo l'ascellare anteriore.

Nei pazienti anziani la riespansione dopo drenaggio è più tardiva e impone una prolungata aspirazione pleurica.

Se permangono le cause che lo hanno determinato il pneumotorace tende a recidivare (10%); diviene necessario provocare una sinfisi generalizzata e stabile tra la pleura parietale e viscerale per impedire il collasso del polmone. In questi casi trova indicazione l'intervento chirurgico: pleurectomia parietale limitata alla metà superiore dell'emitorace con risparmio della pleura mediastinica. L'intervento poco traumatico e ben tollerato non permette le recidive.

Versamenti sierosi e sieroematici

Sono espressione di processi infiammatori della pleura e del polmone oppure sono secondari a neoplasie primitive (mesotelioma) o metastatiche della pleura.

Le caratteristiche macroscopiche, chimico-fisiche e citologiche del sedimento orientano alla diagnosi. Tuttavia la toracoscopia con biopsia è l'indagine di scelta per diagnosticare i versamenti pleurici cronici.

Chilotorace

La presenza di chilo nel cavo pleurico è conseguente a soluzioni di continuità del dotto toracico o di uno dei suoi rami. La mortalità è del 15% circa.

Il chilotorace può essere congenito (atresia del dotto toracico, fistola dotto-pleurica, trauma da parto), post-chirurgico [dissezione radicale del collo, biopsie linfonodali, lesione del dotto durante interventi chirurgici (esofagectomia, aneurismectomia del tratto discendente dell'aorta toracica), arteriografia lombare, cateterismo della succlavia], post-traumatico (trauma chiuso, ferite penetranti), spontaneo (neoplasie, fistole, infettivo).

La diagnosi è suggerita dall'aspetto lattescente dell'aspirato pleurico e confermata dall'esame microscopico. L'anamnesi, la radiografia del torace e l'esame del liquido estratto consentiranno facilmente la diagnosi. La linfografia non sempre permette di visualizzare la sede della fistola linfatica.

Il trattamento conservativo (digiuno, N.P.T., drenaggio del cavo pleurico) è finalizzato a diminuire la portata del dotto per favorire la chiusura spontanea della fistola.

Il trattamento chirurgico si propone la chiusura diretta della fistola mediante legatura del dotto toracico al di sotto della lesione per via toracotomica o con apposizione di colla di fibrina.

Emotorace

Raccolta di sangue nel cavo pleurico. É più spesso di origine traumatica per lesioni delle arterie intercostali, oppure rappresenta una complicanza di un intervento chirurgico sul torace Altre cause, più rare, sono i tumori maligni toracici, la TBC polmonare, l'infarto polmonare, ecc., in questi casi però si tratterà di versamento pleurico ematico in cui il sangue è commisto a liquido pleurico.

Quantità anche modeste di sangue possono indurre reazioni pleuriche importanti che possono portare alla formazione di fibrotorace con estese calcificazioni pleuriche. L'ematoma organizzato inoltre può andare incontro ad infezione e portare all'empiema. Il trattamento è in genere conservativo con l'applicazione di uno o due drenaggi tubolari chiusi nel cavo pleurico collegati con un sistema chiuso valvolare ad acqua. La toilette chirurgica è quindi indicata quando il drenaggio non ha consentito la rimozione completa dei coaguli.

Empiema

Indica la presenza di pus o di liquido settico nel cavo pleurico. In genere è secondario a processi infettivi polmonari (polmoniti, ascessi, TBC), a infezioni mediastiniche (perforazione dell'esofago, trachea e grossi bronchi) o sottodiaframmatiche (ascessi subfrenici), in minore percentuale di casi l'infezione è autoctona: infezione, anche a distanza di anni, di raccolte sierose o ematiche, di pneumotorace.

La sintomatologia è caratterizzata da segni di sepsi (febbre, sudorazione notturna, dimagrimento), dolore toracico e dispnea.

Il rilievo di un opacamento alla radiografia del torace, la toracentesi seguita da estrazione di pus o liquido purisimile, dimostrano l'esistenza di un empiema, la cui etiologia può essere successivamente precisata con indagini di laboratorio.

Se l'empiema non viene drenato si può creare un tramite fistoloso che raggiunge la cute e si apre all'esterno (empiema necessitatis); oppure può fistolizzarsi nei bronchi o saccarsi, in questi casi l'evoluzione è subacuta o cronica.

Misura terapeutica primaria è il drenaggio della raccolta purulenta e la detersione del cavo pleurico. In un secondo tempo se la sacca empiematosa non è comunicante con l'apparato respiratorio o con l'esofago, può essere programmato l'intervento chirurgico, che consiste nell'asportazione della sacca e nella decorticazione del polmone.

L'empiema cronico è un insuccesso o una complicanza, oppure la conseguenza di un errato trattamento di un empiema acuto.

