DOSSIER VIVISEZIONE
FOLLIA
Etica da non dimenticare
Perchè no alla sperimentazione sugli animali
Domande e risposte riguardo la vivisezione
Quali Alternative

FOLLIA

La ragione per cui i modelli animali sono privi di qualsiasi valore scientifico di solito appare evidente a tutti, ad
eccezione dei vivisettori: ogni specie possiede caratteristiche anatomiche, fisiologiche, genetiche e biochimiche
peculiari e quindi non può costituire modello per nessuna altra specie. Insomma quanti utilizzano nella ricerca gli
animali commettono quello che il professor. Croce ha definito un “errore metodologico’’, ovvero un errore
intrinseco al metodo stesso. Ad esempio, se gli astrofisici, come nel medioevo, considerassero il pianeta Terra
fermo e il Sole in movimento, con tale premessa non otterrebbero alcun risultato scientificamente valido e l’unico
modo per migliorare sarebbe quello di cambiare radicalmente la premessa e di considerare, come avviene
realmente, il Sole fermo e la Terra in movimento. Analogamente non dobbiamo cercare di migliorare i modelli
animali e renderli più simili al funzionamento dell’organismo umano: dobbiamo invece rifiutarli poiché partono da
una premessa errata ed impostare la ricerca su metodi realmente scientifici. Nel campo della psichiatria l’errore
metodologico diventa doppio, poiché alle differenze biologiche si aggiunge l’incapacità degli animali di comunicare
con il nostro stesso linguaggio. Tutte le patologie psichiatriche infatti non vengono diagnosticate con esami
strumentali o di laboratorio, ma attraverso colloqui e la terapia stessa (almeno nelle patologie meno gravi) si basa
ancora su forme particolari di comunicazione verbale: le cosiddette psicoterapie. Risulta quindi assolutamente
incomprensibile come i vivisettori possano credere o illudersi che, ad esempio, un ratto che pesa pochi grammi, con
una struttura psichica primordiale e non in grado di comunicare con il nostro stesso linguaggio, possa essere un
valido modello per patologie quali l’ansia, la depressione o la schizofrenia. In realtà i vivisettori anche in questo
caso commettono un errore basilare, confondendo il concetto di sintomo con quello di sindrome. Per spiegarmi
meglio faccio un esempio: la febbre è il sintomo e l’influenza la sindrome, ovvero una combinazione di sintomi tra i
quali vi è anche la febbre. Insomma la sindrome è una entità specifica e unica, mentre il sintomo può essere
presente in più sindromi o patologie. Così alcuni modelli animali utilizzati in campo psichiatrico vengono considerati
validi per patologie diverse. Ad esempio, se sottoponiamo un animale a ripetute scariche elettriche (shock elettrico)
il risultato viene valutato in maniera difforme a seconda del ricercatore. Martin Selingman riteneva che gli animali
(in questo caso cani) sottoposti a scariche elettriche che non potevano evitare, ad un certo punto “rinunciavano ad
ogni tentativo di evitare lo shock elettrico e diventavano apatici ed impotenti” (1). Quindi per questo ricercatore lo
shock animale era un valido modello per le ricerche sulla depressione. Altri autori quali Liddell e Masserman
invece ritengono che animali sottoposti a stimoli nocivi ripetuti diventino nevrotici e quindi siano un valido modello
sperimentale per i disturbi d’ansia (2). L’errore commesso quindi da questi autori è quello di confondere i sintomi
ansia e depressione manifestati dagli animali con le sindromi ansiosa e depressiva. Tutto ciò avviene perché non
possiamo chiedere all’animale spiegazioni sul suo comportamento. Infatti se torniamo all’esempio dello shock
elettrico, gli animali frequentemente dopo diverse scariche subite si ritirano in un angolo della gabbia. Se per
ipotesi ciò avvenisse ad una persona, potremmo chiederle per quale motivo si sia rannicchiata in un angolo della
gabbia, ma con gli animali è impossibile. Allora compiamo una forzatura e forniamo noi una spiegazione che solo in
via del tutto ipotetica potrebbe essere quella giusta. Infatti potremmo dire che l’animale è depresso e quindi non
vuole più socializzare, oppure che è diventato tanto ansioso e spaventato che cerca di evitare ogni contatto sociale
oppure che non è più in grado di socializzare in maniera corretta e quindi ha sviluppato un ritiro psicotico. Ognuna
di queste ipotesi presenta un fondamento razionale, ma non sapremo mai quale è quella giusta o se ne esiste
un’altra corretta. Nonostante il buon senso e la ragione dovrebbero spingere i ricercatori a modificare i propri
comportamenti, nulla sembra cambiare. II risultato di questo che potremmo chiamare un delirio di onnipotenza dei
vivisettori, è la scarsa conoscenza dei fenomeni psichici. Quindi, anche nel caso della psichiatria, l’impiego degli
animali nella ricerca rappresenta un freno al progresso scientifico e un furto di risorse economiche, che potrebbero
meglio essere impiegate nel campo della riabilitazione ovvero degli interventi terapeutici, curativi per i pazienti e di
aiuto per le famiglie.

