Novella degli scacchi

"Die Schachnovelle", cioè "Novella degli scacchi", è oggi la più celebre opera di Stefan Zweig.

Scritta a Petropolis in Brasile nel 1941, pochi mesi prima del suicidio ( febbraio 1942), venne pubblicata postuma a Stoccolma nel 1943 dall’editore Bermann-Fischer.

La traduzione italiana curata da Simona Marini Vigezzi (nella collana Gli Elefanti della casa editrice Garzanti- pp. 107 ) è facilmente reperibile in tutte le librerie italiane.

A Petropolis lo scrittore austriaco si era realmente appassionato al gioco degli scacchi. Nella cittadina brasiliana aveva casualmente trovato ed acquistato un manualetto di scacchi. Giocava così con sua  moglie Lotte e si dilettava inoltre a riprodurre nella scacchiera alcune famose partite trascritte in quel manuale.

Ma come è facile intuire il gioco degli scacchi, nel contesto della "Novella", ha solo un valore strumentalmente metaforico.

Il racconto narra della sfida fra un uomo colto e sensibile ed un avversario che pur rozzo ed ignorante, dispone di una lucida, meccanica ed efficiente intelligenza strategica.

Il protagonista del racconto aveva imparato a giocare in modo singolare. Prigioniero della Gestapo si era esercitato in cella, da solo, elaborando una sorta di metodologia di autoapprendimento. Tuttavia il giocare ripetutamente contro se stesso aveva determinato in lui un forte stress sfociato in una grave crisi.

Crisi che si manifesterà nuovamente nel corso della sfida contro l'abile e rozzo avversario.

Nella novella si intravedono varie metafore, a più livelli, nonché numerosi spunti autobiografici: la forza brutale del Nazismo che schiaccia un'Europa colta ed elegante; la necessità imprescindibile, per ognuno di noi, di relazionarsi col prossimo e la conseguente sterilità dell’autoapprendimento, lo sdoppiamento dell’Io quale conseguenza di irrisolvibili conflitti con se stessi, il dramma personale di Zweig, esule, allontanato dalla sua amata Europa.

"Novella degli scacchi" è, dicevamo, fortemente autobiografica. Il lettore comrenderà in fondo questo breve racconto se la sua lettura sarà preceduta da quella della nota "Autobiografia", scritta peraltro dall'autore quasi contemporaneamente alla novella di cui trattasi.

Dietro a quel personaggio che gioca contro se stesso, chiuso in cella, affinando al massimo la tecnica, ma spezzando l'equilibrio mentale, c'è palesemente lo stesso Stefan Zweig.

L'autore, appena dieci anni prima era un uomo ricco e famoso. La sua casa salisburghese era un punto di riferimento per gli intellettuali di mezza Europa. Lo scrittore viaggiava di continuo, teneva conferenze a Pietroburgo, a Parigi ed a New York. Per il socievole Zweig relazionarsi col prossimo, viaggiare, conoscere luoghi nuovi, esplorare, ascoltare gli altri, leggere, era vivere veramente.

Viceversa, quando scrive "Novella degli scacchi", Zweig è ormai un uomo solo, lontano dall'Europa, spogliato di tutti i beni. Vive in una piccola cittadina brasiliana, nella quale verosimilmente non esiste un'assortita libreria. I suoi contatti col mondo, anche quelli epistolari con gli amici europei, rarefatti a causa dellla distanza, della guerra e della censura. Zweig, come scrisse alla prima moglie (con la quale rimase in ottimi rapporti sino alla fine), non ha con se né i suoi scritti, né i suoi libri, né i suoi appunti, il che gli impediva di portare avanti i lavori iniziati. In tale contesto anche un manualetto di scacchi, casualmente reperito in loco, costituisce bene o male qualcosa da leggere. Proprio come accade al protagonista della Novella al quale, dopo aver rubato il manuale di scacchi da un cappotto altrui, non resta che giocare da solo.

Ma l'autoapprendimento in un "sistema chiuso" è un'utopia, un non-senso, una strada che non può che portare alla follia. La "crescita mentale" presuppone sempre una relazione interpersonale, cioè a dire l'assunzione di nuovi "dati" dall'esterno;

(l'interessante argomento è oggi oggetto di approfondimenti su vari fronti: da quello psichiatrico agli studi sull'intelligenza artificiale con particolare riferimento ai limiti dell'autoapprendimento nei sistemi basati su reti neurali. Novella degli scacchi è certamente, sotto queso profilo, un interessante spunto).

E Centovitz? Parafrasando Musil, Daniele Del Giudice (scrittore e, come Zweig, grande viaggiatore anche lui) nella prefazione alla edizione Garzanti commenta dicendo che Centovitz non è "un uomo senza qualità", bensì "un uomo con una qualità",..... una sola.

Zweig, culturalmente eclettico, era fermamente convinto della necessità per un uomo completo di spaziare a trecentosessanta gradi nello scibile. Un grande musicista non può non intendersi di pittura o di letteratura. Ciò in quanto, in ultima analisi, il Sapere è unico. L'intelligenza settoriale genera soltanto mostri. Un medico o un magistrato che, pur esperto nel proprio campo, non vada oltre rimane un uomo gretto e pericoloso. Come Centovitz. Preludio e ombra di quella ottusa, sia pur efficientissima, macchina bellica nazista.

Giuseppe Fallica, 2002

Die Schachnovelle nel cinema

Nel 1960 la novella venne presa a soggetto dal regista tedesco Gerd Oswald per la realizzazione dell’omonimo film interpretato da Curd Jürgens e Mario Adorf.

"Die Schachnovelle" venne distribuito in varie parti del mondo con diversi titoli: "Brainwashed", "The Royal Game" o "Three Moves to Freedom".
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