Tumori

La pleura è frequentemente interessata da neoplasie.

Le metastasi sono frequenti; sono a partenza dai tumori primitivi di polmone, mammella, ovaio, rene e stomaco. Si manifestano con versamento cronico sieroso o sieroematico.

Il tumore primitivo della pleura è il mesotelioma che può essere localizzato, di natura benigna o maligna, e diffuso, di natura maligna.

Mesotelioma localizzato benigno

Origina dalla pleura viscerale come massa peduncolata che si accresce nel cavo pleurico raggiungendo dimensioni considerevoli. Provvisto di capsula, al taglio è costituito da tessuto fibroso.

Spesso è del tutto asintomatico ma può determinare segni da compressione. Nel 20% dei casi si osserva la osteoartropatia ipertrofizzante pneumica caratterizzata da dita a bacchette di tamburo e dolori articolari.

La diagnosi si fonda sull'aspetto radiologico e sulla toracoscopia.

L'intervento chirurgico, limitato alla rimozione del tumore, è curativo nella maggioranza dei casi, la recidiva è infatti rara.

Mesotelioma localizzato maligno

Le differenze macroscopiche con la forma benigna non sono marcate. È frequentemente caratterizzato da tosse, dispnea, dolore toracico, febbre.

L'intervento chirurgico, sempre indicato, deve essere radicale e includere resezioni di parenchima polmonare e della parete toracica; in questo caso le probabilità di cura sono discrete.

Mesotelioma diffuso maligno

Il quadro è caratterizzato da diffusione della neoplasia a tutta la pleura parietale, viscerale, mediastinica, diaframmatica che incarcera completamente il polmone (tumore a corazza).

Compare più frequentemente tra la VI e la VII decade di vita con prevalenza nel sesso maschile (3/1). La diagnosi istologica è spesso difficile, nella sua struttura coesistono aree di tipo sarcomatoso e carcinomatoso. La sintomatologia è importante e caratterizzata da febbre, dolore spesso intenso ed invalidante, dispnea, tosse e calo ponderale, versamento pleurico sieroematico.

L'esame radiologico mostra l'associazione di tre reperti: retrazione dell'emitorace, versamento pleurico e masse pleuropolmonari. La TC conferma l'estensione della neoplasia; la toracoscopia permette il prelievo bioptico.

Il trattamento chirurgico è molto spesso senza successo (pleurectomia parietale; pleuropneumonectomia con resezione del diaframma) e non è in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza, che è di circa 12 mesi. La radioterapia e la chemioterapia non sono in grado di modificare la prognosi, che è invariabilmente infausta.

Polmoni

Anatomia

Il polmone viene suddiviso in lobi: tre a destra (superiore, medio e inferiore) e due a sinistra (superiore e inferiore); a sinistra la lingula corrisponde al lobo medio di destra. Il polmone destro ha una superficie maggiore del sinistro. A destra due profonde scissure separano i tre lobi, a sinistra una sola scissura li separa; le singole scissure possono essere più o meno estesamente fuse. Il polmone destro si divide in dieci segmenti, il sinistro in otto segmenti.

Nella faccia mediale vi è una zona (ilo polmonare), lievemente depressa, che occupa quasi la metà inferiore di essa e attraverso la quale entrano i bronchi e i vasi.

La superficie dei polmoni, coperta dalla pleura viscerale, è suddivisa in moltissimi poligoni, lobuli polmonari, di circa 1/2 cc di capacità. I bronchi principali, destro e sinistro, che nascono dalla trachea all'altezza della carena, penetrati nell'ilo, si suddividono in rami sempre più numerosi e sottili, diretti in vario senso, gli ultimi dei quali vanno a finire ciascuno in un lobulo polmonare. La divisione intrapolmonare dei bronchi è in tre diramazioni principali a destra e due a sinistra, una per ciascun lobo.

I polmoni presentano una duplice vascolarizzazione, una nutritiva data dal sistema arterioso bronchiale (origina dall'aorta o dalle arterie intercostali e porta il sangue ossigenato alla parete bronchiale), l'altra funzionale del sistema arterioso polmonare (porta il sangue venoso dal ventricolo destro del cuore). I rami dell'arteria polmonare incrociano i bronchi e si suddividono esattamente come essi. Dai capillari della rete alveolare nascono delle venule polmonari, che si raccolgono fino a formare le vene lobari, che decorrono nei setti interlobari, e infine formano due vene polmonari per ogni polmone, che sboccano nell'atrio sinistro del cuore.

Ogni bronco derivato da quello lobare è isolabile, per l'esistenza di un piano di clivaggio connettivale, da quelli vicini e insieme ai relativi rami dell'arteria e delle vene polmonari che l'affiancano costituisce il segmento broncopolmonare.

Fisiologia

La funzione primaria del polmone è quella di ossigenare il sangue venoso e di liberarlo dall'anidride carbonica.

