Qualche considerazione sociologica

Ovvero la Scienza, questa sconosciuta...

La medicina nella vita sociale delle persone: Scienza o arte di sanare?

 

"La medicina non può oggi essere ridotta a una risposta alla sofferenza individuale, poiché non è soltanto affare del medico e del malato. Essa è diventata uno dei grandi vettori della stessa storia umana, uno dei luoghi in cui si decide il modo in cui gli umani costruiscono la loro identità al tempo stesso collettiva e individuale. [...] Al di là dei problemi legali e regolamentari, è in questione il modo in cui gli umani sperano, anticipano, temono e immaginano, il modo in cui si concepisce ma anche si costruisce la propria identità" Isabel Stengers.

 

Nella prima parte della nostra trattazione abbiamo condotto un'analisi sociologica di tipo macro, osservando cioè i fattori macroscopici legati all'istituzionalizzazione della figura dell'esperto e segnatamente dello scienziato. Parlando della professione medica come organizzazione siamo passati al livello meso. Con l'aiuto di una ricerca di Heath (1992) cerchiamo ora di scendere al micro, per osservare come l'organizzazione globale della società, con tutto il bagaglio di rappresentazioni sociali che genera, influenzi la vita delle singole persone.

Heath ha compiuto uno studio sui colloqui tra i pazienti ed i medici generici, constatando che nella maggior parte dei casi la fase in cui il medico proferisce la diagnosi è sempre molto breve e non registra quasi mai reazioni o commenti significativi da parte dei pazienti. Queste sono alcune delle conclusioni della ricerca: "Le asserzioni autoritarie e monolitiche che presentano un'opinione di esperto sulla condizione del malato non incoraggiano particolarmente il malato stesso a rispondere [...] da parte loro, i pazienti rivelano una straordinaria "passività" nel ricevere informazioni riguardanti la loro malattia [...] Le spiegazioni (accounts) fornite dai pazienti sulla loro malattia o sul loro comportamento, ed in particolare i diversi modi in cui essi cercano di giustificarsi per aver cercato l'aiuto del medico, rivelano una grossa sensibilità alle asimmetrie nella relazione tra il paziente ed il dottore. [...] Qualsiasi risposta alla diagnosi o al giudizio medico che mette in discussione l'asimmetria nella capacità dei partecipanti di comprensione della malattia inevitabilmente mina alla base le ragioni che hanno spinto il paziente a cercare un aiuto dal medico. Se il giudizio del profano sulla malattia è equivalente a quello dell'esperto, allora viene meno una parte fondamentale dei motivi per i quali il paziente dovrebbe rivolgersi al dottore e ricevere una consulenza tecnica" [ivi, pagg. 262-3].

Una rappresentazione sociale come quella della medicina e del medico influisce dunque sulle scelte e sugli atteggiamenti degli individui: al livello delle interazioni quotidiane le rappresentazioni sociali hanno infatti un valore prescrittivo. L'immagine della classe medica viene comunicata nel mondo delle relazioni interpersonali a partire dal ruolo che essa gioca nella struttura complessiva della società: un gruppo organizzato di esperti che garantiscono se stessi e verso i quali si costituiscono gradi e tipologie diverse di fiducia.

Nei gruppi localistici fortemente legati ai rituali la fiducia nel medico assume spesso i connotati tipici del rispetto per l'autorità: basti pensare al ruolo che ancora oggi il medico detiene accanto al sindaco ed al maestro di scuola nelle piccole comunità rurali. Nei gruppi meno vincolanti, caratterizzati da quella che Durkheim chiama "solidarietà organica", la fiducia verso questo tipo di autorità è invece di tipo contrattuale, regolata da leggi e norme di condotta civile. Il medico non è più un'autorità sacra ma diventa un individuo che deve rispettare delle leggi dello Stato (la deontologia medica è regolata prima di tutto dal Codice Civile e dal Codice Penale), anche se mantiene comunque un'autorità sociale in quanto ostenta varie "etichette" del suo ruolo di esperto come la laurea incorniciata ed appesa alla parete del suo studio, il camice bianco, la caratteristica borsa.

Cambia dunque lo statuto sociale dell'autorità medica - dal modello ritualistico a quello normativo - ma permane, per dirla con Heath, l'asimmetria tra medico e paziente, così come si riafferma nel malato la necessità di vedere nel dottore un'immagine almeno parzialmente ritualistica di autorità sociale. In un suo saggio Goffman analizza la relazione tra medico e paziente individuando in essa una duplice istanza: da un lato il medico deve stabilire col paziente un rapporto sociale, basato sulla fiducia e sulla stima - specialmente il medico di famiglia -, dall'altro deve servirsi di una tecnica impersonale per osservare il corpo del paziente ed intervenire su di esso. Se quindi in certe fasi della visita deve essere mantenuta l'asimmetria sociale tra medico e malato, questo non può avvenire per tutto il tempo della visita: in tal caso infatti è praticamente impossibile che tra i due si instauri anche un rapporto sociale paritario e minimamente affettivo.