Etica da non dimenticare

Una sfida al mondo della vivisezione.

La querelle tra vivisezionisti e antivivisezionisti è destinata a durare a lungo a anzi ad assumere toni
sempre più gravi ed accesi. Ma quali sono le ragioni di coloro che si dichiarano contrari alla
sperimentazione animale? Le strategie che essi seguono sono di due ordini differenti: da un lato negano
l'utilità o quantomeno la necessità della vivisezione, sostenendo che i risultati degli esperimenti effettuati su
animali non sono validi in maniera certa e decisiva quando vengono trasferiti agli esseri umani, date le
innegabili differenze esistenti tra i vari tipi di organismi; non solo, ma sottolineano anche l'esistenza dei
cosiddetti metodi alternativi (modelli matematici dei processi bio-chimici, uso di colture cellulari o di
tessuti e organi isolati e altri ancora), i quali sono destinati, se opportunamente sviluppati, a sostituire del
tutto o quasi la sperimentazione in vivo. Dall'altro lato, ed è proprio questa l'argomentazione più
importante, enunciano con forza la tesi secondo cui la pratica della vivisezione è da considerarsi
moralmente illecita, indipendentemente dalla sua utilità. La prima linea di attacco, per così dire, non è
portata avanti soltanto da persone scientificamente sprovvedute che si lasciano guidare dal loro buon
cuore e dal loro amore per gli animali, senza rendersi conto delle implicazioni antiscientifiche del loro
atteggiamento: al contrario, il numero degli operatori del settore che la condividono è in continuo aumento,
tanto è vero che è stata di recente emanata una legge che istituisce l'obiezione di coscienza nei confronti
della vivisezione per medici, veterinari, studenti, tecnici ecc. i quali possono chiedere di venire impiegati
nelle ricerche che fanno uso esclusivamente dei metodi alternativi. Ma è soprattutto sulla seconda
argomentazione che occorre incentrare l'attenzione, in quanto essa sta alla base della posizione
antivivisezionista nel suo complesso: in altri termini, il punto centrale è costituito, anche qui, dalla
questione morale. Si è infatti cominciato, e si continua, a sperimentare sull'animale perché sperimentare
sull'uomo, ancorché malato, handicappato o delinquente, ci ripugna profondamente dal punto di vista
etico. Occorre tuttavia rendersi conto che anche l'uso dell'animale non è eticamente neutrale, non ha un
costo etico zero o vicino allo zero, come la stragrande maggioranza dei vivisezionisti sembra credere.
Gli animali sono esseri sensibili, capaci di sperimentare il dolore e la sofferenza e di rendersene conto;
sono degli esseri dotati di interesse e di intenzionalità, per usare le parole di Tom Regan, uno dei più
importanti filosofi animalisti di oltre oceano, sono dei "soggetti di una vita", proprio come noi, sia pure con
capacità minori, e meritano rispetto. Gli uomini hanno il dovere morale fondamentale di non arrecar loro
sofferenza e di permettere che essi vivano la loro vita. Le leggi morali non ricomprendono solo gli esseri
umani, ma tutti gli esseri dotati di sensibilità e di un minimo di autocoscienza.
Purtroppo questo si scontra da sempre con gli interessi degli uomini e con le loro esigenze crescenti, e non
mi riferisco solo alla sperimentazione, ma anche agli allevamenti intensivi, agli zoo, ai circhi, alle pellicce,
alla caccia, alle varie feste folkloristiche che finiscono "gioiosamente" con il supplizio di un animale, allo