Per mantenere i gas del sangue arterioso e la concentrazione idrogenionica (PO2, PCO2) normali vi sono: il centro respiratorio cerebrale; uno spazio adeguato per gli scambi respiratori (volume polmonare); un sistema scheletrico toracico mobile ed un sistema di muscoli respiratori capaci di espandere e contrarre il volume della gabbia toracica assicurando la ventilazione polmonare; la distribuzione del flusso aereo ed ematico alle unità alveolo-capillari; il sistema vascolare polmonare caratterizzato da una bassa resistenza e bassa pressione rispetto alla circolazione sistemica e da una considerevole capacità di accogliere grandi aumenti di flusso senza un aumento delle pressioni cardiache della sezione destra.

I movimenti respiratori avvengono nella fase inspiratoria per contrazione del diaframma e abbassamento del centro frenico, spostamento in alto e in fuori delle ultime sei coste e spostamento in avanti dello sterno che si risolve in un aumento dei diametri toracici e in un'azione ventosante, mediata dai foglietti pleurici, sul parenchima elastico polmonare. La fase espiratoria si risolve per l'elasticità del polmone che consente all'organo di riassumere la posizione primitiva.

Tracheomalacia

La trachea ha una lunghezza di circa 11 cm dalla cartilagine cricoide alla carena. Possiede un'armatura di 18-22 anelli cartilaginei; come i grossi bronchi è rivestita da epitelio ciliato e presenta ghiandole a secrezione siero - mucosa. La sua funzione è di permettere il passaggio dell'aria e la clearance delle secrezioni mucose.

Con discreta frequenza la trachea può essere infiltrata per contiguità da parte di tumori della tiroide, del polmone, dell'esofago e della laringe. Inoltre può essere deformata e compressa da gozzi, spesso retrosternali, che possono indurre modificazioni regressive degli anelli tracheali fino alla loro completa distruzione (tracheomalacia).

La tracheomalacia comporta una diminuzione della rigidità della parete tracheale che porta a modificazioni notevoli del lume durante il ciclo respiratorio.

Malformazioni congenite del polmone

Malattia cistica del polmone

Patologia di origine malformativa disontogenica che, pur riconoscendo patogenesi differenti, viene racchiusa sotto il termine di patologia cistica del polmone; tali alterazioni, di raro riscontro, si manifestano anni dopo la nascita.

La causa sembra sia uno squilibrio di sviluppo tra la componente endodermica, che concorre alla formazione dell'epitelio bronco-alveolare, e la componente mesenchimale che si differenzia nelle strutture connettivali della parete bronco-alveolare; squilibrio da ascrivere a fattori ereditari, processi infiammatori, intossicazioni, infezioni virali, carenze di vitamina A.

Sono cisti solitarie congenite che presentano una parete propria costituita da tutti o parte degli elementi della parete bronchiale. Situate nel mediastino o superficialmente nel parenchima polmonare, hanno contenuto liquido o poltaceo, non comunicano con l'albero bronchiale; hanno contenuto aereo o idro-aereo se si è verificata una comunicazione con i bronchi a causa di un processo infettivo. Sono provviste di un peduncolo che le unisce alla loro sede di insorgenza. Sono più frequenti a destra e prevalgono nel sesso maschile.

In genere sono asintomatiche, danno segno di sé quando sopraggiungono complicanze per rapido accrescimento della cisti (dispnea, dolore, emottisi) o di origine infettiva (bronchiti, ascessi).

La diagnosi è radiologica. La terapia è chirurgica, ed essendo la cisti facilmente enucleabile, consiste nella sua asportazione per via toracotomica.

Polmone policistico

Rara malformazione caratterizzata dalla sostituzione di una porzione o di tutto un lobo o occasionalmente di tutto un polmone da parte di innumerevoli piccole cavità cistiche rivestite da epitelio, a contenuto aereo o mucoso; in genere comunicanti con l'albero respiratorio. L'albero bronchiale morfologicamente normale si continua nelle sue parti distali con le formazioni cistiche che sostituiscono i canali bronchiali mancanti. Possono coesistere altre anomalie come la fibrosi cistica del pancreas.

La sintomatologia può essere muta, compare se si sovrappongono complicanze: processi infiammatori e/o suppurativi, emottisi, dispnea, e, nei casi di malattia molto estesa, insufficienza respiratoria e cardiocircolatoria.

La diagnosi è radiologica e la broncografia, integrata dall'angiografia, è fondamentale.

Sequestrazione polmonare

Area circoscritta di parenchima polmonare con irrorazione arteriosa da un vaso anomalo non in rapporto con l'albero bronchiale. Il tessuto malformato, simile al polmone fetale, può trovarsi al di fuori del parenchima polmonare normale, nel mediastino posteriore o al di sotto del diaframma (forma extralobare, molto rara, spesso associata ad altre malformazioni). La sequestrazione intralobare è più frequente (6 volte più frequente) e solitamente ubicata nel polmone sinistro in posizione postero-laterale.