Le stesse istanze, o meglio la combinazione di esse, si riscontrano nelle analisi sociologiche sul ricorso alla medicina "alternativa". Chi ricorre a terapie che si discostano dalla medicina ufficiale rivendica in primo luogo il proprio diritto di scelta in un'offerta medica che offre un ventaglio molto ampio di alternative a confronto, ma si lega anche ad un'istanza di appartenenza sociale che l'istituzionalizzazione dell'esperto medico non soddisfa appieno. Nel paesaggio sociale legato alla medicina alternativa si riscontra dunque una miscela di elementi che richiamano alla tradizione ed elementi legati alla modernità. L'immagine del medico a cui si rifanno queste tendenze è la vecchia figura del medico di famiglia, ancora immune dalle specializzazioni parcellizzanti, che curava la persona e non l'organo del malato, mentre i tratti negativi della medicina allopatica sono sottolineati nel fatto che il medico spesso si è limitato a diventare un "impiegato": troppo anonimo, troppo fungibile per potergli riconoscere quella ars medica a cui si attribuisce potere terapeutico (distinto dal mero potere tecnico). In quest'ottica la medicina ufficiale viene dipinta come una scienza tecnocratica, che sminuisce la sacralità della persona bisognosa di cure a favore dell'ossessione statistica e tecnicista del malato come "caso clinico".

Da un lato dunque la concezione del progresso scientifico come incremento di conoscenze e quindi di capacità umane di intervento sul mondo esterno ma anche su quello interno della malattia, dall'altro l'esigenza di mantenere verso i detentori del sapere medico un rapporto non solo contrattuale, ma anche ritualistico e fiduciario, una sorta di solidarietà precontrattuale [Durkheim 1893] che i medici negli ultimi tempi sembrano aver dimenticato, troppo preoccupati delle nuove, sofisticate apparecchiature che la tecnologia elettronica mette loro a disposizione. Si legge nel Comunicato Andromeda 50/1998 un brano tratto da Oreste Speciani [1976]:

Molti degli apparecchi strumentali relativi a questa ondata di tecnicismo, scintillanti di cromature e affollati di quadranti peggio dei cruscotti di un Jumbo, ingombrano gli studi dei neolaureati, arredati a spese e cura della famiglia, a partire dall'ormai onnipresente apparecchio radiologico. Ma purtroppo il più delle volte la loro funzione è prevalentemente di "status symbol" piuttosto che di utile sussidio diagnostico. A parte l'enorme spesa d'impianto e di esercizio che la medicina strumentale supporta, interessa qui rilevare due gravissimi pericoli, ad essa strettamente correlati. Il primo riguarda il mito dell'infallibilità dei mezzi tecnici e dei loro referti, tanto più radicato quanto meno ciascun medico ne ha diretta conoscenza (e con ciò l'esatta nozione delle possibilità statistiche di errore); da esso consegue l'abdicazione frequente del medico ai suoi mezzi umani, considerati a torto insufficienti e tecnicamente obsoleti di fronte a quelli extraumani. Il secondo pericolo si identifica con l'essenza stessa dell'esplosione tecnologica. Dopo la produzione di apparecchi meccanici sempre più perfezionati, l'elettricità li ha resi ancora più efficienti, e infine l'ingegneria elettronica li ha mitizzati. Non tanto per averli miniaturizzati comprimendo in volumi minimi delle capacità favolose, ma piuttosto per l'atmosfera messianica che ha circondato l'utilizzazione sociale e scientifica degli ordinatori o computer.

La medicina resta dunque sospesa, nella sua immagine pubblica e sociale, tra un'identità tecnocratica ed austera ed una più umana e ritualistica, quella di chi sostiene che la medicina è una Scienza e di chi al contrario la ritiene l'arte di sanare il corpo sofferente. Più che sperare di sciogliere questo nodo, ci pare importante sottolineare che, se la medicina costruisce le proprie verità ed il proprio consenso allo stesso modo e con gli stessi presupposti razionalistici di qualsiasi altra Scienza, i suoi risultati hanno un impatto ben diverso su coloro che ad essa ricorrono e più in generale sulle rappresentazioni sociali che genera, cioè sul modo stesso in cui la medicina è considerata - e quindi anche giudicata - da tutta la società. Proprio per questo le autorità sanitarie mostrano atteggiamenti ambigui nel diffondere informazioni alla collettività, talvolta per paura di diffondere paure infondate, talaltra, come vedremo, con il fine deliberato di creare timore nella popolazione o, all'opposto, di dissipare paure e dubbi che metterebbero in discussione costosi programmi di ricerca.

Indice sociologia. 1. Introduzione. 2. Verità e razionalità. 3. Il conflitto nella Scienza. 4.La medicina nella vita sociale delle persone. 5. Sintesi e conclusioni. Torna alla Home Page.