sterminio di intere specie, e in generale allo sfruttamento dissennato che l'uomo fa dell'ambiente naturale e
delle sue componenti, con i bei risultati che tutti abbiamo sotto gli occhi. Tutto questo, anche se non può
venire cancellato da un giorno all'altro, deve indurci a porre dei freni, dei limiti. In particolare per ciò che
riguarda la vivisezione, non possiamo continuare imperterriti in una pratica così crudele senza porci alcun
interrogativo di carattere morale, con la scusa che noi siamo al top della scala evolutiva, siamo i signori
dell'universo. Questo dovrebbe semmai costituire un motivo in più per sentirci responsabili del benessere
delle altre creature. Porre, come si fa sovente, domande del tipo "quanti tipi valgono la vita del tuo
bambino?" È fuorviante e molto pericoloso: questo tipo di appello diretto agli interessi individuali, molto
coinvolgente sul piano emotivo, può portare infatti a chiedersi, ad esempio nel caso del trapianto di organi,
"quanti bambini gravemente minorati valgono la vita di un bambino normale e intelligente, che avrà fuor di
ogni dubbio una esistenza molto più felice e soddisfacente e potrà inoltre dare il suo appunto al progresso
della società?" ecc. , ecc. La vivisezione coinvolge all'anno, su scala mondiale, decine e decine di milioni
di topi, cavie, cani, gatti, conigli, scimmie e altri animali. Gli esperimenti dolorosi, e lo sono in gran parte,
non sono affatto effettuati tutti in anestesia: tanto è vero che la nuova legge italiana sulla vivisezione
prevede tale obbligo ma subito dopo lascia aperta la porta alle deroghe in nome "dell'incompatibilità con il
fine dell'esperimento". Occorre rendersi conto che ormai si usano gli animali, in un crescendo pauroso, per
effettuare tests sulla pericolosità praticamente di qualsiasi prodotto: dai farmaci ai cosmetici, dai coloranti
ai pesticidi, dalle armi chimiche alle vernici, ai materiali usati per i giocattoli, perfino alle automobili (per
verificare gli effetti degli scontri, come se non bastassero le osservazioni sulle migliaia e migliaia di
deceduti o di feriti negli incidenti stradali). Di fronte a tutto ciò, è troppo chiedere, in nome di un preciso
dovere morale che esiste anche se si fa finta di non vederlo, che si effettui una inversione di tendenza, che
si cerchi in ogni modo di limitare anzichè aumentare il numero degli esperimenti e le occasioni di impiego
di animali, riducendoli gradualmente fino a farli scomparire del tutto? Quello che gli antivivisezionisti
chiedono non è l'arresto della scienza e del progresso scientifico, a detrimento degli ammalati e dell'uomo
in genere (loro stessi inclusi): bensì un diverso sviluppo della scienza e della tecnica, per il medesimo
scopo ma lungo linee differenti e con metodi nuovi, in modo da far cessare quella che è stata giustamente
denominata "la strage degli innocenti". È una sfida, quella di riuscire a sperimentare e a curare senza
torturare e uccidere gli esseri appartenenti a specie diverse dalla nostra, che gli scienziati dovrebbero
accogliere con determinazione e anche, penso, con entusiasmo, invece di continuare a proclamare il loro
"non possumus" e di adagiarsi nelle pratiche consuete. Per la verità appare molto strana, a meno che non
si tratti appunto di un comodo alibi, questa sfiducia, limitata al settore della vivisezione, nelle possibilità
della scienza di trovare soluzioni nuove: sfiducia che sembrano nutrire proprio i suoi cultori.