La diagnosi di sequestrazione extralobare è accidentale; in genere è asintomatica; nella forma intralobare si verificano ricorrenti processi broncopneumonici localizzati alla base di sinistra. Le comuni indagini radiologiche possono far sospettare la lesione, ma la diagnosi certa è possibile solo con l'aortografia.

Diagnosi e Terapia

La diagnosi strumentale di malattia cistica del polmone viene fatta mediante radiografia del torace nelle due proiezioni, stratigrafia, TC e broncografia.

La terapia della malattia cistica del polmone è chirurgica: preventiva di eventuali complicanze o curativa nel caso di polmone policistico complicato.

Nelle cisti solitarie si procederà all'enucleazione o all'asportazione del settore polmonare interessato.

Il polmone policistico va trattato con terapia medica (antibiotici, aerosol, fisioterapia e drenaggio posturale) e chirurgicamente (exeresi) nelle forme non eccessivamente estese o in caso di suppurazione e di emottisi non controllabili.

Nella sequestrazione polmonare è d'obbligo l'exeresi chirurgica (lobectomia), per prevenire le inevitabili complicanze infettive, previo isolamento e legatura dell'arteria anomala.

Ascesso polmonare

Colpisce soggetti di sesso maschile in età adulta prediligendo la IV e la V decade di vita.

Si tratta di un focolaio suppurativo localizzato al parenchima che dà luogo ad una cavità neoformata ripiena di pus e materiale necrotico in comunicazione coi bronchi (ascesso aperto) o senza alcuna via di drenaggio bronchiale o pleurica (ascesso chiuso). Può assumere andamento acuto o cronico. A differenza del passato oggi è una lesione rara.

L'ascesso polmonare primitivo, raro, insorge ed evolve su parenchima sano; origina da penetrazione di materiale infetto o di corpi estranei attraverso le vie aeree in pazienti in stato di incoscienza.

L'ascesso polmonare secondario è conseguente ad infezioni sovrapposte a bronchiectasie, infarti polmonari, tumori, ferite, traumi toracici, pleuriti, ascessi epatici. In aumento sono le forme insorgenti in associazione a malattie debilitanti sistemiche (neoplasie, diabete, etilismo, aids) o in pazienti sottoposti a terapia immunosoppressiva, corticosteroidea e antineoplastica.

È solitamente sostenuto da molteplici specie batteriche concomitanti: anaerobi, piogeni anaerobi obbligati o facoltativi, raramente spirochete.

L'ascesso si localizza più spesso a destra e posteriormente nei lobi superiori oppure superiormente nei lobi inferiori.

L'esordio sintomatologico è vario, solitamente simile ad una pneumopatia acuta con temperatura elevata di tipo settico, malessere, anoressia, dispnea, tosse umida, dolori puntori intercostali e diaframmatici, condizioni generali scadute, leucocitosi. Nella fase conclamata si ha presenza di espettorato e successivamente, preceduta da accentuazione della tosse, vomica purulenta massiva cui seguono espettorazione siero-mucosa più o meno abbondante e miglioramento delle condizioni generali.

Se avviene la cronicizzazione si ha alternanza di remissioni e ricadute caratterizzate da episodi febbrili e decadimento dello stato generale accompagnate dai sintomi dell'insufficienza respiratoria.

Avviene contemporaneamente un progressivo processo pleurico reattivo e il lobo interessato evolve verso la fibrosi.

L'esame radiologico del torace è il mezzo più idoneo per la diagnosi di ascesso polmonare che rivelerà una opacità più o meno rotondeggiante a contorni sfumati con una immagine di ipertrasparenza centrale o con un livello idroaereo.

La terapia è essenzialmente medica: antibiotici ad ampio spettro e drenaggio del cavo ascessuale.

Solitamente l'ascesso si svuota mediante l'attuazione del semplice drenaggio posturale coadiuvato da adeguata fisiokinesiterapia. Se lo svuotamento è insufficiente trova indicazione la broncoscopia che, oltre a rimuovere eventuali corpi estranei, provvede al drenaggio dell'ascesso per aspirazione. La toracotomia e l'exeresi polmonare trovano indicazione solo in presenza di lesioni parenchimali o bronchiali irreversibili.

La prognosi, riservata per l'ascesso, è quasi sempre infausta per la gangrena polmonare.

Embolia polmonare

L'embolia polmonare è un'ostruzione di un vaso che, proporzionalmente alla sede di lesione (tronco dell'arteria polmonare, rami principali delle arterie destre e sinistre), determina un'esclusione dal circolo sanguigno di uno o più lobi polmonari con grave alterazione del rapporto ventilazione / perfusione e conseguente infarto polmonare.

Dal focolaio della lesione si liberano sostanze attive (serotonina, istamina, chinine) che determinano vasospasmo e broncospasmo nell'area peri-embolica. L'embolia polmonare, inoltre, determina un quadro di ipertensione polmonare, scompenso cardiaco congestizio destro, e, per il ridotto ritorno ematico al cuore sinistro, una riduzione della gittata cardiaca fino a giungere allo shock cardiogeno. Se si occludono i rami arteriosi maggiori si ha la morte per asfissia in pochi minuti.

I fattori favorenti sono:

L'embolia polmonare si manifesta con dolore pleurico a tipo trafittivo e molto violento, tosse, dispnea, cianosi, emottisi e febbre, tachicardia, ipotensione arteriosa, pressione venosa elevata, rinforzo del II tono sul focolaio polmonare, ritmo di galoppo. In fase avanzata elevazione degli enzimi sierici e della bilirubina. L'embolia massiva dell'arteria polmonare è caratterizzata da turgore delle giugulari, dispnea, cianosi, dolore retrosternale ed ischemia cerebrale denunciata da gravi disturbi del sensorio ed agitazione psicomotoria.

L'elettrocardiogramma mette in evidenza una deviazione assiale destra, blocco incompleto di branca destra, onde P di tipo polmonare, un quadro di pseudo - infarto.

L'esame radiologico dimostra elevazione di un emidiaframma, distensione dell'arco polmonare, infarto polmonare. Più indicativa la scintigrafia polmonare che valuta i deficit di perfusione polmonare.

Il trattamento chirurgico dell'embolia polmonare (embolectomia mediante operazione di Trendelemburg) è indicato solo nei casi di embolia acuta fulminante ed è gravato da altissima mortalità. La messa in opera di un filtro a livello della vena cava inferiore trova indicazione solo quando sia impossibile eseguire la terapia anticoagulante.

Attualmente si preferisce una terapia medica intensiva con sedativi, ventilazione meccanica, terapia antishock e terapia trombolitica (urochinasi, eparina).

Idatidosi polmonare

Malattia parassitaria dovuta all'infestazione dell'Echinococcus granulosus.

Colpisce individui di entrambi i sessi, con piccola preferenza per il maschile; massimo di frequenza fra i 20 e i 40 anni. La cisti idatidea polmonare ha un'incidenza del 25%, seconda per importanza alla localizzazione epatica (70%). È endemica in vaste aree geografiche in cui è sviluppata la pastorizia: Australia, America Latina, Grecia, Francia, Spagna; in Italia: Sardegna, Sicilia, Maremma toscana.

L'ospite primario del parassita è un individuo di razza canina (cane, lupo, volpe). In esso ha la forma di un cestode di 4 - 6 mm di lunghezza, la cui testa si annida nella parete dell'intestino ed il corpo gravido sporge nel lume intestinale.

Quando le uova vengono eliminati con le feci, contaminano l'erba e la terra quindi vengono ingerite infettando ovini, bovini, suini, che costituiscono gli ospiti intermedi.

L'uomo costituisce l'ospite intermedio occasionale se contrae la malattia con il contatto con cani infetti o le feci di animali infetti.

Il parassita penetra nell'intestino; i succhi gastrici e pancreatici sciolgono la membrana esterna dell'embrione che così penetra la parete intestinale. Raggiunge quindi, mediante il circolo portale, i capillari epatici ed il fegato; da qui attraverso il sistema portale o quello linfatico (dotto toracico) perviene, attraverso il cuore destro, agli alveoli polmonari dove, trattenuto dai capillari dei setti interalveolari, si impianta trasformandosi in cisti idatidea che lentamente si sviluppa.

La cisti idatidea polmonare, in genere uniloculare e di dimensioni variabili da pochi cm fino a 20 cm, è composta da vari strati: il pericistio, strato più esterno, è costituito da tessuto polmonare atelettasico e compresso, di spessore variabile e rappresenta la reazione di difesa dell'organismo al parassita. Il pericistio avvolge la membrana chitinosa molle e friabile, costituita da due foglietti, che contiene il liquido idatideo, limpido e incolore. Solitamente la cisti idatidea del polmone è sterile, non contiene vescicole proligere. Si localizza nelle parti più declivi, specialmente alla base del polmone destro.

La sintomatologia si manifesta in genere in presenza di una complicanza; il dolore, di tipo puntorio o gravativo, consegue all'accrescimento espansivo della cisti che arriva ad affiorare al di sotto della pleura; l'emottisi è dovuta alla rottura di piccoli vasi del pericistio; la tosse stizzosa consegue a processi irritativi e flogistici del parenchima circostante la cisti; dispnea. Lo svuotamento del liquido cistico in un bronco periferico ed il suo parziale riempimento con aria è l'evoluzione più frequente di una cisti idatidea del polmone. Inoltre essa può rompersi in un bronco con vomica di liquido idatideo misto a frammenti di membrana chitinosa, o più raramente di tutta la membrana chitinosa; contemporaneamente, nella maggioranza dei casi, si manifestano reazioni allergiche per la massiva quantità di proteine eterologhe che vengono a contato con i tessuti dell'ospite; nella cavità rimasta a contatto con le vie aeree si ha sovrapposizione infettiva con formazione di ascesso.