Perchè no alla sperimentazione sugli animali

È mia profonda convinzione (maturata in un arco di oltre trenta anni di vita, oltre che di lavoro, nel
laboratorio) che la sperimentazione animale (intendendo come tale qualsiasi intervento invasivo) è
anti-scientifica oltre che moralmente riprovevole.
È anti-scientifica nel campo della farmacologia in quanto nessuna specie animale può essere controllo di
un'altra: la diversità dei meccanismi fisiologici di detossicazione rendono - come è noto - del tutto
aleatorie, ad esempio, le previsioni su tempi di eliminazione, siti di accumulo e grado di tossicità di una
sostanza. E le oltre 10.000 vittime accertate del disastro del thalidomide a cui sono venute ad aggiungersi
in tempi più recenti le altre tante vittime del chlorquinoi, stanno lì a ricordarci che i test di tossicità, acuta
e/o cronica, effettuati anche su svariate specie animali non servono affatto a tutelare la salute pubblica, e
servono invece a fornire un alibi rapido e grossolano all'insaziabile avidità dell'industria farmaceutica.
Non ritengo sia il caso di dilungarsi oltre per illustrare come, in qualsiasi campo della ricerca biomedica, la
sperimentazione animale costituisca un approccio superato oltre che anti-scientifico. Vorrei, invece,
attirare l'attenzione su un particolare tipo di sviluppo, (perfettamente coerente con la logica della
sperimentazione animale) che rischia di avere conseguenze ben più gravi di quanto non si voglia far
apparire. Mi riferisco alla creazione di animali detti "transgenici", portatori, cioè di geni di un'altra specie,
introdotti in ovo dopo normali manipolazioni con tecniche standard di ingegneria genetica.
La creazione e lo sviluppo di animali transgenici (per la cui produzione è già sorta addirittura una florida
industria) ci vengono proposti quale metodo di studio dell'espressione genica. Oltre a dimenticare che i
meccanismi di controllo e di regolazione dell'espressione genica non possono essere studiati nel
"trapianto", sembrerebbe che si voglia far dimenticare che la stessa tecnica che serve a introdurre un gene
umano nel topo può essere utilizzata per introdurre un gene di topo nell'uomo. E così come la bomba
atomica non può essere "disinventata" e ci tocca convivere con lei, non si vede quali barriere potranno
impedire che, laddove simili tecniche possano fruttare un beneficio economico ad una qualsiasi impresa,
non vengano prodotti e sviluppati, ad esempio, feti umani transgenici. Magari per fare esprimere e
produrre in quantità industriali sostanze o principi attivi, atti a guarire malattie oggi incurabili.
E se la legislazione dei paesi civili vieterà una tale forma di sperimentazione, si troverà modo di trasferire i
centri di produzione a paesi del terzo mondo che forniranno per di più la materia prima... È nostra
responsabilità di uomini e di scienziati fermare il processo di realizzazione di questo futuro prima che esso
si possa avverare, giacchè (per dirlo con le bellissime parole di Albert Camus) "la barbarie non è mai
provvisoria...".

Domande e risposte riguardo la vivisezione

Cosa vuol dire vivisezione o sperimentazione animale?

Per vivisezione o "sperimentazione in vivo" si intende qualsiasi esperimento eseguito su animali o umani.
Ogni anno solo in Italia più di 3.500.000 animali, più di 9.500 al giorno tutti i giorni, vengono utilizzati per
prove inutili e ripetitive, inapplicabili per la salute umana, ancora richieste da leggi antiquate e superate. Gli
stessi test sono ripetuti successivamente, con altre forme e tempi, sui destinatari ultimi del prodotto in
sperimentazione: noi umani. E questo, senza alcuna garanzia di legge e, spesso, senza consenso informato.

Chi conduce questi esperimenti e con quali regole?

Industrie chimiche, farmaceutiche, cosmetiche, belliche, istituti pubblici ed università. Anche grazie a
generosi contributi dello Stato che permette l'immissione in commercio di migliaia di sostanze che si
rivelano poi tossiche e nocive, riconosciute tali solo dopo mesi o anni a seguito dei danni provocati alla
salute umana. Eppure, con la sperimentazione sugli animali, erano state garantite come innocue. L'attuale
legge in vigore, la n. 116 del 1992, ha rivelato l'esistenza solo in Italia di più di 500 laboratori di
sperimentazione animale, la gran parte dei quali addirittura sprovvisti di autorizzazione, in cui avviene di
tutto con scarse possibilità di controllo.

Quali animali sono utilizzati negli esperimenti?

Gatti, cani, primati non umani, porcellini d'India, topi, ratti, mucche, suini, cavalli, pecore, piccioni, furetti,
rettili, pesci, uccelli... Ma nessuna specie può essere modello sperimentale di un'altra specie. Gli animali
sono simili a noi nel percepire il dolore, l'apprensione, la paura; ma sono diversi per i meccanismi di
assimilazione, per struttura fisica e biochimica. Ed in seguito vengono utilizzati anche umani: in genere
anziani abbandonati nelle corsie ospedaliere, malati terminali, carcerati, bambini orfani, immigrati.

Quali esperimenti vengono effettuati?