L'esame radiologico, fondamentale per la diagnosi, mostra una opacità rotondeggiante od ovalare, di vario diametro, a contorni netti, a tonalità tenue e omogenea. La diagnosi va suffragata con test sierologici specifici (intradermoreazione di Casoni, deviazione del complemento di Ghedini-Weinberg, ELISA, RAST).

L'indicazione alla terapia chirurgica è assoluta poiché la prognosi dell'infezione lasciata a sé è severa (60% di mortalità). Nei casi di cisti semplice, non complicata, si procede alla pericistectomia per via toracotomica; in presenza di cisti molto voluminosa o complicata da fenomeni settici si impone la resezione lobare o segmentaria del polmone.

Tumori del polmone

Tumori benigni

Costituiscono l'1-3% di tutte le neoplasie polmonari. Sono più frequenti nei soggetti giovani.

Il quadro clinico è vario e dipende dalla sede e dalle dimensioni della neoplasia.

I tumori periferici (amartoma, fibroma, leiomioma) sono asintomatici e scoperti casualmente. L'istotipo più frequente è l'angioma. La maggioranza delle lesioni benigne presenta aspetto plurilobato e contorni netti. All'indagine radiografica si presentano come un nodulo periferico di uno o più cm, tondeggiante, a margini netti.

I tumori a sede endobronchiale (lipoma, fibroma, condroma) possono determinare sindromi da ostruzione bronchiale o processi infettivi ricorrenti. I quadri clinici di esordio possono essere: enfisema, polmonite, ascesso polmonare, atelettasia, emottisi.

L'escissione (enucleazione) toracotomica è la terapia di scelta nelle lesioni periferiche. Per i tumori endobronchiali all'intervento demolitivo va associato un intervento ricostruttivo di tracheo o bronco-plastica; l'escissione endoscopica è indicata nei papillomi unici o multipli facilmente accessibili.

Tumori a basso grado di malignità

Adenoma bronchiale

Tumore a lenta crescita e basso grado di malignità (ha la possibilità di essere localmente invasivo e dare metastasi a distanza); è il più frequente (90%) e insorge entro la V decade di vita.

Si presenta come neoformazione con sede in un bronco principale o lobare, aggettante nel lume, in genere ad accrescimento endobronchiale, oppure che si estrinseca anche verso il parenchima polmonare con particolari aspetti "ad iceberg".

La sintomatologia, datante da lungo tempo, è in rapporto al diverso grado di accrescimento endo-bronchiale della neoplasia ed è rappresentata da tosse, frequenti infezioni broncopolmonari, atelettasia polmonare, emottisi, dispnea, ecc.

Carcinoide

Neoplasia neuroendocrina a basso grado di malignità costituita da cellule con aspetti biochimici e ultrastrutturali caratteristici del sistema deputato alla decarbossilazione dei precursori aminici (APUD). Ad incidenza globale inferiore al 5% delle neoplasie polmonari, si presenta a localizzazione centrale nella maggior parte dei casi. È a crescita nel lume bronchiale e si manifesta con sintomatologia respiratoria di tipo ostruttivo accompagnata da episodi di emottisi. Raramente è presente una sindrome da carcinoide (compare in un terzo dei casi ed appare sostenuta dalla increzione di bradichinina e serotonina) o il carcinoide bronchiale si associa ad endocrinopatie quali la sindrome di Cushing. Ha scarsa tendenza alla metastatizzazione perciò è trattabile radicalmente con interventi chirurgici resettivi. In pazienti con funzionalità respiratoria compromessa è possibile utilizzare un trattamento disostruttivo con laser a Neodimio-Yag.

Cilindroma

Insorge più frequentemente a livello della trachea o in prossimità della sua biforcazione; è sessile, a lenta e progressiva crescita, si estende per via sottomucosa tanto da mascherare la sua reale estensione e quindi da essere mal resecabile. La pneumonectomia spesso è d'obbligo.

Tumore muco-epidermoide

Deriva dalle ghiandole mucose dei bronchi. Può presentare svariati quadri che dall'adenoma muco-epidermoide benigno vanno fino al carcinoma epidermoide con possibilità di diffusione metastatica. Un'ampia exeresi locale è d'obbligo, per gli adenomi ben differenziati trovano indicazione interventi conservativi, nei meno differenziati sono da preferirsi interventi oncologicamente radicali.

Tumori maligni

É in continuo aumento in tutto il mondo industriale, attualmente è la neoplasia più frequente dell'uomo e del torace; è la principale causa di morte per cancro nei maschi al di sopra di 35 anni. Anche fra la popolazione femminile questa neoplasia sta assumendo un ruolo primario. La frequenza massima è fra 35 e 75 anni. Più alta incidenza in Europa, Nord America, Australia. Attualmente la sopravvivenza a 5 anni è del 10%.

Il più importante fattore di rischio è il fumo di sigaretta: il 90% dei casi si sviluppa in soggetti fumatori. Agenti cancerogeni implicati nella genesi del tumore sono il catrame e gli idrocarburi aromatici policiclici presenti nel fumo, le radiazioni ionizzanti, il radon, i radioisotopi ed alcune sostanze chimiche (coloranti, rame e nichel, ipervitaminosi A), in grado di modificare il corredo genetico delle cellule polmonari normali e di farle diventare potenzialmente cancerose. Esiste un aumentato rischio di cancro del polmone in soggetti con gentilizio positivo.

I tumori maligni del polmone traggono origine nel 95% dei casi dall'epitelio di rivestimento e dalle ghiandole dell'albero bronchiale.

  1. Il carcinoma epidermoide (40% dei casi) si sviluppa prevalentemente a livello centrale, ha origine multicentrica, ha crescita cellulare lenta; l'invasione locoregionale predomina sulla diffusione sistemica; metastatizza tardivamente. Può presentare una escavazione centrale. Nelle forme iniziali ha una buona risposta alla terapia.
  2. L'adenocarcinoma è il tumore più frequente (45% dei casi), si sviluppa dai bronchioli periferici e la lesione è in genere di piccole dimensioni; interessa più frequentemente il sesso femminile; prevale la diffusione sistemica; non è correlato al fumo.
  3. Il carcinoma a piccole cellule (15%, la sua frequenza è aumentata in questi ultimi anni) si caratterizza per una eguale incidenza nei due sessi, una localizzazione prevalentemente centrale, una variabilità morfologica e una elevata aggressività biologica, precoce tendenza alla metastatizzazione (con interessamento precocissimo del midollo osseo) e scarsa risposta alla terapia.
  4. Il carcinoma a grandi cellule (10%) è una lesione periferica a comportamento mediamente aggressivo.

Il cancro broncogeno presenta:

una fase di latenza che si identifica in un lungo periodo preclinico (8 - 16 anni a seconda dell'istotipo) in cui non vi è alcun sintomo e il tumore viene scoperto casualmente,

una fase clinica indifferenziata in cui sono presenti le manifestazioni di esordio della malattia, spesso comuni ad altre patologie,

una fase clinica qualificata che attesta direttamente o indirettamente l'esistenza della neoplasia polmonare.

La maggior parte dei pazienti si presenta con malattia sintomatica: il 27% presenta sintomi legati al tumore primitivo, il 32% sintomi di diffusione metastatica, il 34% sintomi sistemici di malattia neoplastica.

Metodiche per la diagnosi precoce del carcinoma polmonare sono la radiografia del torace a periodicità annuale e l'esame citologico dell'espettorato ad intervallo di 4 mesi. Tali indagini vanno eseguite in fumatori maschi di età superiore a 45 anni.

L'iter diagnostico strumentale comprende per la definizione del tumore primitivo l'esame radiologico nelle due proiezioni, l'esame citologico dell'espettorato; successivamente la fibrobroncoscopia per la visualizzazione delle lesioni e i prelievi bioptici, il lavaggio e lo spazzolamento delle lesioni tracheobronchiali, la biopsia transbronchiale sotto controllo fluoroscopico o la biopsia percutanea nelle lesioni periferiche, la TC del torace. Per la definizione della diffusione linfonodale locoregionale la TC del mediastino e la mediastinoscopia, la biopsia prescalenica, la RMN, la scintigrafia con Gallio-67. Per la definizione delle metastasi a distanza la TC del cranio e dell'addome superiore, l'ecografia epatica, la scintigrafia ossea, biopsia osteo-midollare.

Raccolte tutte le informazioni sulla malattia neoplastica, il tumore viene classificato secondo il sistema TNM ed inserito nello stadio di appartenenza.

Il trattamento del carcinoma broncogeno può essere chirurgico, radiante e chemioterapico. Le diverse forme vengono adottate singolarmente o in associazione fra loro, contemporaneamente o in tempi diversi, a seconda dell'istotipo e dello stadio (I, II, III) della neoplasia, delle condizioni e dell'età del paziente.

Terapia del carcinoma polmonare non a piccole cellule

Pazienti con malattia agli stadi iniziali devono essere trattati chirurgicamente, la sopravvivenza a 5 anni supera il 50%. Negli stadi più avanzati il trattamento sarà combinato radio e chemioterapico.