Tutti, anche quelli che non puoi immaginare. Tra i più comuni: test di tossicità acuta e cronica, irritazione
della pelle ed inalazione, avvelenamento. Gli animali sono obbligati ad ingerire sostanze di ogni genere
dalle creme ai pesticidi; vengono privati dei genitori per esperimenti psicologici; vengono irradiati con raggi
di ogni tipo; vengono torturati con elettrodi nel cervello; vengono modificati geneticamente per creare dei
"mostri-animali".

L'uso di animali serve alla salute umana?

No. La medicina che ne è derivata è cresciuta senza rispetto neanche per il paziente, per l'uomo malato
che è considerato come un numero, utilizzato solamente come consumatore di veleni ed utente di un
Servizio Sanitario Nazionale in cui può scegliere fra più di 13.000 specialità farmaceutiche (nonostante la
"nuova" Commissione Unica del Farmaco) con migliaia ritirate ogni anno, ma di cui solo 400 sono
considerate indispensabili dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il cancro, per esempio, avanza
inesorabilmente a causa dell' inquinamento di ogni genere - anche farmaceutico - che non si vuol fermare.
I fondi raccolti servono solo ad arricchire sperimentatori senza scrupoli e non aggiornati, servono a far
dimenticare uno dei capisaldi della salute e del suo mantenimento: la prevenzione. Ma l'industria della
"salute" si fonda sul nostro stato di malattia; altrimenti non aumenterebbe i suoi profitti.

Perchè allora continuano?

Per interessi commerciali e di carriera, "perchè così si è sempre fatto".

Quali prove preliminari alla "fase clinica" potrebbero essere praticate allora?

Lo sviluppo di colture in vitro di cellule e tessuti, di rilevazioni microscopiche, di sistemi molecolari, di
simulazioni e di manichini computerizzati sta facendo capire che test scientifici ed incruenti sono già
praticati e praticabili. Non si utilizzano già più animali per test di impatto automobilistico e gravidanza;
molte aziende di cosmetici hanno indirizzato le loro ricerche in altre direzioni (una Direttiva Europea,
grazie al nostro lavoro, prevede l'abolizione di queste inutili prove dal 1998). Senza animali quindi si può.
Anche la CEE è impegnata in questa direzione: ha finanziato la creazione di un apposito istituto, l'
"ECVAM - Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi" di Ispra.

Quali Alternative

Il concetto di alternativa alla sperimentazione animale risale alla definizione elaborata da Russel e Burch
nel 1959 e comunemente definita delle 3R. Il senso di questa definizione è molto ampio ed implica la
sostituzione della sperimentazione animale, la riduzione di essa o, in ultima istanza, la riduzione delle
sofferenze inflitte all'animale stesso. In questo senso, il termine alternativa è stato adottato dalla Direttiva
CEE n.609 del 1986, dalla relativa legge inglese (Animal Act) del 1986, dall'OTA (Office of Technological
Assessment, USA) nel 1988 e, più recentemente, dalla nostra stessa legislazione nazionale.
È necessario, dunque, tener presente che per metodi alternativi alla sperimentazione animale si intende, in
genere, una serie di approcci altamente diversificati. Le tecniche a cui si fa ricorso sono poi anch'esse
molto varie: basti pensare che accanto ai modelli di tipo biologico un posto sempre più rilevante viene
occupato dalle prestazioni fornite dai computers.
Un'altro aspetto che è bene ricordare è che quando si parla di alternative si tende a fare riferimento
preferenzialmente all'uso degli animali nella sperimentazione biomedica e, nell'ambito di questa, a quegli
studi relativi alla valutazione dell'efficacia e/o del rischio di farmaci e inquinanti nei confronti della salute
umana. Rispetto a questo specifico problema, le colture cellulari possono essere un modello promettente,
in quanto rappresentano l'unità vivente elementare, anche se semplificata, e consentono la
sperimentazione sulla specie umana.
L'approccio molecolare e cellulare ha promosso, negli ultimi decenni, un enorme avanzamento delle
conoscenze di base sui meccanismi essenziali dei processi vitali e patologici. È dunque ipotizzabile che
anche nel campo della tossicologia e farmacologia questo approccio possa fornire un grande apporto
conoscitivo.
Ai fini della predittività nei confronti dell'uomo, i modelli alternativi vanno però validati. Nel caso delle
colture cellulari, ad esempio, i risultati che si ottengono mediante i saggi di sostanze effettuati su di esse,
vanno confrontati con quelli ottenuti, in passato, per le stesse sostanze mediante animali da laboratorio, e,
laddove possibile, con i dati per la specie umana, in modo da verificarne i livelli di concordanza o
discrepanza. La validazione di questi modelli è oggetto ormai da tempo di programmi di ricerca nazionali
ed internazionali, di istituzioni pubbliche e private in Europa, negli Stati Uniti ed in Giappone.
Il primo programma di validazione di colture cellulari è stato promosso dal FRAME (Fund for the
Replacement of Animal in Medical Experiments) nel 1982 in Inghilterra. Ad esso ha fatto seguito, nel
1986, il programma scandinavo MEIC (Multicentre Evalutation Study of in Vitro Cytotoxicity). La
Comunità Europea nel 1988 ha varato un programma di valutazione dei metodi alternativi al test della
irritazione oculare in vivo, che ha avuto un seguito nel 1990. Attualmente sullo stesso tema è in corso uno
studio internazionale che vede coinvolto al fianco della Comunità Europea, lo stesso governo inglese
(Home Office). Il National Institute of Health di Bethesda (U.S.A.) ha appena varato un programma
relativo alla inclusione delle alternative nella sperimentazione animale. Sin dal 1981 la Johns Hopkins
University di Baltimora ha istituito un centro apposito, il CAAT (Center for Alternativers to Animal
Testing), che, nel novembre 1993, ha organizzato il primo convegno mondiale sulle alternative nella
ricerca, nell'insegnamento e nel vaglio delle sostanze. Più recentemente, in Svizzera, è sorto un istituto
analogo, il SIAT (Schweizerisches Institut fur Alternativen zu Tierversuchen), che ha avuto quest'anno il
riconoscimento del governo cantonale. In Germania l'Ufficio Federale della Sanità (BGA) ha istituito lo
ZEBET (Zentralstelle zur Erfassung und Bewertung von Ersatz und Eranzungsmethoden zum
Tierversuch), un centro per la documentazione e valutazione dei metodi alternativi alla sperimentazione
animale. Nell'ottobre 1991 la Commissione della Comunità Europea, su richiesta del Parlamento Europeo,
ha istituito l'ECVAM (European Centre for Validation of Alternative Methods); il direttore del centro, che
ha sede ad Ispra (Varese) è stato nominato nel marzo 1993 ed il Consiglio scientifico si è riunito a partire
dal gennaio 1992. Infine in Francia, in Italia, in Germania e Svizzera, in Giappone sono sorte, negli ultimi
anni, società scientifiche con lo scopo di aggregare la comunità di ricercatori che opera con modelli non
animali nel campo della tossicologia e farmacologia. La molteplicità di queste iniziative, l'impegno di
organismi istituzionali a livello nazionale e sovranazionale (CEE, OCSE, OMS), fanno pensare che i
metodi alternativi alla sperimentazione animale possono contare su un serio e qualificato contributo
scientifico, supportato da una maggiore attenzione degli organismi deputati alla ricerca ed alla
regolamentazione.

Dr.ssa Flavia Zucco Istituto Tecnologie Biomediche - CNR Roma
 

I metodi non biologici

     Organizzazione di banche dati;
     Studi di predizione sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche;
     Modelli matematici delle relazioni quantitative di struttura/attività
     Modelli molecolari e uso di grafica di computer per lo studio di interazioni molecolari;
     Illustrazioni mediche;
     Computer per simulazioni, emulazioni, programmi basati su dati biologici, algoritmi matematici;
     Modelli matematici di processi biochimici, farmacologici ecc.;
     Film/video;
     Video interattivi, laser disc/CDI;
     Modelli in cera, plastica/Anatomia, 3D Istologia/Manichini;
     Applicazioni della realtà virtuale in chirurgia, endoscopia, eec.
 
 

I metodi biologici

     Frazioni subcellulari;
     Colture cellulari (sistema per mantenere in vita cellule sia animali che umane);
     Tessuti ed organi isolati;
     Dati epidemiologici umani;
     Uso di procarioti (organismi con un nucleo primitivo costituito da un solo cromosoma).
 