Intervento cardine è la lobectomia, mentre interventi più allargati trovano indicazione di necessità in base all'estensione intra-toracica della neoplasia. Utile associare la linfoadenectomia sistemica per rendere precisa la stadiazione e migliorare la sopravvivenza a distanza. La pneumonectomia è riservata alle lesioni che per collocazione endobronchiale non permettono resezioni di risparmio parenchimale.

Attualmente, a differenza che per il passato, grazie a una più larga applicazione delle indagini strumentali preoperatorie, solo il 10% dei pazienti subisce una toracotomia esplorativa, il rimanente 90% viene sottoposto ad intervento di resezione presumibilmente radicale.

Negli stadi avanzati quale trattamento adiuvante si associa alla chirurgia la polichemioterapia. La radioterapia è riservata al controllo locale e la chemioterapia al controllo sistemico negli stadi ancora più avanzati della malattia.

Terapia del carcinoma a piccole cellule

L'impiego di polichemioterapia con irradiazione del torace permette una remissione del quadro clinico nel 90% dei pazienti ed un miglioramento della sopravvivenza (25% a 2 anni). La malattia diffusa è meno controllabile, una sopravvivenza prolungata è eccezionale. Recentemente è stata rivalutata la chirurgia nel trattamento della malattia allo stadio I e II (neoplasia di piccole dimensioni centroparenchimali).

Risultati della terapia

La mortalità postoperatoria a 30 giorni varia dal 2 al 7% per le lobectomie, dal 5 all'11% per le pneumonectomie, è dell'1% per le resezioni segmentarie.

La radioterapia influenza scarsamente la sopravvivenza, ma è utile ai fini sintomatici nei casi con emottisi o con dolore toracico, nelle metastasi ossee e cerebrali e nelle sindromi da ostruzione cavale.

La polichemioterapia ha la capacità di fare regredire temporaneamente la neoplasia e di ritardare l'evoluzione naturale.

Prognosi

La prognosi del carcinoma broncogeno è infausta. Il cancro del polmone è la neoplasia che determina la più alta mortalità nell'uomo.

Il numero dei casi curabili è basso. Al momento della diagnosi il 75% dei pazienti è portatore di tumore inoperabile, il 10% presenta invasione mediastinica.

La sopravvivenza a 5 anni oscilla fra il 9 e il 13%.

Indipendentemente dall'estensione della malattia, l'andamento del carcinoma a piccole cellule è considerevolmente peggiore rispetto agli altri tipi istologici. Solo nel fortunato caso di lesione al I stadio trattamenti combinati permettono sopravvivenze a 5 anni del 40%.

Il 50% dei pazienti muore entro 2 anni dall'intervento per recidiva o malattia sistemica.

Tumori polmonari metastatici

Il polmone è fra i diversi organi la sede più frequente di metastasi da tumori insorgenti in altre sedi [colon-retto (23%), rene (17%), mammella (14%), testicolo, utero, cute, tiroide, prostata, surrene].

Il 30% dei pazienti portatori di neoplasia sviluppa metastasi polmonari prima dell'exitus.

La metastatizzazione può avvenire per via ematica, linfatica o per invasione diretta.

Le lesioni secondarie possono essere singole o multiple, localizzate al medesimo polmone o bilaterali, in genere perifericamente; solo nel 7% dei casi la metastasi è unica. Si tratta di masse sferiche, solide, di vario volume.

Solitamente asintomatiche, vengono scoperte casualmente durante i follow-up.

I portatori di sarcomi hanno una possibilità del 50% di sviluppare metastasi polmonari, i portatori di carcinomi una incidenza media del 30%.

La maggior parte dei pazienti non presenta sintomatologia toracica al momento della diagnosi, a meno che le metastasi non siano diffuse o localizzate ai grossi bronchi. Il riscontro delle lesioni è radiografico, spesso occasionale. La diagnosi va formulata, sulla scorta dell'anamnesi per una precedente neoplasia maligna, dopo esame radiografico standard, stratigrafia completa dei campi polmonari e TC. Indispensabile ricercare altre eventuali metastasi in altre sedi.

Valutata la sede, la dimensione, il numero delle metastasi polmonari l'indicazione chirurgica verrà posta in base al fatto che il tumore primitivo deve essere stato trattato, il polmone l'unica sede di metastasi ed il paziente sia in buone condizioni generali.

Possono essere trattati chirurgicamente pazienti con metastasi uniche, mono o bilaterali, di diametro non superiore a 10 cm, anche recidive.

L'intervento di scelta deve essere il più conservativo possibile per preservare al massimo le capacità respiratorie del soggetto nell'eventualità di successivi reinterventi: la segmentectomia.

L'intervento chirurgico talvolta è integrato da un trattamento chemioterapico complementare pre-operatorio o più spesso postoperatorio.

La prognosi per le metastasi multiple è severa con sopravvivenza a 5 anni del 15%; migliore quella per metastasi solitarie con sopravvivenza a 5 anni del 30%.