 

Centri di Sviluppo dei Metodi di Ricerca che non fanno uso di animali

Italia

     ECVAM (Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi)
     CEE/Centro Comune di Ricerca 21020 Ispra (Varese) tel 0332.789834-789111 fax 0332.789222
     Istituto Tecnologie Biomediche del CNR
     Dr.ssa Flavia Zucco
     Via Morgagni, 30/E - 00161 Roma tel 06.4420121-2-3
     CELLTOX Associazione Italiana Tossicologia in Vitro
     Via Balzaretti 9 - 20133 Milano
     tel 02.20488320
     Laboratorio di Tossicologia Comparata ed Ecotossicologia
     Istituto Superiore di Sanità - Dr.ssa Annalaura Stammati
     Viale Regina Elena 299 - 00161 Roma
     tel 06.49901
     Galileo Data Bank
     Via Vecchia Lucchese 59 - 56123 Pisa
     tel 050.555685 fax 050.555687
     E-Mail Galileo@VM.CNUCE.CNR.IT

Europa

     MEIC (Multicenter Evaluation of in Vitro Cytotoxicity)
     Dr Bjorn Ekwall Department of Toxicology University of Uppsala
     Biomedical Centre Box 594 S-751 24 Uppsala Svezia
     tel 0046.18.174251-552540 fax 0046.18.174253
     Pubblicazioni: MEIC Newsletter
     SIAT (Schweizerisches Institut fur Alternativen zu Tierversuchen)
     Turnerstrasse 1 - CH 8006 Zurigo
     tel 0041.1.2565853 fax 0041.1.3639197
     Pubblicazioni: Alternativen zu Tierexperimenten
     FRAME Fund for the Replacement of Animals in Medical Experiments
     Eastgate House - 34 Stoney Street Nottingham NG1 1NB Inghilterra
     tel 0044.602.584740 fax 0044.602.503570
     Pubblicazioni: Alternatives to Laboratory Animals
     Dr. Hadwen Trust for Human Research
     22 Bancroft Hitchin Hertfordshire SG5 1JW Inghilterra
     tel 0044.462.455300
     ZEBET Centro nazionale per la documentazione e la valutazione dei metodi alternativi
     Federal Health Office Postfach 33 00 13 D-1000 Berlino 33 Germania
     Informazioni telematiche via rete INTERNET: ALTANIM + nome e cognome +
     LISTSERV@uib.no

USA

     CAAT Center for Alternatives to Animal Testing
     John Hopkins Center for Alternatives to Animal testing
     615 N Wolfe Street Baltimore Maryland 21205-2179
     tel 001.410.9553343 fax 001.410.9550258
     Pubblicazioni: John Hopkins Center newsletter
     NIEHS National Insitutes of Environmental Health Sciences
     P.O. Box 12233 Research Triangle Park North Carolina 27709 2233 PSYETA Psychologist for the
     Ethical Treatment of Animals
     Box 1297 Washington Grove Maryland 20880-1297
     Pubblicazioni: Humane Innovations and Alternatives
     TUFTS University School of Veterinary Medicine Center for Animals and Public Policy
     200 Westboro Road - North Grafton MA 01536
     Pubblicazioni: The Alternatives Report
     NIAIS National Institute for the Advancement of in Vitro Sciences
     University Tower 4199 Campus Drive #550 Irvine California 92715
     tel 001.714.8540426 fax 001.714.8540652

Giappone

     JSAAE Japanese Society for Alternatives to Animal Experiments
     Radioisotope Research Center School of Medicine Yokohama
     City University 3-9 Fukuura Kanawawa-ku Yokohama 236 Giappone
     Pubblicazioni: JSAAE Newsletter

Australia

     NEAMS New Educational Aids in Medicine and Science
     P.O. Box 516 Darlinghurst
     New South Wales 2010 - Australia

Questi recapiti vengono forniti dalla LAV a fini informativi, a prescindere dal merito delle attività esercitate
dai centri citati.
Questo elenco non comprende: aziende che producono macchine e strumenti per ricerche senza animali;
singoli gruppi di ricercatori che operano senza animali in Italia ed all' estero; istituti che hanno elaborato
programmi di studi, in discipline scientifiche, senza l'uso di animali; enti e fondazioni che finanziano
queste ricerche con borse di studio o premi.
Informazioni si possono richiedere direttamente alla LAV.

LAV (Lega Anti Vivisezione):        www.mclink.it/assoc/lav
                                                     lav@mclink.it
 

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